7
classificazioni sull’oggetto, che può essere di tre tipi (fisico, sensitivo o psicologico,
conoscitivo o informativo), sono particolarmente rilevanti le osservazioni sul soggetto
emittente e sul pubblico termine della comunicazione. Esistono, infatti, al riguardo, due
correnti di pensiero: quella capeggiata da Paul Watzlawick, secondo il quale la
comunicazione esiste a prescindere dalla consapevolezza e dalla volontà di chi n’è
artefice e quella di chi, al contrario, sostiene che la comunicazione non sia possibile
qualora manchi la disponibilità al dialogo, la partecipazione attiva al processo di
trasmissione e di ricezione.
E’ evidente che condividere una teoria oppure l’altra provocherà una notevole
variazione nell’insieme di fenomeni denominati di comunicazione, perciò è opportuno
abbracciare non tanto l’interpretazione che si ritiene più esatta, bensì, quella che, a
seconda del caso, minimizza il rischio di escludere occasioni rilevanti.
Poiché il lavoro che segue è volto ad analizzare la comunicazione nei suoi effetti
economici, si è ritenuto necessario accogliere la nozione più vasta di comunicazione
onde evitare errate restrizioni.
1.2 La comunicazione d’impresa: pubblico e finalità.
La comunicazione d’impresa, è l’insieme di segnali emessi dall’azienda
2
verso
l’ambiente in cui è inserita, segnali che possono avere origine, non solo da ciò che
l’impresa fa, ma anche da ciò che l’impresa non fa, non solo nei momenti in cui
l’impresa è cosciente di comunicare, ma anche quando n’è inconsapevole.
“Per le imprese in quanto organismi viventi, vale il principio per il quale non esiste un
qualcosa che non sia un non-comportamento o per dirla più semplicemente non è
possibile non avere un comportamento. Se si accetta che l’intero comportamento in una
situazione d’interazione ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne
consegue che, comunque ci si sforzi, non si può non comunicare. L’attività o l’inattività,
le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri e gli altri a
loro volta non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo
comunicano tra loro.” (Berg)
2
Lambin, Marketing Strategico, Mc Graw Hill, 1993
8
Il pubblico:
“I pubblici dell’impresa sono tutti coloro con i quali essa ha, avrà o potrebbe avere dei
rapporti” (E. Gatti)
Le direzioni in cui si dirama la comunicazione dell’impresa sono molteplici. Questo
significa che l’azienda si relaziona con diversi e specifici ambiti, divisibili, secondo un
approccio elementare oppure secondo un’articolazione più sofisticata. Nel primo caso,
distingueremo un’area di comunicazione interna, che si rivolge ai soggetti che hanno
una collocazione gerarchica all’interno dell’impresa (dipendenti, fornitori integrati
verticalmente, personale di vendita ecc.), ed un’area di comunicazione esterna, che
permette la relazione con tutti i soggetti che si collocano al di fuori dell’impresa, ma
all’interno dei confini del sistema in cui l’impresa opera (consumatori, intermediari
finanziari, azionisti, concorrenti ecc.).
Nel secondo caso, invece, si opererà un’ulteriore distinzione, per ripartire con maggiore
efficacia gli obiettivi, le tecniche e i contenuti della comunicazione: area di
comunicazione esterna di marketing (gestita dalla funzione marketing verso la
domanda), area di comunicazione economico-societaria
3
(curata dalle funzioni
amministrative e finanziarie verso i portatori di capitale), area di comunicazione interna
4
(di responsabilità della funzione d’organizzazione e del personale verso i dipendenti),
area di comunicazione istituzionale (seguita dalla direzione generale). La conclusione
più importante, che si può trarre da queste classificazioni, è che l’impresa, in entrambi i
casi, confrontandosi con pubblici diversi, non può trascurare che le aree verso le quali si
rivolge hanno uno spazio comune d’intersezione e il più delle volte un soggetto che
riceve comunicazione di tipo economico-finanziario e allo stesso tempo termine di un
processo di comunicazione di tipo commerciale, esterno di marketing (Fig.1.1 “Le aree
3
La comunicazione economico-finanziaria è “l’insieme dell’informazioni che la direzione aziendale
trasmette a vari interlocutori in relazione all’assetto reddituale, finanziario e patrimoniale dell’impresa. Ci
sono tre tipi di contenuti: a) risultati, b) piani e strategie, c) operazioni straordinarie e valutazioni”.
