INTRODUZIONE
Il pianto è l’unico mezzo di comunicazione che il neonato possiede per esprimere le sue
emozioni e le sue esigenze fisiche e relazionali.
Nella specie umana i neonati non sono esseri autosufficienti, ma la loro sopravvivenza
dipende totalmente dalla cura e dall’accudimento di un caregiver.
Non sempre i genitori sono coscienti dell’importanza biologica del pianto di un neonato
poiché esso culturalmente viene considerato un comportamento sbagliato. Di conseguenza,
i genitori rispondono al pianto cercando di reprimerlo, senza provare a comprenderlo.
La scienza moderna ha messo chiaramente in evidenza che invece il pianto dei neonati si
configura come potente attivatore sociale ed esprime sempre un bisogno o una richiesta.
Ogni pianto, quindi, porta un messaggio, nessun pianto rappresenta solo un capriccio.
Gli studi, in particolare, hanno individuato l’esistenza di vari tipi di pianto nei neonati e
hanno riscontrato delle differenze, anche a livello acustico, a seconda del bisogno che
vogliono comunicare.
Se un neonato manifesta un bisogno che non ottiene una risposta adeguata, il suo bisogno
continuerà ad esistere ed il neonato non smetterà di piangere.
Il pianto, diventando disperato e prolungato, potrebbe arrivare a provocare delle reazioni e
delle sensazioni di inadeguatezza nel genitore e, a lungo andare, questo processo potrebbe
determinare dei disturbi di relazione con il bambino e il disagio del neonato potrebbe
continuare ad aumentare, instaurando così un circolo vizioso (T. Harms, 2018).
L’Ostetrica/o svolge un ruolo determinante nel supporto alla genitorialità: può
accompagnare i genitori nella conoscenza del proprio figlio aiutandoli nell’interpretazione
del suo linguaggio e nel riconoscimento delle tipologie di pianto che può manifestare.
L’Ostetrica/o può fornire consigli e indicazioni per una gestione più serena del pianto,
favorendo un buon attaccamento e un’interazione relazionale ottimale, con lo scopo di
prevenire i disturbi di relazione che possono essere provocati da un pianto inconsolabile e
tutte le loro conseguenze, tra cui la depressione genitoriale o la sindrome del bambino
scosso e le aggressioni, che possono comportare anche la morte del neonato.
5
L’Ostetrica/o può intervenire anche nella cura della disfunzione relazionale laddove il
meccanismo di interazione genitore-bambino viene compromesso determinando il
fenomeno del pianto eccessivo.
6
CAPITOLO 1
IL PIANTO DEL NEONATO
1.1. Il significato del pianto
Il neonato, come ogni individuo, ha necessità di esprimere le sue esigenze e i suoi
sentimenti e, non avendo ancora sviluppato la capacità di parlare, lo fa piangendo.
Il pianto rappresenta, infatti, il principale mezzo di comunicazione dei primi mesi di vita: è
il linguaggio del bambino, è l’unico modo che il neonato ha per manifestare le sue
emozioni e richiamare l’attenzione dei genitori per ottenere una risposta ai suoi bisogni.
Per la civiltà occidentale contemporanea il pianto deve essere represso non appena
compare e questo vale anche se si manifesta negli adulti, specialmente nei maschi, che fin
da piccoli vengono spinti a non esternare le loro emozioni per dimostrare di essere ‘più
forti’.
In uno studio inglese condotto nel 2020 è stato scoperto che inconsciamente gli adulti, sin
1
da subito, attribuiscono un valore diverso al pianto a seconda del sesso, associando quello
dei neonati maschi alla rabbia e quello delle neonate femmine alla paura, nonostante
scientificamente non sia stata dimostrata alcuna differenza. Quindi, per quanto possa
essere più tollerato nelle donne, considerate più deboli e più inclini al pianto, questo
rimane comunque un atto culturalmente non accettato.
Piangere, spesso, diviene sinonimo di debolezza o di vergogna, nonostante esso sia, come
affermato da Charles Darwin alla fine del XIX secolo, una delle ‘espressioni specifiche
2
dell’uomo’, una forma di comunicazione tipica della specie umana, così come il
linguaggio verbale e il sorriso, e, quindi, potenzialmente capace di incrementare la qualità
relazionale.
L. Richey, J. Rilling, Perception of male and female infant cry aversiveness by adult men, Pubmed, 2020
1
Charles Robert Darwin (1809-1882) è stato un biologo, naturalista, antropologo, geologo ed esploratore
2
britannico, celebre per aver formulato la teoria dell'evoluzione delle specie animali e vegetali per selezione
naturale.
