Introduzione
Questa tesi di laurea ha l’obiettivo di raccontare e analizzare la storia del
regime libico dalla fine della guerra fredda ai giorni nostri, con particolare attenzione
alla sua politica estera e alla sua collocazione internazionale. In particolare si è poi
cercato di capire come le peculiarità e le anomalie della società e della politica libica
abbiano influenzato la guerra civile del 2011 e, soprattutto, come queste caratteristiche
rappresentino oggi- dopo la caduta del regime di Gheddafi - un ostacolo per la
stabilizzazione del Paese.
Il primo capitolo introduttivo cerca di mettere a fuoco la figura del colonnello
Gheddafi, delineando a grandi tratti gli aspetti noti della sua biografia prima della
conquista del potere. Dai testi esaminati si nota come la personalità di Gheddafi fosse
estremamente complessa, dai numerosi volti, molti dei quali emergono sin
dall’adolescenza. Infatti è in quel periodo che la futura Guida della Libia iniziò a
comporre il gruppo degli ufficiali liberi, protagonisti del colpo di Stato del 1969.
Viene dunque analizzata la sua ascesa al potere con la rivoluzione del 1°
settembre 1969, che portò il giovane Gheddafi al potere con il grado di colonnello e la
qualifica di Comandante in capo delle forze armate e leader del Consiglio del Comando
rivoluzionario, organo supremo della nuova Repubblica araba libica. Negli anni
successivi alla rivoluzione Gheddafi liberò il suo Paese dalla presenza straniera,
liquidando la base americana di Wheelus Field e quella britannica di El Adem, per poi
passare ad una nuova politica petrolifera che lo portò a nazionalizzare le principali
compagnie straniere e a istituire la NOC (National Oil Company), che aveva il compito
di gestire autonomamente le risorse petrolifere del Paese.
Il secondo capitolo riguarda gli anni Ottanta e le accuse di terrorismo mosse al
colonnello, dopo che iniziò a fornire armi e supporto finanziario ai movimenti di
liberazione di tutto il mondo: dall’America Latina alla Polinesia. Dal 1981, con
l’insediamento di Ronald Reagan alla Casa Bianca, i rapporti fra Libia e Stati Uniti si
deteriorarono sempre piø, raggiungendo l’acme con il bombardamento americano su
Tripoli del 15 aprile 1986. L’amministrazione americana era convinta che le
conseguenze del bombardamento sarebbero state devastanti per la politica di Gheddafi.
Tuttavia, dopo qualche giorno di assenza, egli tornò sulla scena mondiale con le
principali caratteristiche della sua politica estera intatte.
Nel 1988 e nel 1989 i due attentati a Lockerbie e nel deserto del TØnØrØ, che
videro coinvolti esponenti dei servizi segreti libici, portarono all’imposizione di severe
sanzioni contro la Libia sia da parte americana che internazionale. Tali sanzioni,
analizzate nel capitolo terzo, imponevano un embargo molto duro che durò sino al 5
aprile 1999 - quando Gheddafi consegnò alla Corte dell’Aja i due presunti attentatori - e
che mise in seria difficoltà l’economia libica. All’interno dello stesso capitolo è stata
inserita una descrizione riguardante il programma di armi di distruzione di massa
intrapreso dalla Libia, sin dagli anni ’70. Due erano le fabbriche chimiche attive nel
Paese, a Rabta e a Tarhunah, che destrarono la preoccupazione occidentale. In effetti, il
programma chimico della Libia era sicuramente piø avanzato rispetto a quello nucleare,
che comunque venne a sua volta portato avanti negli anni, nonostante la firma nel 1978
del Trattato di Non Proliferazione. La Libia continuò, grazie alla rete del pakistano A.Q.
Khan, ad acquisire centrifughe per l’arricchimento dell’uranio sino ai primi anni del
2000. Solamente nel 2003 Gheddafi decise per un netto cambiamento della sua politica,
abbandonando completamente il programma di armi di distruzione di massa.
Tale svolta viene analizzata nel quarto capitolo, dove si cercano di capire le
motivazioni alla base del cambiamento che portarono la Libia ad essere tolta dalla lista
degli “stati canaglia”. Alla base di questa scelta troviamo sicuramente l’impatto che ha
avuto l’attentato alle Torri Gemelle di New York, nel 2001, e la conseguente invasione
americana dell’Iraq, seguita alla dichiarazione di Global War on Terror del Presidente
G.W. Bush. Nel 2004 il figlio di Gheddafi, Saif al Islam, decise così di informare
americani e inglesi che il governo libico era pronto a rinunciare al suo programma
chimico e nucleare, aprendo i siti di lavorazione alle ispezioni della International
Atomic Energy Agency. Tutto ciò portò all’eliminazione delle sanzioni degli anni ’90,
precedentemente solo sospese.
