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1.2. Internet Addiction Disorder e Social Network Addiction
1.2.1 Dipendenze e Addiction
Prima di parlare della Internet Addiction e della Social Network Addiction, è utile fare
utile fare una chiarificazione sui concetti di dipendenza e di addiction, termini che
vengono spesso confusi. Nella lingua italiana, queste due terminologie spesso vengono
considerate dei sinonimi, ma nella lingua anglosassone i termini assumono due
significati differenti.
Per dipendenza ci si riferisce a una condizione in cui l’organismo necessita di una
determinata sostanza affinché possa funzionare e sviluppa una dipendenza chimico-
fisica da essa.
Per quanto riguarda il termine addiction, che spesso viene erroneamente utilizzato
come sinonimo di dipendenza, si fa riferimento alla dipendenza che indirizza
l'individuo verso l'oggetto di dipendenza, senza la quale la sua esistenza diviene priva
di significato (Del Miglio et al., 2005). Più precisamente, l’addiction è una ricerca, da
parte del soggetto, sempre più persistente e crescente, tanto che l'oggetto di
dipendenza assume un ruolo fondamentale nei suoi pensieri e nel suo comportamento
(Del Miglio et al., 2005). “L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) descrive il
concetto di dipendenza patologica come quella condizione psichica, e talvolta anche
fisica, derivante dall' interazione tra un organismo vivente e una sostanza tossica, e
caratterizzata da risposte comportamentali e da altre reazioni, che comprendono
sempre un bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo continuativo o
periodico, allo scopo di provare i suoi effetti psichici e talvolta di evitare il malessere
della sua privazione” (Di Censi e Mauceri, 2020, p.15). Come sottolineano Watters e
colleghi (Watters et al., 2013), la "dipendenza" potrebbe essere intesa come un uso
compulsivo ed eccessivo di una sostanza o un’attività che si traduce in una
compromissione del funzionamento quotidiano della persona e che fa sì che diventi
una condotta che provoca dipendenza. Gli elementi fondamentali che caratterizzano le
dipendenze patologiche e in particolare l’addiction, riguardano 2 aspetti: in primis,
l’impossibilità di rinunciare un comportamento senza provare disagio e in secondo
luogo, la centralità che assume il comportamento o il prodotto nell'esistenza
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dell’individuo, il quale, percepisce che non ha più obbiettivi senza che vi sia la
presenza dell'oggetto di dipendenza (Guest e Cipriano, 2017). Le addiction si possono
suddividere in due sottogruppi: disturbi da uso di sostanze e disturbi non correlati a
sostanze. Il gruppo di addiction correlato all’uso di sostanze, può essere definito come
uno stato patologico caratterizzato dalla compulsione, ricerca e uso di qualcosa,
nonostante le sue conseguenze negative, reali o potenziali. Secondo il Manuale
Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell'American Psychiatric Association
(DSM-5; American Psychiatric Association [APA], 2013/2014), le sostanze si possono
suddividere in dieci classi: alcool, caffeina, cannabis, allucinogeni (con categoria
distinta per la fenciclidina e altri allucinogeni), oppiacei, inalanti, tabacco, sedativi,
ansiolitici e ipnotici, stimolanti (anfetamina e cocaina) e altre. Le sostanze che
generano disturbi sono di due tipologie quelle naturali e quelle sintetiche; a loro volta
esse si suddividono in quattro sotto gruppi: (1) sedative, ovvero oppio, eroina e
barbiturici; (2) allucinogene, come LSD, Marijuana, Mescalina e Hashish; (3)
eccitanti, quali caffeina, nicotina, cocaina, crack e anfetamine; (4) inebrianti, ovvero
etere e alcool. Il termine “addiction”, fino a poco tempo fa, è stato associato al
consumo di stupefacenti e sostanze chimiche (Basteiro et al., 2013), infatti il DSM-5
(APA, 2013/2014) specifica che l’addiction corrisponde all’abuso e dipendenza da
qualsiasi tipo di sostanza psicoattiva. Nel tempo, la definizione di questo fenomeno ha
subito delle variazioni, tant’è che diversi autori segnalano che lo sviluppo di un
meccanismo di dipendenza, può avvenire anche senza la presenza di composti chimici.