7
Nell’antica Grecia, ad esempio, la concezione del pianto era totalmente diversa, addirittura
le lacrime erano segno di vitalità e di rinascita dal lutto e dalla disperazione, tanto è vero
che gli eroi nei poemi omerici piangono in modo dirompente senza inibizioni e dopo aver
pianto devono cibarsi delle loro stesse lacrime per poter essere più vivi .
3
È stato proprio Darwin a dare inizio agli studi sul pianto, dopo aver compiuto la prima
indagine descrittiva sulla mimica facciale del pianto, illustrata nell opera The expression
of emotion in man and animals , la cui prima edizione è stata pubblicata nel 1872.
La sua ricerca ha suscitato molto interesse nei confronti di questo argomento e, poco dopo,
sono apparsi i primi studi scientifici sulle caratteristiche acustiche del pianto dei neonati.
Inizialmente vennero usati registratori, nastri magnetici e fonografi, ma la tecnica che ha
consentito l’analisi del segnale acustico vocale in maniera più precisa è stata la
spettrosonorografia, apparsa a metà del XX secolo.
Intanto sono comparse le prime ricerche sul significato psicologico del pianto e
sull’interpretazione comunicativa del pianto neonatale e, in base ai risultati ottenuti negli
anni, si è consolidata l’idea che il neonato emette diverse tipologie di vagito e di pianto a
seconda delle situazioni, del messaggio che vuole inviare e del suo stato di salute .
4
Nel 1985 è stato dimostrato dal ricercatore William Frey che il pianto ha anche un valore
5
curativo e permette di restituire equilibrio e benessere all’organismo perché nelle lacrime
si accumula il cortisolo, ormone prodotto in situazioni stressanti, che tramite la loro
emissione viene liberato, diminuendo il rischio di infarti e danni al cervello.
Piangere quindi può contribuire a migliorare oltre che la salute psicologica, anche la salute
fisica della persona.
Qualche anno dopo è stato scoperto che anche nel neonato si verifica lo stesso
meccanismo e si è visto che questo è strettamente legato alla sua salute cerebrale poiché,
nel momento in cui il bambino vive delle situazioni altamente stressanti, il cortisolo viene
immagazzinato in grosse quantità nel suo cervello e, se non venisse liberato attraverso le
M. Nucci, Le lacrime degli eroi, Einaudi, 2014
3
L. Travan. A. Clerici, Il pianto del neonato, Medico e Bambino, Agosto 2004
4
W.H.Frey, Crying, The mystery of Tears, Winston Pr, 1985
5
8
lacrime, le sue strutture cerebrali ne risulterebbero fortemente danneggiate, a tal punto da
determinare una minaccia per la sua vita .
6
Il pianto, quindi, può rappresentare anche un metodo per scaricare lo stress e le tensioni
che il neonato ha accumulato durante la giornata.
Inoltre, essendo il bambino incapace di esprimere un linguaggio verbale fino al primo
anno di vita, il pianto assume un ruolo fondamentale perché rappresenta la sua unica
possibilità comunicativa, configurandosi come una vera e propria competenza relazionale
necessaria alla sopravvivenza.
È essenziale che i genitori comprendano che il pianto è una sana forma di comunicazione e
di relazione con il loro bambino, è la sua modalità espressiva, e il loro compito più
importante è quello di imparare ad ascoltare questo suo linguaggio ed interpretarlo
correttamente.
Un neonato, infatti, non piange mai senza motivo, ogni pianto porta un messaggio,
rappresenta una richiesta, esprime un bisogno, ma è anche vero che non è sempre
necessario che i genitori si attivino per cercare una risposta immediata, a volte basta
rimanere in ascolto e accogliere quel pianto perché, così come gli adulti non sempre
conoscono il motivo per cui piangono e non sempre sanno riconoscere ciò che potrebbe
risolvere il loro pianto, la loro emozione, il loro problema, così anche il neonato può
piangere anche solo per esternare un disagio ancora non ben definito.
Infine, non bisogna dimenticare la componente caratteriale di ciascun neonato: secondo i
risultati di studi scientifici , il feto già nell’utero materno sviluppa un proprio
7
temperamento e, per quanto il pianto possa essere influenzato dai suoi vissuti della vita
prenatale, dal momento del travaglio e del parto, dall’adattamento e dagli stimoli ricevuti
dall’ambiente esterno nei primi mesi di vita, il bambino manterrà sempre una propria
modalità espressiva, più o meno vivace, legata alla sua personalità.