(Corvi, Fiocca, Comunicazione e valore nelle relazioni d’impresa, Egea, 1994)
4
La comunicazione interna è “strumentale per il perseguimento delle specifiche funzioni del
management: informare le persone partecipanti di finalità, obiettivi e direttive, descrivere le attività
specifiche e i compiti, identificare le responsabilità, formare le persone ai bisogni di trasformazione,
sviluppare e mantenere il clima organizzativo positivo, guidare all’adesione delle regole e delle
procedure, coordinare le attività individuali e di gruppo, ricercare le informazioni di feedback, perseguire
la qualità”.(Bodega G., La comunicazione interna, Working Paper, Sda Bocconi, 1992)
9
della comunicazione”).
Le aree della comunicazione evidenziano che l’impresa si rivolge a diversi pubblici
trattando d’argomenti diversi, ma questo non implica che chi è ricevente durante un
processo di comunicazione di tipo economico-finanziario, non lo possa essere anche
durante un altro processo di comunicazione, che riguarda un’altra delle quattro aree
individuate. La moltiplicazione dei ruoli interpretati dal pubblico ascoltatore
5
è
graficamente rappresentata attraverso l’intersezione delle aree della comunicazione. Il
sovrapporsi delle aree di comunicazione impone all’impresa la necessità di porsi come
un elemento compatto ed unico, non caotico. La riflessione sulla comunicazione, quindi,
evidenzia l’obbligo per l’impresa, di organizzarsi in modo integrato, coordinando
l’azione comunicativa delle diverse funzioni verso un unico fine comune. La
comunicazione, dunque, è, allo stesso tempo, causa e mezzo di legame tra gli organi del
sistema aziendale.
La finalità:
Ogni funzione aziendale è paragonabile allo strumento di un’orchestra, ad un suono
indispensabile, ma non sufficiente singolarmente, per ottenere una sinfonia. La
produzione ha bisogno del marketing per sapere cosa e come produrre, della Finanza per
ottenere e gestire i mezzi finanziari necessari per lo svolgimento delle sue azioni, della
Direzione del Personale per curare gli uomini di cui si serve e cui serve. Ognuno di
questi elementi procura valore per l’impresa, che a sua volta, crea valore per l’ambiente,
realizzando il suo obiettivo essenziale di OSA: ”Organizzazione al Servizio
dell’Ambiente”
6
. La finalità della comunicazione aziendale è in linea perfetta con
questo scopo primario: modificare l’atteggiamento altrui per intrattenere migliori
relazioni con l’ambiente, superiore capacità di rispondere alle esigenze sia grazie alla
“comprensione” (comunicare per capirsi) sia grazie alla “convinzione” (comunicare per
influenzarsi). Le attività di comunicazione hanno come obiettivi essenziali la
trasmissione di un’identità aziendale, la creazione di un’immagine favorevole presso i
5
Per moltiplicazione dei ruoli interpretati dal pubblico ascoltatore s’intende la possibilità che un’azionista
possa essere anche un consumatore, diventando così non solo ricevente della comunicazione economico-
finanziaria, ma anche di quella esterna di marketing, o, che un elemento qualsiasi della comunità possa
diventare un lavoratore dipendente dell’impresa e che la sua retribuzione possa comprendere un pacchetto
di azioni della società, coinvolgendo l’individuo in tre dei quattro momenti della comunicazione
d’impresa.
6
Ansoff H. I., Management Strategico, Etas Libri, Milano, 1986
10
diversi pubblici e la diffusione di segnali d’informazione e persuasione.
“Attraverso una corretta gestione della comunicazione, l’impresa crea e diffonde
valore: prima rafforzando l’identità e la cultura aziendale, poi, avvicinando offerta e
domanda e trasformando il valore intrinseco dell’impresa in valore percepito ed, infine,
producendo relazioni di fiducia e di conoscenza verso i portatori di risorse che
permettono la creazione materiale del valore aggiuntivo offerto dall’impresa”.( Fiocca)
La comunicazione è una leva fondamentale per valorizzare positivamente o annullare lo
scostamento tra attesa sulla prestazione del bene o del servizio reso dall’impresa e
percezione della performance effettiva offerta dallo stesso. Il valore di questa
differenza, rappresenta la misura della soddisfazione del cliente ed è una funzione di
altri quattro scostamenti
7
. Nel momento in cui il consumatore si crea un’attesa, in quello
in cui l’impresa tenta di comprendere quale sia questa attesa, in quelli in cui si fornisce,
da parte dell’impresa, e si percepisce, da parte del consumatore, il servizio offerto, la
comunicazione aziendale interviene nella definizione di questi scostamenti,
condizionandone il valore. La comunicazione, dunque, è in grado di aiutare l’impresa a
formare la soddisfazione dei suoi clienti.
