Introduzione
«Un economista è un individuo che
dichiara l’ovvio nei termini
dell’incomprensibile.»
A. Knopf
In questo elaborato, sviluppato a compimento del percorso biennale di laurea magistrale,
includendo anche le conoscenze acquisite durante il percorso di laurea triennale, mira a
descrivere, nei primi capitoli, le principali teorie in ambito finanziario, con particolare
rilievo su quelle più recenti e tutt’oggi in corso di ricerca, al fine di arrivare a comprendere,
nella parte finale denominata "analisi tecnico-empirica", del tutto sperimentale, quali siano
le reali preferenze di investimento delle famiglie italiane, attingendo a tal fine da recenti
indagini a livello nazionale, così da poter delineare, infine, quali possano essere i portafogli
"standard" sulla base di specifiche variabili anagrafico-sociali.
In merito alle teorie economiche che tra poco analizzeremo, è bene, al fine di meglio
inquadrarle, accennare per sommi capi quali siano le principali correnti di pensiero econo-
mico e per quali assunzioni si diff erenzino tra loro.
In ordine cronologico, le principali correnti di pensiero si suddividono in due macro-aree:
quelle di matrice classica e quelle di matrice keynesiana (dal nome del suo ideatore, J.
M. Keynes. Quest’ultima corrente si diff erenzia dalla prima, oltreché per essere stata
ideata molti anni dopo – Keynes infatti scrisse la sua Teoria Generale dell’occupazione,
dell’interesse e della moneta solo nel 1936, mentre i classici costruiscono i propri modelli
economici sulla Teoria della mano invisibile, elaborata da A. Smith già nel 1776 – anche e
x
soprattutto per i presupposti (assunzioni) ai modelli economici: infatti, i primi assumono
un continuo market-clearing equilibrium, dettato da quella "mano invisibile" che regola
autonomamente il mercato tramite le azioni individuali degli agenti economici, i quali
agiscono nel solo interesse personale, portando al raggiungimento del pieno benessere
della collettività; i secondi, invece, aff ermano che le variazioni delle componenti dell’e-
quilibrio di mercato non sono autonomamente in grado di portare il mercato in equilibrio
di full-employment, e che, dunque, si rende necessario l’intervento – nell’economia – di
una autorità, detta policy maker, in grado di "aggiustare" le variabili in gioco – tramite
le politiche fiscali e monetarie, che dopo vedremo nello specifico – al fine di giungere al
pieno equilibrio dell’economia
1
.
Negli anni, molti sono stati gli economisti che si sono susseguiti in una piuttosto che
nell’altra corrente di pensiero, ampliando e criticando le teorie degli "avversari" della
corrente opposta: per citarne alcuni, tra i classici rammentiamo, subito dopo Smith, R. T.
Malthus (precursore della moderna sociologia inglese, dal quale scaturì la corrente del
malthusianesimo), J. B. Say (ideatore dell’omonima legge secondo cui «è la domanda a
creare la sua off erta»), D. Ricardo (autore di numerose teorie sui salari e sull’effi cienza del
mercato del lavoro), ed i successivi economisti neoclassici, quali A. Edgeworth, ideatore
dell’omonima "scatola" (The Edgeworth box, che analizza i contratti tra gli agenti sulla
base delle loro curve d’indiff erenza), I. Fisher, ideatore dell’omonima equazione in grado
di stimare la relazione tra tasso d’interesse nominale e reale in presenza di inflazione,
utilizzata principalmente in ambito finanziario, A. Marshall, al quale si deve il contributo in
merito a domanda e off erta aggregate e utilità marginale, A. C. Pigou, che ha analizzato gli
eff etti delle imposte – "pigouviane" – sull’economia, V . Pareto, al quale si deve l’ideazione
delle teorie sul benessere della collettività, L. Walras, padre della prima formulazione
completa dell’equilibrio economico generale (equilibrio "walrasiano", appunto), R. Lucas,
autore dell’omonima critica verso i modelli keynesiani, e molti altri. Tra i keynesiani,
molti dei quali ad oggi, o fino a pochi anni fa, ancora in vita, citiamo tra i più importanti,
1
B. Snowdon e H. R. Vane. Modern Macroeconomics. Its origins development and current state. Edward
Elgar Pub, 2005.
xi
M. Friedman, ideatore del pensiero monetarista, gli italiani L. Pasinetti, che fu in grado di
riformulare molte teorie neoclassiche – tra cui una di Ricardo – in chiave keynesiana, e F .
Modigliani, autore, insieme a M. Miller, dell’omonimo teorema sulla finanza aziendale che
gli valse il premio Nobel per l’economia nel 1985 (l’unico italiano ad averlo ricevuto), P .
Samuelson, particolarmente attivo nell’ambito delle scienze delle finanze e dell’economia
del benessere, J. Hicks, ideatore del "cartalismo" (poi ripreso ed ampliato dalla MMT
– vedi sezione 1.1.2.1 del capitolo 1), P . Davidson, con il quale nacque la corrente dei
post-keynesiani, molto vicina, tra l’altro, alla moderna teoria della behavioural economics
che vedremo nel secondo capitolo, ed altri.
