3
INTRODUZIONE
Folla in piazza, tensione, fermento, la sensazione che da un momento all’altro
possa accedere qualcosa di importante, e grida. Non si tratta di una partita di calcio dove
la gente, che si sente unita in tutto e per tutto, si raduna per vedere l’incontro ed esultare
in caso di gol o di confortarsi l’un l’altro per via di un rigore sbagliato o di
un’eliminazione. Eppure, sempre tenendo aperta la parentesi sportiva, il grido “andiamo
a Berlino” non è quello del telecronista che gioisce per il passaggio alla finale della
Nazionale ai mondiali di calcio del 2006. È un urlo che proviene diciassette anni prima
di questa data, un urlo sommerso per troppo tempo, restato in gola con la speranza che
prima o poi avrebbe potuto scuotere l’aria tagliente che attraversa le case, le vie e i
palazzi di Berlino, sia nella parte Est che Ovest. Perché è la sera del 9 novembre 1989 e i
cittadini berlinesi vogliono essere liberi, come l’aria frizzantina che respirano, di andare
di qua e di là: c’è chi vuole ricongiungersi ai familiari e chi sogna uno stile di vita
migliore. L’espressione più appropriata allora non dovrebbe essere “andiamo a Berlino”,
bensì “ricongiungiamoci a Berlino”. Armata di picconi, quella folla sapeva che non stava
semplicemente abbattendo un muro? I tedeschi della capitale divisa quella notte stavano
rendendo concreta la caduta di un sistema e riunivano non solo una città, ma anche un
continente e forse il mondo intero.
Scopo del mio lavoro però non sarà indagare quali dinamiche hanno contribuito
alla fine del comunismo né soffermarmi sugli eventi più stupefacenti e significativi che
hanno avuto luogo durante la seconda metà del ventesimo secolo e contraddistinto quel
periodo storico noto a tutti come Guerra Fredda.
Certamente, dei rimandi e delle precisazioni di mero carattere storico e politico si
renderanno necessarie e utili al fine di meglio comprendere determinati momenti e
vicende ma dato anche il mio percorso di studi in una facoltà che rimarca l’importanza
degli studi culturali e della Cultura in generale, è proprio su questo punto che cercherò di
focalizzare questa tesi di laurea magistrale. Inoltre, in virtù di un mio particolare
interesse nei confronti dell’ignoto, delle storie occultate che però contribuiscono a
cambiare il corso della Storia e più in generale di tutti quegli episodi poco chiari che
lasciano l’opinione pubblica attonita e confusa, ho deciso di vertere la mia analisi sul
coinvolgimento dei servizi segreti d’intelligence durante la Guerra Fredda in ambito
4
culturale. Nello specifico, tenterò di proporre una disamina del coinvolgimento della
Central Intelligence Agency, nota ai più grazie a svariati documentari e lungometraggi
(certi degni d’interesse e altri assolutamente frivoli o eccessivamente fantapolitici) come
CIA, nell’influenzare la propaganda e la cultura del mondo occidentale per trarne
vantaggio e raccogliere proseliti in modo tale da contrastare la più rodata macchina
propagandistica del totalitarismo made in Unione Sovietica.
Il lavoro, dal titolo Ascesa e declino del Congresso per la Libertà della Cultura:
il coinvolgimento della CIA nella Guerra Fredda culturale, nel primo capitolo si
concentrerà sulla nascita dell’agenzia d’intelligence con sede a Langley e sui motivi che
hanno fatto sì che ciò si rendesse necessario.
Dopo le pagine dedicate all’istituzione del suddetto Congresso e alla spiegazione degli
astuti metodi architettati dai massimi esperti operanti in Virginia delineerò invece nel
secondo capitolo i trionfi ottenuti dagli uomini guidati da Michael Josselson. Ecco allora
i paragrafi riguardanti la Boston Symphony Orchestra, l’espressionismo astratto, il
successo delle riviste culturali in Europa e nel mondo, l’influenza della CIA nel cinema
(tema che mi permetterà una digressione concernente il Maccartismo) e infine una parte
di natura più storica inerente le repressioni politiche e militari che ebbero luogo
soprattutto in America Latina.
