Capitolo IV
DALLA DIRETTIV A AL DECRETO N. 108/2017
Sommario: 1. L’attuazione dell’OEI nel nostro ordinamento. - 1.2. Road map. -
2. Punti di tangenza e di divergenza rispetto alla direttiva. - 3. Perimetro applicativo dell’OEI nella
legislazione italiana. - 4. Specifiche disposizioni per determinati atti di indagine. -
4.1. Trasferimento dei detenuti. - 4.2. Videoconferenze. - 4.3. Indagini bancarie. -
4.4. Intercettazioni di comunicazioni. - 4.5. Operazioni sotto copertura. - 4.6. Sequestro probatorio.
4.1. L’ATTUAZIONE DELL’OEI NEL NOSTRO ORDINAMENTO.
Con il d.lgs. 21 giugno 2017, n. 108, il Governo italiano, dando attuazione alla delega
ricevuta due anni prima dal Parlamento (legge delega 9 luglio 2015, n. 114), ha trasposto
nel nostro sistema la direttiva 41/2014 UE relativa all'ordine europeo di indagine penale,
sancendo la piena operatività del nuovo strumento forgiato dall’Unione Europea.
La ratifica della direttiva OEI è giunta all'esito di un biennio di intenso lavoro da parte del
legislatore che è riuscito a recepire all'interno dell’ordinamento italiano un vasto numero di
fonti comunitarie rimaste, per lungo tempo, inattuate .
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Nell’ambito di questa stagione riformatrice, lo sforzo del legislatore è ancor più evidente
se si tiene considerazione un'altra legge delega, adottata ad un solo anno di distanza da
quella relativa al recepimento della disciplina dell'ordine europeo di indagine penale: la
legge delega 21 luglio 2016, n. 149 che, all’art. 4, attribuiva al Governo l'incarico di
provvedere anche alla riscrittura del Libro XI del codice di procedura penale, per le ipotesi
In particolare, nel periodo tra il 2015 e il 2017 sono stati recepiti all'interno del nostro sistema i
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provvedimenti europei di sequestro e confisca (d.lgs. 7 agosto 2015; d.lgs.15 febbraio 2016, n. 35; d.lgs. 29
ottobre 2016, n. 202), l'ordine di protezione europeo (d.lgs 11 febbraio 2015, n. 9), gli strumenti di
prevenzione e composizione dei conflitti di giurisdizione (d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 29), le decisioni di
condanna a sanzioni pecuniarie e le decisioni di sospensione condizionale della pena (d.lgs. 15 febbraio
2016, n. 37; d.lgs. 11 febbraio 2016, n. 38), le ordinanze cautelari personali di tipo non detentivo (d.lgs. 15
febbraio 2016, n. 36), le squadre investigative comuni (d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 34), lo scambio dei dati
estratti dai casellari giudiziari (d.lgs. 12 maggio 2016, n. 74) e numerosi altri istituti della cooperazione.
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di cooperazione, non regolate da Convenzioni, Trattati o fonti pattizie ad hoc, in modo da
elaborare linee guida idonee a colmare le lacune presenti normativa di dettaglio.
Da questa visione di insieme nasce, a decorrere dal 31 ottobre 2017, il nuovo Titolo I-
bis del codice di procedura penale dedicato ai «Principi generali del mutuo riconoscimento
delle decisioni e dei provvedimenti giudiziari tra Stati membri dell'Unione Europea».
Il testo legislativo di attuazione, nella sua attuale formulazione, risulta suddiviso in quattro
titoli: oltre ai principi generali e alle disposizioni finali, il core del provvedimento si divide
in due macro aree, a seconda che le autorità giudiziarie italiane debbano ricevere ed
eseguire (Titolo II, artt. 7 - 33) o emettere (Titolo III, artt. 34 - 51) un ordine europeo di
indagine penale.