Per quanto riguarda il cluster di disturbi non correlati a sostanze, il ruolo della sostanza
è giocato da un comportamento. Queste dipendenze senza il consumo di sostanze,
vengono chiamate dipendenze comportamentali o new addiction e possono essere
suddivise in: shopping compulsivo, dipendenza dal lavoro (workaholism), alcune
devianze del comportamento alimentare come l’ortoressia, l’overtraining, dipendenza
da internet, video games addiction, social network addiction, internet sex addiction,
love addiction e gambling. Per gambling si intende il disturbo da gioco d’azzardo che
è l’unico disturbo che non è correlato all’ uso di sostanze presente nel DSM-5 (Di
Censi e Mauceri, 2020; Fiore, 2021).
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1.2.2 Internet Addiction Disorder (IAD)
Prima di introdurre l’Internet Addiction Disorder e la Social Network
Addiction, è utile specificare che queste sono entità diagnostiche non ancora presenti
negli attuali sistemi nosografici, perciò non esistono specifici criteri diagnostici
Inoltre, è necessario specificare che queste dipendenze sono strettamente associate,
in quanto chi soffre di Social Network Addiction fa un uso smodato di internet, quindi
è possibile che soffra anche di Internet Addiction Disorder. Perciò, in questa sezione
del capitolo sono messe in luce molte delle similitudini tra i due disturbi.
Numerose ricerche, negli ultimi anni, si sono focalizzate sulla dipendenza da internet
e hanno dimostrato che il suo utilizzo può provocare dipendenza psicologica e, di
conseguenza, portare allo sviluppo di disturbi psicopatologici (Mannino et al., 2017).
Uno dei primi studiosi a interessarsi a questo fenomeno fu la dott.ssa Young, psicologa
esperta del disturbo da dipendenza da Internet e dal comportamento online, membro
dell’American Psychological Association, fondatrice del Center for Internet
Addiction, che ha costruito due test con lo scopo di indagare l’Internet Addiction. Uno
dei primi casi di dipendenza da Internet risale al 1996 (USA), la psicologa Young
descrisse la storia clinica di una donna di 43 anni, la quale passava circa 60 ore a
settimana all’interno delle chat room, affermando, grazie all’interazione con altri
utenti, di sentirsi parte di una comunità virtuale (Fregni et al., 2020). Young afferma
che bisogna considerare l’Internet Addiction Disorder (IAD) una vera e propria
sindrome, che colpisce in particolar modo gli individui che hanno un’ età compresa tra
i 15 e i 45 anni. Infatti, secondo Young (1996a), la dipendenza da Internet è definibile
come un disturbo del controllo dell’impulso che non compromette un’intossicazione.
Le persone che soffrono di IAD sono caratterizzate da una difficoltà socio-
comunicativa che può essere presente sia all'interno del gruppo familiare sia in un
gruppo più ampio. Tali individui sarebbero più soggetti al ritiro sociale e all'inibizione
nei rapporti interpersonali, a tratti ossessivo- compulsivi, al rifugio nel web derivante
dal rifiuto di altre problematiche esistenziali (Di Censi e Mauceri, 2020).
Secondo Young (1998), la Internet Addiction Disorder risponde ad almeno cinque
criteri delle seguenti otto manifestazioni comportamentali, con almeno una durata di 6
mesi (Di Censi e Mauceri, 2020):
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• La presenza di un pensiero ossessivo riguardante le attività che si sono svolte
e che si svolgeranno online e la connessione, anche quando non si è online.
• Il prolungamento progressivo del tempo trascorso online.
• Una quantità di sforzi e tentativi con lo scopo di diminuire l'utilizzo di Internet.
