v
dell’opera compiuta lascia in sospeso, traspone in chiave
criptica o addirittura censura, rimuove
1
. Proprio per
consentire il recupero del ’rimosso’, e di studiarne cos
l’articolazione sotterranea, si preferisce procedere in
qualche modo controcorrente, commettendo l’arbitrio cro-
nologico di ribaltare la consuetudine del rapporto tra
opera principale e scritti propedeutici. Tale impostazio-
ne colloca il prodotto conchiuso la sintesi alla ba-
se, quale nucleo iniziale; il travaglio intellettuale,
disseminato in una miriade di appunti, testimoni di un
cammino erratico e tormentato
2
, verr invece colto come
stadio di sviluppo, di elaborazione concettuale e proie-
zione teoretica.
Musica e storia, se si esula da un ambito stretta-
mente poetico, e se si considera il rigore di un sistema
dottrinale compiuto, vengono comunemente assunte come
sfere separate e non comunicanti. Non sussistono cioŁ le-
gami ed elementi tali da autorizzare un’indagine al di
fuori dei binari della trattazione specifica e spe-
cialistica. All’interno della filosofia di Nietzsche, e
1
¨ questo il caso riguardante uno scritto esemplare, considera-
to un punto di passaggio obbligato per ogni indagine rivolta al tema
della musica. «Lo scritto e del 1971, Ł un frammento raccolto sotto
il titolo Musica e parola ed Ł datato quindi come La nascita della
tragedia. Ma per gli esegeti Ł uno scritto scomodo, perchØ esprime
idee diametralmente opposte a quelle de La nascita della tragedia.
Un secolo Ł passato e cos non c’Ł neppure la possibilit di inven-
tare che lo scritto sia apocrifo; allora lo si ignora». Ugo Duse, La
musica nel pensiero di Nietzsche e Wagner, in AA.VV., Musica e filo-
sofia, a cura di A. Caracciolo, Bologna, Il Mulino, 1973, p. 150.
2
Cfr. l’introduzione di Giorgio Colli alla Nascita della trage-
dia, in Scritti su Nietzsche, Milano, Adelphi, 1980, p. 25.
vi
in particolare nel campo di forza della Nascita della
tragedia, esse trovano un terreno sul quale concrescere e
svilupparsi. Le ragioni che alimentano tale fenomeno non
dipendono esclusivamente da motivi formali, dalla maniera
con la quale tale opera, analizzando la civilt greca con
un metodo non conforme alla tradizione filologica orto-
dossa, pone in generale il problema della storia, ma sono
da ricercarsi anche e soprattutto nella sostanziale asi-
stematicit e nell’inquietudine concettuale che caratte-
rizza l’opera-centauro
3
nietzscheana. Il disordinato
fluire ed intersecarsi di temi che, procedendo da ambiti
storico-filologici, attraverso mediazioni che coinvolgono
direttamente l’esistenza umana, giungono a toccare le re-
gioni della metafisica, carattere generale cui si ag-
giunge, accanto ai numi tutelari riconosciuti in Schopen-
hauer e Wagner, un nutrito numero di dramatis personae ,
sono aspetti che assumono la funzione strutturale di
scandire l’ambito di un tipo di ricerca definibile come
onniabbracciante o totale. ¨ facile cogliere in questo
panorama le conseguenze di un atteggiamento, volto a
«scoprire un nuovo punto di vista e piø d’uno»
4
, che si
definisce con l’organicit costitutiva di un progetto er-
meneutico multidirezionale. Nella poliedricit di tale
3
«Ora, dentro di me, scienza, arte e filosofia stanno crescendo
insieme cos tanto che prima o poi partorir certamente un centau-
ro». Lettera ad Erwin Rohde, febbraio 1870, in Epistolario 1969-
1974, vol. II, Milano, Adelphi, 1976, p. 92.