Nel terzo capitolo focalizzerò la mia attenzione sul contesto italiano, passando dalla
disamina della situazione politica ed economica successiva alla seconda guerra mondiale
per arrivare a quella di stampo culturale, la quale prenderà in causa il ruolo primario
ricoperto dalla radio come fonte d’informazione per la società dello stivale e le riviste,
gli articoli di Piovene e il romanzo Il dottor Živago come esempi del tentativo di
imposizione degli ideali statunitensi attraverso la carta stampata.
Verterò infine il capitolo conclusivo della mia tesi di laurea sul processo discendente che
accomunò il Congresso, poi sospeso nel 1979, e gli Stati Uniti, vittima di un generale
calo di consensi nei confronti degli ideali in cui hanno sempre creduto, principi altresì
legiferati nella Costituzione e quindi basi storiche dello spirito democratico yankee.
Nel corso del lavoro verranno evidenziati dei paradossi venutisi a creare per
effetto di certe strategie statunitensi che andranno a minare l’innata fede della
popolazione portandola di conseguenza a dubitare sia della moralità delle diverse
5
amministrazioni che la governarono durante la Guerra Fredda sia della validità della
dottrina filosofica a stelle e strisce a cui ho accennato pocanzi.
Il frutto di ciò approfondirà certi punti di vista che prima potevamo sentire di
sostenere incondizionatamente e valutando per quanto possibile nella maniera più
neutrale pregi e difetti, pro e contro delle due parti, si potrebbe correre il rischio di far
sorgere ancora più dubbi e far venir meno le poche certezze consolidate. Tuttavia, la
mente risulterà più aperta al ragionamento e libera di scegliere, se davvero ce ne fosse il
bisogno, chi parteggiare e chi additare come il nemico, decidere chi impersonava la
democrazia e chi la repressione in un’epoca storica caratterizzata da mille risvolti
insoluti e da eventi ancora avvolti nel mistero.
É risaputo che la Storia è scritta dai vincitori e perciò poco o nulla potrà cambiare
nei libri di scuola sui quali, nelle pagine relative alla chiusura del sipario della Guerra
Fredda, gli Stati Uniti risulteranno uscire come vincitori tanto a livello ideologico quanto
in ambito economico e tecnologico mentre l’Unione Sovietica vi sarà descritta come
forse la principale causa dell’implosione di se stessa, incapace di sapersi rinnovare e
modernizzare (o di volerlo fare visto la priorità degli investimenti mirati all’industria
pesante e al nucleare) e non in grado di fornire ai suoi abitanti e a quelli dei paesi sotto il
suo dominio tenori di vita minimamente accettabili, né tantomeno oggetto di
comparazione con l’American way of life o più in generale con lo stile di vita
occidentale.
Come nel romanzo Il Maestro e Margherita dello scrittore sovietico Michail
Bulgakov, che si apre con un incipit tratto dal Faust di Goethe e costituito dal seguente
scambio di battute: «Ma allora chi sei tu, insomma? Sono una parte di quella forza che
eternamente vuole il male ed eternamente compie il bene», il Bene e il Male si
mischiano e diventa così difficile denotare il confine netto, come una nebbia in un
quadro del periodo romantico, tra dove comincia il primo e finisce il secondo,
specialmente se poi uno viene perpetrato in funzione dell’altro, rendendo
contemporaneamente lecita la nostra confusione e necessaria una rilettura delle
interpretazioni adottate finora.
Ci terrei a precisare che nella stesura di questa tesi sarò vittima del susseguirsi
veloce dei miei pensieri, di conseguenza a volte mi ritroverò a presentare gli argomenti
trattati con salti temporali che vanno in avanti e poi indietro, o magari viceversa. Faccio
6
affidamento alla vostra attenzione e alla vostra cultura per superare questo ostacolo che
si fa largo sulla mia strada, frutto della necessità di dilungare particolari tematiche che
reputo interessanti e utili per una comprensione più esauriente dell’intero lavoro.
