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INTRODUZIONE
Nella vita di tutti i giorni siamo circondati da persone che possiedono un proprio
modo di parlare, di comportarsi, di pensare, che corrisponde ad una peculiare e
caratteristica identità, che distingue ognuno dagli altri. Il mondo dei social network è
un ulteriore spazio in cui una persona può mostrare ciò che è e il presente lavoro di
tesi mira a studiare l’espressione e la presentazione dell’identità nei social network di
Instagram e LinkedIn secondo un’analisi psicosociale.
Nel capitolo 1 vengono definite le rappresentazioni sociali, come queste si formano,
le funzioni che hanno e come si cristallizzano man mano in una vera e propria
identità, termine che assume diversi significati secondo autori diversi. L’identità si
forma anche in base all’appartenenza a gruppi, per cui viene sottolineata
l’importanza degli altri e della rete sociale nella costruzione di un sentimento di
appropriazione di determinati comportamenti. In seguito, viene fatto un riferimento a
Goffman (1978) per quanto riguarda la presentazione di sé e le diverse strategie di
autopresentazione. La presenza degli altri spesso spinge le persone a comportarsi in
modo che siano apprezzate ed accettate e la teoria del confronto sociale di Festinger
(1954) spiega come confrontarsi con gli altri sia un modo per valutare sé stessi,
mentre l’interazionismo simbolico afferma come le interazioni con gli altri siano
importanti per costruire la realtà. Appurata l’importanza della rete sociale nella
costruzione dell’identità, si fa riferimento alla teoria dell’identità sociale di Tajfel e
Turner (1985), secondo cui le persone si classificano in categorie sociali, che
possono riguardare gruppi di amici o gruppi lavorativi. Infine, vengono distinte
l’identità sociale e l’identità professionale, che sono il fulcro del lavoro di tesi.
Il capitolo 2 estende il tema dell’identità e dell’autopresentazione trattati
precedentemente all’ambito virtuale. Dopo aver introdotto come la tecnologia ha
cambiato il modo di presentarsi e conoscere gli altri, si passa a definire il termine
‘social network’, la sua nascita e il suo sviluppo, e come esso si intrecci con le
strategie di autopresentazione delineate da Goffman (1978). Successivamente,
vengono introdotte le due piattaforme social in cui si può ben notare il lavoro di
costruzione e presentazione della propria identità online, Instagram e LinkedIn,
tracciando una linea generale circa la loro nascita, la struttura, le funzioni e gli scopi,
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e sottolineando come esse rappresentino, rispettivamente, l’identità sociale e quella
professionale.
Nel capitolo 3 sono descritte le similitudini e le differenze di questi due tipi di
identità, diverse ma allo stesso tempo intrecciate tra loro. Viene mostrato come le
competenze lavorative descritte su LinkedIn siano una parte delle caratteristiche
dell’identità della persona, che si identifica anche in base al lavoro che svolge.
Nell’autopresentazione di sé online intervengono diverse variabili, come la
desiderabilità sociale, la pressione ad apparire migliori di quanto non si sia in realtà,
la brama di like e feedback positivi dagli altri. Viene dato spazio anche
all’espressione dell’identità sessuale sia nella vita reale che in quella virtuale e le
strategie utilizzate per metterla in luce o nasconderla. Infine, si parla del selfie e del
suo potere espressivo, in quanto esso racconta non soltanto aspetti fisici della persona
ma anche informazioni più celate, come, per esempio, il modo in cui una persona
vorrebbe apparire.
Il capitolo 4 consiste nella presentazione, descrizione e analisi della ricerca empirica
attuata. Partendo dalla definizione di ricerca netnografica, si descrivono nel dettaglio
i due social analizzati per poter comprendere l’ipotesi secondo cui si vuole esaminare
se e come l’identità sociale e l’identità professionale combacino e come il modo di
presentarsi cambi in base al voler mostrare l’una o l’altra identità nei social network
come Instagram e LinkedIn. Dopo aver descritto il metodo utilizzato e aver
analizzato i risultati, si discute circa l’esito della ricerca: l’ipotesi è solo in parte
confermata, in quanto la sovrapposizione delle due identità è presente non nelle
descrizioni e biografie dei social, ma soltanto nella costruzione dei contenuti.