4.1.2. ROAD MAP.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero della giustizia, allo stato
dell’esame preliminare dell’attuazione della direttiva 2014/41/UE relativa all'ordine
europeo di indagine penale, hanno riconosciuto lo stesso come «fondamentale strumento di
cooperazione giudiziaria penale con i Paesi membri dell’Unione, destinato a facilitare la
collaborazione e il coordinamento degli organi di investigazione per il contrasto alla
criminalità transnazionale». Sul decreto poi, viene confermata la coerenza di tale
attuazione con la stagione di riforme a cui si è fatto cenno in precedenza: completa, infatti,
«l’opera di adeguamento dell’ordinamento interno in tema di cooperazione giudiziaria
penale, avviata con l’attuazione di numerose decisioni quadro e direttive in materia di
reciproco riconoscimento dei provvedimenti giudiziari, di prevenzione dei conflitti di
giurisdizione in ambito Ue e di operatività delle squadre investigative comuni».
La redazione dello schema di decreto legislativo di attuazione dell’OEI è stata annunciata
con un comunicato stampa – il n. 18 – del Consiglio dei Ministri diramato il 17 marzo
2017.
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Sulla base di questo disegno di legge, in seguito ad assegnazione del testo, avvenuta il 21
marzo 2017, sono stati acquisiti i pareri positivi delle competenti Commissioni
parlamentari – non senza riserve e caute osservazioni – della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica, per le quali sussisteva un termine per l’espressione del parere
fissato al 30 aprile 2017.
Per quanto concerne le competenti Commissione II Giustizia e Commissione XIV
Politiche dell'Unione Europea della Camera dei deputati, sono stati forniti da entrambe
pareri positivi, rispettivamente il 2 maggio 2017 e 20 aprile 2017.
Dal lato del Senato, invece, in base al Resoconto sommario n. 256 del 05 aprile 2017
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della Commissione XIV Politiche dell'Unione Europea del Senato, le osservazioni
approvate dalla commissione a seguito della discussione sull'atto del governo n. 405 hanno
«valutato che lo schema di decreto legislativo in titolo non presenta profili di
incompatibilità con l’ordinamento europeo, ma ne costituisce anzi concreta
implementazione per quanto di competenza, osservazioni favorevoli».
La Commissione II Giustizia del Senato, secondo quanto inserito nel Resoconto
sommario n. 382 del 03 maggio 2017, ha espresso parere non ostativo, ponendo però delle
osservazioni: prevedere, agli articoli 4 e 27 dello schema, che l'ordine europeo d'indagine
venga trasmesso senza ritardo al procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo quando
lo stesso si riferisca ai delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di
procedura penale; sopprimere all'articolo 5, comma 3, dello schema la previsione del
procedimento in camera di consiglio ex art. 127 c.p.p. e aggiungere tale previsione
all'articolo 13, comma 2, dello schema; specificare, all'articolo 9 dello schema, che le
modalità particolari di esecuzione ivi contenute debbano comunque svolgersi nel rispetto
delle vigenti norme processuali (fermo restando il rispetto delle vigenti norme processuali,
è sempre possibile ricorrere ad altro atto di indagine, laddove esso ottenga lo stesso
risultato dell'atto di indagine richiesto, con minor interferenza rispetto ai diritti
fondamentali della persona); disciplinare l'ipotesi in cui il mancato accordo con l'altro
Stato membro nella condivisione delle spese di rilevante entità di esecuzione dell’ordine
Cfr. sul sito web: http://leg17.senato.it
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europeo di indagine si determini nell'ambito della procedura attiva; inserire una specifica
disposizione con la quale si preveda che le richieste di riconoscimento e di esecuzione
provenienti dall'autorità di emissione di altro Stato membro vengano trasmesse dal
procuratore della Repubblica al Ministro della Giustizia, il quale – il più rapidamente
possibile e comunque nel rispetto dei termini previsti dall'articolo 12 della direttiva in
recepimento – può pronunciarsi in senso contrario al riconoscimento ed all'esecuzione
dell'ordine d'indagine nell'ipotesi in cui l'esecuzione dell'ordine di indagine possa recare
pregiudizio alla sicurezza nazionale.
