8nel capitolo 3 alcuni algoritmi di nuova concezione che si prestano particolarmente aidenticare gli oggetti, nella fattispecie la trasformata di Wavelet e gli algoritmi di de-convoluzione gianotinel campo dell'image restoration. Tale parte della tesi puo essereun utile manuale per chi si avvicina all'analisi di immagini in campo astrosico.Nel capitolo 4 viene descritto il programma realizzato, chiamato TransVEGA. Vengonodescritte e illustrate tutte le operazioni: la lettura di le in formato FITS (standard inastrosica), la pre-riduzione delle immagini, le operazioni di ltraggio delle immaginicon ltri di vario genere, la costruzione della forma analitica del prolo stellare medio,la ricerca e la catalogazione degli oggetti trovati e la loro sottrazione dall'immagine. Einoltre previsto l'uso iterativo dei risultati ottenuti per migliorare la fase di ricerca ecatalogazione. Il programma permette poi di rappresentare i dati raccolti in forma diistogramma per classi di luminosita (funzione di luminosita). Tutti i dati memorizzatipossono essere salvati su le in formato ASCII e sono quindi utilizzabili liberamente daaltri software.Nel capitolo 5 sono raccolti i risultati ottenuti analizzando immagini simulate e reali.Per il test del programma e stato realizzato un software aggiuntivo che permette digenerare immagini simulate di campi stellari, o aggiungere stelle simulate a immaginipreesistenti. Queste immagini simulate (sia di campi aollati che aperti) sono state usateper vericare la bonta delle soluzioni con un riscontro oggettivoche non e possibile averecon le altre immagini reali di ammassi che sono state analizzate. I risultati della fasedi ricerca degli oggetti sono stati inne confrontati con quelli del programma standardDAOPHOT.Nel capitolo 6 vengono introdotti alcuni usi alternativi del programma, come l'analisidi immagini generate da Microscopi a Forza Atomica e di origine biologica e medica.Due brevi sezioni in appendice includono inne i sorgenti dei programmi realizzati euna loro breve descrizione.
Tesi di Laurea { Candidato: Fabio CIOMEI { anno 1998/99 91.La fotometria stellare
1.1 Fotometria ed evoluzione stellareL'esecuzione di misure sempre piu accurate dei parametri stellari e di fondamentaleimportanza in campo astrosico per il confronto e la verica di modelli stellari chedescrivono l'universo come ci appare. La determinazione della magnitudine visuale edel colore delle stelle appartenenti a strutture di vario tipo eilpunto di partenza per lacalibrazione delle scale di distanza e, attraverso i modelli, per lo studio dell'evoluzionetemporale delle strutture e delle stelle stesse.La fotometria rappresenta l'insieme di tecniche sviluppate per misurare i
ussi luminosiche ci arrivano da una determinata direzione; nel caso della fotometria stellare si misu-rano i
ussi luminosi che arrivano da una singola stella. Normalmente l'aspetto dei datirisultato di un'osservazione astronomica e un'immagine (oggi, come vedremo in seguito,realizzata soprattutto per mezzo di CCD), quindi la fotometria stellare richiede moltodi piu di una misura di
usso per ricavare informazioni sulle singole stelle; ogni imma-gine raccolta puo contenere migliaia di stelle che devono essere riconosciute come tali(evitando artefatti di varia natura), separate (in molte zone delle immagini i campi sonoaollati, cioe le stelle sono parzialmente o totalmente sovrapposte) e misurate attraversoprocedure che, come vedremo (capitoli 2 e 3) possono essere molto complesse.
