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INTRODUZIONE
L’infermiere è il Professionista Sanitario responsabile dell’Assistenza Infermieristica e si
avvale, nel suo operato, di rigorose competenze scientifiche, protocolli e linee guida. Egli opera
secondo principi di responsabilità, autonomia ed etica deontologica. I beneficiari della sua azione sono
l’individuo, la famiglia e la collettività, soggetti verso cui egli rivolge la sua attività terapeutica,
riabilitativa, educativa, palliativa e di prevenzione con lo scopo di mantenere o recuperare uno stato
di salute e benessere. Nello svolgimento della professione si avvale di conoscenze e competenze
tecnico/scientifiche coadiuvate da indispensabili doti di empatia, sensibilità, comprensione e capacità
di ascolto. Per essere in grado di rispondere adeguatamente ai plurimi bisogni dell’assistito, con un
rapporto connotato da una forte componente relazionale, l’infermiere può essere identificato come
uno scienziato e allo stesso tempo come un artista:
- scienziato perché deve utilizzare linee guida e protocolli in grado di assicurare le migliori pratiche
assistenziali in termini di sicurezza, qualità ed efficacia per l’assistito;
- artista perché deve essere in grado di modulare il suo intervento assistenziale in relazione alla
molteplicità degli utenti e dei loro specifici bisogni (Nurse Times, 2016).
L’infermiere assume, sempre più, un ruolo specialistico nella gestione del paziente, in stretta
interazione con gli altri professionisti sanitari in una logica multidisciplinare. In quest’ottica, appare
legittimo, poter utilizzare l’ecografia che risponde alle esigenze di aggiornamento tecnologico e di
assunzione di nuove responsabilità nel processo di Health Care attraverso nuove metodiche finalizzate
al miglioramento della pratica assistenziale ed alla riduzione dei rischi per l’assistito. L’ecografia
applicata al Nursing deve essere effettuata esclusivamente a scopo interventistico/operativo e
assolutamente non diagnostico e l’infermiere si avvale di questo strumento per eseguire in modo
accurato metodiche che sono proprie (Di Muzio, et al., 2016). Questa tecnica non invasiva, ripetibile
e realizzabile al letto del paziente, si contraddistingue per l’immediatezza di utilizzo, per le sue
caratteristiche di sensibilità e per l’estrema maneggevolezza che ne consente una rapida
mobilizzazione. L’ecografia permette di vedere ciò che normalmente non si riesce ad osservare e si è
rivelata un valido supporto per gli infermieri sostenuto anche dalla letteratura, poiché capace di
apportare numerosi benefici quali: l’ottimizzazione dei tempi di intervento, il miglioramento delle
risposte procedurali, la facilitazione di alcune manovre invasive con riduzione del disagio, minor rischi
e complicanze per i pazienti. Inoltre, consente di lavorare in sicurezza, determinando l’aumento della
soddisfazione della persona assistita e riducendo il rapporto costi/efficacia delle procedure (Bonesi,
2020). L’ecografia, sia essa valutativa che procedurale, può rappresentare un importante strumento di
supporto per la figura infermieristica. L’ausilio dell’ecografo, in ambito infermieristico, ha un vasto
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campo di applicabilità che va dal posizionamento dei cateteri venosi centrali ad inserzione periferica
(PICC), alla valutazione e reperimento degli accessi vascolari, al corretto posizionamento del sondino
naso gastrico (SNG), alla valutazione del globo vescicale e, in emergenza, all’individuazione di varie
patologie post-traumatiche con la tecnica E-FAST (Extended Focused Assessment with Sonography for
Trauma).
OBIETTIVI
Lo scopo di questo elaborato di tesi è quello di analizzare, nel setting della Terapia Intensiva,
i benefici dell’utilizzo dell’ecografo nel reperimento di un accesso venoso periferico, nella
cannulazione dell’arteria radiale, nel posizionamento di un catetere venoso centrale ad inserzione
periferica e nella verifica del corretto posizionamento del SNG. L’obiettivo è quello di dimostrare
come l’ecografia, eseguita da infermieri, sia essa valutativa o procedurale, possa essere un valido
strumento di supporto per migliorare l’azione infermieristica in termini di appropriatezza degli
interventi, riduzione dei tempi di alcune procedure assistenziali e delle loro complicanze, maggiore
soddisfazione dell’assistito e diminuzione dei costi per il Servizio Sanitario.
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CAPITOLO 1
ULTRASUONI, ECOGRAFIA ED ECOGRAFO: PRINCIPI DI
BASE
1.1 Gli Ultrasuoni
Gli ultrasuoni sono onde acustiche, movimenti vibratori meccanici periodici che causano
fenomeni di compressione e dilatazione di particelle e molecole all’interno dei mezzi fisici che
attraversano.
