22
2. Teorie e idee sul tempo lavorativo, la settimana corta e il suo
possibile impatto
Nel 1930, nel periodo iniziale della Grande Depressione, John Maynard Keynes si
esercitò in uno sforzo immaginativo riguardo le possibilità economiche future dei
propri nipoti. Nel suo saggio
1
, il celeberrimo economista predisse che entro un secolo
la società avrebbe raggiunto livelli tecnologici tali da permettere alle persone di
lavorare molto meno, tanto da dover “razionare le ore lavorative in blocchi quotidiani
di 3 ore, o 15 ore settimanali, per porvi rimedio”.
Un’analisi superficiale mostrerebbe che Keynes abbia sbagliato largamente la sua
previsione. Ma con un’interpretazione meno letterale del suo pensiero, oggi possiamo
produrre di più, con minore sforzo. In questo senso, alle società più avanzate basta
lavorare la metà del tempo per raggiungere lo stesso tenore di vita dei tempi di Keynes.
Allora perché un ciclo di lavoro di 35-40 ore settimanali è ancora lo standard?
La domanda tocca due aspetti diversi: l’insaziabile natura umana, ed il fiorire di
sempre maggiori nuovi settori, una volta inimmaginabili. In un'economia che è quattro
quinti servizi piuttosto che beni, con tempo di consumo quindi inerente alla maggior parte
dell'attività, l'utilità dei diversi usi del tempo sembra fondamentale anche per
comprendere il benessere economico come produttività. Come osserva Steedman (2001),
le persone non si svegliano pensando: "Cosa dovrei spendere oggi?" ma piuttosto: "Cosa
farò oggi?"
2
A riconoscere con favore di voler passare ad una settimana di quattro giorni lavorativi
sono in molti (figure 2.1 e 2.2), alcuni pure sostituendo parte della propria retribuzione
per maggior tempo libero (figura 2.3). Di seguito è possibile prendere visione un
sondaggio, analogo a molti altri con risultati simili, in cui si è chiesto di quanti giorni
1
John Maynard Keynes (1930), Economic Possibilities for our Grandchildren (in Essays in. Persuasion)
(New York: Harcourt Brace, 1932)
2
Coyle D., Nakamura L. I., Toward a Framework for Time Use, Welfare, and Household Centric Economic
Measurement (2019)
23
sarebbe composta la settimana ideale di lavoro (figura 2.1). In tutti la risposta di gran
lunga favorita è stata di quattro giorni lavorativi a settimana.
Figura 2.1: risposte in percentuale riguardo la settimana lavorativa ideale
3
Figura 2.2: risposte in percentuale riguardo la settimana lavorativa di quattro giorni
4
3
Fonte: YouGov, (27 novembre 2019), “Per i lavoratori italiani la settimana ideale è composta da 4
giorni lavorativi”, https://it.yougov.com/news/2019/11/27/il-60-dei-lavoratori-italiani-la-settimana-
ideale-/ , (ultimo accesso: 5 febbraio 2022)
4
Ibidem
24
Figura 2.3: risposte in percentuale riguardo alla percentuale di stipendio sacrificabile per un
minor giorno lavorativo a settimana
5
Non tutti sembrano però concordare in egual misura sulla sua attuazione. Quant’è vero
che sia la speranza di un miglior tenore di vita a spingere il progresso, certe volte bisogna
fare i conti con la realtà, e riconoscere se questa possa combaciare con i cambiamenti che
si vogliono apportare. Infatti in un sondaggio su alcuni paesi Ue, si può notare come vi
siano alcuni più di altri, fiduciosi sulla funzionalità della settimana breve, mentre altri
rimangono diffidenti.
5
Ibidem
25
Figura 2.4: sondaggio sul supporto del passaggio ad una settimana lavorativa di quattro giorni,
secondo vari paesi europei, e secondo l’effetto negativo che possa apportare
6
Questa non può però restare un’analisi che si basi sull’opinione delle persone, per questo,
in particolare negli ultimi anni, vi sono sempre più studiosi universitari e organizzazioni
che cercano di supportare la ricerca in questo campo per fare maggiore chiarezza
7
.
Ma è un dato di fatto che una settimana di lavoro più corta, un maggiore controllo del
proprio tempo, siano stati storicamente richieste dai lavoratori e di fatto le grandi
promesse di un sistema produttivo sempre più tecnologico. Le battaglie sindacali del
secolo scorso hanno infatti portato all’attuale sistema delle 40 ore settimanali e a una serie
di garanzie relative a carichi di lavoro eccessivi. Al giorno d’oggi vediamo come una
settimana lavorativa di quattro giorni o un monte ore giornaliero ridotto sarebbe la
preferenza della maggior parte degli occupati, sebbene come si è visto le modalità di
questo cambiamento non hanno un consenso uniforme.