• L'ansia, il nervosismo e la forte irritabilità quando si tenta di interrompere o
diminuire il tempo di permanenza.
• Il restare connessi più volte rispetto a quanto si era stabilito, non rispettando il
limite auto-imposto.
• Compromissione nello studio, nelle relazioni o nel lavoro dovuto ad un utilizzo
sregolato di Internet.
• Ingannare alle persone care con lo scopo di celare la propria dipendenza.
• Servirsi della Rete come evasione dai propri problemi e dalla realtà.
Per quanto riguarda le ricadute psicologiche e fisiche, sono stati individuati
diversi effetti che vanno a colpire l’individuo che soffre di dipendenza da rete, questi
includono: umore altalenante, impoverimento o perdita delle relazioni interpersonali,
propensione a sostituire il mondo reale con un mondo virtuale, problemi alla vista,
tunnel carpale, dolori nella zona della schiena e del collo (Young, 1998). Il professor
Musetti (Musetti, et al., 2017), psicologo e ricercatore, nella Rassegna Internazionale
degli Studi, identifica una correlazione multifattoriale tra l'Internet Addiction e varie
problematiche psicologiche come: i disturbi dell'umore, i sintomi e i disturbi d'ansia,
l’ abuso di sostanze, sintomi dissociativi, disturbo da deficit dell’attenzione e
iperattività (ADHD ), alessitimia, insonnia, impulsività, sensation - novelty seeking,
alti livelli di aggressività, psicoticismo e nevroticismo.
Da un punto di vista cognitivo-comportamentale, nei soggetti che soffrono di
un disturbo di internet addiction, è possibile osservare diversi aspetti, come disturbi
dell’umore, del controllo degli impulsi e d’ansia, sentimenti di insicurezza, bassa
autostima, problemi relazionali, insicurezza e pensieri disfunzionali su se stessi e gli
altri (Young, 2011). Secondo la dott.ssa Young (1998), esistono tre stadi che
conducono all’ Internet Addiction: Coinvolgimento, Sostituzione e Fuga. La prima
fase, il Coinvolgimento, consiste nell’accesso alla rete accompagnata da una curiosità
per essa; successivamente segue la Sostituzione, ovvero l’immersione nella realtà di
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Internet tanto che essa sostituisce la vita reale con la realtà virtuale e questa
sostituzione suscita sentimenti di fiducia, benessere e interesse; per ultimo avviene la
Fuga, che si concretizza in un aumento della permanenza nella comunità di internet e
nella scoperta che la rete assume il ruolo di rifugio dai problemi emotivi e fisici,
sviluppando di conseguenza la dipendenza (Guest e Cipriano, 2017). Inoltre, Young
(1998) individua cinque sottocategorie di IAD: (1) dipendenza da cyber-relationship;
(2) dipendenza da siti pornografici; (3) shopping compulsivo e gambling; (4) ricerca
di informazioni in modo ossessivo; (5) utilizzo eccessivo dei videogames.
La stessa studiosa, ha contribuito a costruire due test per la valutazione della
patologia a livello psicologico e sono: l’ Internet Addiction Diagnostic Questionare
(IADQ; Young, 1996) e l’ Internet Addiction Test (IAT; Young, 1998). L’ Internet
Addiction Diagnostic Questionare, è stata la prima scala per misurare la dipendenza
da Internet. Ci sono state varie versioni di questa scala, ma quella originale era
composta da 8 item a risposta dicotomica. Nella versione originale, un punteggio
uguale o superiore a 5 veniva utilizzato per discriminare i dipendenti da Internet dai
soggetti non dipendenti, mentre i punteggi compresi tra 3 e 4 venivano utilizzati per
classificare gli utenti a rischio, tuttavia questa distinzione tra i punteggi è risultata poco
chiara (Dowling e Quirk, 2009; Johansson e Götestam, 2004; Laconi et al., 2014).