I collegamenti tra la sica stellare e la fotometria sono molto stretti ed hanno alla lorobase il diagramma colore/magnitudine (Color Magnitude Diagram, CMD nel seguito)
10 Cap.1 La fotometria stellareche presenta i risultati delle misure di fotometria in un modo direttamente confrontabilecon le teorie dell'evoluzione stellare. Il CMD rappresenta le stelle che hanno caratteri-stiche comuni da studiare, nel piano colore/magnitudine. Deniamo come magnitudineil rapporto tra il
usso luminoso L di una sorgente (espresso ad esempio in Jm2 s) e un
usso di riferimento L0 espresso in scala logaritmica, cioe:(1:1:1) m = 2:5log LL0dove L0 rappresenta la calibrazione eseguita attraverso stelle standard di magnitudineben conosciuta. Il rivelatore usato per misurare il
usso ha una banda passante nita,per cui il segnale ricevuto e l'insieme di tutte le frequenze comprese in questa banda; perottenere risultati omogenei e confrontabili tra loro ci sono standard che deniscono ltriparticolari che lasciano passare solo bande ben precise. Le dierenze di magnitudine travari ltri (con bande diverse) si deniscono indici di colore e rappresentano l'ascissa delCMD; l'ordinata e invece rappresentata dalla magnitudine. I sistemi standard di ltrisi dividono in 3 categorie principali, suddivise per larghezza della banda passante:Larghezza di banda Nome ltri Autori (data)Broadband (100 nm) UBVRI Johnson & Morgan (1951)RI KronIntermediate-band (10nm) uvby Stromgren (1966)uvgriz Thuan-Gunn (1976)DDONarrow-band (1nm) (vari) per righe di emissioneTab. 1.1: Sistemi standard di ltri, da [Bessell92].Le magnitudinim sono quindi misurate con uno o piu di questi ltri. Di solito si usanoltri broadband e la magnitudine di riferimento usata e quella del ltro V (visibile),da cui m = mV . Come indice di colore e molto usato mB mV (blu e visibile) o piu
Tesi di Laurea { Candidato: Fabio CIOMEI { anno 1998/99 11brevemente B V , (perche la sensibilita massima delle lastre fotograche e in questicampi di frequenze), ma recentemente si cominciano ad usare U V (ultravioletto evisibile), V I (visibile e infrarosso) perche le CCD sono piu sensibili a queste frequenzedi quanto non lo fossero le lastre fotograche. E necessario misurare, in aggiunta agli og-getti che costituiscono lo scopo della misura, molte stelle campione di cui si conoscono lecaratteristiche di colore, questo per ottenere un'opportuna calibrazione ([Da Costa92]).Le caratteristiche principali di un CMD sono riportate in g. 1.1. Le regioni indicatenella gura saranno discusse in dettaglio nel seguito. E di grande importanza lo studiodei CMD degli ammassi globulari in quanto queste strutture isolate permettono un con-fronto diretto tra stelle che hanno proprieta simili (dovute all'omogeneita della materiain cui e nato l'ammasso) e eta simili (si ipotizza che la fase di nascita delle stelle in unammasso globulare sia unica). Gli studi eettuati su questi ammassi di stelle con para-metri omogenei ci permette, attraverso modelli, di trovare l'eta, il contenuto metallico edi elio, quantita importanti oltre che per la sica stellare anche per la cosmologia.
0.2 0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0
B V
14.0
15.0
16.0
17.0
18.0
19.0
20.0
21.0
22.0
V
M68
MS
TO
SGB
RGB
HB
AGB
BHB
RHB
Fig. 1.1: CMD dell'ammasso globulare M68.
12 Cap.1 La fotometria stellare
Il CMD presenta molte informazioni rilevanti per la sica stellare: l'indice di colorepuo difatti essere messo in relazione allo spettro di emissione delle stelle (con buonaapprossimazione emissione di corpo nero). Nel caso dell'indice B V una stella conB V basso avra uno spettro spostato verso il blu e quindi una temperatura supercialepiu alta di una stella con indice alto (rossa). Vista la buona approssimazione dellospettro delle stelle a quello di corpo nero si denisce una temperatura eÆcace per ogniindice di colore. In questo modo si ha una corrispondenza biunivoca tra indice di coloree temperatura eÆcace Te, parametro utile nei modelli evolutivi perche collegato ad altriparametri sici rilevanti dalla legge di Stefan-Boltzmann. Si ottiene quindi per il
ussototale emesso da una stella di raggio R:(1:1:2) L =4R2Te4E da notare che il
usso e una grandezza molto diversa dalla magnitudine, infatti mdipende dalla distanza della sorgente e dal tipo di ltro (mV per il ltro V ad esempio),mentre L no. Si puocomunque scrivere una relazione tra queste grandezze, infatti si puocorreggere mV per l'incompletezza della radiazione raccolta aggiungendo una correzionebolometrica (BC):(1:1:3) mbol = mV +BCe correggendo poi per la distanza, creando una magnitudine (detta assoluta) in cui tuttele stelle appaiono come viste da una distanza standard di 10 parsec (modulo di distanzaDM):(1:1:4) Mbol = mbol DMCon questa elaborazione il CMD ricavato dalle osservazioni viene messo in corrispon-denza ad un CMD ottenuto con parametri teorici, quali il
