Prefazione
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• esplorazione preliminare delle configurazioni progettuali possibili, per
l’individuazione delle variabili più significative. Questa fase è stata
condotta con algoritmi per la progettazione di piani di esperimenti,
tecniche note con il nome di Design of Experiment (DOE);
• ottimizzazione mediante simulazioni numeriche agli Elementi Finiti
pilotate da Algoritmi Genetici;
• affinamento locale della ricerca attraverso algoritmi gradientali
tradizionali.
Il primo capitolo introduce la tecnica dell’Adroterapia e fornisce una
panoramica sulle apparecchiature utilizzate e sulle difficoltà tecnologiche ad esse
connesse.
Nel capitolo 2 viene descritto il magnete superconduttore oggetto di questa tesi,
dalle specifiche tecniche sino alla costruzione del modello parametrico agli
Elementi Finiti utilizzato per simularne il comportamento.
Il capitolo 3 descrive la tecnica del Design of Experiment.
Il capitolo 4 è interamente dedicato agli Algoritmi Genetici, dalle origini
storiche alle implementazioni più recenti.
Il capitolo 5 tratta dell’ottimizzazione tramite l’algoritmo genetico: si descrive in
dettaglio l’implementazione, i file di input e di output e il test su funzioni note.
Questo capitolo si propone di fornire al lettore tutte le conoscenze necessarie per
utilizzare questo potente strumento matematico qualora ne avesse la necessità.
Il capitolo 6 descrive in maniera esaustiva tutte le tecniche di ottimizzazione
fornite dal codice ANSYS. Viene inoltre descritto l’affinamento della
configurazione del magnete effettuata con gli algoritmi gradientali di ANSYS a
partire dal risultato ottenuto con l’algoritmo genetico.
Gli ultimi due capitoli sono dedicati, rispettivamente, al modello FEM
tridimensionale del magnete e all’analisi delle sollecitazioni meccaniche indotte
dalle forze elettromagnetiche sulla struttura di contenimento delle bobine.
Prefazione
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Questo lavoro, commissionato dalla fondazione TERA, è stato svolto presso
l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare in collaborazione con il Dipartimento di
Costruzione di Macchine dell’Università di Genova.
La fondazione TERA, fondata nel 1992, è uno dei pochi enti non-profit
riconosciuti dal Ministero della Sanità, ed ha come scopo lo sviluppo, in Italia e
all’estero, delle tecniche di radioterapia basate sull’uso di particelle adroniche e,
più in generale, delle applicazioni della fisica alla medicina e alla biologia.
Introduzione
1.1 Storia e sviluppo dell’adroterapia
Il termine "adroterapia" fu utilizzato e accettato per la prima volta al First
International Symposium on Hadrontherapy, tenuto a Como nell'ottobre 1993, in
precedenza erano stati utilizzati i termini di radioterapia con particelle pesanti, terapia
con particelle, terapia con radiazioni adroniche.
Per adroterapia si intende la moderna tecnica di radioterapia oncologica che
utilizza le radiazioni prodotte da tutte le particelle non elementari fatte di quark: i
protoni e i neutroni sono gli adroni più noti. Anche gli ioni, nuclei di atomi
elettricamente carichi, sono adroni, ma sono attualmente meno impiegati in
radioterapia dei protoni e dei neutroni.
Gli adroni possiedono caratteristiche fisiche che consentono un trattamento di
tumori e di malformazioni arterovenose intracerebrali "conforme" al bersaglio che
si vuole raggiungere: fasci ben collimati di protoni e ioni distruggono le cellule
tumorali con precisione millimetrica, risparmiando i tessuti sani circostanti. Ciò
risulta invece impossibile con le radiazioni convenzionali (elettroni e raggi X) che
possiedono una precisione solo centimetrica.
I protoni sono particolarmente indicati per trattare tutti quei tumori che sono
Capitolo 1
6
vicini ad organi critici che non devono essere irradiati, gli ioni carbonio sono
indicati per distruggere - sempre con precisione millimetrica - anche i tumori che
sono "radioresistenti" sia ai raggi X che ai protoni.
La disponibilità degli adroni per uso terapeutico è sorta con l'introduzione di
acceleratori i cui parametri principali (variazione di energia e intensità di corrente)
sono stati ottimizzati per l'uso clinico. L'acceleratore più idoneo a tal fine è un
acceleratore lineare (linac) che viene comunemente usato nel mondo della fisica
delle particelle come iniettore di acceleratori circolari (ciclotroni e sincrotroni). Un
linac possiede al suo interno una sorgente di particelle a radiofrequenza. Le
particelle sono focalizzate tramite lenti elettrostatiche in un magnete dove
vengono impacchettate e accelerate e successivamente iniettate nell'acceleratore
circolare. Questo è in grado di produrre all'estrazione fasci adronici di elevata
energia (300 MeV per i protoni, 4500 MeV per gli ioni) mediante una catena di
elementi magnetici che focalizzano e curvano la traiettoria delle particelle. La
caratteristica peculiare di un sincrotrone è quella di poter variare l'energia di
incidenza del fascio in piccoli intervalli da un impulso a quello successivo, in
accordo con le esigenze cliniche. Questa possibilità lo fa preferire ad un ciclotrone
che è in grado sì di accelerare il fascio ai valori richiesti dall'uso terapico, ma con
una energia costante. Considerando inoltre che l'utilizzo di un unico linac come
acceleratore (che arrivi ad almeno 375 MeV) comporterebbe strutture lunghissime,
la soluzione migliore è l'uso combinato di un linac e di un sincrotrone che
permette, conservando quelle caratteristiche del fascio richieste dall'uso terapico,
l'ottimizzazione della superficie occupata, la minimizzazione delle dimensioni e
del numero di magneti necessari.