2.1 Si sta lavorando più che mai?
È un’idea assai diffusa oggi giorno ritenere che nei paesi maggiormente sviluppati si viva
una vita frenetica, soffocata dagli impegni e dal lavoro. Questo sentire è particolarmente
visibile nelle grandi città, dove tra spazi stretti e l’alta affluenza di persone si crea un
sistema di pendolari attivo giorno e notte. In queste condizioni appare intuitivo che il
carico di lavoro generale sia molto alto e che quindi si stia lavorando più che mai.
Eppure dai dati disponibili sembra inconfutabile come questa sia una percezione distorta,
dato che negli ultimi due secoli l’orario di lavoro è calato significativamente, soprattutto
nel mondo occidentale.
6
Fonte: YouGov, (15 marzo 2019), “Eurotrack: Europeans support introducing a four day working week”
https://yougov.co.uk/topics/economy/articles-reports/2019/03/15/eurotrack-europeans-support-
introducing-four-day-w, (ultimo accesso: 5 febbraio 2022)
7
Hunt, Katz, (1998) Hours Reductions as Work-Sharing Brookings Papers on Economic Activity
Vol. 1998, No. 1
26
Figura 2.5: Media orario settimanale di lavoro nel Regno Unito dal 1800 al 2010, (dati che
considerano solo il lavoro full-time, quindi aggiustati dal lavoro part-time, malattia, vacanze,
periodi di fermo)
8
Il grafico sopra riportato mostra l’andamento dell’orario di lavoro medio settimanale, dal
1800 ad oggi nel Regno Unito, il quale, essendo stato uno dei paesi pionieri della
rivoluzione industriale può essere preso d’esempio per analizzare fenomeni i quali si
sarebbero ripetuti poi a loro volta anche nelle altre economie avanzate, solo qualche anno
più tardi
9
.
Il grafico mostra che l'orario di lavoro medio settimanale ha raggiunto un picco nel
periodo di transizione tra le due rivoluzioni industriali. È circa in questo periodo infatti
che K. Marx sviluppa il concetto di alienazione rapportato al lavoro delle classi operaie.
Negli Stati Uniti, infatti, la settimana lavorativa è passata dalle 65,7 ore del 1850 alle 38
del 1960. Questo generale miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori non si è
8
Fonte: Bank of England “Millenium Macroeconomic Data” (Thomas et al.,2010)
9
se si vuole considerare l’orario medio di lavoro anche degli altri paesi nel mondo consultare
https://ourworldindata.org/working-hours?country= (ultimo accesso: 5 febbraio 2022)
27
limitato affatto alle fabbriche automatizzate, o a quelle altamente meccanizzate, ma si è
diffuso in tutto il settore industriale
10
.
Successivamente si nota un generale lento declino dell’orario medio, probabilmente si
ipotizza dovuto alla nascita delle prime, seppur deboli, forme di sindacalizzazione e
regolamentazione del mercato del lavoro.
Risalgono agli inizi dell’Ottocento le prime normative dell’orario di lavoro e del
benessere dei lavoratori, specialmente dei bambini, contestualmente alle fabbriche del
Regno Unito. Ma queste purtroppo non vennero ascoltate ed applicate fin tanto che non
venne istituito un ispettorato di fabbrica grazie all’importante provvedimento: Factory
Act del 1833.
Grazie ad esso venne infatti definita la giornata standard di lavoro in fabbrica di 15 ore,
con le rispettive limitazioni di 12 ore per i ragazzi con età tra i 13 e 18 anni, e di massimo
9 ore per gli adolescenti di età compresa tra 9 e 13 anni, escludendo dal lavoro tutte le
fasce d’età minore.
Il processo di regolamentazione degli orari lavorativi continuò anche negli anni a seguire,
imponendo tetti massimi di lavoro sempre minori, arrivando ai più recenti anni del
Novecento con norme obbligatorie in tema di periodi di riposo notturni, settimanali e
durante lo stesso turno di lavoro.
Tutto questo ha notevolmente segnato la diminuzione delle ore settimanalmente lavorate
negli ultimi secoli, soprattutto se si contestualizza ai cambiamenti sociopolitici,
tecnologici ed economici che hanno preso forma con eventi straordinari quali: la grande
depressione del 1873 e le due guerre mondiali.