La Libia potØ, così, ricominciare a respirare e a rifondare le basi della sua
economia e della sua politica estera. Gheddafi, per ricostruire la sua immagine,
soprattutto nei confronti degli americani, ritornò su uno degli accadimenti piø
drammatici del suo Paese: la strage nel carcere di Abu Salim del 1996. Il colonnello,
infatti decise di risarcire 112 famiglie delle vittime, con un compenso che variava dai 98
ai 106$. Inoltre il figlio Saif annunciò il programma “Libia domani”, che prevedeva una
Costituzione, maggiori libertà individuali e uno spazio di espressione politica. In realtà
la maggior parte dei cambiamenti annunciati erano solo di facciata, poichØ non furono
seguiti da riforme concrete. Questo non poteva non destare l’attenzione della
popolazione, che già nei primi anni del 2000 aveva cominciato a riunirsi in sit-in
silenziosi e ad organizzare proteste locali.
Partendo da questi primi segnali di malcontento popolare, abbiamo cercato di
capire le cause che hanno poi scatenato l’insurrezione del 2011. La Libia è un rentier
state con alcune anomalie, rispetto ad altri Paesi rentier dell’area. Infatti le ingenti
rendite petrolifere che entravano nelle casse statali non venivano egualmente divise fra
la popolazione, soprattutto a causa del sistema tribale che caratterizza ancora il Paese e
che Gheddafi non ha mai voluto indebolire eccessivamente. Nel Paese libico si
registravano, inoltre, gravi violazioni delle libertà e dei diritti umani, come la libertà di
espressione. Infine la forte disoccupazione che colpiva in primo luogo i giovani libici, è
un altro degli elementi da aggiungere ad un quadro già complicato.
Dunque, come viene spiegato nel capitolo quinto, numerosi erano i problemi
che la Libia avrebbe dovuto affrontare e che nel 2011 portarono la popolazione a
ribellarsi contro 42 anni di potere dittatoriale.
Ad influenzare il popolo libico furono una serie di proteste e rivolte che dal
2010 travolsero i Paesi arabi iniziando dalla Tunisia per poi estendersi alla Libia,
all’Egitto, alla Siria, allo Yemen, ma anche alla Palestina e al Libano. La Tunisia fu il
primo Paese a conoscere il fenomeno delle cosiddette “Primavere Arabe”, che portò alla
fine del regime di Ben Alì, al potere dal 1987. Anche nel contesto delle “Primavere
Arabe”, la Libia presentò delle anomalie rispetto agli altri Paesi interessati dalle rivolte.
Le proteste che iniziarono a Tripoli nel febbraio 2011 diedero vita ad una guerra civile
dai risvolti inaspettati, che terminò solamente con la morte del colonnello Gheddafi,
avvenuta dopo circa sette mesi di combattimenti.
Una delle peculiarità della rivoluzione libica, sulle quali ci si è soffermati in
questo lavoro, riguarda l’intervento dell’ONU e soprattutto le motivazioni che ne erano
alla base. Inizialmente il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite giustificò
l’intervento sulla base del principio della responsibility to protect, con l’obiettivo di
difendere il popolo libico dagli attacchi governativi. Tuttavia dopo poche settimane lo
scopo dell’operazione, passata sotto comando NATO, sembrava rivolgersi verso il
regime change. Di fatto, fu proprio quella l’intenzione finale degli Stati sostenitori
dell’intervento che dichiararono conclusa la missione Unified Protector solo dopo la
morte del colonnello, il 20 ottobre 2011.
Sempre nel quinto capitolo, si è dato spazio ad una riflessione generale sulle
Primavere arabe e in maniera piø dettagliata sul ruolo che hanno avuto gli Stati Uniti,
storicamente impegnati in Medio Oriente, e l’Unione Europea, altra importante
protagonista nel Mediterraneo. Nonostante i forti interessi che legano sia gli Usa, sia
l’Ue alla regione del Nord Africa e del Medio Oriente, essi si sono mostrati impreparati
e soprattutto disuniti nel prendere le giuste decisioni. Le prime risposte sono arrivate
probabilmente troppo tardi e non hanno avuto i risultati sperati. Allo stesso modo, è
stata brevemente studiata l’influenza che tali rivoluzioni hanno avuto sul contesto
regionale, cercando di capire quali possono essere gli sviluppi futuri e il nuovo possibile
protagonismo nella regione di Stati come la Turchia o il Qatar.