8
7
Il modello di Parasuraman-Zeithaml-Berry, qui sintetizzato, analizza la modalità di generazione della
qualità percepita e della soddisfazione del cliente. Il servizio atteso dal consumatore è il risultato della
sintesi, da parte della domanda, di esperienze passate, esigenze personali e comunicazione aziendali. La
differenza tra percezione dell’impresa dell’attese del cliente e l’attese del cliente è il primo scostamento
che influenza la soddisfazione finale del cliente. Il secondo scostamento è quello che si crea, in seguito,
nella definizione delle specifiche qualitative del bene o del servizio (come l’impresa vorrebbe fornire il
servizio), il terzo si forma con la fornitura effettiva del servizio (come l’impresa fornisce il servizio). Gli
ultimi due scostamenti sono frutto della differenza tra fornitura del servizio e percezione del servizio da
parte del consumatore ed infine percezione del servizio ed attese inizialmente sviluppate.
8
Nel caso di una banca, la mancata soddisfazione di un cliente o, addirittura, la sua insoddisfazione, può
essere dovuta alla mancata elargizione di un servizio atteso, per esempio, incassare un assegno. Questa
mancanza, però, può essere dovuta all’impossibilità, da parte dell’impresa, della fruizione del servizio
richiesto, in relazione alla necessità di rispettare delle leggi (l’assegno era postdatato). Se l’impiegato, che
rifiuta la prestazione, non comunica al cliente il perché del suo diniego, la soddisfazione del cliente
assumerà valore negativo, se, invece, spiega al cliente le sue ragioni, la soddisfazione del cliente assumerà
valore nullo o positivo.
11
1.3 La comunicazione esterna di marketing
Il marketing è un ponte tra l’offerta e la domanda. Permette all’impresa di perseguire la
propria finalità di servire l’ambiente, indicando cosa produrre per vendere e non come
vendere ciò che si è prodotto. Simultaneamente, razionalizza l’utilizzo di risorse
limitate, convogliandole verso soluzioni produttive, che assicurano il soddisfacimento
della sfumatura di bisogno più di moda, tra le infinite proposte dalla domanda o latenti
in essa. La comunicazione esterna di marketing è l’insieme di segnali emessi
dall’azienda, riguardo il suo tentativo di avvicinamento al mercato, finalizzata
all’informazione ed alla creazione di una percezione positiva, circa la propria
performance produttiva, nel mercato stesso. La comunicazione esterna di marketing,
inoltre, sana la dissimetria esistente tra la logica della fabbrica e quella della società: la
varietà, che la prima non è in grado di fornire alla seconda, viene, come accade con i
servizi aggiuntivi
9
, sostituita dalla simbologia
10
. La capacità di variazione sul tema della
comunicazione, fa sì che, nonostante i prodotti siano sempre più simili, ogni
consumatore recepisca i segnali dell’impresa, attribuendogli un significato simbolico e
personale, trasformandoli in oggetti sempre più diversificati.
Una frase di Francis C. Rooney, chiarisce, efficacemente, questo concetto:
”La gente non compra più le scarpe per tenere i piedi caldi ed all’asciutto. Le compra
per sentirsi, secondo i casi, virile, femminile, rude, diversa, raffinata, giovane,
affascinante, “in”. L’acquisto di un paio di scarpe è diventato un’esperienza emotiva.
Oggi il nostro settore vende più che scarpe, emozioni.”
La comunicazione è il tramite attraverso il quale l’impresa da il là al consumatore per
accendere la sua fantasia e costruire sul prodotto un’emozione
11
.
9
Un esempio, è fornito dal settore delle auto, ad un modello base si aggiungono una serie di optional per
soddisfare esigenze diverse, dagli interni in radica e i sedili in pelle per chi vuole essere elegante, all’ABS
e gli airbag per chi vuole sentirsi più sicuro.