Ricevuti i pareri e tenuto conto delle valutazioni espresse dai commissari, il Consiglio dei
ministri del 16 giugno 2017, su proposta del Presidente Gentiloni e del Ministro della
giustizia Orlando, ha approvato in esame definitivo il decreto legislativo 21 giugno 2017,
n. 108 .
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4.2. PUNTI DI TANGENZA E DI DIVERGENZA RISPETTO ALLA
DIRETTIV A.
Il decreto risulta, nel complesso, abbastanza fedele alla direttiva, pur sussistendo
alcune discrasie o ambiguità.
Prima di analizzarle, è necessario sottolineare che il legislatore europeo non è, in nessun
modo, intervenuto modificando le regole in materia di ammissione e acquisizione
probatoria previste dal legislatore nazionale. A conferma di ciò, l’art. 6 della direttiva
41/2014 UE sancisce che il provvedimento può essere emesso solo se la legge interna dello
Stato emittente lo concederebbe in un caso interno analogo e l’art. 9 della stessa direttiva
consente allo Stato di esecuzione di eseguire l’ordine se l’atto di indagine richiesto sarebbe
consentito secondo le proprie regole interne.
Decreto legislativo 21 giugno 2017, n. 108, Norme di attuazione della direttiva 2014/41/UE del Parlamento
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europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale, pubblicato in G.U.,
Serie Generale, n. 162 del 13 luglio 2017, p. 4 e ss.
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Dunque, in linea di principio, nessun Paese, nel recepire la direttiva, si trova costretto ad
alterare le proprie previsioni in materia probatoria.
Richiamando la definizione fornita dalla direttiva europea , il decreto legislativo di
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attuazione n. 108/2017 statuisce, all’art. 2, comma 1, lett a), che l’ordine di indagine
consiste «nel provvedimento emesso dalla autorità giudiziaria o dalla autorità
amministrativa e convalidato dall’autorità giudiziaria di uno Stato membro dell’Unione
europea, per compiere atti di indagine o di assunzione probatoria che hanno ad oggetto
persone o cose che si trovano nel territorio dello Stato o di un altro Stato membro
dell’Unione ovvero per acquisire informazioni o prove che sono già disponibili».
Punti emblematici della direttiva 41/2014 UE sono, da un lato, il contatto diretto tra
autorità giudiziarie, dall’altro l’affievolirsi del presupposto della doppia incriminazione.
Adeguandosi pienamente al primo punto, la normativa italiana garantisce la comunicazione
diretta tra le autorità giudiziarie limitando il ruolo del Ministro della giustizia, cui si deve
soltanto trasmettere copia dell’OEI e riconoscendo, quale protagonista assoluto, tanto nella
procedura attiva quanto in quella passiva, il procuratore della Repubblica presso il
Tribunale del capoluogo del distretto nel quale devono essere compiuti gli atti richiesti (art.
4).
Per quanto concerne il presupposto della doppia incriminazione, il decreto legislativo si
adegua al testo della direttiva sancendo la possibilità di ricorrere allo strumento dell’OEI
solo se l’atto d'indagine avrebbe potuto essere compiuto alle stesse condizioni in un caso
nazionale. In linea generale, l’OEI può essere rifiutato ove il fatto per cui è emesso non
costituisca reato nel nostro ordinamento.
Non sussiste, invece, il requisito della doppia incriminazione per le 32 categorie criminose
più gravi, elencate all’art. 11 del d.lgs. n. 108 del 2017 e riprese dall’allegato D della
direttiva, tra cui, tra le altre, figurano la partecipazione a un'associazione per delinquere,
terrorismo, tratta di esseri umani, traffico illecito di armi e stupefacenti, violenza sessuale;
Il discorso si fa più articolato per quel che concerne il controllo di legalità dovuto, non
già alla doppia incriminazione, quanto alle condizioni di ammissibilità e acquisizione della
prova che non sono omogenee in tutti gli ordinamenti. Cosicché è possibile che una
Cfr. art. 1 della direttiva 2014/41/UE.
