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Introduzione
Lo studio delle collocazioni, ovvero delle combinazioni abituali tra due o più parole, ha
iniziato ad attrarre l’attenzione dei linguisti di tutto il mondo a partire dalla seconda metà
del XX secolo, momento in cui il panorama linguistico ha iniziato a riconoscere
l’importanza che queste strutture ricoprono a livello acquisizionale.
Nell’ambito degli studi sull’acquisizione di una seconda lingua, l’argomento
delle collocazioni, sebbene ampiamente trattato per lingue europee come l’inglese e il
francese, riscontra ancora troppo poco interesse, specialmente nel panorama italiano e
cinese.
La presente ricerca ha lo scopo di contribuire a colmare questa lacuna e di
indagare l’acquisizione delle collocazioni verbo+nome cinesi da parte di apprendenti
italofoni di livello intermedio e intermedio avanzato.
La tesi è suddivisa in sei capitoli. Inizialmente, viene fornito un quadro teorico
sull’argomento delle collocazioni in ambito linguistico; nello specifico, vengono
introdotte le tre principali correnti di pensiero relative alla definizione del concetto di
collocazione (frequency-based approach, phraseological approach e approcci ibridi),
così come la definizione di collocazione adottata nel presente studio. Nei due paragrafi
successivi è illustrata la classificazione delle collocazioni (inglesi e cinesi)
maggiormente utilizzata in letteratura. Infine, gli ultimi paragrafi del primo capitolo
riassumono i punti di vista dei principali studi relativi al processamento delle
collocazioni e all’importanza del loro ruolo in ambito acquisizionale.
Il secondo capitolo riassume i risultati degli studi svolti fino ad oggi
sull’argomento, dividendoli in tre categorie: quelli relativi all’inglese L2, quelli relativi
all’inglese L2 appreso da studenti sinofoni e quelli in cui si indaga l’acquisizione delle
collocazioni in cinese L2. L’ultimo paragrafo del secondo capitolo fornisce una
descrizione delle collocazioni verbo+nome cinesi (tipologia di collocazioni su cui si
incentra la tesi).
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Il terzo capitolo riguarda la metodologia e le procedure di ricerca adottate nel
seguente lavoro. Nella seconda parte del terzo capitolo, viene descritta la modalità di
somministrazione del test e la composizione dei 33 partecipanti, frequentanti il secondo
e terzo anno di studio di lingua cinese all’Università Ca’ Foscari di Venezia e
all’Università di Torino. Infine, partendo dagli studi sperimentali svolti
precedentemente sull’argomento, è illustrata la classificazione degli errori
collocazionali a cui si fa riferimento.
Nel quarto capitolo, i dati ottenuti dal test collocazionale sono analizzati a livello
quantitativo; inoltre, sono confrontati gli errori commessi dai partecipanti di livello
intermedio e intermedio avanzato.
Nel quinto capitolo, sulla base delle categorie di errori precedentemente riportate,
sono analizzati gli errori collocazionali commessi per ciascuno dei tre esercizi del test.
Partendo dalle collocazioni prodotte dagli apprendenti, sono state identificate in totale
otto categorie di errori: utilizzo di sinonimi o quasi sinonimi, utilizzo di parole
morfologicamente o fonologicamente simili, ignoranza delle proprietà del verbo, calchi
linguistici, incongruenza con il contesto, parafrasi, evitamento e ordine sbagliato delle
parole. Oltre all’analisi generale degli errori, nel paragrafo 5.1.6, su ispirazione dello
studio svolto da Cai (2017), viene indagata l’influenza della semantica del verbo
sull’acquisizione delle collocazioni.
Per concludere, il sesto capitolo riporta le ultime considerazioni sulla ricerca
svolta, evidenziando le implicazioni pedagogiche, i limiti e le possibilità per ricerche
future.
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Capitolo 1: Quadro teorico
Il presente capitolo ha lo scopo di introdurre al concetto di collocazione nel panorama
linguistico. Il primo paragrafo fornisce una panoramica sui principali approcci adottati
dagli studiosi per la definizione della collocazione, mentre il secondo paragrafo riporta
la definizione utilizzata nella presente ricerca. Il terzo e il quarto paragrafo illustrano la
classificazione delle collocazioni maggiormente adottata in letteratura nella lingua
inglese e cinese. Infine, negli ultimi due paragrafi vengono elencati i principali motivi
per i quali le collocazioni ricoprono un ruolo fondamentale nell’ambito
dell’apprendimento linguistico.