10
La pubblicità del caffè solubile Nescaffè può far pensare a chi consuma Nescaffè che la sua scelta lo
rende al passo con i tempi perché nello spot la bevanda è servita durante il brunch, una nuova abitudine
della domenica oppure un marito affettuoso perché il protagonista maschile lo versa alla sua compagna e
così via.
11
La Burson-Marsteller, primaria azienda nella consulenza strategica di comunicazione, ha commissionato
alla Makno&consulting un’indagine sul ruolo della comunicazione per 100 marketing manager europei
(la ricerca è stata condotta in Spagna, Germania, Italia, Francia e Gran Bretagna) operanti nei settori del
largo consumo, dei servizi finanziaria, delle telecomunicazioni, dell’elettronica e della farmaceutica. I
risultati di questa ricerca sono, in primo luogo, che la comunicazione è ritenuta dai marketing manager
12
1.3.1 Le forme della comunicazione di marketing
L’impresa ha a disposizione tre forme di comunicazione, a cui corrispondono vantaggi e
implicazioni diverse: comunicazione personale, comunicazione impersonale e
comunicazione telematica. Per tutte vale la definizione di trasmissione d’informazioni,
ma a seconda dei casi si modificano le caratteristiche delle modalità del processo, del
contenuto, della risposta. La comunicazione personale è realizzata attraverso un
processo diretto, determinato dalla presenza fisica dei soggetti emittenti e riceventi; il
messaggio è massimamente personalizzabile e la risposta è ottenuta nell’immediato,
cosicché sono possibili ulteriori approfondimenti e chiarimenti. Si tratta di una forma di
comunicazione tanto efficace, quanto costosa, a causa del basso numero di contatti per
unità di tempo e dell’alto investimento necessario per reclutare e formare le risorse
umane necessarie.
La comunicazione non personale prescinde da una veicolazione diretta del messaggio:
l’attuazione del processo avviene, infatti, attraverso l’impiego di idonei supporti per la
trasmissione e non per mezzo della simultanea presenza dei soggetti attivi e passivi. Il
messaggio non è personalizzabile ed è necessaria la sua ripetizione continua perché
abbia efficacia, condizione, per altro, non verificabile, se non attraverso ricerche
specifiche, ma, allo stesso tempo, permette di raggiungere un numero elevatissimo di
contatti a basso costo ed a largo raggio. La comunicazione telematica è frutto dei recenti
progressi nel campo dell’informatica. Si realizza mediante la trasmissione a distanza di
messaggi con il supporto di elaboratori elettronici. Tipicamente, si concretizza nella
spedizione ad indirizzi, corrispondenti a soggetti ben definiti, di messaggi
personalizzabili, che attivano un meccanismo di domanda e risposta interattivo ed in
tempo reale, il quale, a sua volta, consente una successiva qualificazione e
approfondimento. Questa forma sintetizza in sé i benefici delle prime due, eliminandone
gli svantaggi: basso costo per contatto, personalizzazione del messaggio, ma presuppone
un cospicuo investimento per l’allestimento della rete informatica e la costruzione dei
europei la più efficace leva nella fase del lancio di un prodotto, in secondo luogo, che il ricorso agli
strumenti di comunicazione si sta modificando, volgendo verso una sempre maggiore integrazione. In
passato, infatti, la comunicazione delle aziende nel lancio di un prodotto coincideva quasi esclusivamente
con l’advertising. Ora dalla cultura del marketing mix, le aziende passano a quella della communication
mix.
13
database.
1.3.2 Gli strumenti della comunicazione di marketing
Il mix della comunicazione è l’insieme di attività che l’impresa può utilizzare e
combinare per “esprimersi”. Come un essere umano può comunicare non solo attraverso
le parole, ma anche per mezzo dell’aspetto, del gruppo a cui appartiene o delle scelte di
consumo che effettua, così l’azienda può utilizzare diversi strumenti. Per esempio, può
attuare delle azioni rivolte a favorire nell’opinione pubblica un giudizio positivo
dell’impresa, cioè può fare pubbliche relazioni; oppure, ma spesso
contemporaneamente, l’impresa può sollecitare nel consumatore una risposta positiva
all’offerta, nel breve termine, utilizzando incentivi ad hoc, cioè può studiare iniziative di
promozione vendite. Approfittando dello sviluppo delle tecnologie informatiche e della
conseguenziale possibilità di costruire potenti database, l’impresa può cercare di
instaurare un rapporto diretto, interattivo, con il proprio pubblico attraverso il direct
marketing.