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determinata operazione probatoria risulti ammessa nello Stato di emissione ma non in
quello di esecuzione o viceversa; o ancora che, pur trovando quel tipo di prova cittadinanza
in entrambi, ne risultino diverse le modalità di formazione. Così, l’art. 9 comma 1 del
d.lgs. n. 108 del 2017, stabilisce che l’autorità giudiziaria competente a eseguire l’ordine
non potrà procedere «quando l'atto richiesto per l'esecuzione dell'ordine di indagine non è
previsto dalla legge italiana o non ricorrono i presupposti che la legge italiana impone per
il suo compimento», salva la possibilità di ricorrere ad un atto diverso conforme alla legge
italiana e comunque idoneo al raggiungimento del medesimo scopo.
Inoltre, conformandosi all’art. 10 § 3 della direttiva europea - secondo cui spetta allo
Stato in cui la prova deve essere acquisita verificare la possibilità di ricorrere ad un atto
d'indagine diverso che assicuri lo stesso risultato con mezzi meno intrusivi - il secondo
comma dello stesso art. 9 del decreto di attuazione consente all'autorità italiana, previo
accordo con l'autorità di emissione, di ricorrere ad un atto di indagine diverso anche
quando quello oggetto dell'ordine non appare proporzionato. Tuttavia, diversamente dalla
direttiva che configura tale scelta semplicemente come facoltativa, il testo di recepimento,
nell'utilizzare l'espressione «si dà luogo» , sembra orientato verso una sorta di
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obbligatorietà: se esiste un’atto d’indagine “più proporzionato” che assicura il medesimo
risultato, l'autorità italiana deve farvi ricorso. In questo modo, il legislatore di attuazione
innalza il livello di protezione dei diritti e delle persone coinvolte senza pregiudicare
l'efficienza della cooperazione.
Trasferiamoci, adesso, su un altro concetto fondamentale: il controllo di
proporzionalità, di cui all’art. 7 del decreto legislativo di attuazione. Il controllo di
proporzionalità è più volte esplicitamente richiamato dalla direttiva 41/2014 UE: l’art. 6,
lett. a) e l'art. 10 § 3 infatti, prevedendo un doppio controllo sulla proporzionalità nella fase
di emissione e in quella di attuazione, impongono all’autorità dello Stato di esecuzione e
all’autorità dello Stato di emissione di consultarsi quando siano ravvisati possibili scenari
di violazione.
Cfr. art. 9 d.lgs. n. 108/2017:
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2. Previo accordo con l'autorità di emissione, si dà luogo all'esecuzione mediante il compimento di uno o più
atti diversi e comunque idonei al raggiungimento del medesimo scopo anche quando l'ordine di indagine non
appare proporzionato, secondo quanto previsto dall'articolo 7.
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Ad esempio, nella fase di esecuzione, l’autorità competente all’esecuzione viene
autorizzata ad optare per un atto diverso da quello ordinato se meno invasivo ed idoneo al
raggiungimento del risultato .
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Dal punto vista sostanziale, l’articolo 7 del decreto analizza il concetto di proporzionalità
concentrandosi maggiormente sulle conseguenze che si ripercuotono sull’individuo: l’atto
risulterà non proporzionato quando dalla sua esecuzione possa derivare un «non
giustificato» sacrificio dei diritti e delle libertà dell’accusato o di altre persone coinvolte
nel compimento degli atti richiesti; e, più precisamente, un sacrificio «non giustificato
dalle esigenze investigative o probatorie del caso concreto, tenuto conto della gravità dei
reati per i quali si procede e della pena per essi prevista».
Si nota, dunque, come il decreto legislativo di attuazione considera solo in parte il
parametro della proporzionalità che viene, invece, analizzato su una prospettiva più ampia
dalla direttiva europea.
L'elemento più evidente di rottura rispetto al testo della direttiva riguarda i motivi
ostativi al riconoscimento: mentre la direttiva 41/2014 UE qualifica tali limiti come
facoltativi - dunque meritevoli di libera valutazione da parte dell'autorità giudiziaria di
esecuzione - il legislatore italiano ha, seppur non interamente, recepito i motivi di non
riconoscimento o non esecuzione rendendoli però obbligatori , come testimonia
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l’espressione «non si provvede» (art. 10, comma 1).
