INTRODUZIONE 
Il presente elaborato prende in esame la tematica del processo di concentrazione 
del settore bancario, con un focus sul sistema creditizio italiano. In particolare, 
si è scelto come caso di studio l’analisi di una delle più grandi operazioni di 
fusione bancaria avvenuta sul suolo nazionale negli ultimi anni: il lungo 
processo di acquisizione che ha visto UBI banca integrarsi in Intesa Sanpaolo. 
La tematica è stata scelta per una curiosità personale relativa al perché, durante 
un contesto economico così difficile come quello della pandemia; si siano 
riaccese le trattative in tema di operazioni straordinarie nel settore finanziario. 
Sebbene il tema sia molto complesso e sia difficile cogliere tutti gli aspetti in 
poche pagine; si è cercato di procedere per step, introducendo all’inizio di ogni 
capitolo le ragioni storiche, al fine di comprendere meglio -grazie al passato- ciò 
che potrà avvenire nel prossimo futuro. La letteratura è molto vasta in materia e 
le opinioni sui risultati del processo di aggregazione degli istituti bancari sono 
contrastanti: se da un lato c’è chi supporta l’aumento dimensionale delle banche 
al fine di raggiungere maggiore solidità ed efficienza; dall’altro c’è chi si 
sofferma sugli scarsi risultati in termini economici, raggiunti in seguito alle 
fusioni e acquisizioni e alla riduzione del grado di concorrenza del settore. 
Cercando di dare un parere personale basato su dati e fonti autorevoli,  si è deciso 
di articolare la trattazione in quattro capitoli. 
Nel primo capitolo si è partiti dalle origini dei due sistemi economici che hanno 
contraddistinto la storia e l’evoluzione poi dei due differenti sistemi finanziari 
mondiali: il sistema banco-centrico con la Germania come stato fondatore e il 
sistema mercato-centrico di origine anglosassone. Si è partiti da lontano per 
capire in che modo i sistemi finanziari si siano così distinti e abbiano 
caratterizzato il percorso e la nascita delle prime banche moderne che avrebbero 
poi influenzato, di conseguenza, la nascita del nostro sistema bancario. In 
seguito, l’analisi si è concentrata sulla storia del sistema bancario italiano, dagli 
inizi degli anni 30’ fino ai giorni nostri. Nel paragrafo successivo, si è giunti al 
tema vero e proprio della concentrazione bancaria in Europa, prendendo in 
considerazione gli istituti bancari presenti negli stati membri. Si è analizzato
attraverso due indici di concentrazione l’evoluzione del contesto bancario a 
livello numerico e dimensionale.  Si è proseguito con un rapido accenno alle 
operazioni di fusione e acquisizione tra gli istituti bancari nel vecchio continente, 
vedendo rapidamente le differenze con gli Stati Uniti d’America.   
Infine, si è concluso il capitolo con una panoramica sulle caratteristiche del 
sistema creditizio nazionale e sono stati evidenziati i dati a livello strutturale, 
mostrando le principali tendenze che sottolineano la predisposizione alla 
concentrazione.  
Nel secondo capitolo, invece, si è passati ad un’ottica più generale, introducendo 
le ragioni principali per le quali le imprese scelgono l’utilizzo di operazioni di 
finanza straordinaria. In particolare, dando continuità alla modalità con la quale 
è stato svolto l’intero elaborato, si è analizzata in primis l’evoluzione storica del 
settore M&A per poi concentrare il tema maggiormente sulle differenze 
principali nel contesto normativo italiano tra la fusione e l’acquisizione. 
All’interno di tale capitolo vengono comunque fatti spesso accenni al settore 
bancario, per sottolineare quali siano le peculiarità che spingono le banche a 
crescere per vie esterne. Negli ultimi due paragrafi, infine, si è voluto dare una 
prospettiva a livello contabile, in riferimento soprattutto alle differenze tra 
L’IFRS 3 e i principi contabili nazionali in tema di aggregazioni. Per ultimo, si 
è cercato di definire le differenze tra le fusioni e acquisizioni nazionali e quelle 
cross-border, spiegando i principali motivi per i quali le prime vengono tutt’oggi 
preferite alle seconde.  
Nel terzo capitolo, si è entrati maggiormente nei dettagli del tema principale di 
tale elaborato, distinguendo secondo tre epoche diverse, l’evoluzione delle 
fusioni e acquisizioni bancarie in Italia e commentandone i risultati.  