usso totale emesso dalla stellae la sua temperatura eÆcace (o superciale). Echiaro dunque perche attraverso lo studiomorfologico dei CMD ottenuti dallo sviluppo di modelli teorici e da quelli derivati dalleosservazioni si possono ricavare informazioni sull'evoluzione delle stelle nell'universo e diconseguenza sull'evoluzione dell'universo stesso. Vediamo alcuni punti salienti del CMD([Castellani85]):
Tesi di Laurea { Candidato: Fabio CIOMEI { anno 1998/99 13 MS (Main Sequence): comprende stelle in combustione di idrogeno nel nucleo. Laposizione di questa sequenza e molto in
uenzata dalla composizione chimica (sia elioche metalli), mentre l'estensione in luminosita dipende dall'eta delle stelle. Il con-fronto tra sequenze principali di ammassi globulari e un primo indicatore della distanzadell'ammasso. TO (Turn-O): punto in cui le stelle abbandonano la sequenza principale a causadell'esaurimento dell'idrogeno nel nucleo. Il TO risulta correlato in maniera complessaalla metallicita e all'eta dell'ammasso, ed e quindi un valore molto importante nellostudio degli ammassi globulari. SGB (Sub Giant Branch): in questa regione la stella inizia a bruciare idrogeno in unguscio esterno al nucleo iniziale (shell burning). L'indicazione dell'eta e del contenutochimico eottenuta studiando la forma della curva; anche se l'informazione appare esserepoco quantitativae importante notare che non dipende dal modulo di distanza. RGB (Red Giant Branch): comprende le stelle in fase di combustione dell'idrogenoin shell. In questa zona la stella ha una struttura quasi totalmente convettiva e la suaposizione nel CMD dipende essenzialmente dal contenuto di metalli. HB (Horizontal Branch): cos chiamato perche la mV e praticamente indipendentedal colore. Consiste in una fase di doppia combustione, elio al centro e idrogeno in shell.La luminositadiquesta fase dipende essenzialmente dalla massa del nucleo di elio (perun ssato valore dell'elio originale), mentre il colore dipende dalla massa dell'inviluppodi idrogeno. Queste quantita teoriche sono facilmente correlabili con eta, contenutoin elio iniziale e metallicita. Molto importante e anche la piccola zona tra il marginedestro del BHB e quello sinistro del RHB in cui si vericano fenomeni di instabilitaradiale (pulsazioni) che deniscono le variabili di tipo RR Lyr; vista l'alta luminositadi questa zona, le variabili sono degli ottimi indicatori di distanza ([Hanes78]).
14 Cap.1 La fotometria stellare AGB (Asymptotic Giant Branch): fase seguente all'esaurimento dell'elio al centro, incui avviene una combustione in shell dell'elio. In questa fase i tempi evolutivi sono brevi equindi si prevede una evidenza osservativa ridotta; piccoli gruppi sono comunque presentiall'innesco della shell di elio (l'evoluzione rallenta), la luminosita di queste zone e moltoimportante per lo studio dell'eÆcienza dei meccanismi convettivi (core overshooting esemiconvezione indotta).In parallelo al CMD e di grande utilita un altro diagramma, la funzione di luminosita(Luminosity Function, LF) denito come il numero di stelle per intervallo di magni-tudine in funzione della magnitudine. In sica stellare di solito viene denita comeil numero di stelle per intervallo di magnitudine e volume di spazio in funzione dellamagnitudine ([Snel98]) e puo essere confrontato, con particolari accorgimenti, con laInitial Mass Function (IMF) che esprime la distribuzione teorica della massa alla na-scita dell'ammasso globulare.In questa tesi presentiamo gli strumenti esistenti per la misura e l'analisi di dati astro-sici, fornendo alcune nuove soluzioni, un programma didattico per l'analisi di immaginida noi costruito e alcuni risultati ottenuti con il suo uso.Alla luce della discussione piu sopra, osserviamo che la fotometria stellare richiedemolte proprieta per poter avere una elevata precisione nella determinazione dei prin-cipali parametri osservativi e per vericare i vari apetti delle teorie, ad esempio gapevoluzionistici o deviazioni dovute a piccole dierenze di composizione chimica.
i) Grande range dinamico: per ottenere misurazioni valide su un ampio campo di valoridi magnitudine, che include anche stelle a basse luminositaenane bianche.
ii) Alta risoluzione: per risolvere zone con alta densita di stelle (ammassi globulari,nucleo galattico) o oggetti diusi (nebulose, galassie) dotate di strutture molto ni.