F. Bottaccioli, Psiconeuroendocrinoimmunologia, Red!, Aprile 2015
6
F. Galton, The history of twins as a criterion of the relative powers of nature and nurture, Arizona State
7
University, School of Life Sciences, Center for Biology and Society, 1875
9
1.2. Il primo pianto
Nelle credenze comuni il principale segno di benessere di un bambino appena nato è
proprio il pianto: l’immagine che viene costantemente proposta, in qualsiasi contesto che
ritragga la nascita, sia esso un film, una foto o un’illustrazione, porta sempre a visualizzare
un neonato in preda al pianto e alla disperazione.
C’è quindi una pesante influenza culturale che induce qualsiasi mamma e papà ad
attendere con trepidazione il suono del pianto del proprio bambino immediatamente dopo
la sua fuoriuscita dal corpo materno e, se questo non accade, i genitori vivono una forte
preoccupazione per la salute del loro figlio.
Piangere al momento della nascita è, quindi, da sempre culturalmente accettato e
considerato un evento normale ed è ciò che deve avvenire perché tutti, compresi gli
operatori, possano stare tranquilli: il bambino piangendo manifesta di stare bene, è il suo
‘segnale di arrivo’.
In effetti anche in ambito sanitario il pianto vigoroso del neonato alla nascita è considerato
un indicatore di benessere, infatti rientra nei parametri che l’Ostetrica/o o il medico deve
valutare per definire l’indice di Apgar, un punteggio assegnato subito dopo il parto che
stabilisce le condizioni di salute generale del nuovo nato e il suo grado di adattamento al
mondo esterno.
Questo metro di valutazione della vitalità del bambino, che comprende anche altri
parametri quali frequenza cardiaca, respirazione, tono muscolare, colorito della pelle e
riflessi, è stato proposto da Virginia Apgar nel 1953 e da allora è stato introdotto nei
8
protocolli di tutte le sale parto, diventando un sistema di controllo standard a livello
internazionale.
Ancora oggi, infatti, in alcune realtà assistenziali viene praticato dopo la nascita uno
strofinamento energico sulla schiena del bambino che ha lo scopo di scatenare il pianto se
questo non si manifesta spontaneamente. Si mantiene questa condotta di stimolazione
Virginia Apgar (1909-1974) è stata una anestesista e neonatologa statunitense ideatrice, presso lo Sloane
8
Hospital for Women di New York, dell’ Indice Apgar (1953), ovvero il Newborn Scoring System, noto
metodo di valutazione clinica da allora applicato in neonatologia.
10
perché il neonato che piange sicuramente respira, per cui è un segno certo di adattamento
alla vita extrauterina .
9
In passato, addirittura, era consuetudine mettere il bambino appena nato a testa in giù e
dargli dei colpi sulle natiche per farlo piangere, oggi questa pratica è stata abbandonata.
Solo negli ultimi anni si sta iniziando a considerare che l associazione pianto-benessere
del neonato non sia poi così veritiera e che non è detto che un neonato che non pianga alla
nascita non sia perfettamente sano e vitale come uno che piange.
Quest’ultima ipotesi è stata introdotta da Frèdèrik Leboyer, noto ostetrico e ginecologo
francese ideatore e iniziatore del parto dolce, descritto nel suo libro ‘Per una nascita senza
violenza’ (1974), ed è testimoniata anche dalla pratica ostetrica che vede come i neonati
dopo un parto totalmente rispettato non piangono molto o non piangono affatto e nascono
con un’espressione più serena, ma purtroppo non sono stati ancora condotti sufficienti
studi scientifici al riguardo.
All’interno del suo libro Leboyer analizza il parto dal punto di vista del bambino e afferma
che ogni bambino, in quanto persona, vive il travaglio come un momento faticoso e
doloroso, partecipa allo sforzo e alla paura del parto e si trova, appena fuori dal corpo
materno, a subire numerose modificazioni corporee e a dover instaurare le prime relazioni
con il mondo circostante.
Egli rivoluziona il modo di accogliere il neonato alla nascita proponendo un metodo di
assistenza del parto che prevede nuove attenzioni e nuove condotte di cura ostetrica , con
10
l’obiettivo di minimizzare i traumi per il bambino e favorire un adattamento dolce e
graduale nel mondo extrauterino, nel rispetto delle sue esperienze sensoriali, determinanti
per il suo sviluppo futuro.