7
1. LA NASCITA DELLA CIA E IL SUO INGRESSO NELLA KULTURKAMPF
1.1. La situazione del dopoguerra e l’alba di un nuovo conflitto
Due guerre mondiali avevano prostrato l’Europa, riducendola sull’orlo di una
crisi naturalmente economica e finanziaria e mettendo a dura prova la capacità dei suoi
cittadini di sperare di essere testimoni di un futuro migliore per loro stessi e soprattutto
per i loro figli. I bombardamenti sulle città da parte delle diverse forze in campo avevano
lasciato in eredità una distruzione visibile tramite i calcinacci sulle strade, mattoni a terra
e monumenti ed edifici storici ormai irrimediabilmente compromessi dal punto di vista
artistico ed estetico, oltre alla consapevolezza che ricostruire tutto sarebbe stata un’ardua
impresa. Rispetto al primo conflitto globale, i bombardamenti fecero sì che
paradossalmente si rischiasse la vita restando in città quanto combattendo in prima linea
al fronte contro i soldati nemici. A ciò si aggiungeva l’orrore dell’Olocausto, il risultato
della follia di pochi uomini che attraverso una propaganda dai risultati purtroppo
efficienti aveva corrotto la mente di migliaia di persone, giustificando così l’odio e la
conseguente caccia e pulizia etnica nei confronti del popolo ebreo, il quale alla fine della
guerra si stima annoverasse circa sei milioni di persone in meno, uccise nei campi di
concentramento e sterminio sparsi per l’Europa in compagnia di altri rappresentanti
appartenenti a categorie sociali ritenute inferiori o invisi alla filosofia ariana, un elenco
che può partire dai rom, portatori d’handicap, malati di mente, omosessuali ed arrivare a
comprendere oppositori politici, prigionieri di guerra sovietici e testimoni di Geova.
Di fronte a questi terribili eventi l’opinione pubblica mondiale era rimasta
sgomenta e gli europei dovevano fare i conti a questo punto con una ricostruzione non
solo materiale come accennato pocanzi ma se ne rendeva necessaria una anche di
matrice ideologica, al fine di porre le basi per una duratura pace che avrebbe impedito il
sorgere di scontri internazionali e la possibilità di rivivere in futuro esperienze simili a
quelle che hanno caratterizzato la prima metà del ventesimo secolo, tra cui la grande
depressione degli anni Trenta originatasi dal crollo della borsa di Wall Street quel
celeberrimo “martedì nero" di fine ottobre 1929.
Collegandomi all’introduzione che faceva riferimento alla fine della Guerra
Fredda e avvalendomi di un’efficace tecnica cinematografica quale il flashback, è
8
possibile fare un salto a ritroso nel passato e dire che l’epopea dello scontro protagonista
del cinquantennio finale del secondo millennio, uno scontro di natura psicologica basato
sulla paura delle possibili azioni dell’avversario, abbia avuto origine laddove sia
terminata, cioè nella capitale tedesca: Berlino.
Trovo doveroso precisare il fatto che questa affermazione può rivelarsi corretta
dal momento in cui si tiene in considerazione che il lavoro verterà sul coinvolgimento
della Central Intelligence Agency nella Guerra Fredda in ambito culturale, poiché è noto
che fu la conferenza di Jalta nel febbraio 1945 (le cui basi furono già gettate nella
precedente conferenza che ebbe luogo a Teheran) a decretare la spartizione della città
sotto la sfera d’influenza delle potenze uscite vittoriose dal conflitto, ovvero Stati Uniti
d’America, Francia, Regno Unito e Unione Sovietica dando così l’avvio ai primi
contrasti di uno scontro fortunatamente privo dell’uso di armi. Ma la Francia era ancora
sotto shock per via dell’essere stata vittima del governo di Vichy e aver subito l’onta di
vedere Hitler guidare la Wehrmacht e porre la bandiera con la svastica sulla sommità
della Tour Eiffel, mentre il Regno Unito fronteggiava già da tempo una situazione in cui
ancora a stento avrebbe potuto mantenere il ruolo di principale potenza mondiale, come
testimoniava il crescente numero di dichiarazioni d’indipendenza concesse a quelle che
sarebbero state future ex colonie. Insomma, De Gaulle e Churchill avevano sì contribuito
a portare alla vittoria i loro Paesi, ma erano consapevoli che non troppo in là avrebbero
lasciato le luci della ribalta alle altre due superpotenze globali.