iii) Alta risoluzione spettrale: per ottenere informazioni dettagliate sugli spettri stellari
Tesi di Laurea { Candidato: Fabio CIOMEI { anno 1998/99 15e quindi sulla composizione chimica delle stelle per costruire modelli piu dettagliati. Lafotometria stellare richiede inoltre rivelatori capaci di osservare piu stelle alla volta perpoter eseguire misure in tempi brevi.Come e naturale, e importante anche disporre di un elevato numero di osservazioni peravere campioni statistici rappresentativi, questo rappresenta in un certo senso il puntocruciale che riassume tuttelerichieste.1.2 Rivelatori per fotometriaLa misurazione delle caratteristiche stellari ha radici antichissime, ma soltanto conl'avvento delle prime lastre fotograche (intorno al 1840) e stato possibile registrarepermanentemente le immagini delle stelle nella regione di spettro che va dall'ultraviolettoall'infrarosso (100 1000 nm). Nonostante una costante evoluzione (la sensibilita emigliorata negli anni di vari ordini di grandezza), le lastre ormai vengono usate solo incasi particolari.I vantaggi della lastra fotograca (plates) sono la grande supercie esposta (anche 50cm2) e l'elevata granularita (oltre 1010 pixel equivalenti). Inoltre le lastre permettonolunghe esposizioni, anche di ore, utili per piccoli
ussi. Il principale svantaggio consistenella non linearita e nella diÆcolta di calibrazione. Come spiegato in precedenza, lamisura delle magnitudini stellari richiede un'elevata precisione, diÆcile da ottenere conle lastre. In aggiunta a cio le lastre hanno una bassissima eÆcienza quantica (intornoall'1%) e un range dinamico limitato.L'informazione contenuta in una lastra e legata alla densita dell'emulsione, attraversola relazione:(1:2:1) d = log II0dove I;I0 sono l'intensita trasmessa e quella incidente. Questa informazione e trasfor-
16 Cap.1 La fotometria stellaremata in informazione numerica utilizzando i microdensitometri, il che comporta unaoperazione in piu oltre all'osservazione. Le lastre restano comunque insostituibili per ilarghi campi dei telescopi Schmidt, come e dimostrato dalle survey dell'intero cielo (Pa-lomar Sky Survey per l'emisfero boreale ed ESO (Cile) e AAT (Australia) per l'emisferoaustrale).Un'evoluzione della lastra fotograca el'electronic camera (electronographic tube): l'im-magine e formata su un fotocatodo dovevengono generati fotoelettroni che vengono ac-celerati e messi a fuoco magneticamente o elettrostaticamente no a formare l'immaginesu di una lastra fotograca. Lo strumento ha il vantaggio di poter rivelare deboli livelliluminosi anche senza i lunghi tempi di integrazione delle lastre. La capacita di inte-grazione e comunque eccellente, ed aÆdabile anche su tempi di piu notti. Il numero dipixel e inferiore a quello delle lastre. Analogamente alle lastre, richiede uno stadio didigitalizzazione con un particolare microdensitometro (microfotometro).La diusione dei fotomoltiplicatori dopo la seconda guerra mondiale ha permesso lanascita della fotometria fotoelettrica. Per molti aspetti, i fotomoltiplicatori possonoessere considerati i rivelatori ideali: la soglia e praticamente nulla perche e possibilerivelare singoli fotoni, la risposta e veloce e lineare su un lungo intervallo di
usso. Lalinearita della risposta permette di ottenere calibrazioni molto aÆdabili e precise. Lafotometria fotoelettrica e pero intrinsecamente lenta poiche viene osservata una solastella alla volta. Per cio che riguarda la fotometria stellare, occorre disporre di unostrumento che abbia anche la capacita di formare un'immagine, in aggiunta ai vantaggidei fototubi. La situazione e cambiata con la diusione su larga scala delle charge-coupled-device (CCD) negli anni ottanta. Le CCD riuniscono molti vantaggi:
-unaelevata eÆcienza quantica, che puo arrivare anche a circa l'80% ;
-unaottima linearita, che permette una determinazione immediata delle magnitudinirelative delle varie stelle nell'immagine, con una sola operazione di calibrazione per
Tesi di Laurea { Candidato: Fabio CIOMEI { anno 1998/99 17completare l'analisi. La linearita permane anche con un elevato numero di cariche perpixel (4 105), permettendo lunghe esposizioni;
- un elevato range dinamico, che permette di raggiungere un buon rapporto segnale/ru-more per le stelle. Questo signica poter utilizzare una sola immagine sia per stelle moltodeboli che per quelle luminose, inoltre gli oggetti deboli mantengono ancora una discretarisoluzione in intensita, il che permette di lavorare con livelli di fondo cielo alti;
- una elevata risoluzione spaziale (anche 107 pixel). La supercie totale esposta e alpiu di qualche cm2, poiche i pixel hanno dimensioni tipiche di 10 20 m. Le CCDattualmente usate in astronomia hanno dimensioni da 512 512 a 4096 4096 pixel.