Sulla base dell’ Internet Addiction Questionare è poi stata sviluppata l’Internet
Addiction Test, che oggi è la versione più comunemente utilizzata. L’Internet
Addiction Test è una scala di 20 item che misura la presenza e la gravità della Internet
Addiction. Questo test è stato sviluppato basandosi sui criteri del DSM- IV per la
diagnosi di gioco d’azzardo. Il test misura il grado di coinvolgimento nelle attività
online, ogni item è valutato su una scala di tipo Likert a 5 passi e classifica la IAD in
base alla gravità: “assenza di dipendenza, lievi segni di dipendenza, moderati segni di
dipendenza e grave dipendenza” (Černja et al., 2019; Young e De Abreu, 2010).
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1.2.3 La Social Network Addiction (SNA)
È possibile definire i Social Networks come un fenomeno sociale in continua
evoluzione. Perciò, negli ultimi anni molti ricercatori hanno iniziato ad interessarsi sia
agli effetti che potrebbero scaturire nella vita quotidiana, sia a delle ipotesi su possibili
addiction per alcune categorie di utenti. Secondo diversi studiosi, il fenomeno della
dipendenza, con particolare attenzione ai media, rientra nella “malattia della
comunicazione emotiva”: una dipendenza senza la presenza di sostanze ma con gli
stessi effetti relazionali, psicofisici, sociali presenti nei disturbi da uso di sostanze
(Cortoni, 2013). I ricercatori suggeriscono che l’uso eccessivo dei social network
online, può essere particolarmente coinvolgente per i giovani, specialmente per gli
adolescenti (Echeburua e de Corral, 2010). La dipendenza sembra manifestarsi in
particolar modo in quegli adolescenti che vivono stati emotivi definiti “dolorosi”, a
causa di condizioni familiari, socio-territoriali e scolastiche disagiate, che provocano
condizioni di insicurezza esistenziale, fragilità emotiva e psicologica, generando
ansia, imbarazzo, depressione e vergogna; tutto ciò si verifica soprattutto in situazioni
di confronto e di relazione con l'altro. In particolare, la paura del giudizio altrui induce
molti di questi adolescenti all’isolamento sociale e alla reclusione in ambienti che si
identificano simbolicamente come rifugio, in grado di garantire protezione e sicurezza
emotiva (per esempio, all’interno delle proprie abitazioni). Può accadere che all’
interno di queste condizioni sociali, molti giovani cerchino il confronto e soddisfino il
proprio bisogno identitario, relazionale e comunicativo attraverso la sperimentazione
di nuove forme di mediazione, più precisamente dei diversi mezzi di comunicazione,
tra cui i social media (Lancini, 2019).
La social network addiction potrebbe generare diversi tipi di condotte
disfunzionali e ulteriori psicopatologie, come: l’isolamento sociale (Basteiro et al.,
2013; Echeburúa, 2012), la distorsione tra il mondo reale e quello digitale (Llamas e
Pagador, 2014), l’insonnia (Li et al., 2016), problemi relazionali con i famigliari
(Fernández-Villa et al., 2015), la depressione (Boonvisudhi e Kuladeee, 2017; Lozano-
Blasco e Cortés-Pascual, 2020), una bassa autostima (Lee e Cheung, 2014), problemi
fisiologici e di ansia dovuti all’astinenza (Koyuncu et al., 2014), problemi di salute
come l’insonnia e l’aumento di peso o l’obesità (Li et al., 2015; Li et al., 2014), e
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l'insuccesso scolastico come conseguenza del declino del rendimento scolastico a
causa di un uso sempre più frequente dei social network (Afroz, 2016; Blachnio et al.,
2016; Caño et al., 2016; Malo et al., 2018). Relativamente alla istituzione scolastica,
una delle conseguenze è la correlazione negativa tra l’aumento delle ore passate sui
social network e l’incremento del declino del rendimento scolastico. Gli studenti che
navigano più ore sui social media sono generalmente meno interessati alle attività
accademiche e tendono ad abbandonarle per passare più tempo online; inoltre, è
risultato che questi mostrano meno interesse per le attività extracurricolari (Wang et
al., 2013). Secondo diversi autori (Carr, 2014; Carr, 2011; Watson, 2011), una massiva
esposizione ai Social Network e di conseguenza ad Internet, può comportare varie
ripercussioni cognitive, come una tendenza al multitasking, ovvero passare senza
difficoltà da un compito all’altro, la necessità di immediatezza nelle azioni e nei
risultati e infine una preferenza verso l’audiovisivo rispetto alla stampa. Tali
ripercussioni si possono manifestare principalmente attraverso una riduzione delle
capacità di concentrazione e attenzione, oltre che una maggiore difficoltà
nell’introspezione. Questa situazione porta Carr (2011, 2014) e Watson (2011) ad
affermare che questo fenomeno dei social network non solo sta cambiando i
comportamenti e le consuetudini delle persone, ma anche il proprio pensiero
(Valencia-Ortiz et al., 2021).
