Introduzione
Il presente lavoro di tesi mette a confronto il discorso politico del presidente
americano Donald John Trump e il presidente russo Vladimir Vladimirovič Putin
(Владимир Владимирович Путин). Questi due politici rappresentano ideologie
politiche diverse e sono originari di due diversi paesi e, di conseguenza, sono
portatori di due culture diverse.
Il lavoro di tesi in oggetto è nato principalmente da un mio interesse personale.
Ritengo che uno studente di lingue straniere debba essere appassionato di tutto ciò
che concerne la lingua di studio (cultura, politica, letteratura, storia).
Ho deciso di prendere in considerazione, tra i vari aspetti, il discorso politico in
quanto ritengo che il ruolo della lingua nella politica sia fondamentale perché la
politica è fatta di parole, parole usate per convincere, persuadere o dissuadere,
manipolare e sedurre.
La politica è lo specchio di un paese, della società, è il filo conduttore della storia,
collega passato, presente e futuro. Tutte le istanze discorsive sono portatrici di
un’ideologia, di un sistema di idee. La comunicazione politica rappresenta l’esempio
più evidente in quanto ogni discorso riflette l’ideologia, la cultura, la personalità
dell’oratore politico.
Il discorso politico è il riflesso della società che rappresenta. Attraverso l’analisi dei
discorsi politici possiamo imparare qualcosa sulla società, sul paese che il politico
rappresenta.
Come già detto, in questo elaborato, partendo dalle premesse teoriche riguardanti il
concetto di linguaggio specialistico (LSP), proponiamo il confronto tra il discorso
della vittoria di Donald Trump e il discorso di fine anno del presidente russo
Vladimir Putin.
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La scelta di questi due politici è giustificata dal fatto che entrambi sono leader di due
potenze mondiali. Tra i due c’è una notevole differenza di durata di mandato: Putin è
presidente da quasi 20 anni con ben 4 mandati, mentre Trump diviene il 45°
Presidente degli Stati Uniti d'America l'8 novembre 2016.
Lo scopo di quest’analisi, quindi, è notare le similitudini dei due leader nel modo di
affrontare il discorso politico nonostante rappresentino due personalità
completamente contrapposte.
Saranno analizzate le strategie persuasive e la composizione del discorso.
L’analisi linguistica che offriremo metterà in rilievo l’aspetto pragmatico del discorso
politico, soffermandosi sulle scelte lessicali, l’uso del noi inclusivo e l’utilizzo delle
figure retoriche.
Le domande alle quali si cerca di rispondere sono le seguenti: quali differenze e
similitudini riscontriamo nel linguaggio utilizzato nei loro discorsi?
Come le differenze personali, culturali e ideologiche modificano il loro linguaggio?
Sono stati analizzati due discorsi pronunciati in circostanze diverse in quanto, in
Russia, il discorso di fine anno di Putin è molto atteso e reputato importante.
Nel caso del presidente Trump, si è preferito optare per il discorso della vittoria, in
quanto ci permette di delineare al meglio i tratti caratteristici del personaggio ed il
suo fare politico.
La tesi è strutturata nel seguente modo: dapprima presentiamo le caratteristiche
generali del linguaggio specialistico e le sue varie denominazioni. Segue una
presentazione del linguaggio politico e delle sue caratteristiche. Nel secondo capitolo
viene presentata la traduzione dei due discorsi, preceduta da una breve biografia dei
due leader. Nel terzo capitolo proponiamo l’analisi dei discorsi, nella quale
presentiamo le caratteristiche del linguaggio utilizzato dai due leader e le
osservazioni più interessanti riguardo alle differenze culturali e personali.
Infine, nell’ultima parte dell’elaborato, riassumiamo gli aspetti che riteniamo
maggiormente significativi.
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Capitolo I
I linguaggi specialistici
Gian Luigi Beccaria ha osservato acutamente che «tra vocabolario comune e
vocabolario tecnico-scientifico si alzano barriere sempre più esili e le scienze
immettono con sempre maggiore frequenza neologismi nella lingua corrente» e che
se «un tempo la persona di media cultura conosceva poche parole scientifiche, oggi
ne conosce un gran numero».