Gli Stati Uniti erano entrati in guerra dopo l’attacco subito nelle Hawaii a Pearl
Harbour ad opera dei giapponesi e vittoria dopo vittoria, le sue truppe avevano concluso
un percorso d’avvicinamento a Berlino cominciato con gli sbarchi in Normandia e quello
in Sicilia su tutti, costringendo il Führer a nascondersi in compagnia della moglie Eva
Braun nel suo rifugio segreto nella capitale e ad indurlo al suicidio pur di non essere
preso e subire il processo. Hitler era stretto nella morsa tra i nemici d’oltreoceano che
arrivavano da ovest e l’Unione Sovietica, che invece giungeva da est, forte di
un’immagine consolidata a livello mondiale grazie al successo della resistenza guidata
tra gli altri dal generale Žukov nello sventare l’Operazione Barbarossa, esemplificato
dalla tenacia mostrata dagli abitanti dell’allora ex capitale Leningrado, soggetti alla fame
e alla miseria durante i tre lunghi anni d’assedio.
9
Gli Stati Uniti uscivano dal conflitto bellico vincenti su tutti i fronti, essendo
rispettati e al tempo stesso temuti per la loro forza militare, derivante da un’economia
fiorente in patria che poneva la nazione in una posizione in cui avrebbe potuto operare
da creditore in soccorso di paesi alla deriva. Al contempo Stalin aveva ottenuto gli stessi
risultati grazie a ingenti investimenti diretti al settore bellico per potenziare l’esercito e
le varie armi di cui quest’ultimo poteva dotarsi, ma tutto ciò era stato pagato a caro
prezzo. Il rovescio della medaglia consisteva nel fatto che il sostegno garantito alle
industrie pesanti (metallurgia, siderurgia, ecc.) tramite i primi piani quinquennali non
consentiva lo sviluppo di un’industria leggera (cioè incentrata sui beni di consumo di
prima necessità) che garantisse il sostentamento della popolazione, alle prese poi anche
con un clima non certamente favorevole. Ciononostante, questi problemi di significativa
entità non impedirono all’Unione Sovietica di essere riconosciuta dall’opinione pubblica
come la principale avversaria degli Stati Uniti nel concorrere al trono di nuova
superpotenza mondiale
1
.
È l’anno 1947, la seconda guerra mondiale si è conclusa da due anni ma l’Europa
si trova ancora in uno stato catatonico, l’inizio del suo risveglio è caratterizzato dal gelo
invernale più intenso a memoria d’uomo, ottima metafora dello scontro che da lì a poco
avrebbe preso piede
2
. Sconfitte le potenze dell’Asse e destituito il potere totalitario dei
nazionalsocialisti nel Vecchio Continente, gli Stati Uniti vi si fanno promotori di un
processo di libertà e democratizzazione che avrebbe dovuto comprendere forzatamente
un progetto di aiuto concreto alle casse vuote dei governi europei. Quello che passerà
alla storia come Piano Marshall, dal nome del capo di stato maggiore statunitense che
per primo ne parlò, era ideato allo scopo di sostenere i paesi duramente colpiti in modo
tale da fornire loro l’appoggio per il rilancio dei mercati interni e intercontinentali
3
.
D’altronde, gli Stati Uniti erano i primi interessati alla rifioritura dell’economia europea
affinché potessero riprendere gli scambi commerciali tra il Vecchio e il Nuovo Mondo,
evitando l’autarchia e soprattutto al fine di tenere elevato il valore del dollaro come
principale valuta di scambio.
1
Federico Romero, Storia della Guerra Fredda. L’ultimo conflitto per l’Europa, Einaudi, Torino, 2009
2
Frances Conor Saunders, Gli intellettuali e la CIA. La strategia della Guerra Fredda culturale, Fazi
Editore, Roma, 2007
3
Ibid.
10
Oltre a questi meri benefici monetari, gli Stati Uniti, nella persona del loro
Presidente Harry Truman, credevano nella missione di doversi porre a guida del mondo
libero e iniziavano a sentire sul collo la minaccia del vento comunista che imperversava
dalle lontane steppe siberiane e scendeva sull’Europa, forse il territorio di maggiore
visibilità sopra il quale si giocò lo scontro tra le superpotenze. Truman non poteva
tollerare che questo fosse vittima per la seconda volta in due decenni dell’insorgere di un
nuovo regime di stampo totalitario, e si convinse che il Piano Marshall avrebbe
rappresentato la chiave di volta per opporsi ai sovietici. Altrimenti, come già successo in
passato la povertà avrebbe potuto tradursi in economia instabile e democrazia pressoché
inesistente, facilitando la nascita di dittature che avrebbero condotto alla guerra. Al
contrario, un rinnovato vigore nella produzione poteva cementare le instabili basi
dell’economia europea, contribuendo al benessere della popolazione che così facendo
non avrebbe avuto motivo di protestare contro l’ordine costituito né tantomeno lasciare
spazio all’introduzione dell’ideologia comunista.