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Capitolo 1
IL COSTRUTTO DELL’IDENTITÀ NELLA
PSICOLOGIA SOCIALE
Premessa
Ogni giorno nella vita si è sommersi di infinite informazioni riguardanti altre
persone: il nome, la professione, gli hobby, la personalità, i difetti. Ancor prima di
conoscere qualcuno si potrebbero già avere dati su quella persona comunicati da altri,
letti sui giornali o visti sui suoi profili social. L’identità è ciò che rappresenta un
individuo, che dice chi è e come si comporta, cosa gli piace e come si relaziona ad
oggetti e persone. Ci sono pezzi di noi in ogni parola che diciamo, in ogni gesto che
compiamo, anche in un silenzio. Piccoli frammenti che, sommati e integrati,
costruiscono la rappresentazione di noi, l’idea che gli altri si fanno riguardo la nostra
persona. Eppure è molto complesso definire completamente l’identità di una persona,
dal momento che ci caratterizzano aspetti personali e sociali, individuali e
contestuali; la prima stretta di mano con uno sconosciuto è soltanto l’inizio del lungo
e spesso interminabile processo di conoscenza dell’altro.
1. Le rappresentazioni sociali e la costruzione dell’identità
Prima di parlare di identità, bisogna delineare un concetto chiave della psicologia: le
rappresentazioni sociali. Esse sono concetti, immagini, spiegazioni, credenze
elaborate collettivamente, consensuali e socialmente condivise, a proposito di
fenomeni poco familiari e complessi in modo da renderli familiari e maggiormente
comprensibili (Hogg, Vaughan & Arcuri, 2016). Secondo Moscovici (1961, 1981,
1988), lo psicologo che ha introdotto la teoria delle rappresentazioni sociali, i
membri di un gruppo costruiscono e trasmettono la conoscenza proprio attraverso tali
interpretazioni sociali, che aiutano gli individui a vivere e a sentirsi parte di un
gruppo o, più in generale, di una società.
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Ogni esperienza od oggetto a cui si vuole dare significato subisce l’influenza delle
rappresentazioni possedute. Le rappresentazioni sociali, quindi, danno un loro
contributo nella costruzione della realtà attraverso la costruzione dei singoli oggetti,
che vengono man mano identificati, riconosciuti e interiorizzati collettivamente ed
individualmente. In quanto schemi cognitivi, esse contribuiscono alla costruzione
dell’identità poiché partecipano all’interiorizzazione di esperienze, pratiche, modelli
di condotta e di pensiero socialmente consolidati, che andranno poi a definire il sé,
personale o sociale che sia (Jodelet, 1992). Le rappresentazioni sociali si formano
attraverso due processi: l’ancoraggio e l’oggettivazione. L’ancoraggio consiste nel
collegare i nuovi contenuti alle immagini e alle categorie preesistenti e conosciute,
attraverso processi come la categorizzazione (classificare l’ignoto in una categoria
nota) e la denominazione (dare un nome e un’identità all’oggetto). L’oggettivazione,
invece, permette a qualcosa di sconosciuto di essere semplificato e divenire
familiare, permette di rendere concreto ciò che è astratto, attraverso l’uso di
immagini, metafore, associazioni.