Secondo Leboyer, infatti, la nascita è un complesso passaggio di transizione e il modo in
cui il neonato vive questo evento influenzerà in maniera determinante le relazioni che
instaurerà con se stesso e con gli altri esseri umani. Egli sostiene che l’esperienza della
nascita, seppur non ricordata in maniera esplicita, rimane impressa nel neonato che
S. Lakshminrusimha, A.H. Jobe , Baby’s First Cries and Establishment of Gas Exchange in the Lung, 2021
9
Il ‘Metodo Leboyer’ sarà oggetto di approfondimento nel capitolo 4.
10
11
registra delle emozioni, delle sensazioni e delle impressioni che lasceranno un segno
indelebile nella sua mente, generando l’imprinting con la vita.
L’importanza della nascita dolce è supportata anche da alcune teorie psicologiche e
neurologiche , secondo le quali il primo contatto con l’ambiente extrauterino viene
11
registrato sotto forma di schemi pre-verbali in una parte del cervello, sede dell’inconscio
non rimosso, che da quel momento plasmeranno ogni tipo di interazione futura: sarà
proprio nei primi attimi di vita che verranno apprese le dinamiche relazionali su cui si
baserà il rapporto del nuovo individuo con il mondo esterno, con le altre persone, con il
suo corpo e con il suo pensiero, e rimarrà sempre una traccia nel serbatoio di impressioni
apprese alla nascita in una parte molto profonda della memoria del neonato.
In ambito psicoterapeutico sono state individuate anche delle tecniche di regressione
esperienziale che riconducono al ricordo della nascita .
12
In conclusione, è comprensibile che una madre e un padre non vedano l’ora di conoscere il
proprio figlio e la sua voce, ma raramente viene spiegato loro che la prima vocalizzazione
del bambino non debba necessariamente manifestarsi tramite il pianto e che, se un neonato
vive una nascita dolce, potrebbe anche emettere solamente dei suoni delicati e dei vagiti
pacati.
David Chamberlain, The significance of birth memories, Pre- and Peri-natal Psychology Journal, 2(4),
11
208–226, 1988.
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12
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experiences under the influence of LSD-25, and their relation to phobic reactions in adults; with special
reference to the association between birth trauma and claustrophobia, Late British psychiatrist, 1969.
12
Il pianto alla nascita è, quindi, certamente un indicatore di vitalità, intesa come attitudine
all’essere vitale, ma la vitalità non è necessariamente associata al benessere psicologico e
sensoriale del neonato che, anzi, tramite quel pianto sta manifestando un disagio o una
sofferenza.
1.2.1. Il trauma della nascita e l’origine della sicurezza e dell’autostima
La nascita è un evento stressante per il neonato e può diventare un’esperienza drammatica,
un vero e proprio trauma, specialmente quando non avviene un passaggio graduale dalla
vita intrauterina alla vita extrauterina.
Il bambino nel giro di pochi minuti si trova a ricevere stimoli totalmente nuovi, differenti
da quelli a cui era stato abituato fino ad allora, molto più intensi, e questo cambiamento
radicale può destabilizzarlo.
Lo sviluppo prenatale nell’utero materno avviene in maniera progressiva e ciascun
cambiamento fisiologico si distribuisce nel tempo in maniera uniforme.
La nascita si presenta come un evento discontinuo dopo una progressione lineare che è
durata ben 9 mesi e proietta improvvisamente il neonato in una situazione in cui sono
presenti numerosi stimoli sensoriali inediti, mai percepiti prima.
Nell’utero il feto non viene esposto alla luce e durante i 9 mesi riceve minimi stimoli
visivi filtrati dal liquido amniotico. Alla nascita, invece, anche in condizioni di bassa
luminosità dell’ambiente esterno, la sua vista riceve uno stimolo intenso e tanto più il
neonato percepisce la presenza di luci abbaglianti, tanto più potrebbe esserne infastidito.
Anche i suoni prima del parto risultano attenuati: quando è in utero il bambino riesce a
percepire il battito del cuore materno e i rumori dovuti all’alimentazione, alla digestione e
alla evacuazione intestinale, ma le voci, le conversazioni e i suoni dell’ambiente esterno
vengono veicolati attraverso il liquido amniotico che li trasforma in vibrazioni e, quindi,
sono notevolmente affievoliti.
Alla nascita, invece, vengono ascoltati per la prima volta i suoni veicolati dall aria e questo
influenza fortemente l intensità del volume percepito. Ogni rumore risulta amplificato e
13
rappresenta un’esperienza uditiva nuova e intensa. Anche in questo caso tanto più
numerosi e forti saranno gli stimoli ricevuti, tanto più il neonato potrà esserne sopraffatto.
L’unico suono apprezzato e ricercato sarà quello della voce di sua madre, già conosciuta
nei 9 mesi di gravidanza, a differenza di qualsiasi altro rumore o voce percepiti (anche la
voce del padre lo tranquillizza ).