A questo progetto di natura finanziaria si aggiungeva la cosiddetta “politica di
contenimento” voluta da George Kennan, secondo la quale era doveroso impedire
l’espandersi della presenza comunista al di fuori dell’Unione Sovietica e dei paesi
satelliti, ovvero quei paesi dell’Europa orientale orbitanti da tempo sotto la sfera
d’influenza di Lenin prima e Stalin poi
4
. Si doveva evitare a tutti i costi l’effetto domino,
assioma per cui “una sconfitta in qualsiasi luogo è [da considerarsi] una sconfitta
ovunque
5
”: l’unica eccezione tollerata oltre il confine ovest di quella “cortina di ferro”
che andava da Stettino a Trieste e di cui parlò per la prima volta Churchill a Fulton,
Missouri, nel 1946, era costituita dal controllo esercitato dall’Armata Rossa nella parte
orientale di Berlino, la città che divideva non semplicemente un continente, bensì il
mondo intero
6
. Conscio dell’esigenza di vigilare sull’operato degli avversari nella loro
zona di appartenenza, Truman decise nel 1947 decise di dotarsi di un’agenzia preposta a
compiti di analisi, raccolta dati e informazione, spionaggio e operazioni coperte; il 26
luglio grazie alla firma posta sull’atto denominato NSC-4 il Presidente dava vita alla
Central Intelligence Agency
7
.
4
Federico Romero, Storia della Guerra Fredda. L’ultimo conflitto per l’Europa, op.cit.
5
Ibid., p. 74
6
Bruno Cartosio, Gli Stati Uniti contemporanei (1865-2002), Firenze, Giunti, 2002
7
Federico Romero, Storia della Guerra Fredda. L’ultimo conflitto per l’Europa, op.cit.
11
1.2. Dall’OSS alla CIA: l’élite di uomini che da studenti diventano agenti
Il film The Good Shepherd, che vede alla regia Robert De Niro, propone allo
spettatore un’accurata ricostruzione su come il personaggio che riprende la figura di
William “Wild Bill” Donovan (soprannome conferitogli in onore di un ex lanciatore dei
New York Yankees
8
), interpretato dallo stesso regista, sia stato di fondamentale
importanza nel raccogliere gli agenti adatti a costituire il primo nucleo della Central
Intelligence Agency, alla quale da questo momento in poi farò riferimento attraverso il
semplice e più noto acronimo CIA. Restando pertinente ai fatti storici e
contemporaneamente affidandomi all’interpretazione suggeritaci da parte dell’attore
premio Oscar per il film Toro scatenato, occorre sottolineare che la CIA rappresenta
l’erede naturale di un precedente servizio d’intelligence, l’Office of Strategic Services
(OSS).
L’OSS era il servizio d’informazione statunitense operante nel periodo della
seconda guerra mondiale ed era anch’essa una creatura di Donovan, l’uomo in grado di
fermare la rivoluzione messicana guidata da Pancho Villa
9
. Donovan scelse le sue
reclute tra i giovani più brillanti che le università dell’East Coast potevano offrire, in
quanto era la fascia costiera sulla quale tre secoli prima era sbarcata la Mayflower e più
che in tutti i restanti Stati e regioni statunitensi i suoi abitanti incarnavano i valori White,
Anglo-Saxon e Protestant (WASP), cioè relativi a un devoto credo verso la religione
protestante che attraverso il calvinismo legittimava l’impegno in campo economico a
favore del progresso dell’uomo e della società, tramandati dalle generazioni di origine
britannica
10
. La pellicola di De Niro accenna anche alla congrega universitaria, o setta se
vogliamo definirla tale, degli Skull&Bones, una sorta di loggia massonica di cui si entra
a far parte con un rituale. Come ogni loggia che si rispetti, i suoi accoliti hanno
l’opportunità di conoscersi, ramificare la propria rete di interessi e scambiarsi favori una
volta ottenuta la fiducia del compagno chiamato in causa. Il protagonista del film,
interpretato dall’attore Matt Damon, è uno studente dell’università di Yale, uno degli
atenei più prestigiosi insieme a quelli di Boston, Princeton o Harvard dai quali Donovan
attinse i suoi uomini, e ben rappresenta il giovane statunitense esponente di un certo
8
Tim Weiner, CIA. Ascesa e caduta dei servizi segreti più potenti del mondo, Milano, Rizzoli, 2010
9
Frances Conor Saunders, Gli intellettuali e la CIA. La strategia della Guerra Fredda culturale, op.cit.