1.1 La collocazione in linguistica
La definizione del concetto di collocazione è un tema controverso. Nel corso degli anni,
decine di studiosi si sono approcciati allo studio delle collocazioni partendo da differenti
background teorici, utilizzando molteplici metodi di ricerca e avendo obiettivi
completamente diversi.
Nonostante ciò, molti studiosi attivi negli ultimi decenni (come ad esempio
Nesselhauf 2005, Gyllstad 2007, Cai 2017 e Peng 2016) concordano nell’affermare che,
per quanto riguarda la definizione di collocazione adottata, la maggior parte dei
contributi possono essere ricondotti principalmente a tre approcci: il frequency-based
approach, il phraseological approach e un approccio ibrido nel quale rientrano tutti gli
studi che prendono in considerazione elementi sia del primo che del secondo.
1.1.1 Frequency-based approach
Il frequency-based approach definisce le collocazioni sulla base di un principio di
frequenza:
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Collocations are seen as units consisting of co-occurring words at a certain
distance from each other, and a distinction is often made between frequently and
infrequently co-occurring words. (Nesselhauf 2005, cit. in Gyllstad 2007: 7).
Al fine di comprendere al meglio la storia e le caratteristiche di questo approccio, è
necessario soffermarsi sui lavori dei suoi principali esponenti: Firth (1957), Halliday
(1961, 1966) e Sinclair (1987, 1991).
Il pionieristico contributo di Firth ha determinato la diffusione del termine
‘collocazione’ in ambito linguistico e, con esso, del frequency-based approach. Nei suoi
studi sulla semantica, Firth elabora il concetto di meaning by collocation: l’autore
afferma che il significato di una parola è definito da “its habitual collocation with [...]
other words” (1957: 11) e sottolinea che, nelle collocazioni, la vicinanza delle parole
non è semplice giustapposizione, bensì “it is an order of mutual expectancy” (1957: 12).
Firth esemplifica questo concetto affermando:
It can safely be stated that the “meaning” of cows can be indicated by such
collocations as They are milking the cows, Cows give milk. The words tigresses or
lionesses are not so collocated and are already clearly separated in meaning at the
collocational level. (1957: 12)
Il concetto di meaning by collocation rappresentava un’idea nuova nel panorama
linguistico dell’epoca, principalmente perché la semantica delle parole veniva
considerata da Firth come “an abstraction at the syntagmatic level and [...] not directly
concerned with the conceptual or idea approach to the meaning of words” (1957: 196).
A partire dalle teorie Firthiane, molti studiosi hanno analizzato la co-occorrenza
delle parole dando vita a ulteriori definizioni e riflessioni sulle collocazioni, le quali
hanno contribuito allo sviluppo del frequency-based approach.
La ricerca di Halliday (1961, 1966), partendo da quanto teorizzato da Firth, si
pone l’obiettivo di definire in maniera più precisa il concetto di collocazione:
Collocation is the syntagmatic association of lexical items, quantifiable, textually,
as the probability that there will occur, at n removes (a distance of n lexical items)
from an item x, the items a, b, c .... Any given item thus enters into a range of
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collocation, the items with which it is collocated being ranged from more to less
probable. (1961: 276)
La definizione del concetto di collocazione concepita da Halliday presenta diverse
innovazioni rispetto a quella precedentemente teorizzata da Firth. Innanzitutto, secondo
Halliday le entità coinvolte nella collocazione non sono semplici parole, bensì lexical
items. Si prenda in considerazione la seguente affermazione:
Strong, strongly, strength and strengthened can all be regarded [...] as the same
item; and a strong argument, he argued strongly, the strength of his argument and
his argument was strengthened all as instances of one and the same syntactic
relation. (Halliday 1966:151)
Si può chiaramente evincere come il concetto di lexical items faccia riferimento al
lemma in tutte le sue possibili derivazioni e non alle singole forme lessicali.
Inoltre, è importante notare come Halliday abbia tentato di delineare un criterio
matematico
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utile alla determinazione della distanza che intercorre tra le parole della
collocazione. Infine, nella sua definizione, troviamo l’adozione di un criterio di
frequenza per descrivere la relazione tra gli elementi della collocazione in termini di
probabilità (probabile o meno probabile).
Un ulteriore passo verso la delineazione del principio matematico che governa le
collocazioni è stato fatto da Sinclair (1991), il quale sostiene:
Collocation is the occurrence of two or more words within a short space of each
other in a text. The usual measure of proximity is a maximum of four words
intervening. (p. 170)
La definizione proposta da Sinclair, ponendo un limite di distanza ben preciso, ha avuto
il merito di sistematizzare il concetto di collocazione e di tracciare dei confini
decisamente più netti rispetto a quanto fatto in precedenza da Firth e Halliday.
