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INTRODUZIONE
Perché parlare di migrant banking in Italia oggi?
Al 01/01/2020, gli stranieri residenti in Italia erano 5.306.548 (pari all’8,8% della
popolazione totale) e rappresentavano da soli il 10,5% dell’intera forza lavoro occupata, il 9%
del prodotto interno lordo e il 9,4% della nostra imprenditoria.
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Basterebbero questi dati, in continua crescita da trent’anni a questa parte, per
convincerci che ormai l’immigrazione è una realtà consolidata nel nostro Paese e che
assumerà sempre più un ruolo da protagonista influenzando non solo la società, ma anche
l’economia e il mondo della finanza italiana.
Solamente in tempi recenti le banche hanno iniziato a interessarsi al fenomeno,
attratte dalla possibilità di incrementare le dimensioni della propria clientela e i propri introiti,
soddisfacendo le esigenze finanziarie che caratterizzano questa popolazione: dal trasferimento
di denaro all’estero al finanziamento di nuove attività imprenditoriali, dai servizi assicurativi
ai prodotti di risparmio, fino all’erogazione (non ancora possibile in Italia) di prodotti
finanziari conformi alla Shari’ah rivolti agli immigrati musulmani.
L’obiettivo di questa tesi è presentare le caratteristiche principali, le problematiche e
le opportunità offerte da una relazione duratura tra le banche italiane e i clienti immigrati con
l’aggiunta di alcuni possibili suggerimenti per favorire l’incontro tra le due controparti.
Nel primo capitolo si parlerà brevemente dell’evoluzione storica dell’immigrazione
in Italia dalla seconda metà del Novecento ad oggi, per poi concentrarsi sulle dimensioni
attuali del fenomeno e sulle sue ricadute sull’economia italiana, con un occhio rivolto alle
caratteristiche delle principali comunità straniere (rumena, albanese, marocchina e cinese) che
da sole rappresentano quasi la metà degli immigrati residenti.
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Dopodiché si mostreranno le
possibili conseguenze dell’esclusione finanziaria dei migranti, evidenziandone non solo i
rischi per il singolo immigrato e per le banche, ma anche per l’intera società.
Nel secondo capitolo si analizzerà il fenomeno con gli occhi delle banche italiane,
osservando come il loro approccio con la popolazione immigrata sia mutato nel corso degli
anni, passando da una sostanziale indifferenza (legata soprattutto alle poche informazioni
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Istat, «Stranieri residenti al 1° gennaio», URL: http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCIS_POPSTRRES1;
Fondazione Leone Moressa, «Rapporto 2019 sull’economia dell’immigrazione. La cittadinanza globale della
generazione “millennials”», 08/10/2019, URL: http://www.fondazioneleonemoressa.org/new/wp-
content/uploads/2019/10/Slide-08.10.2019.pdf (accesso 01/08/2020).
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Ibidem.
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disponibili su questo segmento di clientela) ad un rapporto ricercato da entrambe le
controparti, favorito dai crescenti livelli di bancarizzazione tra i migranti e da un aumento
della domanda di diversi prodotti e servizi di natura sia finanziaria che assicurativa. In seguito
si tratteranno i diversi rapporti adottati oggi dagli istituti di credito verso i propri clienti di
origine straniera: considerare la nazionalità del singolo migrante come un fattore irrilevante
oppure garantire un’offerta distinta tra clientela italiana e immigrata, mostrando un maggior
interesse verso la prima (come avviene nella maggioranza delle banche italiane) o verso la
seconda (si pensi alle succursali di banche straniere come Banca Transilvania o italiane come
Extrabanca). Nell’ultimo paragrafo si rifletterà su alcune delle problematiche affrontate dalle
banche nell’erogazione di prodotti e servizi dedicati ovvero la presenza di altri concorrenti
sullo stesso mercato e la necessità di abbattere i costi informativi sui comportamenti finanziari
dei propri clienti stranieri. A tal fine verranno proposte delle possibili soluzioni, influenzate
dai cambiamenti in atto nel settore bancario italiano.
Nel terzo e ultimo capitolo si parlerà di una delle possibili vie per sviluppare negli
anni a venire il rapporto con la clientela immigrata, ovvero offrendo prodotti e servizi riservati
alla popolazione musulmana in Italia. Verranno trattati innanzitutto i principi religiosi che
condizionano l’attività sia di una banca completamente islamica che di una convenzionale con
sportelli e filiali rivolti ai fedeli osservanti (le c.d. islamic windows), quali organi sono
preposti alla loro supervisione e vigilanza e l’evoluzione storica dell’islamic banking da
fenomeno di nicchia circoscritto ad alcune zone del mondo arabo a realtà sempre più
globalizzata. In seguito si parlerà dei vari sistemi bancari, delle diverse categorie di istituti di
credito e dell’offerta da essi erogata secondo i dettami dell’Islam. Infine, si analizzerà la
situazione attuale in Italia, mostrando non solo gli ostacoli normativi ed economici che
impediscono la creazione di un sistema bancario più aperto a questa realtà, ma anche delle
possibili soluzioni per soddisfare in un secondo momento la domanda di prodotti e servizi
bancari halal della clientela islamica, immigrata e non.
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CAPITOLO 1
I clienti immigrati: il migrant banking dal lato della domanda.