In conclusione, nel sesto capitolo, si è tentato di descrivere la situazione attuale
della Libia. Ci si è focalizzati sul ruolo delle milizie armate, emerse già durante la
guerra civile e che al suo termine hanno rifiutato di disarmarsi e di integrarsi
nell’esercito libico. Nonostante durante le prime elezioni democratiche, che si sono
svolte nel luglio 2012, non si siano registrati scontri, l’euforia iniziale è presto svanita.
Infatti ad oggi la Libia non ha ancora un governo legittimo, ma è controllata da due
parlamenti: quello di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale e quello di
Tripoli, nato in seguito all’operazione Alba libica delle forze islamiste.
Inoltre a causa dell’ultimo tentativo fallito di creare un governo di unità
nazionale e a causa della minaccia terroristica, sempre piø consistente, le potenze
occidentali - a partire da gennaio 2016 - hanno iniziato a pianificare un possibile
intervento armato, sul quale numerosi sono i dubbi degli esperti.
1
1. L’ascesa al potere di Gheddafi
Muammar Gheddafi nacque in una tenda di beduini nel deserto della Sirte,
probabilmente nel 1942. ¨ impossibile determinare con precisione sia il luogo che la
data di nascita, in quanto prima del 1950 non vi era l’obbligo di registrare i neonati
all’anagrafe. La sua famiglia ha sempre combattuto, prima contro Re Idris poi contro gli
italiani e molti dei suoi componenti sono rimasti uccisi: anche lo stesso Gheddafi rimase
ferito ad un braccio a causa dell’ esplosione di una mina, come raccontò nell’intervista
rilasciata ad Angelo Del Boca nel 1996
1
. Tutto questo porterà Gheddafi a vendicarsi di
loro, una volta salito al potere.
Il padre decise che l’unico dei figli maschi che gli era rimasto avrebbe avuto la
possibilità di studiare seriamente e perciò condusse Muammar a Sirte, dove si trovava la
scuola piø vicina all’accampamento della sua famiglia. A Sirte dovette affrontare la
“marginalizzazione” del beduino insultato per la sua ignoranza e per la sua miseria e
salvato dalla fame solo grazie alla rete caritativa delle moschee che lo accolsero
offrendogli da mangiare e un posto dove dormire
2
.
Dopo gli studi elementari - conclusi in quattro anni invece che in sei - iniziò a
frequentare la scuola media a Sebha, dove rimase dal 1956 al 1961, compiendo anche
gli studi superiori.
Fu proprio negli anni del liceo che Gheddafi sviluppò la sua passione per la
politica e la critica verso la monarchia di Re Idris. Fin da giovane cominciò a tenere
dibattiti in pubblico e in seguito all’indipendenza di molti Paesi dell’Africa e alla grande
influenza del Presidente egiziano Nasser, Gheddafi capì l’estrema importanza del
nazionalismo arabo. A partire dal 1959 iniziò a reclutare studenti per formare quello
che, dieci anni dopo, sarà conosciuto come il gruppo degli “ufficiali liberi”. Nell’ottobre
1
Angelo Del Boca, Gheddafi (Roma-Bari: Biblioteca Storica Laterza, 2014)
2
Massimiliano Cricco e Federico Cresti, Gheddafi. I volti del potere (Roma: Carocci
editore, 2011), p.26.
2
1961, durante una manifestazione organizzata per sostenere l’azione di Nasser
3
che
intendeva creare una Repubblica araba unita, la polizia intervenne e arrestò alcuni
manifestanti. Qualche giorno dopo Gheddafi era ormai preso di mira dalla polizia che
decise di espellerlo dalla scuola: fu così costretto a lasciare Sebha
4
. Si trasferì a
Misurata, dove dal 1963 si dedicò esclusivamente alla cospirazione e all’organizzazione
del Colpo di Stato.
Dopo un breve tentativo di studiare storia all’università, nel 1963 si arruolò
all’Accademia militare reale di Bengasi, dove trovò diversi compagni di scuola che poi
avrebbero fatto parte del governo rivoluzionario. Nel 1965 si diplomò alla suddetta
Accademia, mentre tra il luglio e l’agosto dell’anno successivo frequentò un corso al
Rac Center for Signal Instructors di Bovington, in Gran Bretagna
5
.