Nonostante ciò, anche in Sinclair resta indefinito il numero di componenti necessari a
1
Sebbene Halliday non definisca chiaramente la distanza che debba intercorrere tra le parole al fine di poterle
considerare una collocazione, tuttavia, come nota Gyllstad (2007: 8), “it is clear that the distance may range across
sentence borders”.
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formare una collocazione: “[i]n most of the examples, collocation patterns are restricted
to pairs of words, but there is no theoretical restriction to the number of words involved”
(1991: 170).
Un elemento essenziale degli studi di Sinclair è rappresentato dalla terminologia
utilizzata (ispirata a quella di Halliday (1966), la quale ha permesso di definire
univocamente gli elementi legati alla struttura delle collocazioni e, di conseguenza, di
poterli utilizzare per operare in maniera chiara. L’autore fa riferimento principalmente
a tre concetti:
We may use the term node to refer to an item whose collocations we are studying,
and we may define a span as the number of lexical items on each side of a node
that we consider relevant to that node. Items in the environment set by the span
we will call collocates. (Sinclair, 1966: 415)
L’importanza della ricerca di Sinclair è determinata anche dalla sua discussione sul
legame tra collocazioni ed espressioni idiomatiche, argomento insidioso che sarà poi
ripreso da molti studiosi. La riflessione sulla tematica nasce dalla distinzione che
l’autore opera nel descrivere i due principi attraverso cui viene organizzato il linguaggio:
open-choice principle e idiom principle.
Il primo principio fa riferimento alle regole grammaticali che governano il testo,
il quale è considerato come “a series of slots which have to be filled from a lexicon
which satisfies local restraints” (1991: 109). Al contrario, secondo l’idiom principle, “a
language user has available to him or her a large number of semi-preconstructed phrases
that constitute single choices, even though they might appear to be analysable into
segments” (1991: 110). La somiglianza tra “semi-preconstructed phrases” e
collocazioni è chiaramente evidente. Difatti, Sinclair afferma:
Idioms overlap with collocations, because they both involve the selection of two
or more words. At present, the line between them is not clear. In principle, we call
co-occurrences idioms if we interpret the co-occurrence as giving a single unit of
meaning. If we interpret the co-occurrence as the selection of two related words,
each of which keeps some meaning of its own, we call it a collocation. (1991: 172)
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L’autore procede fornendo alcuni esempi: “[...] hold talks, hold a meeting, hold an
enquiry are collocations; whereas hold sway, hold the whip hand are idioms.” (1991:
172).
Sebbene Sinclair stesso affermi che il confine tra collocazioni ed espressioni
idiomatiche non sia facilmente tracciabile, tuttavia le sue riflessioni hanno apportato un
contributo fondamentale in una discussione che tutt’oggi resta accesa e divisiva.
1.1.2 Phraseological approach
Il secondo approccio alla definizione del concetto di collocazione, phraseological
approach, è caratterizzato dall’attenzione alla relazione sintattica che intercorre tra gli
elementi costituenti della collocazione, la quale viene definita come:
[...] a type of word combination, most commonly as one that is fixed to some
degree, but not completely” (Nesselhauf 2005: 24, cit. in Cai 2017: 5).
Le teorie adottate dal phraseological approach sono state fortemente influenzate dal
lavoro dei linguisti russi, focalizzati principalmente sul posizionamento delle
collocazioni all’interno di un continuum di idiomaticità e sulla definizione della
differenza tra collocazioni ed espressioni idiomatiche (Men 2015: 22).
Tra le più importanti voci di questo approccio spiccano quella di Cowie (1981,
1994, 1998) e Howarth (1996, 1998), entrambi appartenenti alla tradizione linguistica
inglese. Ciò che li distingue dagli studiosi russi è l’interesse per le difficoltà incontrate
nell’acquisizione delle collocazioni in una seconda lingua, le quali, secondo gli autori,
deriverebbero principalmente dall’insidiosa distinzione tra collocazioni e combinazioni
libere, quest’ultime intese come espressioni lessicali in cui non vi è alcuna restrizione a
livello di sostituibilità degli elementi costituenti
2
. Infatti, secondo quanto affermato da
Howarth, è importante che venga identificato “[...] at what point language users are
2
Come esemplificato da Men (2015), “combinations with both elements having a wide/unrestricted range of co-
occurring words are free word combinations, e.g. want a book, for which the verb want can occur with, a car,
money, peace, etc., and the noun book can occur with have, buy, read, take, etc.” (p. 29)