13
In utero, inoltre, la temperatura oscilla tra i 37° e i 39°, mentre in una sala parto questa
viene mantenuta intorno ai 23°-25°, per cui alla nascita il neonato vive una drastica
escursione termica e questo improvviso sbalzo di temperatura può disturbarlo.
Durante un parto vaginale il bambino si trova ad attraversare un canale molto stretto sotto
lo stimolo delle contrazioni uterine; a livello tattile questa esperienza è molto intensa, il
suo corpo riceve continui stimoli compressivi e questa condizione è completamente
diversa da quella in cui si è trovato nei 9 mesi fatta di galleggiamento, di contenimento, di
sospensione e di assenza di gravità.
Secondo Gianpaolo Sasso , psicoanalista e socio ordinario con funzioni di training della
14
SIPP (Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica), la sensazione fisica che il neonato
vive durante il travaglio e il parto avrà su di lui un forte impatto emotivo: la pressione
esercitata dalle contrazioni e dalle ossa del bacino materno determina nello stesso tempo
delle sensazioni tattili piacevoli, in quanto stimolo verso una nuova vita, ma anche
dolorose, e questo è un forte imprinting che può condizionare le future esperienze di
ricerca del piacere del nuovo individuo.
Il trauma della nascita è stato oggetto di studio e di crescente interesse nell’ambito della
psicologia moderna.
Molti traumi precoci sono risultati legati alla vita nel grembo materno e alla nascita: Otto
Rank, un collaboratore di Freud, era convinto del fatto che i traumi alla nascita fossero alla
A. V olta, In principio era il suono, ACP, volume 17(2), pag. 89-91, 2010
13
DeCasper AJ, Fifer WP. Of human bonding newborns prefer their mothers’ voices. Science
1980;208:1174-6.
E.M. Ockleford, M.A. Vince, C. Layton, M. R. Reader, Responses of neonates to parents' and others' voices,
PubMed, Nov;18 (1): 27-36, 1988.
Gianpaolo Sasso , La nascita della coscienza, Astrolabio, 2011
14
14
base dello sviluppo delle nevrosi in età successiva e applicò, sin dall inizio del XX secolo,
la psicoanalisi sulla base del concetto del trauma della nascita.
Freud stesso, sia pure in maniera più scettica riguardo all’esistenza della mente formata
del neonato”, ha teorizzato che la nascita potrebbe essere il trauma originale da cui
scaturisce in seguito l ansia, basandosi sulle testimonianze dei propri pazienti che in analisi
gli portavano informazioni di ansie e paure collegate ad eventi della loro nascita .
15
Nella seconda metà del XX secolo si sono fatti molti progressi per far riemergere
importanti ricordi della vita prenatale e della nascita, immagazzinati nella mente
dell infante, mediante l ipnosi, la terapia primale, le terapie psichedeliche e combinazioni
varie di lavoro con il corpo, con la respirazione e con la stimolazione sonora .
16
Secondo alcune teorie psicologiche gli eventi più significativi, quelli coinvolti nella
17
determinazione del pianto alla nascita e della personalità del neonato e del futuro adulto,
sono l’inizio della respirazione polmonare e la separazione fisica dalla madre: dal loro
vissuto soggettivo saranno elaborate delle conclusioni inconsce rispetto alla sicurezza o
all insicurezza del neonato nella vita fuori dall’utero materno.
O. Rank, Il trauma della nascita. Sua importanza per la psicoanalisi, 2018
15
Sigmund Freud, La terapia psicoanalitica, Newton Compton, 1973
D. Chamberland, I bambini ricordano la nascita. I segreti della mente del tuo straordinario neonato. Ed.
16
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M. Appleton, Transitions to Wholeness: Integrating Prenatal, Transpersonal and Somatic Psychology, 2020
Chamberlain, D.B. (1980/1999). Reliability of birth memories: Evidence from mother and child pairs in
hypnosis. In Selected Works of David Chamberlain, journal of Prenatal and Perinatal Psychology and
Health, 14(1 2), 19 29.
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American J. of Clinical Hypnosis, 16(4), 261-266, 1974.
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17
D. Chamberland, I bambini ricordano la nascita. I segreti della mente del tuo straordinario neonato, Bonomi,
1998. The significance of birth memories, Pre- and Peri-natal Psychology Journal, 2(4), 208–226, 1988.
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Gianpaolo Sasso , La nascita della coscienza, Astrolabio, 2011
A. V olta, Apgar 12. Per un’esperienza positiva del nascere, Bonomi, 2006
15