La ratio della scelta deriva dalla volontà di non concedere margini per intaccare principi
generali dell'ordinamento interno, come il ne bis in idem ed il principio di territorialità o gli
obblighi internazionali che lo Stato assume in ordine al rispetto delle immunità.
Sempre in tema di motivi di non riconoscimento, un’importante deviazione rispetto al
contenuto della direttiva si registra con riguardo alla clausola di territorialità: secondo il
testo europeo, l’OEI può essere rifiutato se si riferisce ad un reato che si presume
commesso fuori del territorio dello Stato di emissione e interamente o parzialmente nel
Il contenuto del principio di proporzionalità è chiaramente rappresentato dall’art. 52, comma 1 della Carta
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di Nizza. Tale principio perseguendo le «finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione» o «l’esigenza
di proteggere i diritti e le libertà altrui» impone di valutare che ogni limitazione di un diritto fondamentale
commisurata al rispetto del contenuto essenziale del diritto stesso.
Scelta compiuta anche in altri ordinamenti come, tra altri, Francia e Spagna.
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territorio dello Stato di esecuzione, e la condotta per la quale l'OEI è emesso non
costituisca reato nello Stato di emissione (art. 11, lett. e).
Il legislatore italiano non ha recepito tale motivo prevedendo che, con riguardo a fatti
commessi anche parzialmente in Italia e che non costituiscono reato, tuttavia perseguibili
nello Stato di emissione, sia garantita la cooperazione richiesta, senza alcuna possibilità di
opporre rifiuto.
La ratio di tale scelta è legata a due aspetti, l’uno teorico, l’altro pratico. In primo luogo, le
clausole di rifiuto legate alla territorialità contraddicono la costruzione ideale dello spazio
giudiziario europeo che, per l’appunto, va inteso come un’unica area nella quale opera in
prima battuta il diritto dell’Unione; negare l’attuazione dell’OEI perché un fatto è stato
commesso, in tutto o in parte, sul territorio dello Stato dell’esecuzione mette a repentaglio
l’effettiva cooperazione giudiziaria fondata sul reciproco riconoscimento. Sul lato pratico,
d’altro canto, si tiene conto di come, sempre più spesso, le condotte e le vicende criminose
siano, per l’appunto, transnazionali, e dunque inevitabilmente portate a trovare
realizzazione in diversi ordinamenti statuali.
Neppure è stato riprodotto il motivo di rifiuto previsto dall’art. 11 lett. h della direttiva che
fa riferimento ai limiti categoriali o alle soglie edittali entro le quali l'ordinamento interno
consente il ricorso a un determinato atto di indagine. Questa mancanza trova una
giustificazione nella specifica disciplina dettata per alcune categorie di atti di indagine.
Così, in virtù di quanto previsto dall’art. 23 del d.lgs. sarà possibile rifiutare l’esecuzione
di un’intercettazione richiesta per un reato non compreso nell’elenco di cui all’art. 266
c.p.p.
Inoltre, occorre considerare che la direttiva 41/2014/UE non contiene una puntuale
disciplina con riguardo all’utilizzabilità degli atti compiuti e delle prove acquisite
all’estero. Ciò nonostante, il legislatore italiano, attraverso la previsione dell’articolo 36
del decreto, ha inteso estendere anche alla disciplina OEI, come già previsto per le
rogatorie internazionali, le disposizioni di cui agli articoli 431 e 512-bis c.p.p. in materia di
formazione del fascicolo per il dibattimento e di letture acquisitive.
Entrano, infatti, a far parte del fascicolo per il dibattimento, di cui all’art. 431 c.p.p., i
documenti acquisiti all’estero mediante l’ordine di indagine e i verbali degli atti non
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ripetibili assunti con le stesse modalità; nonché i verbali degli atti ripetibili, assunti
all’estero a seguito di ordine di indagine, ai quali i difensori sono stati posti in grado di
assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana.