1.1 Perché “bancarizzare” gli immigrati in Italia?
Col termine migrant banking si identifica il rapporto che lega il singolo istituto di
credito ai propri clienti immigrati e che si concretizza con una linea di prodotti e servizi
dedicati di natura finanziaria e/o assicurativa.
Clienti che si distinguono da tutti gli altri non solo per la provenienza geografica, ma
anche per la natura delle loro esigenze bancarie. Si pensi alla necessità di mandare denaro alla
famiglia rimasta nel Paese d’origine tramite il meccanismo delle rimesse o di possedere un
conto corrente sul quale accreditare i primi stipendi, incassare gli assegni familiari, pagare le
utenze e usufruire, tra l’altro, di strumenti di pagamento come le carte di pagamento
prepagate, di debito e di credito e gli assegni bancari. I bisogni del cliente migrante sono
spesso influenzati dalla prospettiva di rimanere o meno nel Paese di adozione: si può
decidere, ad esempio, di essere titolari di un deposito a risparmio (bancario e/o postale), in
modo da accumulare nel tempo risorse sufficienti per un futuro ritorno alla madrepatria,
oppure di ottenere un finanziamento per l’acquisto di un immobile di proprietà o l’apertura di
una nuova attività commerciale qualora il migrante e la sua famiglia intendano trasferirsi
definitivamente.
Nelle banche italiane se ne parla soltanto da poco più di vent’anni, da quando nel
1998 la Banca Popolare di Milano (dal 2017 fuso col Banco Popolare), in collaborazione con
diversi enti, erogò un pacchetto di servizi (il conto Extrà) rivolto esclusivamente ai suoi
clienti immigrati che prevedeva, ad esempio, l’apertura di un conto corrente e/o di un libretto
di risparmio a condizioni agevolate, l’invio di denaro all’estero, assistenza telefonica gratuita
e finanziamenti per esigenze sia familiari che commerciali.
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Da allora i diversi istituti hanno
mostrato un interesse sempre maggiore per questo nuovo segmento di clientela propenso al
risparmio, con una crescente dimestichezza verso i diversi servizi finanziari offerti
(soprattutto quelli di pagamento) e con una forte domanda di prodotti assicurativi, piani di
accumulo e mutui (quest’ultimi con un trend positivo anche durante la grande recessione).
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Mazzolis M., Naletto G. (2000), Migranti e banche. Facilitare l’accesso dei migranti ai servizi bancari,
Lunaria, Roma, pag. 15.
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Fabi P., Libertini M., Bancaforte, «Migranti e banche: una relazione in rapida evoluzione», 13/01/2017. URL:
https://bancaforte.it/video/migranti-e-banche-una-relazione-in-rapida-evoluzione-RB78439k (accesso 28/07/2020).
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Nonostante i nuovi prodotti e servizi sempre più specifici e sofisticati, le banche
hanno spesso trascurato un aspetto fondamentale: la storia, la composizione, le dimensioni e i
bisogni attuali di ogni singola comunità straniera in Italia non sono necessariamente gli stessi,
ma vanno considerati separatamente. Per questo motivo non è possibile parlare di un processo
di “bancarizzazione” degli immigrati senza avere ben chiare queste dinamiche, soprattutto in
un’ottica commerciale.
1.2 L’immigrazione in Italia dal secondo dopoguerra a oggi
Nel nostro Paese il fenomeno migratorio esiste da sempre: si pensi, ad esempio,
all’arrivo dei coloni greci nel Mezzogiorno o alle invasioni barbariche nell’età antica,
all’emigrazione delle comunità walser nel Medioevo o di quelle arbëreshë in età moderna.
Eppure è solo negli ultimi 25 anni che in Italia è diventato un fenomeno strutturale,
assumendo caratteristiche proprie a partire dalla fine della seconda guerra mondiale.
Secondo Michele Colucci, ricercatore presso l’Istituto di Studi sul Mediterraneo
(ISMed), è possibile indicare 4 grandi stagioni dell’immigrazione straniera:
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• la prima va dalla seconda metà degli anni Quaranta alla fine degli anni Sessanta,
periodo in cui si registrò l’arrivo di migliaia di esuli istriani e dalmati (circa 150.000
persone) e il rientro di diversi connazionali dalle ex colonie in Africa orientale e
settentrionale, dall’Albania e dal Dodecaneso. Il primo flusso significativo di migranti
si ebbe con l’inizio del boom economico, quando uomini e donne provenienti dalla
Libia, dalla Somalia e dall’Etiopia emigrarono in Italia alla ricerca di un lavoro sulla
scia del processo di decolonizzazione che negli stessi anni interessò anche altri Paesi
dell’Europa occidentale.
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A questi si affiancarono migranti tunisini (impiegati nelle
attività pescherecce, artigianali e agricole in diverse zone della Sicilia occidentale),
jugoslavi (soprattutto nel Nordest), latinoamericani (in particolare esuli e i dissidenti
politici in fuga dai regimi dittatoriali in America del Sud) e di altre comunità meno
numerose;
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• la seconda durò dall’inizio degli anni Settanta al 1989 e vide un maggiore
interessamento al fenomeno da parte delle istituzioni culminato col primo censimento
Istat della popolazione straniera nel 1981 (stimata all’epoca in 321.000 persone) che
5
Colucci M. (2018), Storia dell’immigrazione straniera in Italia. Dal 1945 ai giorni nostri, Carocci editore,
Roma, capp. 1-7.
6
Ivi, capp. 1-2.
7
Ibidem.