4
Cfr. lettera a Paul Deussen, 4 aprile 1867, in Epistolario
1850-1869, vol. I, Milano, Adelphi, 1976, p. 507.
vii
modello la speculazione nietzscheana, procedendo paralle-
lamente per piø percorsi, non risulta consegnata defini-
tivamente alla linearit di una logica coerente ma, pur
avanzando spesso tra lo stridore della contraddizione,
proietta i suoi oggetti, e le relative tematizzazioni, in
una fitta rete di fughe prospettiche. La risultante di
questa operazione d l’impressione di un colpo di mano,
di un’astuzia che avvolge il problema in una sorta di
spirale ermeneutica. Uno dei tanti modi per semplificare
tale spiazzamento Ł l’effetto ottico di un movimento
stroboscopico: come i contorni di figure in movimento
tutti quei confini che garantiscono l’autonomia di ogni
disciplina e di ogni settore del sapere, perdono consi-
stenza e si dissolvono. Divenute permeabili, le sfere che
raccolgono, separandole, le energie e le prospettive uma-
ne nella loro rispettiva e specifica articolazione, si
riconoscono, si compenetrano, parlano la stessa lingua.
Le difficolt presenti in un siffatto contesto, nel
quale i concetti chiave di musica e storia risultano di-
latati, sublimati e deformati con il rischio latente di
perdere spessore e dileguare nella continuit di un di-
scorso generico, anche se onnicomprensivo rendono indi-
spensabile l’adozione di un itinerario strategico. La
prospettiva metodologica che si intende rispettare si af-
fida, quale guida attraverso gli effetti ’stroboscopici’
della rapsodica prosa di Nietzsche, al simbolismo apol-
lineo-dionisiaco. Definito con i connotati di un progetto
viii
di lettura orientativa rivolto alle accezioni ed ai si-
gnificati via via assegnati alle figure di Apollo e Dio-
niso, tale approccio, anche se teso preliminarmente alla
preparazione e all’organizzazione di un semplice ambito
operativo, si rivela tuttavia suscettibile di ap-
profondimenti e sviluppi in grado di elevare questa sem-
plice impalcatura ad una funzione piø ampia.
L’interrogazione diretta, e la conseguente apertura
del reticolo polisemico dell’apollineo e del dionisiaco,
posta come tessitura di fondo ed orizzonte dell’indagine,
implica di per sØ la funzione di sondare la dimensione
dell’esistenza. In questa determinazione basilare si in-
serisce il nostro problema, che in tal modo risulta con-
sistere essenzialmente nell’esigenza di cogliere il rap-
porto musica-storia nella sua portata esistenziale. L’es-
sere-uomo che nel primo Nietzsche assume i caratteri
costitutivi dell’apollineo e del dionisiaco, in modo cos
evidente da rendere lecito il richiamo agli esistenziali
heideggeriani rappresenta infatti il nucleo gra-
vitazionale verso il quale devono convergere i campi di
forza che orientano i concetti generali di musica e sto-
ria. La considerazione preliminare della dimensione i-
stintuale, quale momento deputato ad avviare l’indagine,
ha il compito di stabilire subito le basi sulle quali i
vari sviluppi dell’apollineo e del dionisiaco devono ob-
bligatoriamente condensarsi per riuscire a porre il pro-
blema dell’esistenza. Osservato in questa prospettiva
ix
l’istinto non si rivela tanto come sostrato originario,
come elemento naturale represso dalla civilt e dalla
cultura, ma si determina attraverso la formula dell’au-
tosuperamento. Questo Ł il senso nel quale va colto l’e-
lemento portante dell’estasi: in tale configurazione, non
risultando legato ad un nostalgico ritorno alle origini,
esso si pone come essere fuori di sØ costitutivo del
«crescere su se stessi», di quella forza plastica in gra-
do di consentire un rapporto attivo del singolo con il
problema del tempo, e che, in quanto tale, fonda la di-
mensione autentica della storia. ¨ sulla temporalit co-
stitutiva dell’uomo infatti che agiscono, riproponendo
sempre i motivi dell’estasi, sia le figurazioni della mu-
sica che quelle relative alla storia. Entrambe risultano
connesse all’apertura del soggetto, operata in virtø del-
la capacit costitutiva di intervenire sul tempo, o me-
glio, di sospendere quel tempo concepito empiricamente
come successione indifferenziata di istanti.