Questi eventi hanno infatti destabilizzato il mercato, portando ad un’economia di
recessione in cui il calo della ricchezza ha generato una mancata domanda da parte del
mercato dei beni prodotti dalle imprese, così riversandosi in un calo della produzione, e
corrispettivamente delle ore lavorate.
10
Kranzberg, Hies (1991) Breve storia del lavoro. L’organizzazione del lavoro umano nel suo processo
evolutivo, p.173, Mondadori
28
Seppur non così rilevanti, ma che hanno comunque stabilizzato la tendenza negativa nella
diminuzione delle ore, sono state alcune politiche rivolte alla ripartenza del mercato del
lavoro nei tempi di crisi, le quali hanno dato vita a slogan come “lavorare meno per
lavorare tutti”. Questo tipo di manovre avevano l’obiettivo di fronteggiare il già presente
calo della domanda di manodopera da parte delle imprese, attraverso una ripartizione
delle ore di lavoro disponibili tra una maggior numero di lavoratori. Esse consistevano in
un abbassamento delle ore standard di lavoro nazionali, e si può dire che almeno nel breve
periodo abbiano stabilizzato o migliorato il tasso di disoccupazione, seppur sia una
manovra che richieda un’analisi più approfondita di cui si rimanda al paragrafo 2.3.3.
Tornando all’analisi della diminuzione storica della media di ore lavorate è possibile
attribuire questo calo ad un ultimo, seppur non del tutto marginale fattore.
Uno studio infatti ha analizzato che il calo dell'orario lavorativo annuale si deve anche a
un minore numero di giornate lavorative settimanali e ad un altrettanto minore numero di
settimane lavorate nell'anno
11
. Oltre ai normali giorni di riposo, i lavoratori dei paesi di
prima industrializzazione ebbero accesso a giorni di riposo per vacanze e festività
nazionali. Lo si può notare nel grafico qui sotto. Esso mostra come i giorni di vacanza e
le festività sono aumentati dal 1870 al 2000. L’olanda fornisce un chiaro esempio: i
lavoratori hanno goduto di un aumento dai quattro giorni di ferie nel 1870 ai 38 nel 2000.
11
Hubermans, Minns, (2007) The times they are not changin’: Days and hours of work in Old and New
Worlds, 1870–2000, Explorations in Economic History 44
29
Figura 2.6: Numero di giorni liberi dal lavoro a tempo pieno in un anno per ferie e festività
nazionali
12
Chiaramente, i dati sono perfettibili: stimare l'orario di lavoro precisamente è complicato
e i sondaggi, come i registri storici hanno dei limiti, quindi, le misure delle ore di lavoro
di secoli passati hanno un ovvio margine di errore. Ma per un dato paese, i mutamenti nel
tempo sono molto maggiori dei possibili margini di errore: il lavoratore medio in un paese
ricco oggi lavora un monte ore consistentemente minore rispetto al collega medio di 150
anni fa.
Come spiegano Coyle e Nakamura
13
, lo studio dell'orario lavorativo è basilare non solo
per avere una misura della produttività macroeconomica, ma altresì per valutare il
benessere economico al di là della produzione economica. Un quadro più generale per
misurare il progresso deve tenere presente i cambiamenti nel modo in cui le persone
possono spendere il proprio tempo su un più ampio ventaglio di attività, tra le quali il
lavoro retribuito è un dato importante, ma non unico.
Negli ultimi 150 anni il monte ore di lavoro è quindi diminuito considerevolmente.
Esistono tuttora enormi disuguaglianze all'interno e tra i paesi, ma sono stati
inequivocabilmente compiuti progressi. Una rilevante differenza che distingue le diverse
nazioni, motivandone la divergenza in quantità di lavoro attuata in ognuno di essi, è la
ricchezza del paese.
Seguendo un ragionamento logico si direbbe che la ricchezza sia il premio per i paesi che
maggiormente si impegnano complessivamente nel lavoro. Questa deduzione viene però
smentita dalla semplice analisi del grafico sotto riportato.
12
Fonte: Huberman & Minns (2007) – The times they are not changin’: Days and hours of work in Old
and New Worlds, 1870–2000. Explorations in Economic History, 44(4):538–567.
Nota: oltre alle ferie, i lavoratori avevano regolari giorni liberi ogni settimana. Huberman e Minns
stimarono che questi fossero numerati 1 giorno alla settimana dal 1870 al 1913, 1,5 giorni dal 1929 al
1950 e 2 giorni dal 1960 al 2000.
13
Coyle, D. e Nakamura, LI (2019). Verso un quadro per l'uso del tempo, il benessere e la misurazione
economica incentrata sulle famiglie. Documento di lavoro n. 19-11 della Federal Reserve Bank di
Filadelfia