10
Guido Piovene, De America, Garzanti, Milano, 1953
12
“puritanesimo liberale e individualista
11
” pronto a tutto pur di dimostrare il suo valore e
combattere per la propria nazione contro il nemico comunista
12
.
Oltre a questo tipo di figura, Donovan chiamò a raccolta le menti migliori
appartenenti ai grandi gruppi industriali o provenienti dall’establishment politico,
accademico e culturale in generale, tanto che l’OSS poteva contare tra i suoi ranghi la
Dupont (il maggiore colosso chimico e farmaceutico della Terra al cui lavoro si devono
prodotti come il cellophane, il nylon o la scoperta dell’utilizzo dell’aria condizionata
13
),
il nipote di Tolstoj, il cugino di Churchill e il figlio di Hemingway (consigliere dello
stesso Donovan come lo era del resto Saint-Exupery). Il periodo di militanza nell’OSS di
coloro che facevano parte delle più illustri famiglie e istituzioni degli Stati Uniti permise
loro di allargarne i contatti e aumentarne il rispetto reciproco gettando le basi per il loro
prossimo futuro da banchieri, consiglieri d’amministrazione o politici quando il servizio
venne sciolto una volta che fu girata l’ultima pagina del secondo conflitto bellico
globale
14
.
Eppure, come anticipato, il compito di quest’élite poteva dirsi tutto eccetto che
concluso. Nonostante le remore iniziali di Truman, che nutriva una forte avversione nei
confronti delle strutture federali segrete come quelle d’intelligence poiché temeva che
queste ultime avrebbero potuto incarnare troppo potere e forte della sua convinzione in
base alla quale il potere civile dovesse prevaricare quello militare, su ordine del
medesimo democratico e conservatore Presidente, Donovan fece ancora ricorso ai suoi
ex agenti e li reclutò nella nuova agenzia di spionaggio per difendersi dai nemici
sovietici nel momento in cui l’antagonismo bipolare si rafforzava sempre più e cessava
di essere una chimera. Per la prima volta nella storia americana il Congresso legittimava
attraverso il voto l’esistenza di un’agenzia d’intelligence e non solo, infatti il National
Security Act ne avallava operazioni coperte grazie a paragrafi redatti opportunatamente
in maniera vaga ed imprecisa
15
.
La sfida che ora si profilava all’orizzonte era di “fare in tempo di pace quello che
l’OSS faceva durante la guerra
16
”; questo dettame pronunciato da Donovan nel film
11
Ibid. pg 111
12
Ibid.
13
Ibid.
14
Frances Conor Saunders, Gli intellettuali e la CIA. La strategia della Guerra Fredda culturale, op.cit.
15
Mario Del Pero, La CIA. Storia dei servizi segreti americani, Firenze, Giunti, 2001
16
De Niro, The Good Shepherd. L’ombra del potere, USA, 2006
13
costituisce la linea guida dell’operato del protagonista, che ricalca nella realtà la figura
del leggendario capo dello spionaggio della CIA James Jesus Angleton.
Personaggio eclettico come dimostra la lunga lista dei suoi interessi, che
spaziavano dal giardinaggio alla pesca, dalla fotografia all’opera italiana, dal cinema con
Paul Newman, Robert Redford e Marlon Brando al calcio europeo, Angleton fu veterano
nel campo delle cospirazioni grazie alla pregressa esperienza nell’OSS
17
. Il suo
soggiorno in Italia fin dalla giovane età gli inculcò la passione per la cultura e l’arte, e
per la poesia in particolare. Per un giovane appartenente alla classe elitaria che si
trasferisce a studiare negli Stati Uniti la tappa obbligatoria diventa Yale, e dopo gli anni
di studio nel Connecticut, peraltro non segnati da eccellenti risultati accademici, decise
di iscriversi ad Harvard.