Risultati analoghi si possono osservare anche da un
altro punto di vista. La semplice corrispondenza formale
tra la concezione di una «pittura storica»
5
, organizzata
secondo il principio che seleziona i «vertici» geniali
dalla storia che in qualche modo apre e rende possibile
la frequentazione della storia stessa, il continuo dia-
5
Cfr. frammento 19 [37], estate 1872 - inizio 1873, in Frammen-
ti postumi 1869-1874, volume III, tomo III, parte II delle «Opere di
Friedrich Nietzsche», a cura di M. Carpitella, versione di G. Colli
e C. Colli Staude, Milano, Adelphi, 1992, p. 15.
x
logo attraverso i secoli e la Diadochia
6
della grandezza
e la struttura costitutiva della musica la quale,
colta non tanto nella staticit della visione metafisica
ma nella sua intrinseca dinamica esistenziale, trova con-
figurazione adeguata nella dimensione del coro le rive-
la entrambe come circuiti chiusi, autonomi. La regola che
domina la circolarit semantica del coro, nel cui orga-
nismo «l’entusiastico seguace di Dioniso (...) viene com-
preso soltanto dai suoi simili»
7
, Ł la stessa legge con
la quale, nell’orizzonte esistenziale della storia, si
afferma che «ci che grande agisce su ci che Ł grande»
8
.
Ci che traspare da queste semplici corrispondenze pu
tuttavia essere compreso nel programma che sembra sotten-
dere l’intero apparato concettuale della Nascita della
tragedia. Tale piano vede emergere, quale elemento por-
tante, la concezione nietzscheana della Bildung: un’idea
con la quale si esprime l’esigenza fondamentale di isti-
6
Cfr. Massimo Romanini, Un mito semiologico (Ovvero come l’Uno
divenne Due), in N. Martino - M. Romanini, Nietzsche. il corpo e la
scrittura, Bologna, CLUE, 1977, p. 19. Nietzsche viene colto in que-
sta pagina come «"eroe culturale" (...) che vuole sottrarre la cul-
tura all’alienazione consacrandola nel gioco della Diadochia». La
peculiare caratterizzazione di questa legge riprende alcuni dei temi
cari al giovane Nietzsche. «La Diadochia Ł l’immagine di sublimazio-
ne divenuta "ideale" di una "metapedagogia" del cocente deside-
rio nietzscheano di un’amicizia educatrice. Il contenuto di questa
immagine Ł la sfida amorosamente mortale che il Discepolo dichiara
al proprio Maestro assumendone l’opera per proseguirla, trasgredir-
la, distruggerla, ricrearla liberarla!... in un’opera piø profon-
da, libera e liberante... In questo sforzo di (ri)creazione il Filo-
sofo (...) brucia la propria esistenza».
7
Cfr. frammento 121 [1], primavera 1871, in Frammenti postumi
1869-1874, vol III, tomo III, parte I, delle «Opere di Friedrich
Nietzsche», Milano, Adelphi, 1989, p. 381.
8
Cfr. frammento 19 [37], cit., p. 15.
xi
tuire una «continuit di conoscenze e pensieri nobilis-
simi nella quale continuare a vivere»
9
. Ponendosi al di
fuori del divenire storico questo compito viene reso pos-
sibile da ci che si cela nella peculiare concezione del
mito tipica di questa fase del pensiero di Nietzsche. Nel
mito infatti si riconosce il tentativo di fondare cultu-
ralmente l’esistenza individuale, e di aprirla ad un piø
ampio orizzonte esperienzale. Anche la matrice dichiara-
tamente dionisiaca della musica si riveler sostan-
zialmente orientata dall’elemento mitico: Ł sotto l’egida
apollinea del mito che la musica, trovando collocazione
all’interno dell’esistenza dell’uomo, riesce a crearsi
una dimensione sociologica. Ci che si riconosce nella
struttura del coro non Ł infatti altrimenti definibile
che come apparato che cura il sorgere proprio del mito
collettivo. D’altro canto il carattere apollineo che fon-
da la rappresentazione del passato delle varie forme di
storia viene ricondotto dal mito verso ci che si lascia
intendere come radice esistenziale della temporalit . As-
sorbito, per azione del mito, nell’elemento vitale della
cultura il concetto di storia, prendendo le distanze da
ogni livello di trattazione scientifica, risulta in defi-
nitiva intimamente connesso a valori metafisici ed esi-
stenziali. Lo statuto della storia, rivelandosi impossi-
bile come scienza, se non consegnata ad una versione de-
9
Cfr. frammento 8 [99], in Frammenti postumi 1869-1874, parte
I, cit., p. 265.
xii
ficitaria e inautentica, aderendo alla sfera del mito, si
avvicina in qualche modo alla struttura esistenziale del
coro. Ci che fonda rispettivamente la musica e la storia
quali modi autentici dell’essere individuale Ł precisa-
mente la trasfigurazione temporale implicata dal mito.