L’insieme delle teorie neoclassiche e neo-keynesiane, ove alcune volte compatibili tra
loro nelle loro diff erenti sfaccettature, forma la cosiddetta economia mainstream (termine
coniato, tra l’altro, da Samuelson), ovvero l’insieme delle principali teorie ad oggi studiate
nelle università di tutto il mondo ed utilizzate largamente dal policy maker al fine di regolare
l’equilibrio dell’intera economia. Ad esempio, alla base dell’attività di inflation targeting
(che tratteremo nel primo capitolo) messa in atto, in Europa, dalla BCE, vi sono proprio i
precetti contenuti nelle teorie mainstream, e precisamente in quella neo-keynesiana.
Infine, come vedremo nell’ultimo capitolo di questo documento, in tema finanziario, ed
in particolare nell’ambito dell’ottimizzazione del portafoglio finanziario, vi sono diverse
teorie matematiche, strutturate appositamente al fine di trovare il perfetto equilibrio, anche
in considerazione della diversificazione di portafoglio, tra rischio e rendimento dei titoli
mobiliari, i quali saranno abbondantemente descritti nel capitolo 3, con particolare rilievo
per quelli più innovativi, di recente introduzione.
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Parte I
ANALISI TEORICA E
INTERPRETATIV A
1
Capitolo 1
Il risparmio: carburante del mercato
finanziario
«Se aggiungi poco al poco, presto il
poco diventerà molto.»
Esiodo
In questo capitolo introduttivo ci occuperemo di delineare cos’è il risparmio e quale sia
la sua – importante – funzione all’interno del sistema economico di un paese. Brevemente
analizzeremo gli aspetti economici più importanti al fine di intuire la relazione tra esso ed
il cosiddetto potere di acquisto degli agenti economici. Inoltre, ci occuperemo di alcune
teorie economiche basate sul risparmio, per comprendere come si comporta tale variabile a
livello microeconomico. Infine, analizzeremo il mercato finanziario in tutti i suoi aspetti e
gli agenti economici in esso presenti.
2
1.1 Cos’è il risparmio
In termini microeconomici, possiamo definirlo come «la parte di reddito non consuma-
ta in un dato periodo temporale». In termini matematici:
S
t
= Y
t
− C
t
In un’ottica allargata, il risparmio non è semplicemente questo: infatti, è necessario
considerare anche altri componenti che completano – seppur ancora in maniera molto
primitiva – l’espressione prima vista:
S
t
= Y
t
− [c(Y) + C
0
]
S
t
= Y
t
− (1− c)− C
0
s = 1− c
c + s = 1
Pertanto, possiamo iniziare ad introdurre un nuovo concetto, quello di propensione mar-
ginale al risparmio, ossia il valore quantitativo di reddito lordo che il consumatore ha
destinato al risparmio (ovvero che non ha consumato), e di propensione marginale al
consumo, ossia, di contro, la parte di reddito lordo destinata al consumo. È chiaro che
la somma delle due deve necessariamente risultare pari ad 1: difatti, esse sono dei valori
percentuali in relazione al reddito percepito dal consumatore.
Considerare il risparmio come una variabile stock non è, però, corretto da un punto
di vista metodologico e, soprattutto, nozionistico: difatti, il risparmio – individuale e
collettivo – è più che altro una variabile flusso, ovvero che considera non uno, ma più
periodi temporali, in stretta connessione tra loro. Pertanto, è necessario riformulare le
espressioni prima viste. Anzitutto, definiamo con A la ricchezza finanziaria dei soggetti:
A = (Y
t
− T
t
) + (Y
t+1
− T
t+1
) +··· + (Y
n
− T
n
)
3
Dove T è la tassa sul reddito, composta dalla moltiplicazione tra l’aliquota di tassazione
ed il reddito percepito.
L’equazione del risparmio, dunque, diventa:
A
t+∆
t
− A
t
= s
t
∆
t
Considerando un periodo temporale composto da soli due periodi, abbiamo:
S = A
t+1
− A
t
Inoltre, considerando tale variabile come continua nel tempo, possiamo così riscriverla:
lim
∆
t
→0
A
t+∆
t
− A
t
∆
t
= A
′
t
= s
t
(1.1)
Con A
′
t
derivata prima della ricchezza finanziaria rispetto al tempo t.
Ma, più che considerare il risparmio come il mero risultato di una espressione, do-
vremmo, invece, considerarlo «una posticipazione, nel tempo, del potere di acquisto»:
ciò significa che il risparmio al tempo t non è fine a sé stesso – non va tenuto “sotto al
materasso”, per così dire – ma verrà impiegato in un tempo futuro o per alimentare i
consumi, nel caso in cui, ad esempio, il reddito percepito diminuisca, oppure per essere
investito nel mercato finanziario. Analizzando tali aspetti, considerando sempre un periodo
intertemporale, assumendo r il tasso d’interesse sui risparmi investiti o depositati, abbiamo
la massima disponibilità di spesa di un soggetto:
C
2
= Y
2
+ (Y
1
− C
1
)(1 + r) = Y
2
+ S
1
(1 + r) (1.2)
Dove Y
1
è il reddito percepito al tempo 1, Y
2
il reddito percepito nel periodo successivo, C
2
i consumi al tempo 2 (dati dalla somma del reddito al tempo 2 più il risparmio, (Y
1
− C
1
),
generato al tempo 1 moltiplicato per il tasso d’interesse r).
Tale espressione è la proposizione alla base del Teorema delle scelte intertemporali di I.
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