Ma l’incipiente guerra mondiale fece sì che il ragazzo metà statunitense e metà
messicano venisse chiamato alle armi, tuttavia grazie ai buoni rapporti con un suo
professore, responsabile del counter-intelligence a Londra per l’OSS, Angleton ebbe la
fortuna di evitare gli orrori e i patimenti del campo di battaglia entrando anch’egli a far
parte dell’agenzia segreta prestando servizio in Europa. In principio indottrinato da
colleghi più esperti, Angleton iniziò a ritagliarsi sempre più spazio mostrando le sue doti
arrivando col tempo perfino a definire una sua metodologia concernente il sistema
spionistico basata su tre punti focali: la penetrazione nei servizi d’intelligence
dell’avversario per diffondere false notizie e confonderlo (disinformazione) affinché ciò
garantisse la protezione dei propri segreti. Operando in Italia instaurò rapporti con
Giovanni Montini, nientemeno che il futuro Papa Paolo VI, e con ex esponenti del
regime mussoliniano in quanto fu tra i primi a percepire che una volta debellato dal
mondo il virus nazista costoro avrebbero potuto rivelarsi molto utili nel contrastare
quello che di lì a poco si sarebbe presentato come la nuova minaccia degli Stati Uniti,
ovvero l’Unione Sovietica, e che questa avrebbe mirato tra gli altri territori proprio allo
stivale italiano. Convinto che l’esperimento di successo dell’OSS dovesse proseguire,
Angleton tornato in patria divenne una delle figure più cruciali agli albori della CIA,
cominciando a gestire in prima persona i rapporti con l’FBI di Hoover, con
l’organizzazione Gehlen e con il neonato Mossad, il servizio segreto israeliano.
Dall’indole piuttosto introversa, Angleton riuscì comunque a fare amicizia con il collega
17
Frances Conor Saunders, Gli intellettuali e la CIA. La strategia della Guerra Fredda culturale, op.cit.
14
Kim Philby, però rimase letteralmente scioccato quando scoprì che costui gli aveva
mentito non essendo altro che una spia al soldo del KGB: il tradimento aumentò la sua
già spiccata paranoia portandolo a dubitare ancor più di tutto e tutti, ingigantendo quella
che lui stesso definì, prendendo in prestito le parole della poesia di Thomas Stearns Eliot
“giungla di specchi” (“wilderness of mirrors”) all’interno della quale nulla era reale e
dove ormai si era smarrito, incapace di discernere il vero dal falso e la bugia dalla verità.
La sua profonda fermezza divenne ossessione, che fu anche uno dei suoi punti deboli,
ma nonostante ciò gli va riconosciuto il fatto di aver caratterizzato un’epoca e di aver
impresso una profonda orma nei metodi di lavoro della CIA
18
.
Per questo motivo, il personaggio di Angleton ha propiziato la comparsa di libri e
film che, a detta di Romero, nella cultura popolare odierna hanno ingigantito oltremisura
il ruolo delle spie durante la Guerra Fredda. Spesso capita di leggere o vedere agenti
segreti in azione in grado di cambiare il destino dello scontro con il loro operato magari
influenzando in maniera decisiva particolari scelte politiche, in verità il peso specifico
delle attività d’intelligence va ridimensionato poiché si rese utile più nel settore delle
tecnologie, in altre parole quello che noi oggi chiameremmo spionaggio industriale, e lo
stesso, nonostante una maggiore bravura da parte delle spie sovietiche, si concluse con
un annullamento reciproco
19
.
Dopo questa precisazione e concludendo l’accenno a The Good Shepherd, si può
dire che esso mostra il modo in cui la Guerra Fredda fu combattuta più da burocrati che
non, come nell’immaginario collettivo, da agenti doppiogiochisti abili nel travestimento
e pratici nell’uso di armi, tortura e ipnosi. Premesso tutto ciò, è plausibile affermare che
lo scontro abbia ad ogni modo avuto a che fare con il piombo, non quello delle
pallottole, bensì quello adoperato nelle vecchie tipografie per stampare libri e riviste.
18
Mario Del Pero e Phillip Deery, Spiare e tradire. Dietro le quinte della Guerra Fredda, Milano,
Feltrinelli, 2011
19
Federico Romero, Storia della Guerra Fredda. L’ultimo conflitto per l’Europa, op.cit.