Figura 1 - L'Onda Ultrasonora
Tratta da: https://www.amedeolucente.it/pdf/fisica_ultra.pdf
Trattandosi di fenomeni di tipo ondulatorio, possono essere definiti dalle seguenti
caratteristiche:
- frequenza: indicata con la lettera (f), rappresenta il numero di oscillazioni che un’onda acustica
compie nell’unità di tempo, misurata in cicli al secondo (o Hertz, abbreviato Hz);
- lunghezza d’onda: indicata con la lettera greca λ, è la distanza tra due massimi (o minimi)
consecutivi di oscillazione, cioè la distanza tra due particelle successive nello stesso stato di moto,
misurata in metri o sottomultipli;
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- velocità di propagazione: velocità attraverso cui un’onda ultrasonora si propaga in un ambiente
(mezzo);
- ampiezza: indicata con le lettere dB, misura l’altezza delle onde ultrasonore misurata in decibel
(dB);
- periodo: è il tempo in cui l’onda compie un’oscillazione, torna alla posizione iniziale ed è espresso
dalla formula T=1/f.
Figura 2 - L'Onda Sonora: Principali Caratteristiche
Tratta da: https://www.gastroepato.it/rumore-danni-onda-sonora-1.jpg
Esistono delle relazioni matematiche tra le grandezze fisiche sopra indicate che sono espresse
dalle seguenti formule: Frequenza f= 1/T - Velocità v= λ x f. Quindi tra frequenza e lunghezza d’onda
esiste una relazione inversa, mentre la velocità di propagazione è direttamente proporzionale alla
lunghezza d’onda ed alla frequenza. Gli ultrasuoni sono caratterizzati da elevate frequenze, maggiori
a 20.000 Hz, che rappresenta il limite superiore del range di udibilità dei suoni da parte degli esseri
umani (frequenza compresa tra 20 Hz e 20 KHz). Nella diagnostica ecografica normalmente si usano
frequenze comprese tra 1 e 13 MHz, fino ad arrivare a 20 MHz per indagini particolari (Otto, 2014).
Nei mezzi solidi il suono si trasmette attraverso onde longitudinali, quando la vibrazione delle
particelle avviene nella stessa direzione di propagazione dell’onda o attraverso onde trasversali, quando
le particelle vibrano perpendicolarmente alla direzione dell’energia. In medicina, l’utilizzo degli
ultrasuoni è basato essenzialmente sul principio di propagazione di onde longitudinali (Bracale, 2002).
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1.1.1 Principi Fondamentali
In modo analogo alla luce, per gli ultrasuoni si riscontrano fenomeni fisici in presenza di
ostacoli o passaggio attraverso un mezzo: si parla di riflessione, rifrazione, diffrazione, attenuazione.
La riflessione è un fenomeno fisico per cui un segnale ultrasonoro, al momento di penetrare
in un mezzo, viene proiettato all’indietro nella direzione del mezzo di partenza; in questi casi parte
dell’energia viene assorbita e parte riflessa in relazione all’impedenza acustica del mezzo da
attraversare. L’impedenza acustica è la misura dell’opposizione di un mezzo ad un flusso acustico che
lo attraversa e dipende dalla sua densità e dalla velocità di propagazione delle onde. La rifrazione è un
fenomeno fisico che esprime la deviazione che subisce un’onda al passaggio all’interno di un mezzo e
che ne modifica la velocità e la lunghezza. La diffrazione è un fenomeno che si verifica quando un’onda
incontra un ostacolo o una modifica della densità nel mezzo e si sostanzia con una frammentazione
dell’onda principale in fasci di onde secondarie. L’attenuazione è perdita di intensità del flusso d’onda
a causa dell’assorbimento di energia da parte del mezzo e della distanza dalla fonte.
1.1.2 Note Storiche
Il primo che ipotizzò l’esistenza degli ultrasuoni fu, nel 1794, l’Abate Lazzaro Spallanzani che,
osservando attentamente l’abilità dei pipistrelli ad orientarsi nel buio, ne dedusse che fossero guidati
dalla spiccata capacità acustica di rilevare i segnali di ritorno prodotti dagli ostacoli presenti
nell’ambiente. La scoperta, nel 1880 da parte dei fratelli Curie, dell’effetto piezoelettrico di alcuni
cristalli, pose le basi per la moderna ecografia; infatti, osservarono che, applicando una corrente
alternata su un cristallo di quarzo, si produceva una vibrazione capace di propagarsi come un’onda
acustica nei vari mezzi, ad esclusione del vuoto, con diverse velocità. Nei primi decenni del ‘900 questo
principio venne utilizzato per la costruzione di apparecchi sonografici idonei all’esplorazione
subacquea attraverso l’ascolto degli echi di ritorno degli ultrasuoni insondati. Gli sviluppi di questa
tecnologia, durante il periodo bellico, permisero al medico inglese John J. Wild di applicarla al campo
medico a fini diagnostici con il primo impiego dell’ecografia sulla mammella effettuato nel 1953.