1
La terminologia specialistica è molto presente nella lingua comune. Basti pensare ai
foglietti illustrativi dei medicinali o i referti degli accertamenti diagnostici; le
circolari e i bandi di concorso ovvero le comunicazione degli enti pubblici e privati
con il cittadino; i manuali di istruzioni e d’uso, le etichette che Gualdo e Telve (2011)
definiscono scritture particolari, e nelle quali identificano il principale tramite per la
diffusione dei linguaggi specialistici.
Se riflettiamo sulla lingua comune che utilizziamo quotidianamente per comunicare
possiamo notare che possiede una certa polisemia, ovvero, ad una parola possono
corrispondere più significati. In ambito professionale e in contesti specifici, sia una
conversazione tra un datore di lavoro e un impiegato, sia una conversazione tra
medico e paziente, la lingua comune risulta essere troppo vaga ed ambigua per
esprimere i concetti richiesti.
La monoreferenzialità è una delle caratteristiche principali del linguaggio
specialistico, in quanto non è usata per indicare che ad ogni termine corrisponde solo
un unico referente, ma per indicare che in un dato contesto solo un determinato
significato può essere considerato. Il linguaggio specialistico risulta essere, di
conseguenza, meno ambiguo e più preciso.
1
G. L. Beccaria, Per difesa e per amore. La lingua italiana oggi, 2006, pp. 55 e 56
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1.1 Denominazioni dei linguaggi specialistici
Sono molte le definizioni che sono state accostate al concetto di “linguaggio
specialistico” (LSP). La denominazione più antica è “lingue speciali”, calco dal
francese, introdotto in italiano da B. Migliorini (1935) e G. Devoto (1939) e
tempestivamente registrato da A. Severino nel 1937.
La denominazione “linguaggi specialistici” è forse quella oggi più in uso per riferirsi
alle varietà specialistiche della lingua, ma non è certo l’unica e su di essa non c’è
ancora accordo unanime tra tutti gli studiosi. Ci sembra tuttavia preferibile parlare di
linguaggi specialistici per due ragioni: per lingua intendiamo il codice comunicativo
verbale esclusivo della specie umana; per linguaggio, un codice comunicativo, anche
non verbale ma utilizzato per esprimere concetti simbolici, come per es. le formule,
oppure, iconici, come diagrammi, grafici e illustrazioni.
Inoltre, l’aggettivo specialistico permette di fissare subito una linea di confine tra le
forme di comunicazione che nascono in ambiti di alta specializzazione, tra
specialisti, e le forme di comunicazione che, pur attingendo ad un fondo
terminologico specialistico, interagiscono in modo continuo e ineliminabile con la
lingua comune e sono dirette a un pubblico largo e indifferenziato.
2
Beccaria (1973) parla di linguaggi settoriali mentre M. Porro (1973) usa anche
linguaggi tecnico-scientifici per riferirsi al dominio più ristretto dei linguaggi e delle
tecniche.
Balboni parla di ‘microlingue’ scientifico-professionali (1989, 2008).
3
Riportiamo qui la definizione offerta da Cortelazzo (1994), sulla base di quella di
Berruto (1974:68).
«Per lingua speciale si intende una varietà funzionale di una lingua naturale,
dipendente da un settore di conoscenze o da una sfera di attività specialistici,
utilizzata, nella sua interezza, da un gruppo di parlanti più ristretto della totalità dei
parlanti la lingua di cui quella speciale è una varietà, per soddisfare i bisogni
comunicativi (in primo luogo quelli referenziali) di quel settore specialistico; la
lingua speciale è costituita a livello lessicale da una serie di corrispondenze
3
Ibid.,p. 19
2
R. Gualdo, S. Telve, Linguaggi specialistici dell’italiano,2011, p. 17
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aggiuntive rispetto a quelle generali e comuni della lingua e a quello morfosintattico
da un insieme di selezioni, ricorrenti con regolarità, all'interno dell'inventario di
forme disponibili nella lingua» (Cortelazzo 1994: 8).