Le rappresentazioni sociali svolgono tre funzioni (Myers, 2013). La prima è quella di
rendere familiare ciò che è sconosciuto ed è l’esito dell’ancoraggio, in quanto tale
processo assegna una categoria ben precisa ai contenuti delle rappresentazioni
rendendoli modelli condivisi. La seconda funzione è quella di favorire gli scambi
interpersonali e sociali, in quanto esse assumono il significato di sistemi di
conoscenza condivisi che regolano la vita e le interazioni all’interno di una società,
formando anche una cultura. La terza funzione è quella normativa e di affermazione
dell’identità, in quanto le rappresentazioni sociali categorizzano oggetti, eventi e
persone, definendoli in base a significati specifici condivisi da un determinato
gruppo e che, quindi, fungono da strumenti di affermazione di un’identità e di
un’appartenenza.
A partire da questa linea guida, si può ora definire l’identità, ovvero quell’insieme di
caratteristiche che definiscono una persona e che la rendono diversa dalle altre. Nel
corso dei secoli e della letteratura, molti autori hanno sostenuto l’esistenza non di
un’unica identità ma di vari tipi di identità.
James (1890) distingueva l’“io” come flusso di coscienza e il “me” come oggetto di
percezione, per cui il sé era interpretato in relazione a come si è percepiti dagli altri.
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Per il grande sociologo Durkheim, l’“essere sociale” raggiunge la sua completa
costituzione con l’acquisizione di “un sistema di idee, di sentimenti e di abitudini che
esprimono in noi, non la nostra personalità, ma il gruppo o i gruppi di cui facciamo
parte” (Durkheim & Acquaviva, 1971, p.41) ed è costituito da credenze, pratiche,
tradizioni, opinioni collettive; contrapposto all’“essere individuale, composto invece
dagli stati mentali e personali del soggetto (Cesareo, 2000).
Tajfel e Turner (1979) definivano l’“identità sociale” in termini di appartenenza a un
gruppo e l’“identità personale” in termini di tratti personali idiosincratici.
Carver e Scheier (1981) riconoscevano il “sé pubblico” come il modo in cui le
persone vedono l’individuo e il “sé privato” come i pensieri e gli atteggiamenti
privati dell’individuo.
Higgins (1987) proponeva un “sé reale” come descrizione di chi si è realmente, un
“sé ideale”, ovvero come si vorrebbe essere, e un “sé normativo”, cioè come si
dovrebbe essere. Brewer e Gardner (1996) parlavano di “sé individuale”, basato su
tratti personali, “sé relazionale”, basato sulle relazioni con gli altri, e “sé collettivo”,
basato sull’appartenenza a gruppi.
Bauman (2005) ricorre a un’immagine molto interessante per spiegare l’identità,
ritenendola sì un puzzle da costruire, ma allo stesso tempo un qualcosa di molto più
complesso ed incerto, perché essa:
“può essere paragonata solamente a un puzzle difettoso, in cui mancano alcuni pezzi
[…]. Un puzzle comprato in negozio è già tutto contenuto in una scatola, ha
l’immagine finale già chiaramente stampata sul coperchio e la garanzia che tutti i
pezzi necessari per riprodurre quell’immagine si trovano all’interno […]. Nessuna di
queste agevolazioni è disponibile nel momento in cui componi la tua identità […]
sono a disposizione tanti piccoli pezzi che speri di poter incastrare l’uno con l’altro,
ma l’immagine che dovrebbe emergere al termine del lavoro non è fornita in
anticipo, e pertanto non puoi sapere per certo se possiedi tutti i pezzi necessari per
comporla” (ivi, p.55).
Bauman assume che la soluzione di un puzzle sia orientata all’obiettivo, partendo
cioè dall’arrivo finale si cerca di incastrare insieme i pezzi, mentre la costruzione
dell’identità sia orientata ai mezzi, per cui si parte dai pezzi disponibili per scoprire
come ordinarli e integrarli. Per il sociologo l’identità è un’arma a doppio taglio: può
essere ora rivolta dal singolo alle pressioni collettive che cercano di snaturare le sue
convinzioni e il suo modo di vivere, oppure può essere diretta da un gruppo ad un