A seconda della strategia distributiva, l’impresa potrà usufruire dell’attività di
convincimento, persuasione e stimolo verbale degli addetti alla vendita, leva,
solitamente, chiamata personal selling. Infine, l’impresa ha la possibilità di parlare ai
consumatori attraverso una comunicazione non personale di massa, a pagamento e con
l’esplicita indicazione dell’inserzionista, volta ad indurre direttamente o indirettamente,
ad azioni vantaggiose per l’inserzionista, cioè attraverso la pubblicità.
Generalmente, per ogni attività del mix della comunicazione si possono individuare
diverse azioni promozionali (Fig.1.2 “L’imbuto promozionale”), ma per ogni gruppo ci
sono delle qualità ricorrenti.
La promozione vendite è un invito preciso a cui dare risposta nell’immediato,
un’incentivazione allettante, ad alto contenuto informativo. Il personal selling
condiziona l’acquirente: egli sa di aver prestato il suo tempo e la sua attenzione al
venditore e che questo ha fatto altrettanto, tra i due è nata una relazione (se il venditore
è bravo completamente dominata da lui) il cliente sente, quindi, di essersi già
“compromesso”, avendo investito nell’acquisto potenziale e per questo è più motivato
14
all’acquisto
12
. Nelle pubbliche relazioni la drammatizzazione cattura l’attenzione del
potenziale acquirente, le cui difese vengono superate facendo figurare la comunicazione
commerciale come una notizia e aumentandone così la credibilità. Il direct marketing
permette di costruire un rapporto personalizzato con il consumatore durante il quale
l’impresa parla direttamente con l’individuo, modulando la comunicazione secondo le
sue caratteristiche e sollecitandolo a rispondere ai suoi interventi.
La pubblicità, infine, è persuasiva perché penetrante, espressiva e soprattutto pubblica,
caratteristica che le conferisce legittimità.
Ogni attività promozionale si dirige verso un pubblico di diversa ampiezza, tutto il mix
della comunicazione si può raffigurare attraverso un’immagine a forma d’imbuto, diviso
in quattro sezioni orizzontali. Le pubbliche relazioni occupano la sezione con la base
più larga, poi, ci sono la pubblicità e, sotto, la promozione vendite, nella sezione con la
base più stretta, il personal selling. L’immagine dell’imbuto rappresenta due tipologie di
effetti dell’attività del mix della comunicazione: un effetto verticale, che si riferisce alla
capacità di creare vendite nell’immediato (più l’attività è posizionata verso l’alto, meno
forte è l’effetto verticale) ed un effetto orizzontale, che si riferisce alla capacità
d’informare un vasto numero di persone (più è ampia la base della sezione, più sarà
vasto il pubblico raggiunto)
Ogni attività del mix della comunicazione può ricondursi ad una classificazione,
ricorrente nel settore di tipo contabile. Nella processo di definizione della spesa per la
comunicazione, infatti, si usa suddividere, disegnando una linea immaginaria, il budget
in due parti: above the line e below the line. Tutto quello che sta sopra la linea (above )
è pubblicità, le spese per le altre attività sono, invece, al di sotto della linea (below).
Questo raggruppamento offre la possibilità di confrontare gli investimenti in pubblicità
con le altre azioni di comunicazione e pesare, così, la rilevanza dell’una rispetto alle
altre. Nel 1998, le attività below the line hanno assorbito il 55% dell’investimento totale
in comunicazione, interessando un giro d’affari del valore di 14.600 miliardi, cifra senza
precedenti. Ora, è pur vero che le attività below the line diventano sempre più
importanti e che nel 1998 alla pubblicità è rimasto “soltanto” il 45% dell’investimento
complessivo ma, non bisogna dimenticare che si parla dell’importanza relativa di tre
attività contro quella di una sola! Perciò, per quanto questo possa non piacere agli
addetti ai lavori e sia all’unisono considerato insufficiente, emerge chiaramente da
12
Riflettete: è più facile che usciate a mani vuote da un piccolo negozio, in cui una graziosa/o
15
questi raffronti, che la pubblicità ha un ruolo primario e che la visione della
comunicazione, sia nell’ottica del pubblico attivo che dalla prospettiva di quello
passivo, è “pubblicitàcentrica”. Anche se capiremo in seguito, che la crescita continua
delle attività below, comporterà, nel mondo della pubblicità, irreversibili cambiamenti.
commessa/o vi ha gentilmente servito o da un grande magazzino self-service?