La prima cosa da notare di questa definizione è l’aggettivo “funzionale” che pone
subito l’attenzione su bisogni comunicativi degli attori di una comunicazione, non
soddisfatti dalla lingua comune. Il secondo concetto rilevante, quello di “settore di
conoscenze”, si riferisce ai contenuti specialistici che un LSP possiede, nonché alla
prospettiva di un utente specialista in grado di capire questi contenuti.
Proseguendo nell’ambito delle definizioni e concettualizzazioni dei LSP, Berruto
(1987: 155-56) distingue tra lingue speciali in senso stretto, definendole come
«varietà diafasiche caratterizzate da un lessico speciale, in relazione a particolari
domini extralinguistici e alle corrispondenti aree di significato», ovvero sottocodici
forniti di un lessico particolare, e lingue speciali in senso lato, prive di lessico
specialistico ma legate ad aree di impiego particolari. Parla anche di “gerghi” e
considera “linguaggi settoriali” sinonimo di lingue speciali in senso lato.
Sobrero (1993) distingue tra le lingue speciali due sottogruppi: le “lingue
specialistiche”, che riguardano discipline ad alto grado di specializzazione, e le
“lingue settoriali”, che fanno riferimento a settori non specialistici e, pur
distinguendosi dalla lingua comune, non sono costituite da un lessico specifico.
Tra le varie denominazioni ritroviamo anche: tecnoletto, sottocodice, microlingua,
lingue o linguaggi per scopi speciali, lingue o linguaggi di specialità, calchi da altre
lingue, come le “lingue specializzate” francesi, le langues specialisées di Lerat
(1995), il discours specialisé di Petit (2010), “linguaggi per scopi speciali” di origine
anglosassone, languages for special purposes.
L’espressione “linguaggio specialistico”, si consolida nell’uso a partire dallo studio
di Gotti:
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«I linguaggi specialistici si distinguono in genere dalla lingua comune per la
specificità del lessico utilizzato (che non coincide in genere con quello comunemente
utilizzato nel discorso di tipo generale) e per l’alta frequenza con la quale alcune
regole ed elementi della lingua comune appaiono in essi. Inoltre, i criteri di
elaborazione di tale lessico e il ricorso più frequente che nella lingua comune a
determinati accorgimenti di natura sintattica e testuale obbediscono a dei principi che
appaiono in maniera costante nei vari testi specialistici e che si possono quindi
considerare caratteristica di tali linguaggi» (Gotti 1991:1).
Le tre condizioni necessarie per designare un linguaggio specialistico poste da Gotti
(1991) sono: l’enfasi sul tipo di utente (ambito didattico), sulla realtà a cui si fa
riferimento (ambito pragmatico funzionale) e sull’uso specialistico del linguaggio
(ambito linguistico professionale).
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La sola presenza di uno specialista non è sufficiente a garantire l’uso specialistico di
un linguaggio. Ci sono tre diverse situazioni in cui uno specialista può trattare
argomenti in relazione alla sua professione. Nel primo caso, quando un esperto si
rivolge ad altri esperti per descrivere un progetto o per discutere: se i destinatari della
comunicazione possiedono una conoscenza molto approfondita dell’argomento,
l’autore può utilizzare un linguaggio molto specialistico. Non avrà la necessità di
dover chiarire o spiegare i termini esclusivi di quel LSP, eccetto quelli da lui coniati
o ridefiniti. Nel secondo caso, nella situazione in cui uno specialista si rivolge a dei
non specialisti, il lessico utilizzato andrà spiegato, come nel caso dei testi
accademici. Infine, nel caso in cui uno specialista si rivolga ad un pubblico più vasto,
utilizzerà un lessico appartenente alla lingua comune per spiegare argomenti di
natura tecnica o scientifica in modo da renderli comprensibili a tutti. Si deduce,
quindi, che l’LSP è usato nella sua interezza solo nella comunicazione tra esperti
mentre quando la comunicazione avviene tra un esperto e un non esperto il LSP
subisce necessariamente dei processi di semplificazione e di commistione con la
lingua comune.
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5
M. Gotti, Investigating Specialized Discourse, 2003, p. 12
4
M. Gotti, I linguaggi specialistici, 1991, p. 8
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