Quella circolarit che le accomuna ha come oggetto il
presente, ed Ł proprio tale dimensione che l’esistenza
individuale intende nutrire con l’atmosfera vitale della
musica e della storia. La struttura puntiforme dell’at-
timo diventa cos orizzonte estatico.
CAPITOLO a
INDIVIDUO E ARTE
1. La radice istintuale dell’arte
Le riflessioni che organizzano l’esordio della prima
conferenza sulla tragedia greca, tenuta a Basilea nel
gennaio 1870, definiscono le coordinate di una visione
storica estremamente schematica.
«Nella nostra odierna vita teatrale non si ritrovano sem-
plici ricordi ed echi delle arti drammatiche della Grecia:
piuttosto, le sue forme fondamentali gettano le radici nel
terreno ellenico, sia per una crescita naturale sia in
conseguenza di una derivazione artificiosa. Soltanto i no-
mi si sono in molti modi trasformati e spostati»
1
.
Nel susseguirsi delle varie espressioni d’arte dram-
matica Nietzsche individua un principio formativo sot-
tomesso a relazioni genealogiche. La fisionomia e il ca-
rattere specifico di ogni forma teatrale, e di ogni con-
figurazione dell’arte in genere, costituiscono cioŁ del-
le semplici varianti di modelli preesistenti. Non sfug-
gono a questa determinazione anche quelle forme pro-
grammaticamente legate a motivazioni contingenti che,
instaurando principi di elaborazione autonoma, paiono
interrompere ogni rapporto di continuit storica.
1
Il dramma musicale greco, in La filosofia nell’epoca tragica
dei Greci e scritti dal 1870 al 1873, volume III, tomo II delle «O-
pere di Friedrich Nietzsche», versione italiana di G. Colli, a cura
di G. Colli e M. Montinari, Milano, Adelphi, 1973, p. 5.
2
Con questa premessa l’intero mondo dell’arte si ri-
vela strutturato in una dimensione temporale che lega le
opere del passato e quelle attuali in un rapporto di
’creativa compresenza’
2
. Alla base di ogni sforzo arti-
stico, quale presupposto ineliminabile, operano cellule
germinali provenienti dal mondo antico. L’arte greca,
quale esempio paradigmatico, si rinnova nelle forme del-
l’attualit : non solo a livello di eco e ricordo, ma in
ci che v’Ł di fondamentale, come radice e nucleo pro-
duttivo.
Domina in tale visione una sostanziale staticit : il
procedere e l’evolversi della «vita teatrale» non Ł al-
tro che la risultante di forze latenti corrispondenti,
in linea di massima, ai modelli essenziali della trage-
dia e della commedia nuova. Mentre quest’ultima soprav-
vive nel mondo attuale conservando intatti i suoi conno-
tati essenziali, riconoscibili anche al di sotto di tra-
sformazioni e spostamenti
3
, la tragedia, contaminata nei
2
«Ci che nel libro giovanile del filosofo scandalizz gli ac-
cademici tedeschi Ł quella creativa compresenza del passato (la
Grecia classica) e del presente, che vicendevolmente si illuminano
tra folgorazioni verbali e mitologie efferate; il modo di rivisita-
re il mito, il rito greco...». Roberto Barbolini, Il sileno capo-
volto, Bologna, Cappelli, 1981, p. 14.