Attraverso delle immagini in real time a 15 MHz riuscirono a scoprire un tumore maligno di 7 mm e,
proprio per sottolineare l’aspetto quantitativo dell’immagine, la chiamarono Ecografia o Ecometria.
Successivamente, ci furono innovazioni in grado di passare da una visualizzazione statica
monodimensionale (A-mode), ad una visualizzazione bidimensionale in movimento (T-mode) per
giungere, verso la fine degli anni ’50, alla visualizzazione bidimensionale utilizzando una scala di grigi
(B-mode). L’innovazione che cambiò radicalmente la pratica dell'esame ad ultrasuoni fu l'avvento di
apparecchi in tempo reale che presero inizio con il primo dispositivo ideato da W. Krause e R. Soldner
e costruito nel 1965 dalla Siemens Medical Systems col nome di Vidoson. L’apparecchio produceva
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15 immagini/sec composte da 120 righe con buona risoluzione. Negli anni ‘80 e ’90 la qualità delle
immagini migliorò notevolmente grazie ai progressi tecnologici fatti nei campi delle telecomunicazioni,
della radaristica e dell’elettronica di consumo. Quanto sopra permise di passare al formato digitale del
segnale, utilizzare trasduttori ad ambia banda che miglioravano la definizione della trama tissutale e di
impiegare frequenze armoniche per la propagazione degli echi allo scopo di ridurne gli artefatti. Dalla
fine degli anni ’80 si svilupparono particolari modalità di esecuzione e apparecchiature sempre più
sofisticate che permisero di ottenere una visualizzazione più performante fino ad arrivare alle ecografie
ginecologiche attuali che rendono un’immagine tridimensionale statica (3D) e dinamica (4D) del feto.
Ai giorni nostri l’ecografia è divenuta uno strumento diagnostico sempre più utilizzato e che trova
applicazione praticamente in tutte le discipline (Romei, et al., 2009).
1.2 L’Ecografia
L’ecografia o ecotomografia è una tecnica di indagine diagnostica-strumentale che trasforma
in immagini gli echi riflessi dai vari tessuti quando sono attraversati dagli ultrasuoni. Da un punto di
vista fisico gli ultrasuoni, per propagarsi in un mezzo, alterano momentaneamente le forze elastiche
di coesione delle particelle e si propagano variabilmente in relazione alla densità del tessuto e delle
forze di coesione. In dipendenza di quanto sopra, si avranno resistenze intrinseche diverse a seconda
dei diversi tessuti che saranno attraversati. Normalmente i tessuti e le strutture del corpo umano sono
buoni conduttori di onde acustiche che possono rappresentare un efficiente mezzo di indagine, anche
di strutture di dimensioni millimetriche. La capacità di indagine è legata alla frequenza dell’onda e alla
velocità di propagazione nel mezzo in esame che, nell’acqua e nella maggior parte dei tessuti molli
risulta essere compresa tra 1400 e 1600 m/s (media 1540 m/s), mentre è molto più bassa nell’aria e
molto superiore nell’osso. La maggiore risoluzione si ha per frequenze più alte (7-20 MHz) e minori
lunghezze d’onda, mentre lunghezze d’onda più grandi e minori frequenze (5-7 MHz) permettono
maggiore penetrazione nei tessuti e buona visione delle zone più profonde.
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Figura 3 - Tabella Impedenze e Velocità di Propagazione
Tratta da: https://images.slideplayer.it/38/10806386/slides/slide_8.jpg
Il processo di imaging ecografico si basa sul principio della riflessione degli ultrasuoni da parte
dei punti di passaggio (interfaccia) tra tessuti con impedenze acustiche diverse; questi echi ultrasonori
di ritorno dal margine di un tessuto molle al trasduttore, opportunamente trasformati in segnali
luminosi, evidenziano la struttura delle superfici.