Per quanto riguarda la prevalenza della social network addiction in Italia, la
dott.ssa Marino ha condotto uno studio su un campione di ragazzi italiani tra gli 11 e
15 anni, che ha portato alla luce come il 9% degli adolescenti rischi di essere definito
un utilizzatore problematico di Social Media, con maggior propensione del genere
femminile (Morgese, 2021).
Ad oggi, non esiste una diagnosi per la social network addiction né nell’ICD-11
né nel DSM-5, tuttavia diversi psicologi clinici hanno identificato potenziali sintomi
che indicano la dipendenza di un soggetto dai social network. Tra questi, vi è la
psicologa clinica Cecile Schou Andreassen, che insieme ai suoi collaboratori, ha
identificato cinque potenziali fattori che possono indicare una possibile addiction dai
social networks (Guedes et al., 2015):
• Sbalzi d’umore: un individuo fa un uso dei social network con lo scopo di
regolare il proprio umore, o come mezzo per sfuggire dai propri conflitti
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esterni. Questa fase è caratterizzata da una falsa sensazione di soddisfazione
provata nel momento in cui si naviga nei social media.
• Rilevanza: i social networks iniziano ad assumere una posizione primaria nei
pensieri della persona a scapito di altre attività.
• Tolleranza: questo termine fa riferimento al tempo dedicato allo strumento e
al livello di controllo che ha raggiunto. Generalmente, è comune passare più
tempo sui social networks, aggiornando foto o postando commenti, con il fine
di provare le stesse sensazioni piacevoli avute in un periodo di tempo più
breve. Senza accorgersene, il soggetto dipendente perde lentamente il controllo
della situazione, iniziando a sostituire le attività quotidiane con il tempo di
navigazione sui social media (Andreassen et al., 2012).
• Astinenza: quando i dipendenti dai social network non hanno la possibilità di
accedere a internet, risultano successivamente ansiosi, irritati e spaventati, ed
inoltre vi è il rischio di avere dei cambiamenti nel ciclo del sonno o nell’
alimentazione così come anche si possono presentare sintomi di depressione
(Andreassen et al., 2012).
• Conflitti nella vita reale: quando l'uso dei social network risulta ormai
eccessivo, il risultato è una compromissione nelle relazioni della vita reale sia
con i parenti sia con gli amici. Nei dipendenti, questo è il momento in cui c’è
una perdita di controllo sul proprio comportamento, compromettendo
eventualmente l’educazione e il rendimento professionale (Andreassen et al.,
2012).
Per concludere, in aggiunta ai cinque fattori elencati dalla dott.ssa Andreassen,
lo psicologo Mark D. Griffiths, specializzato in dipendenze comportamentali, ha
dichiarato che una dipendenza comportamentale è caratterizzata da sei componenti
di addiction, quali: salienza, modifica dell’umore, tolleranza, sintomi da astinenza,
conflitto e ricaduta. Egli, inoltre, afferma che qualsiasi comportamento che
soddisfa questi sei criteri può essere considerato come dipendenza, compresi i
social networks (Griffiths, 2005).