- un'uscita digitale integrata sul chip, fondamentale vantaggio rispetto alle lastre nellasemplicita d'uso e nella riduzione dei passi necessari tra misura e trattamento dei dati.Un parametro molto importante per la CCD di uso astronomico e la capacita di riempi-mento (FullWellCapacity,FWC): indica la massima quantita di elettroni accumulabilein un singolo pixel (capacita sica dovuta alla grandezza del pixel). In media si hannovalori di ' 100000500000 elettroni ([Janesick92]). Questo numero rappresenta il limitedella saturazione sica per la CCD e puo limitare la durata dell'esposizione.Le piu usate nel campo del visibile e ultravioletto sono le CCD in silicio, mentre perl'infrarosso ci sono oggetti ibridi (InSb, HgCdTe) o le CID (charge injection devices)con l'elettronica costruita negli stessi materiali fotoconduttivi. Il primo uso astronomicodelle CCD risale al 1973 ad opera del JPL.Tutte le caratteristiche delle CCD, al contrario degli altri rivelatori proposti, sono incontinua e rapida evoluzione e quei pochi svantaggi elencati sono destinati a scomparireentro breve tempo, cos come miglioreranno ulteriormente i vantaggi ([Lena86]).Descriviamo ora brevemente alcune caratteristiche delle CCD. In una CCD il pro-
18 Cap.1 La fotometria stellarecesso di rivelazione e formazione dell'immagine coinvolge quattro passi, ognuno con unaeÆcienza propria:
i) Trasformazione dell'intensita di fotoni raccolti su ogni pixel in elettroni.ii) Raccolta delle cariche nella zona di accumulazione.iii) Trasferimento della carica: scorrimento degli elettroni prodotti da un pixel all'altroverso i circuiti di misura (vedi g. 1.2).iv) Misura della carica ad opera dell'elettronica presente sul chip stesso della CCD(digitalizzazione).
Zona di raccolta elettroni
2n
12 n
Righe
Colonne
1, 2, ... (n-1), n
1, 2, ... (n-1), n
1, 2, ... (n-1), n
1, 2, ... (n-1), n
Lettura parallela
Lettura seriale
n
1
n, n, ... n, (n-1), (n-1), ... (n-1)
..., 2, 2, ... 2, 1,1, ... 1
12
PIXEL
Elettrodi di trasferimento
Fig. 1.2: Schema di funzionamento di una CCD.Ognuna di queste fasi e caratterizzata da alcuni parametri:
- EÆcienza quantica (Quantum EÆciency, QE): misura le perdite di fotoni dovute ari
essioni, assorbimento, perdite di portatori ed altre cause. Dipende anche dalla lun-ghezza d'onda dei fotoni incidenti, di solito e almeno del 60% e puo arrivare anche al90%.- EÆcienza della raccolta di carica (Charge Collection EÆciency, CCE): misura la diu-
Tesi di Laurea { Candidato: Fabio CIOMEI { anno 1998/99 19
sione e la ricombinazione delle cariche nel substrato della CCD, di solito e molto alta.- EÆcienza del trasferimento di carica (Charge Transfer EÆciency, CTE): indica l'ef-cienza nello scorrimento della carica da un pixel all'altro. Anche in questo caso si arrivaoltre il 99.9%.1.3 Fotometria di apertura e fotometria con PSF ttingEsistono due metodi fondamentali per la misura della magnitudine di una stella apartire dall'immagine CCD: la fotometria di apertura e la fotometria con PSF tting.Nella fotometria di apertura si somma il contenuto dei pixel che deniscono una stellaponendo un diaframma (apertura) circolare per mascherare le altre stelle e un rivela-tore sensibile solo al
usso integrato dell'intera apertura (fotometro fotoelettrico). Conquesto sistema si ottengono misurazioni di elevata precisione (' 0:001 mag, [Lena86]:gli standard fotometrici sono realizzati in questo modo). Questo sistema si rivela ineÆ-ciente nel caso di stelle troppo vicine per essere risolte con un diaframma, o addiritturasovrapposte come accade spesso nei nuclei degli ammassi globulari: queste zone ven-gono denite come campi aollati (crowded elds). Si denisce campo moderatamenteaollato quello in cui alcuni pixel di una stella danno contributo anche ad altre. Si de-nisce campo fortemente aollato quello in cui tutti i pixel danno contributo almeno adun'altra stella e molti pixel a parecchie