L’interazione tra organi, tessuti ed ultrasuoni segue i principi fisici applicabili all’energia
acustica:
- Riflessione: gli ultrasuoni sono riflessi ai margini delle strutture interne e la loro quantità dipende
dalla differenza di impedenza tra i due tessuti e dall’angolo di riflessione. Un’incidenza
perpendicolare del fascio di ultrasuoni con l’interfaccia del tessuto assicura una riflessione
maggiore. Una parte degli ultrasuoni viene riflessa verso la sorgente mentre una parte viene rifratta
verso i tessuti sottostanti.
- Rifrazione: gli ultrasuoni, quando attraversano tessuti con diversa impedenza acustica, possono
essere deviati rispetto ad un percorso rettilineo; nella pratica ecografica può permettere una
migliore qualità dell’immagine ma anche creare degli artefatti.
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Figura 4 - Fenomeno della Riflessione e Rifrazione
Tratta da: https://sonographer.files.wordpress.com/2014/03/fisica_ultrasuoni_waves021.png
- Dispersione: avviene quando il fascio di ultrasuoni incontra strutture molto piccole, come le emazie
nel sangue, si frammenta e viene irradiato in tutte le direzioni; in questo caso solo una piccola parte
delle onde viene riflesso alla sonda.
- Diffusione o scattering: fenomeno fisico che si verifica quando la superficie di separazione tra due
tessuti è irregolare e consiste nel cambiamento di traiettoria dell’onda incidente che si frammenta
in piccole frazioni di onda diversamente orientate (Romei, et al., 2009).
- Attenuazione: è la perdita progressiva di intensità del segnale dovuta alla cessione di energia
conseguente alla penetrazione nei tessuti. Ogni mezzo ha un coefficiente di attenuazione diverso e
nell’aria è molto alto; per questo motivo, durante un’ecografia, si utilizza un gel idrosolubile per
creare una superficie di contatto senza aria tra la pelle e la sonda. Per effetto del processo di
attenuazione, gli echi rivenienti dalle strutture più profonde saranno sempre più deboli e sarà
necessario amplificarli per mezzo di un controllo automatico presente negli ecografi chiamato time-
gain compensation (TGC).
Un artefatto ecografico è un’informazione falsa o distorta che viene generata dalla macchina
o dall’interazione degli ultrasuoni con i tessuti. La sede e l’intensità non corrispondono alle strutture
anatomiche incontrate. Gli artefatti possono essere d’aiuto nella diagnosi, contribuendo alla sua
caratterizzazione, oppure possono ostacolarla alterando o nascondendo l’immagine della struttura
anatomica (Amadei, 2015).
1.2.1 Principi di Funzionamento
Per ottenere la generazione di ultrasuoni, viene utilizzato un trasduttore piezoelettrico, o sonda
ecografica, al quale vengono inviati degli impulsi elettrici che, deformando meccanicamente i cristalli
di quarzo contenuti all’interno, generano delle vibrazioni ad alta frequenza che diventano dei treni
d’onda. Le onde elastiche vengono trasmesse attraverso i tessuti dal trasduttore (sonda) che viene
posto a contatto della pelle del paziente e generano degli echi riflessi che tornano al trasduttore con
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un ritardo dipendente dalla tipologia di tessuto incontrato. L’emissione avviene con brevissimi impulsi
alternati ad altrettanto brevi intervalli di latenza in cui il trasduttore registra gli echi di ritorno e li
trasforma in segnali elettrici che vengono elaborati dal software e convertiti in immagine in real time
sullo schermo ecografico. L’immagine viene resa in tonalità di grigi attribuendo ad ogni pixel una
luminosità diversa in relazione all’intensità degli echi corrispondenti:
- Echi intensi: bianco.
- Assenza degli echi: nero.
- Echi intermedi: vari toni di grigio.
Alcune strutture che generano immagini di colore bianco sono le ossa, le calcificazioni e l’aria
in quanto determinano un’alta percentuale di riflessione delle onde e vengono dette iperecogene, se
raffrontate con altre strutture meno riflettenti. In genere le superfici fortemente riflettenti creano un
cono d’ombra posteriore che impedisce la visione delle strutture sottostanti.
Figura 5 - Esempio di Struttura Iperecogena
Tratta da: http://www.fertilitycenter.it/eco/soft-marker-ecografici
Le strutture che generano immagini “nere”, dette ipoecogene o anecogene sono i liquidi, i vasi,
le cisti a contenuto liquido o l’immagine luminale di organi come la vescica e la colecisti, in quanto
tutte strutture facilmente attraversabili dalle onde e che restituiscono echi deboli o nulli. A volte si
presentano non completamente anecogene per la presenza di componente corpuscolare di varia natura
(flogistico-suppurativo, ematico, sabbia biliare, sedimento urinario).