Contributo importante allo sviluppo dell'adroterapia è stato anche
l'affinamento del sistema di distribuzione della dose posto al termine della linea di
trasporto del fascio. Questa struttura, chiamata nozzle, comprende i dispositivi di
somministrazione del fascio, la strumentazione dosimetrica, i collimatori, il tubo a
raggi X per il controllo della centratura, i laser per l'allineamento del paziente e, se
necessario altri dispositivi quali i filtri compensatori.
Introduzione
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Tale sistema è indispensabile sia per la terapia con fasci fissi orizzontali sia per
quella che prevede l'uso di testate isocentriche rotanti (gantry).
Si vuole puntualizzare che la disponibilità dei soli fasci fissi (che implica la
necessità di allineare il paziente al fascio di radiazioni, e non il contrario) e per la
quasi totalità dei casi, di energie relativamente basse, inferiori a 100 MeV e quindi
non utili per il trattamento di lesioni profonde, ha limitato per molto tempo le
indicazioni cliniche della terapia con gli adroni.
1.2 Confronto con la radioterapia convenzionale
La ragione prima che giustifica l'uso in radioterapia di fasci di adroni
elettricamente carichi (e cioè protoni e ioni) è la favorevole distribuzione della
dose di energia assorbita in profondità (fig.1.1).
Il picco di energia visibile in fig.1.1 è noto con il nome di Picco di Bragg. Protoni
e ioni, essendo particelle pesanti (la massa di un nucleide è circa 1800 volte quella
di un elettrone) ed elettricamente cariche, quando penetrano nella materia
rallentano ma non deviano molto dalla direzione iniziale e presentano un picco di
dose stretto e alto alla fine del loro percorso, diversamente da quello che accade
con i raggi X. Il picco di Bragg è troppo stretto per coprire un tumore di qualche
centimetro di diametro; si può però ottenere un picco allargato (Spread Out Bragg
Peak = SOBP) sovrapponendo molti picchi stretti dovuti ad adroni carichi (protoni
oppure ioni); occorre quindi variare l'energia del fascio di adroni carichi,
riducendola in piccoli passi, o inserendo nel fascio spessori variabili di materiale,
oppure variando l’energia dell’acceleratore (rispettivamente sistema passivo e
attivo) in modo da ottenere l'effetto voluto (fig.1.2 che si riferisce a un fascio di
ioni).
Capitolo 1
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Fig.1.1 Curve dose-profondità per neutroni veloci, protoni da 200 MeV, per fotoni (e cioè per raggi
X prodotti da un linac per elettroni da 8 MeV) e per raggi gamma emessi da una sorgente di
Cobalto. Il picco di Bragg dei protoni è alto e stretto perché i protoni sono pesanti, elettricamente
carichi e monomagnetici.
Introduzione
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Fig.1.2 Un picco di Bragg allargato (Spread Out Bragg Peak = SOBP) è ottenuto come
sovrapposizione di molti picchi stretti dovuti ad adroni carichi (protoni oppure ioni); la necessaria
variazione di energia si ottiene o inserendo nel fascio spessori variabili di materiale, oppure variando
l’energia dell’acceleratore (rispettivamente sistema passivo e attivo).
Grazie al caratteristico picco di Bragg, il fascio di adroni rilascia la dose al
tumore con grande selettività, cioè cede la maggior parte della propria energia
distruttiva (indicata in rosso nella fig.1.3) al bersaglio, recando in tal modo meno
danni ai tessuti sani circostanti e permettendo al tempo stesso di fornire una dose
molto elevata, cosa non ottenibile con la radioterapia convenzionale a raggi X (che
infatti cedono la maggior parte dell’energia in gioco ai tessuti sani più esterni,
rilasciandone al tumore solo una piccola parte). Questa proprietà dell’adroterapia
è particolarmente importante in casi nei quali il tumore è localizzato presso organi
vitali che non devono essere irradiati. Inoltre nella terapia convenzionale la
Capitolo 1
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distanza tra il magnete d'uscita del fascio e il corpo del paziente deve essere
ridotta al minimo. Ciò non avviene con gli adroni che invece consentono un certo
"spazio libero". Infatti, a parità di carica, le forze repulsive degli adroni, essendo
inversamente proporzionali al quadrato del raggio medio della particella, sono
nettamente minori rispetto a quelle degli elettroni, che cominciano a disperdersi
non appena cessa l'azione del campo magnetico.
Oltre al fatto che con gli adroni carichi, dotati di una specifica selettività fisica,
si possono effettuare trattamenti "conformi" (con precisione millimetrica) al
bersaglio individuato dal radioterapista, vi è un'altra ragione per la quale si
utilizzano tali particelle.
Infatti, già a metà degli anni trenta, fu dimostrato che per un gran numero di
sistemi biologici i fasci di adroni hanno efficacia biologica relativa (EBR) diversa e
quasi sempre maggiore dei raggi X. Per "efficacia biologica" si intende il danno
biologico arrecato dalle particelle alle molecole colpite, fortemente dipendente dal
tipo di radiazione utilizzato. Gli effetti biologici del passaggio di radiazioni
ionizzanti in un mezzo biologico sono principalmente dovuti alla ionizzazione
degli atomi e delle molecole. Questi processi fisici, che avvengono in tempi molto
brevi possono agire direttamente sulle biomolecole ( in particolar modo sul DNA),
rompendone i legami chimici, oppure possono produrre radicali liberi per idrolisi
dell’acqua contenuta in alta percentuale nel tessuto umano. Fino a un certo limite
di energia irradiante, le molecole tumorali spezzate sono rimpiazzate mediante
effetti di natura biologica (rigenerazione delle cellule) e pertanto non si osserva
alcuna alterazione evidente nei tessuti tumorali.