3
«Soltanto i nomi si sono in molti modi trasformati e spostati
(...). Troviamo simili confusioni anche nel campo della terminolo-
gia drammatica. (...) Un greco (...) non riconoscerebbe nella no-
stra tragedia quasi nulla di corrispondente alla sua tragedia:
piuttosto penserebbe che l’intera struttura e il carattere fonda-
mentale della tragedia di Shakespeare siano derivati dalla sua com-
media nuova. E’ da questa che si sono difatti sviluppati (...) il
dramma romano, le rappresentazioni (...) di Moralit e di Misteri,
e infine la tragedia di Shakespeare (...)». Il dramma musicale gre-
co, cit., p. 5.
3
suoi tratti fondamentali, pare perdere di vista le radi-
ci originarie: essa continua vivere, nella variegata co-
stellazione delle arti moderne, attraverso l’inessenzia-
lit di mere determinazioni formali
4
, vagando senza al-
cuna direzione specifica. All’interno di queste indica-
zioni generiche, la storicit costitutiva dell’arte si
rivela esposta ad una duplice e antitetica configurazio-
ne. L’esempio della tragedia, ripresa dal genere dell’o-
pera, consente di osservare un tipo di rapporto fondato
sulla «derivazione artificiosa»: il recupero e l’assun-
zione di modelli originari, producendosi involonta-
riamente come imitazione caricaturale
5
, procede, in que-
sto caso, per via erudita, «senza alcun modello con-
creto, seguendo una teoria astratta»
6
, e con espliciti
4
L’insieme dei programmi e dei contributi dei vari artisti ma-
turati nell’orbita della Camerata dei Bardi, nella Firenze della
fine del XVI secolo, costituisce, per Nietzsche, l’inizio dell’arte
moderna. Con questo riferimento egli intende documentare storica-
mente il procedere inautentico dell’arte; i primi tentativi del ge-
nere dell’opera inaugurati, in tale ambito, all’insegna di un re-
cupero ideale del modello greco, e del mondo antico in genere
vengono osservati come reiterazione speculare della morte della
tragedia e dell’affermarsi del socratismo. In tale ottica, la fine
della tragedia e nascita dell’opera definiscono i confini storici
dell’apoteosi del pensiero scientifico. In accordo con uno schema
che pone, quali poli opposti, la Grecia antica e la rinascita tede-
sca, la cultura dell’opera assume per Nietzsche, una volta esaurito
l’impatto polemico, il senso positivo di un percorso a ritroso che
in qualche modo prepara la restituzione della tragedia. «Richard
Wagner e la tragedia greca. (...) Si pu immaginare che esista qui
la piø stretta affinit , e quindi gli Italiani imitando la tragedia
sarebbero stati sulla buona strada». Frammento 9 [117], 1871, in
Frammenti postumi 1869-1874, parte I, cit., p. 323.
5
«Ci che oggi chiamiamo opera - la caricatura dell’antico
dramma musicale - Ł sorto da una diretta scimmiottatura dell’anti-
chit (...)». Il dramma musicale greco, cit., p.5.
6
«L’opera Ł nata senza alcun modello concreto, seguendo una
teoria astratta, con la consapevole intenzione di raggiungere cos
4
intenti imitativi. La ’malattia storica’ alla base di
tali sintomi consiste fondamentalmente nell’eliminazione
della compresenza di elemento archetipo e nuovo modello.
Il vuoto che si crea in tale separazione determina un
tipo di cultura sentimentale, idilliaca, dominata dal-
l’idea di un passato irrimediabilmente perduto. Prescin-
dendo pertanto da ci che vuol essere l’effettiva condi-
zione originaria, la «radice naturale», sempre presente
e attiva, dell’arte
7
, tale cultura autorizza ’falsi ri-
trovamenti’ e rivisitazioni arbitrarie.
«Attraverso tali esperimenti, le radici di un’arte incon-
scia che emerge dalla vita popolare risultano tagliate o
per lo meno malignamente mutilate»
8
.
Il recupero del sostrato multiforme della «vita po-
polare» pare al contrario offrire un punto d’appoggio al
tentativo di ricostruire anche per la tragedia ana-
logamente a quanto Ł possibile constatare riguardo alla
commedia un effettivo rapporto di continuit , uno
«sviluppo che progredisce naturalmente e continua per
millenni». Tale elemento, cui fanno capo i vari esempi
di teatro nazionale e di dramma popolare, collegati alla
forma basilare della commedia carnevalesca
9
, non si pone
gli effetti del dramma antico». Frammento 1 [1], Autunno 1869, in
Frammenti postumi 1869-1874, parte I, cit., p. 3.