Si stabilisce, inoltre, che il giudice, nei casi e con le modalità di cui all’art. 512-bis c.p.p.,
provvede alla lettura dei verbali di dichiarazioni rese all’estero, diversi da quelli di cui
all’art. 431, comma 1, lett. e) c.p.p., acquisiti a seguito di ordine di indagine emesso nelle
fasi precedenti il giudizio.
Per concludere, occorre sottolineare che il decreto di trasposizione ha opportunamente
circoscritto la possibilità di esperire rimedi avverso l'ordine europeo di indagine nello Stato
di esecuzione ai soli profili riguardanti le modalità della raccolta delle prove con assoluta
esclusione di qualsivoglia valutazione sulle ragioni di merito che abbiano condotto
all’emissione dell’OEI .
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Sotto quest’aspetto, il decreto si allontana nettamente da quanto previsto dalla direttiva,
secondo la quale le ragioni di merito dell’emissione dell’OEI possono essere impugnate
ma solo mediante un’azione introdotta nello Stato di emissione, fatte salve le garanzie dei
diritti fondamentali nello Stato di esecuzione (art. 14 § 2).
Il decreto legislativo n. 149 del 3 ottobre 2017, recante Disposizioni di modifica del Libro XI del codice di
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procedura penale, nel nuovo Titolo I-bis del codice di rito (specificamente dedicato ai Principi generali del
mutuo riconoscimento delle decisioni e dei provvedimenti giudiziari tra Stati membri dell’Unione europea),
introduce l’art. 696-quinquies (sui limiti al sindacato delle decisioni giudiziarie degli altri Stati membri) che
generalizza la regola per la quale «L’autorità giudiziaria riconosce ed esegue le decisioni e i provvedimenti
giudiziari degli altri Stati membri senza sindacarne le ragioni di merito, salvo che sia altrimenti previsto. È
in ogni caso assicurato il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico dello Stato».
Coerente è la previsione dell’art. 696-novies (in materia di impugnazioni) per la quale non è ammessa
l’impugnazione delle decisioni sul riconoscimento e l’esecuzione di un provvedimento emesso dall’autorità
giudiziaria di uno Stato membro “per motivi di merito, salvo quanto previsto dall’art. 696- quinquies”.
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4.3. PERIMETRO APPLICATIVO DELL’OEI NELLA LEGISLAZIONE
ITALIANA.
L'ambito oggettivo di applicazione dell’OEI presenta delle differenze, seppur minime,
nei diversi Stati. Per quanto riguarda la legislazione italiana, sembrerebbero esclusi dal
parametro applicativo:
• La notifica degli atti del procedimento penale qualora gli stessi non siano funzionali
all'atto di indagine da compiere all’estero (es. avviso di conclusione delle indagini ex art.
415-bis c.p.p.): tale attività è disciplinata dall’art. 5 del d.lgs. n. 52 del 5 aprile 2017
(attuativo della Convenzione di mutua assistenza tra gli Stati membri dell’UE, firmata a
Bruxelles il 29 maggio 2000 in vigore del 22 gennaio 2018). Fino a tale data continua a
trovare applicazione l’art. 52 dell’Accordo di Schengen recepito nel nostro ordinamento
dalla legge 30 settembre 1993, n. 388.
• Lo scambio spontaneo di informazioni è disciplinato dall’art. 9 dello stesso d.lgs. n. 52
del 5 aprile 2017 e dall’art. 729-bis c.p.p. introdotto dal d.lgs. n. 149 del 3 ottobre 2017.
Peraltro, l'istituto è altresì previsto dall’art. 10 della Convenzione del Consiglio d’Europa
sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, adottata a
Strasburgo l’8 novembre 1990, con legge 9 agosto 1993, n. 328; analoga disposizione è
prevista all’art. 56 della Convenzione ONU contro la corruzione, sottoscritta a Merida il
31 ottobre 2003 (recepita dal nostro ordinamento con legge 3 agosto 2009, n. 116);
all’art. 34 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri
umani, sottoscritta Varsavia il 16 maggio 2005 (recepita nel nostro ordinamento con
legge 2 luglio 2010, n. 108); all’art. 18, comma 4 della Convenzione ONU sulla
criminalità organizzata transnazionale, del 15 dicembre 2000 (recepita nel nostro
ordinamento con legge 16 marzo 2006, n. 146); all’art. 26 della Convenzione del
Consiglio d'Europa sulla lotta contro la criminalità informatica, stipulata a Budapest il 23
novembre 2001 (recepita nel nostro ordinamento con legge 18 marzo 2008, n. 48).