stelle. Campi non aollati sono chiamati aperti.Risultati piu accurati per immagini CCD possono essere ottenuti usando la formaanalitica del prolo della stella (PSF tting)che viene usata come modello per la ricercadi oggetti nell'immagine. La PSF (Point Spread Function)e una funzione bidimensionaleche rappresenta la convoluzione tra le funzioni di trasferimento dell'atmosfera, dell'otticadel telescopio e del rivelatore con la sorgente stellare. Non sempre questa funzione puoessere ritenuta costante su tutta l'immagine. Questo e il principale riferimento dellafotometria di ricostruzione: ottenere una buona PSF permette una ottimale ricerca degli
20 Cap.1 La fotometria stellareoggetti nell'immagine. Un importante parametro che incontreremo spesso in seguitoriguardo alle PSF e la larghezza a meta altezza (Full Width Half Maximum, FWHM):indica la larghezza di una funzione, tale parametro puo essere denito per ogni proloche abbia un massimo centrale ed e molto usato per descrivere le dimensioni degli oggettinelle immagini stellari in campi aollati. Per una distribuzione gaussiana FWHM =2:355 .Un catalogo di questi oggetti con gli opportuni parametri di ricostruzione permetteil calcolo della magnitudine di ogni stella. Questo sistema ha il vantaggio di misurarecontemporaneamente molti oggetti (diminuendo gli errori dovuti alle condizioni atmo-sferiche variabili che rimangono uniformi su tutta l'immagine). Esistono molti softwareche implementano algoritmi opportuni, discussi nei capitoli 2 e 3, per la fotometria dicampi generici e di ammassi globulari. Per questi ultimi occorrera eseguire la ricostru-zione simultanea della PSF di piu stelle visto l'aollamento. E da notare che parte delfondo del cielo che circonda le stelle visibili contiene anche stelle troppo deboli per essererivelate: cio contribuisce ad aumentare le
uttuazioni del fondo stesso. A cio bisognaaggiungere gli aloni delle stelle piuintense. Le caratteristiche delle CCD e gli algoritmi diricostruzione permettono con questo sistema di arrivare ad una buona precisione (' 0:01mag, [Lena86]).
I continui miglioramenti nell'elettronica dei rivelatori a CCD e la velocita con cui siottengono un gran numero di informazioni con una sola esposizione (il tempo ai granditelescopi e molto costoso) rendono questo tipo di fotometria la piu usata.1.3.1 Fonti di rumore nelle CCDLe CCD sono rivelatori di tipo photon counting, quindi la principale sorgente di rumoree legata alla statistica di Poisson. Se n eilnumero di conteggi del segnale, la deviazionestandard (r.m.s.) e pn, quindi il rapporto segnale/rumore in presenza del solo rumore
Tesi di Laurea { Candidato: Fabio CIOMEI { anno 1998/99 21poissoniano sarebbe:(1:3:1) SN = npn = pn:Introducendo le variabili q (numero di elettroni per unita digitale) e x (numero di unitadigitali corrispondenti al segnale), il rapporto segnale/rumore puo essere scritto come:(1:3:2) SN = pqxpoiche n = qx.Ci sono in ogni caso altre sorgenti di rumore:
- Il read-out noise (RO) e il livello di rumore associato all'amplicazione della caricadella CCD. Valori tipici sono qualche elettrone o decine di elettroni r.m.s. ([Janesick92]).Il RO non puo essere inferiore al livello di discretizzazione dell'ADC. Il contributo delread-out noise al rumore puo essere scritto come:(1:3:3) NRO = pNpixRdove Npix e il numero di pixel corrispondente all'area eettiva dell'oggetto sulla CCD,R il rumore di read-out misurato in elettroni.
- Rumore dovuto al fondo del cielo (sky level): e il rumore piu diÆcile da valutare inquanto dipende molto dalle condizioni in cui si eettua l'esposizione. Di solito vienevalutato facendo una media sul valore dei pixel del fondo nella zona dove si intendeoperare l'integrazione dei conteggi di una sorgente. Il contributo del rumore del fondodel cielo puo essere scritto come:(1:3:4) NSL = pNpixBdove B eilnumero di conteggi corrispondenti al fondo.