16
2. La Pubblicità
“C’è bisogno della locomotiva per far
camminare un treno. Quando il treno
cammina a tutta velocità, la maggiorparte dei
passeggeri non si rende nemmeno conto che
c’è. Ma staccate la locomotiva dal treno, e
ben presto tutto finirà col fermarsi” (William
K. Wrigley)
2.1 Definizione della pubblicità
13
Per conoscere, in modo globale, un fenomeno è necessario osservarlo dal maggiore
numero possibile di punti di vista, fotografarlo secondo diverse prospettive, così da
poterlo, poi, ricostruire, nella sua completezza, in uno spazio mentale
pluridimensionale.
Per definire la pubblicità, quindi, non è sufficiente trascrivere la descrizione che il più o
il meno autorevole esponente della letteratura ne ha dato, né, tantomeno, sarebbe utile
sintetizzarne le caratteristiche che per moda o per importanza si possono ritenere
fondamentali, perché in ogni caso si perderebbe una parte della realtà che con questa
parola s’identifica. Per inquadrare questo tema a 360° bisogna lasciar parlare non solo
chi studia la pubblicità come strumento del mix della comunicazione, leva del
marketing, ma anche chi la ama e n’è appassionato come ad una forma d’arte, chi la
subisce suo malgrado e non se ne interroga, chi la odia e la critica come un male di fine
millennio.
I paragrafi che seguono espongono autorevoli opinioni circa il ruolo e gli effetti della
pubblicità. Sono stati menzionati per garantire una comprensione migliore del fenomeno
analizzato e per dimostrare quale importanza ad esso attribuito dall’impresa, dai
sociologi, dagli economisti. D’altro canto, tutte le definizioni individuate nella vasta
13
Il termine “pubblicità” deriva dal latino “publicare”, il quale originariamente significava confiscare,
rendere di proprietà o di uso pubblico: indicava, in altre parole, un complesso di atti compiuti dallo Stato
a favore della comunità o per formulare una sanzione inflitta ai trasgressori della legge, o per soddisfare
esigenze di governo dei pubblici interessi. In seguito, tale termine assunse un significato giuridico e diede
origine alla cosiddetta ”pubblicità legale”, che consistesse e consiste nel portare a conoscenza del
pubblico notizie di carattere giuridico. Solo nel XIX il vocabolo venne inteso nell’accezione di dare
notorietà ad un prodotto o ad un servizio. Talvolta, in luogo del vocabolo pubblicità, veniva utilizzato il
nome “réclame”, derivante dal latino “reclamare” che significava gridare contro, opporsi gridando. La
versione inglese di questo vocabolo è “advertising” e deriva sempre dal latino: il significato della
etimologia della parola sembra confermare quanto sia vicine la pubblicità, la comunicazione e l’istintiva
volontà di dominio dell’uomo di cui si parlava nel primo capitolo. Advertising, infatti, si riconduce al
latino “advertere”, volgere verso, dirigere, far cambiare direzione.
17
letteratura, non prescindono dall’espressione delle finalità e degli effetti della pubblicità,
non lasciando molto spazio alla precisazione pratica dell’aspetto estetico della
pubblicità. Certo è che, essendo questo il nome di manifestazioni di tipo diverso, una
caratterizzazione fisica può risultare forzata e non esaustiva, ma delineare dei tratti
fondamentali è, comunque, necessario. La pubblicità è tutto ciò che permette ad una
persona d’individuare chi sia il produttore di un oggetto e, viceversa, tutto ciò che il
produttore riesce ad escogitare per collegare il suo nome all’oggetto prodotto
14
, sia che
lo faccia pagando, che riesca ad ottenerlo senza pagare
15
.
2.1.2 Nel nome della legge
Secondo il decreto legislativo del 25 gennaio 1992, n.74, attuazione della direttiva
84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole, art.2 comma 1 a), la pubblicità è:
“Qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di
un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di
promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento di
diritti e di obblighi su di essi oppure la prestazione di opere o di servizi.”
La legge, pertanto, accetta la definizione più ampia possibile del fenomeno,
soffermandosi soprattutto sui contenuti possibili della pubblicità e lasciando per gli altri
aspetti, committente, pagamento o meno, tipologia dei veicoli attraverso cui è
trasmessa, la formula generale “qualsiasi”.