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• I sequestri esclusivamente finalizzati alla confisca e i provvedimenti di confisca, rispetto
ai quali continuano a trovare applicazione il d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 35 e il d.lgs. 7
agosto 2015, n. 137 che attuano, rispettivamente, la decisione quadro 2003/577/GAI,
relativa all'esecuzione nell'Unione Europea dei provvedimenti giudiziari di blocco e
sequestro dei beni, e la decisione quadro 2006/783/GAI, relativa all'applicazione del
principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca. Tale esclusione è
prevista espressamente dalla direttiva al considerando n. 34 nonché all’art. 34, comma 2
della stessa.
• Le restituzioni di beni alle parti offese dal reato e i sequestri disposti con tale finalità,
che restano regolati dall’art. 10 d.lgs. n. 52 del 2017 e dall’art. 12 del Secondo
Protocollo Addizionale della Convenzione del Consiglio d’Europa sull’assistenza
giudiziaria (sottoscritto dall'Italia il 23 gennaio del 2013 ma non ancora ratificato).
• Le denunce funzionali al trasferimento dei procedimenti penali, di cui all’art. 21 della
Convenzione di assistenza giudiziaria in materia penale del Consiglio d’Europa.
Inoltre, il trasferimento dei procedimenti in altro Stato è disciplinato dall’art. 746-bis e
ss. c.p.p. introdotti dal d.lgs. n. 149 del 2017 che ha riformato il Libro XI del codice di
procedura penale, sempre che tale trasferimento sia previsto da convenzioni
internazionali.
• Lo scambio di informazioni estratte dal casellario giudiziale, rispetto al quale si
applicano i d.lgs. 12 maggio 2016, nn. 73,74 e 75, attuativi delle decisioni quadro in
tema di casellario giudiziario europeo.
• L’istituzione delle squadre investigative comuni e l'acquisizione di prove nell'ambito di
tali squadre che sono regolamentate specificamente dal d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 34
come integralmente previsto dall’art. 18 del d.lgs. 5 aprile 2017, n. 52. L'esclusione è
sancita anche dall’art. 3 della direttiva nonché dall’art. 29, comma 1 d.lgs. n. 108 del
2017.
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• Le osservazioni transfrontaliere previste dagli artt. 40 e 41 della Convenzione di
applicazione dell'accordo di Schengen. L'esclusione è espressamente prevista dal
considerando n. 9 della direttiva.
• Il trasferimento (anche temporaneo) di una persona detenuta da uno Stato all'altro al solo
fine di partecipare ad un processo nel quale è imputata. In tal caso, in base al
considerando n. 25 della direttiva, lo strumento più idoneo dovrebbe essere il mandato
d'arresto europeo essendo riservato l’OEI alla sola partecipazione alla raccolta di
materiale probatorio.
4.4. SPECIFICHE DISPOSIZIONI PER DETERMINATI ATTI DI
INDAGINE.
Il decreto legislativo, più o meno conformemente a quanto previsto dalla direttiva,
prevede specifiche disposizioni in relazione a determinati atti di indagine.
Esamineremo tale tema unitariamente, sebbene la normativa sia stata dislocata dal
legislatore nazionale, in parte, nella procedura attiva e, in parte, nella procedura passiva.
Fra gli specifici atti di indagine, in ragione del loro maggiore utilizzo nella prassi ordinaria
delle indagini, si pongono il trasferimento temporaneo di persone detenute, l'audizione
mediante videoconferenza, l'intercettazione di telecomunicazioni, le indagini bancarie, le
operazioni sotto copertura e i provvedimenti di sequestro probatorio.
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