Introduzione
Come mai certe persone compiono determinati atti criminali?
Che cosa le spinge a commettere omicidi, violenze, stupri? Almeno tut-
ti ci siamo fatti almeno una volta questa domanda.
In questo lavoro si è provato ad approfondire le tematiche riguardanti il
crimine, argomento tutt’ora molto complesso ed oggetto di molteplici
studi.
Basti pensare che negli ultimi decenni è notevolmente incrementata
l’attuazione di crimini violenti quali l’omicidio e lo stupro, tanto da dive-
nire oggetto di preoccupazione nelle società in cui viviamo. Secondo i
dati emanati dagli Uniform Crime Reports, i casi risolti per omicidio
sono scesi da una percentuale del 93% nel 1961 ad una percentuale
del 65% nel 1993; questo è un dato sicuramente preoccupante, segno
anche che possono essere molteplici le cause che portano a commet-
tere crimini. Sono state identificate cinque principali categorie di crimi-
ne che sono: l’omicidio, l’incendio doloso e l’attentato dinamitardo, lo
stupro e le aggressioni a sfondo sessuale, i crimini non letali e i crimini
informatici (Douglas et al., 2016).
Sono stati analizzati quindi all’inizio del primo capitolo i concetti di de-
vianza e di criminalità, per introdurre l’argomento principale su cui si
sono poi basate le ricerche successive, per spostarsi poi sui vari fattori
di rischio che portano all’aggressività e alla violenza. Non possiamo
infatti parlare di un singolo fattore di rischio come causa della criminali-
tà, ma una molteplicità di fattori che sommandosi, aumentano il rischio
di manifestazioni antisociali o criminali (Gulotta, 2020). Essendo ap-
punto molteplici, sono stati indagati quelli più importanti e che possono
avere una maggiore influenza sugli individui.
Anche la genetica e l’ambiente hanno un ruolo fondamentale in questo
contesto, ma prese singolarmente non possono influenzare al 100% la
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messa in atto di determinati atti, quindi è stata analizzata anche attra-
verso diversi studi, la loro interazione e gli effetti che questa può avere.
Importanti sono anche le influenze dei genitori e dei pari, specialmente
nel periodo compreso tra infanzia ed adolescenza.
Nel secondo capitolo sono state esaminate le diverse aree cerebrali
che sono legate all’attuazione di comportamenti violenti, descrivendo le
loro strutture, le loro funzioni e il ruolo che hanno quando si parla di
violenza. Per poter fare questo, è stato necessario avvalersi di diversi
studi, volti ad indagare appunto il funzionamento di ciascuna area.
Nel terzo capitolo infine l’attenzione si è concentrata sui fattori protettivi
durante l’ infanzia e l’ adolescenza, dai genitori ai programmi educativi
a scuola, tutto quello che può essere utile per prevenire o almeno ridur-
re il rischio di attività criminali in futuro. I fattori protettivi vanno ad inte-
ragire con i fattori di rischio, annullando o diminuendo i loro effetti; non
possono essere però considerati in senso assoluto, in quanto uno
stesso fattore può giocare un ruolo diverso a seconda dell’individuo o
del contesto sociale di riferimento (Camerini et al., 2020). Per quanto
riguarda invece soggetti adulti, è stata approfondita la questione dei
diversi interventi terapeutici o farmacologici che possono risultare utili a
limitare certi atteggiamenti.
Esiste una disciplina apposita che è la psicologia criminale, la quale si
occupa dello studio scientifico della criminogenesi e della criminodina-
mica del comportamento antisociale, criminale e violento, con scopi
diagnostici, preventivi e trattamentali. Quando si parla di criminalità,
diventa necessario riuscire a riconoscere il processo trasformativo del
comportamento, che da antisociale può diventare criminale e violento;
bisogna quindi individuare i segnali precoci di futuri comportamenti
criminali. Secondo statistiche internazionali, è rilevata un’alta presenza
di individui maschi coinvolti in attività criminali, ma in tempi recenti è in
aumento anche il coinvolgimento di donne, volte ad attuare le stesse
condotte violente ed aggressive, seppur in minor frequenza; i fattori di
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rischio sono dunque sovrapponibili nella criminalità maschile e femmi-
nile (Gulotta, 2020).
L’obiettivo dunque di questo lavoro, è stato quello di analizzare alcune
delle possibili cause che portano all’attività criminale, avvalendosi di
diversi studi presenti in letteratura, da quelle genetiche a quelle am-
bientali, a quelle sociali, fino alla loro interazione. Sono stati inseriti an-
che i risultati di studi importanti a livello delle neuroscienze dal momen-
to che i ricercatori stanno facendo progressi in questo ambito, infatti di
recente è nata una nuova disciplina, la neurocriminologia. Per quanto
riguarda invece i fattori protettivi e gli interventi terapeutici, è stato
esaminato attraverso l’analisi di vari studi, se effettivamente hanno gli
effetti sperati e, quali sono quelli più efficaci.
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1 Influenze genetiche, ambientali e fattori di rischio del comportamento
criminale
1.1 Devianza e criminalità
Il comportamento criminale non è diverso dagli altri tipi di comporta-
mento umano, si differenzia però, per il fatto che viola delle regole so-
ciali e delle norme penali specifiche, per le quali il sistema sociale e
penale sono chiamati ad intervenire. Con il termine carriera criminale,
si intende la sequenza longitudinale di comportamenti antisociali, de-
linquenziali e criminali, che vengono messi in atto da un individuo nel
corso della sua vita (Gulotta, 2020). Il focus in questi casi va posto non
tanto sulla gravità dei reati, quanto più sull’evoluzione del potenziale
antisociale; infatti, molti risultati concordano nel ritenere che più preco-
ce è l’esordio antisociale, tanto più alto sarà il rischio di una persisten-
za criminale nel tempo. Il comportamento antisociale e criminale negli
adulti, implica la presenza di manifestazioni antisociali già a partire dal-
l’infanzia; anche se non tutti i bambini antisociali diventeranno poi adul-
ti criminali (Camerini et al., 2018). Molti studi su adulti criminali persi-
stenti hanno dimostrato come in oltre il 90% dei casi, essi avevano
manifestato condotte antisociali già in età prescolare e nella preadole-
scenza (Gulotta, 2020).