2.1.3 L’opinione dello studioso
14
La firma del pittore sulla tela dipinta significa (anche): “Se il quadro vi piace e ne volete uno dello
stesso artista, egli si chiama…”.Così, il nome del negozio stampato sulle buste per contenere gli acquisti o
sulle scatole dei gioiellieri ecc. In relazione a questa definizione, si può considerare che la prima
pubblicità nel mondo si produsse quando un di olio dell’Antica Grecia scrisse il suo nome sull’orcio, cioè,
l’anfora, che conteneva il frutto del suo lavoro.
15
In realtà, quasi tutte le definizioni reperite in letteratura sottolineano che perché ci sia pubblicità, debba
esserci il pagamento, da parte dell’inserzionista, di una tariffa, possibilmente certa e preidentificabile. In
America esiste una distinzione tra advertising, pubblicità a pagamento, e publicity, pubblicità trasmessa o
pubblicata senza pagamento da parte dell’azienda interessata. Poiché, chi riceve la comunicazione
pubblicitaria, non può sapere se questa sia a pagamento o meno, si è preferito tralasciare questo aspetto
nel descrivere, genericamente (in modo da farlo riconoscere a chi vi si interfaccia), il fenomeno.
18
Jean-Jacques Lambin, professore presso l’università Cattolica di Lovanio ed autore del
testo di marketing più diffuso nelle università europee, ed altri luminari della letteratura
definiscono la pubblicità osservandola dal punto di vista dell’obiettivo aziendale che la
sostiene:
“La pubblicità è una comunicazione di massa, a pagamento, unilaterale il cui mittente è
un inserzionista che si presenta come tale; essa è concepita per sostenere direttamente
o indirettamente le attività dell’impresa” (J.J. Lambin)
“ Comunicazione di massa pagata, il cui scopo finale è la diffusione d’informazioni, lo
sviluppo di atteggiamenti e la spinta ad azioni vantaggiose per l’azienda che la svolge
che in genere consistono nell’acquisto di un prodotto o di un servizio” (Russell H.
Colley)
Insomma, la pubblicità è dare (informazioni, denaro) per ricevere (informazioni e
denaro).
Dal convegno “Pubblicità, informazione, libertà” svoltosi nel maggio 1995, riportiamo
alcuni passi dell’intervento di Adriano Zanacchi, docente di Teoria e Tecnica della
pubblicità all’Icos di Roma e direttore dell’Osservatorio permanente sulla pubblicità
dell’Eurispes
16
,:
“Ma la pubblicità “è un fenomeno che nasce da chiari e legittimi intenti commerciali e
che strada facendo si complica di ambiguità e connessioni con tutta la vita sociale e
politica” (Falabrino, pubblicità serva padrona). Essa, in realtà non esaurisce i suoi
effetti nell’influenzare comportamenti o atteggiamenti rilevanti per l’impresa o per lo
sviluppo economico. Il messaggio pubblicitario non è una comunicazione neutrale che
viene lanciata nel vuoto; il messaggio pubblicitario porta necessariamente con sé certi
valori culturali ed esercita la sua carica di suggestione in un ambiente che riceve
numerosi messaggi – politici, religiosi, morali, civili e così via-con i quali interagisce,
determinando effetti che possono andare assai aldilà delle intenzioni di chi lo ha
16
La fonte di questo atto del convegno è il sito Internet www.agcm.it
19
emesso per conseguire limitati fini” (G. Parenti, la pubblicità per lo sviluppo economico
e sociale degli anni Settanta, Atti Ufficiali del Congresso nazionale della pubblicità,
1971) …Si può affermare, in linea generale, che la pubblicità è una forma di
comunicazione non desiderata e non ricercata dal pubblico e che fa di tutto per
catturarne l’attenzione e quindi per imporsi con ogni sorta di artificio, fisico e
psicologico….Aiuta a vendere, ma contemporaneamente propone modelli di
comportamento e stili di vita, ed esercita una forte incidenza sulla gestione dei mass
media, che in molti casi si traduce in un vero e proprio condizionamento sui loro stessi
contenuti, sulla loro autonomia, sulla libertà complessiva del sistema della
comunicazione”
Attraverso le sue parole e quelle di chi lo ha preceduto nell’analizzare questo fenomeno,
il professore sottolinea, soprattutto, la circostanza costante per la quale la pubblicità
esce dal seminato, cresce e provoca, suo malgrado, effetti che sono estranei a quelli che
dovrebbe perseguire, diventando a volte un potenziale pericolo per la società, da tenere
sotto controllo.