7
«Anche in Germania dopo la Riforma Ł stata scalzata la radice
naturale del dramma , ossia la commedia carnevalesca». Ibidem.
8
Il dramma musicale greco, cit. p. 6.
9
«La τραγωδια deve essere stata in un primo tempo un gruppo ma-
scherato che cantava.
I phallica erano processioni, che si aggiravano cantando, ac-
compagnate da buffoni. L’elemento dialogico Ł quindi naturale sin
dal principio, l’ambiente Ł mutevole, le occasioni per burle e
5
soltanto quale tessuto connettivo che assorbe, in una
sorta di rete genealogica, l’eredit effettiva della
tragedia, ma costituisce una via d’accesso privilegiata
alla comprensione del problema dell’arte nella sua glo-
balit . L’indiretta conferma, proveniente da una cita-
zione riportata fra gli appunti dell’autunno 1869, sin-
tetizza il senso di tutti i riferimenti a proposito
sparsi nei primi scritti nietzscheani.
«L’atmosfera fumosa delle candele di carnevale Ł la vera
atmosfera dell’arte». Semper, p.231
10
Nell’involucro della «vita popolare» l’arte non si
sviluppa con la premessa di programmi specifici o di
progetti individuali, razionalmente strutturati; si ha
al contrario a che fare con «arte inconscia», con e-
spressioni collettive di forze istintuali latenti. I ri-
ferimenti a mascherate, processioni, feste, e in genere
a tutte le manifestazioni artistiche di matrice popo-
lare, non vengono tuttavia coinvolti in una prospettiva
tesa a rilevare rapporti analogici con i modelli del-
l’arte aulica. Ci che Nietzsche cerca in esse Ł an-
zitutto la radice istintuale, «l’estatico estro carneva-
scherzi, di natura del tutto personale, si rinnovano sempre: si
tratta insomma di una commedia carnevalesca, di una mascherata che
attraversava la citt ». Frammento 1 [69], Autunno 1869, in Frammen-
ti postumi 1869-1874, parte I, cit., pp. 24-25.
10
Frammento 1 [21], ivi, p. 9. La citazione Ł tratta da Got-
tfried Semper, Der Stil in den technischen und tektonischen K n-
sten, oder praktische ˜sthetik. Ein Handbuch f r Techniken, K n-
stler und Kunstfreunde, Frankfurt a.M., 1860.
6
lesco», l’elemento che lega l’arte all’«istinto piø pro-
fondo».
«Presso i Greci le origini del dramma risalgono alle in-
comprensibili manifestazioni degli istinti popolari: in
quelle feste in onore di Dioniso si era in tale misura
fuori di sØ - regnava un tale grado di εχστασιζ , che gli
uomini si comportavano e si sentivano come trasformati per
incantesimo: condizione questa che non Ł rimasta estranea
neanche alla vita popolare tedesca, senza per raggiungere
una tale fioritura(...)»
11
.
Pur riguardando istinti appartenenti al ’popolo’,
ossia fenomeni conosciuti e direttamente vissuti da tut-
ta una comunit , tali eventi non rientrano nella vita
ordinaria: le manifestazioni popolari risultano «incom-
prensibili», parlano una lingua estranea, appartengono
in qualche modo alle barbarie. L’esempio delle feste
dionisiache greche, pertanto, cos come quello dei dan-
zatori di San Vito
12
, tipico della vita popolare del Me-
dioevo, conservano una evidente componente patologica,
aliena, trasgressiva e socialmente pericolosa. Il trave-
stimento, la trasformazione, lo scambio e l’inversione
dei ruoli, aspetti tipici delle mascherate carne-
valesche, osservabili nella mediazione artistica del
dramma, sono solo espressioni secondarie di uno stato di
alterit epidemico. In tal senso, pur non costituendo
l’effettiva matrice dell’arte, ne rappresentano
l’«atmosfera fumosa», la dimensione che avvolge, conser-
va e media l’elemento fondante dell’estasi.
11
Frammento 1 [1], ivi, p. 4.
12
Cfr. frammenti 1 [33]-[34], ivi, p. 12.