Nel XIX secolo, viene introdotto il termine di classi pericolose, utilizzato
per descrivere i criminali o persone che avevano il potenziale per di-
ventarlo; la vera classificazione degli offender però, cioè quelle perso-
ne che commettono reati, iniziò con l’avvento degli studi statistici (Dou-
glas et al., 2016).
Nel 1872, Cesare Lombroso, un medico italiano che è tutt’ora ritenuto il
padre dell’antropologia criminale, ha proposto cinque diversi tipi di cri-
minali, basandosi sulla teoria dell’evoluzione di Darwin: i delinquenti
nati, i folli, i delinquenti per passione, gli abituali e gli occasionali. Tut-
tavia in seguito, gran parte delle sue ipotesi e teorie si rivelò
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sbagliata, permettendo comunque ai ricercatori di avere qualcosa su
cui lavorare, rappresentando un progresso per la scienza (Douglas et
al., 2016).
Una precoce età di iniziazione antisociale aumenta il rischio di una lun-
ga carriera criminale, quindi ci saranno conseguenze a breve e a lungo
termine, per questo viene visto come un problema sociale urgente
(Nilsson & Estrada, 2011). Si pensa che il periodo di maggiore coinvol-
gimento delinquenziale inizi nella tarda infanzia intorno ai 10 anni, per
raggiungere il suo picco in adolescenza tra i 16 e i 19 anni, riducendosi
poi tra i 20 e i 25 anni; infatti in adolescenza non esiste ancora una
specializzazione delittuosa, spesso avviene una iniziale commissione
di reati di poco conto, per poi passare a reati sempre più gravi (Came-
rini et al., 2018).
L’ European Sourcebook
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ha emanato dati criminali riguardanti la de-
linquenza giovanile, in cui si può riscontrare un aumento di reati violenti
come lesioni aggravate, violenza e rapina, a fronte di una diminuzione
di reati come il furto (Gulotta, 2020).
Di recente, si è inoltre sviluppato anche il crimine informatico, grazie
alla possibilità degli utenti di assumere identità fasulle e mantenere
l’anonimato. La forma più pericolosa di crimine in questo contesto è
sicuramente la cyberpedofilia; il soggetto tende ad avvalersi della ma-
nipolazione psicologica del giovane utente, con lo scopo di indurlo a
compiere determinate azioni di carattere sessuale (Burgess et al.,
2008).
La specificità dello sviluppo del comportamento antisociale necessita
però di un lavoro esplorativo multidimensionale; è necessario esamina-
re sia il perchè alcuni individui manifestano comportamenti antisociali,
sia il come quei comportamenti varino nel tempo (Camerini et al.,
2018).
1 L’European Sourcebook è un gruppo di esperti che producono regolarmente un resoconto a livello europeo delle
statistiche sulla criminalità e la giustizia penale.
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1.2 Fattori di rischio
I fattori di rischio sono condizioni che favoriscono, aumentano, man-
tengono la probabilità che un determinato evento si manifesti; non
sono tutti uguali e non si manifestano tutti allo stesso modo, pertanto,
esistono diverse tipologie differenziate in base alla loro natura che può
essere biologica, neuropsicologica, psicologica, ambientale, familiare,
relazionale, scolastica, socio-economica, culturale (Gulotta, 2020). I
fattori ambientali possono avere forti effetti sul comportamento degli
individui, specialmente se essi hanno già una propensione genetica
alla delinquenza. Alcuni di questi fattori contribuiscono all’iniziazione
criminale, altri invece favoriscono il suo mantenimento nel tempo e altri
ancora influenzano l’escalation. Si è inoltre riscontrato come la man-
canza di interazione tra genitori e figli, l’esistenza di problemi psicopa-
tologici in uno dei genitori, problemi accademici ed una vulnerabilità
biologica, possano essere fattori decisivi per il coinvolgimento di giova-
ni ragazzi in comportamenti delinquenziali; questi giovani inoltre, se
non sono in grado di trovare affetto e protezione all’interno della fami-
glia possono diventare più suscettibili alla delinquenza, vista per loro
come forma di potenziamento (Azeredo et al., 2019).
Secondo McLaughlin & Lambert (2017), l’esposizione al trauma nell’in-
fanzia è un fattore di rischio per molte forme di psicopatologia, tra cui il
disturbo post-traumatico da stress (PTSD), l’ansia, la depressione, i
comportamenti distruttivi e l’abuso di sostanze. Riportano inoltre come
gli eventi traumatici che coinvolgono l’esposizione alla violenza inter-
personale, compresi gli abusi fisici, gli abusi sessuali, la violenza do-
mestica assistita e l’esposizione ad altre forme di violenza in casa o
nella comunità, comportino un danno nel bambino.
Anche l’età è un fattore da tenere in considerazione per quanto riguar-
da il crimine, infatti si pensa che possa avere un effetto diretto sul cri-
mine, inspiegabile dalle variabili sociologiche e psicologiche (Gottfred-
son & Hirschi, 1990). Per testare questa relazione tra età e crimine, è
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