Mentre Gheddafi continuava la preparazione del suo gruppo, la situazione
politica della Libia stava peggiorando, sconvolta da ondate di arresti, elezioni truccate,
repressioni e attentati che paralizzarono il Paese appena miracolato dalla scoperta del
petrolio. La frattura tra la politica conservatrice del governo e la popolazione sempre piø
filo-nasseriana e panaraba, si fece ancora piø marcata. Gli studenti non furono gli unici
ad opporsi alla politica del Re, ma furono sicuramente coloro che pagarono
maggiormente quest’opposizione politica. Il 14 gennaio 1964 la polizia aprì il fuoco
sugli studenti che manifestavano a Bengasi, uccidendone due e ferendone molte decine
6
.
I tempi erano ormai maturi per un cambiamento decisivo, tanto che poco prima del
colpo di stato si diffuse la voce di una imminente abdicazione di Re Idris, a favore del
principe ereditario. Ma non era certo questo il cambiamento tanto sognato da Gheddafi.
3
La manifestazione ebbe origine dal discorso del Presidente egiziano trasmesso
dalla “Voce degli arabi”, con cui Nasser dichiarò il fallimento della Repubblica araba unita in seguito alla
rinuncia della Siria di farvi parte. Nonostante la fine di quell’esperienza, Nasser continuava ad avere
parole di speranza affermando che altri tentativi sarebbero stati intrapresi per dare forma al progetto
che prevedeva l’unione di tutti i popoli arabi. M. Cricco e F. Cresti, Gheddafi. I volti del potere, cit., p. 32.
4
M. Cricco e F. Cresti, Gheddafi. I volti del potere, cit., p.33.
5
Massimiliano Cricco e Federico Cresti, “Psicogeopolitica di Gheddafi” in La guerra
di Libia, Limes, quaderno speciale n. 2, 2011.
6
Federico Cresti e Massimiliano Cricco, Storia della Libia contemporanea, (Roma:
Carocci editore 2012), p. 177.
3
Da un rapporto segreto della British Military Mission si apprende che un colpo
di Stato, diretto dal colonnello Abd al-Aziz al-Shalhi, era previsto già da tempo e che il
piano era stato organizzato nel dettaglio durante una riunione a Beida il 26 agosto
1969
7
. La data menzionata era quella del 5 settembre. In base al principio che ogni
segreto in Libia era di dominio pubblico, la notizia del colpo di stato raggiunse i giovani
ufficiali in tempo perchØ questi si organizzassero, preparando un colpo preventivo
8
.
1.1 Il colpo di Stato
Il colpo di Stato degli ufficiali liberi fu condotto con un’efficienza
sorprendente: iniziato alle prime ore del 1° settembre 1969, alle 7.30 del mattino le
principali città libiche erano già sotto il controllo del movimento dei giovani ufficiali. Il
colpo venne organizzato basandosi su quattro fasi: nella prima fase, lo scopo era di
arrestare gli ufficiali superiori delle forze di pubblica sicurezza e dell’esercito; la
seconda fase prevedeva l’avanzata verso Tobruk, resa possibile anche grazie alla
complicità della CYDEF, la polizia della Cirenaica; in un terzo momento si passò al
controllo delle comunicazioni, inclusi gli aeroporti, il servizio televisivo e gli
apparecchi telefonici; infine l’occupazione delle postazioni chiave nelle maggiori città:
Tripoli, Bengasi e Sabha.
L’unica fonte di informazione era la radio, che venne usata dagli ufficiali per
presentare il nuovo governo al Paese. Essi si presentarono come il Consiglio del
comando rivoluzionario, mantenendo inizialmente l’anonimato
9
. Solo il 15 settembre
vennero resi noti i nomi dei componenti del governo e fu annunciato che il vero leader
della rivoluzione era Muammar Gheddafi, appena autoproclamatosi colonnello e
comandante in capo delle forze armate. Anche se i membri del Consiglio rivoluzionario
cercarono sempre di affermare che la loro fosse una rivoluzione del popolo, in realtà
7
Massimiliano Cricco, Il petrolio dei Senussi (Firenze: Polistampa editore, 2002), p.
164.
8
F. Cresti e M. Cricco, Storia della Libia contemporanea, cit., p.203.
9
Idem, p.205.