Vanni Codeluppi, invece, ha analizzato la pubblicità da un punto di vista più tecnico,
arrivando alla conclusione, che ciò che sia la pubblicità dipende da ciò che si pensa che
sia il consumatore. Se si considera il consumatore un soggetto ragionevole e cosciente,
che decide razionalmente, la pubblicità sarà persuasione, una promessa, che motiva
l’acquisto e una reason why, che giustifica la promessa. Se si pensa che il consumatore
sia un soggetto passivo e vulnerabile, la pubblicità sarà un semplice messaggio, ripetuto
nel tempo, se, invece, si ritiene un essere attivo, capace di selezionare, imparando dalle
sue esperienze, la pubblicità si trasformerà in un USP, Unique Selling Proposition
17
,
l’offerta di un vantaggio reale, esclusivo e interessante. Se il consumatore è in cerca di
un equilibrio, di un ruolo riconosciuto nella sua società, la pubblicità sarà una creatrice
di sogni e suggestioni, che, evidenziando delle situazioni di disequilibrio sgradevoli,
(mostrando una tenera coppia che fa colazione, crea nello spettatore una tensione, non
suscita il bisogno del biscotto per la prima colazione
18
, ma il desiderio di vivere il pasto
17
Secondo Rosser Reeves così deve essere costruito un messaggio pubblicitario: come una preposizione
in cui si offre un vantaggio, uno solo sintesi di tutti gli altri, promettendo una qualitàesclusiva ed
interessante.
18
La pubblicità, come il marketing, non può creare dei bisogni di consumo, questi esistono a prescindere,
giacché, altrimenti, non avrebbe senso la produzione del prodotto.
20
come nella situazione sceneggiata) suggerisce la possibilità di porvi rimedio tramite il
consumo del bene pubblicizzato.
2.1.4 L’opinione di chi la critica
John Kenneth Galbraith rese la pubblicità protagonista principale di tutto il suo percorso
letterario di studi economici, accusandola di alterare il classico rapporto tra domanda e
offerta
19
, incoraggiando una produzione inutile ed offendendo i valori, configurandosi
come un ostacolo al raggiungimento della “Stato Razionale” in cui si perseguiranno
soddisfazioni morali e non materiali, il fine dell’uguaglianza non quello economico.
“A mano a mano che una società diviene più ricca, bisogni e desideri vengono creati in
sempre maggior numero dal meccanismo stesso che li soddisfa…i produttori possono di
loro iniziativa creare aumenti di consumo e aumenti dei desideri per mezzo della
pubblicità e delle tecniche di vendita.” (tratto da La società opulenta, Etas Kompass,
Milano, 1965)
Christopher Lash, nel suo libro “The culture of Narcissism” del 1978, spiega che, se,
originariamente, la pubblicità serviva ad illustrare un prodotto, nel presente suggerisce
sentimenti, sensazioni e stili di vita. Riconoscendo i desideri dell’io narcisista e
legittimandoli, la pubblicità diventa lo strumento dell’alienazione.
Vance Packard, autore di “I persuasori occulti”, utilizzò parole colme di accuse verso la
categoria dei pubblicitari, ritenendoli professionisti della manipolazione, descrivendoli
quasi come dei cinici e malvagi stregoni, capaci, d’incantare il genere umano con le loro
formule magiche:
19
In effetti è vero che la pubblicità provoca uno spostamento della curva della domanda verso l’alto (noto
come effetto di traslazione) e/o una modificazione della sua elasticità (noto come effetto di cambiamento
della pendenza), rendendo il consumatore meno sensibile al prezzo. In più aumentando la propensione al
consumo (anche, semplicemente, informando i consumatori della presenza di certi prodotti, altrimenti,
rimasti sconosciuti e perciò non acquistati) riduce la propensione al risparmio, influenzando la
disponibilità dei capitali per gli investimenti (a ciò si potrebbe replicare che la pubblicità dei prodotti
finanziari, può preservare la propensione al risparmio, suggerendo ai consumatori di acquistare fondi
d’investimento, assicurazioni ecc.). (Fig.2.1 “Effetti della pubblicità”)