In tale capitolo, si è cercato di collegare i concetti espressi nel capitolo 1 e, 
attraverso l’utilizzo di dati ricavati principalmente dai report della società di 
consulenza KPMG, si è tentato di dare un giudizio sui risultati economici 
raggiunti attraverso il processo di consolidamento. Dopodiché, l’attenzione si è 
spostata sull’evoluzione dei possibili scenari futuri in termini di trattative 
bancarie più recenti, sottolineando come, dopo alcuni anni di immobilità dei
deals, nel contesto pandemico sembra essersi riacceso il mercato M&A degli 
istituti di credito. 
Nel quarto e ultimo capitolo, infine, attraverso l’analisi del caso studio relativo 
alla fusione Intesa-UBI, si è entrati nei dettagli di una singola operazione di 
finanza straordinaria in ambito bancario, per comprendere da vicino le 
dinamiche e lo sviluppo di una procedura così complessa. Si è scelto di trattare 
l’operazione di acquisizione da parte del Gruppo Intesa, poiché rappresenta la 
più grande operazione interbancaria degli ultimi anni. Inoltre, seppure forse 
troppo precocemente, è stato analizzato l’andamento del Gruppo stesso post 
fusione, facendo riferimento ai suoi dati di bilancio degli esercizi 2020 e 2021. 
Un’ ulteriore motivazione per la quale si è deciso di scegliere tale operazione è 
dovuta alla volontà di illustrare come i due protagonisti, caratterizzati da due 
differenti storie di successo, abbiano raggiunto i rispettivi risultati proprio grazie 
all’utilizzo delle linee di crescita esterne.  
Emerge quindi, nelle conclusioni, come l’importanza del consolidamento del 
nostro sistema bancario sia stata fondamentale durante il percorso storico degli 
istituti creditizi italiani e come un’evoluzione nel modello di business attesa per 
il futuro, necessiti di istituti sempre più grandi e pronti ad innovare.
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1. EVOLUZIONE E CONSOLIDAMENTO DEL 
SISTEMA BANCARIO ITALIANO 
1.1. Origini dei sistemi bancari market-based e bank-
based 
Un sistema finanziario complesso e completamente interconnesso come lo è 
oggi, è il risultato di una lunga evoluzione storica e di fattori decisivi che hanno 
inciso sulla trasformazione dello stesso. Si ricorda che fino ad allora la struttura 
degli intermediari finanziari era divisa in due principali modelli: il modello 
anglosassone più legato a logiche di mercato e il modello germanico-
continentale maggiormente orientato al capitale di debito. 
Il primo modello nacque agli albori della prima rivoluzione industriale, guidato 
dai principi che poi avrebbero portato al capitalismo moderno. Nel 1694 Il 
commerciante inglese William Paterson, il quale fece le sue fortune sfruttando 
le rotte commerciali tra lo stato inglese e le colonie caraibiche, fondò la Bank of 
England. Quest’ultima fu costituita con lo scopo immediato di raccogliere fondi 
per permettere al governo inglese di finanziare la guerra contro la Francia nei 
Paesi Bassi. 
Tramite il Bank of England charter
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 del 1694 era così nata la prima banca privata 
moderna costituita come società per azioni della storia. Il governo inglese delegò 
la gestione del debito pubblico e l’emissione della moneta stampata a tale organo 
e contestualmente venne emesso il primo prestito di 1.200.000 milioni di 
sterline. Il tutto ovviamente era sostenuto da una forte domanda di capitali dei 
proprietari terrieri e commercianti, che spinti da un desiderio di arricchimento, 
incominciarono a focalizzarsi sul valore aggiunto dei beni e servizi, facendo 
nascere e sviluppare le prime imprese moderne. Successivamente, la fame di 
 
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 Charlie Gillett, Britannica- https://www.britannica.com/topic/Bank-of-England
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capitale del tessuto imprenditoriale spinse alla ricerca di capitali esterni e di 
conseguenza avvenne l’apertura delle prime due borse valori di derivazione 
anglosassone: il London Stock Exchange nel 1801 e il famoso NYSE di New 
York nel 1792, che rappresentano ancora oggi i due poli finanziari più importanti 
al mondo.  
Lo sviluppo delle istituzioni finanziare inglesi fu molto a rilento e diverso 
rispetto agli istituti che sorgeranno nell’Europa continentale.  
Il sistema produttivo inglese era inizialmente basato sull’autofinanziamento 
delle imprese, le quali, utilizzando il capitale circolante riuscivano a far fronte al 
ciclo operativo. Gli investimenti in Capex erano modesti, veniva meno il 
fabbisogno di capitale a lunga scadenza e ciò contribuì al ritardo con cui il 
sistema bancario si evolse.  
In linea generale gli economisti classici concordano che un sistema finanziario 
market-based produca risultati economici migliori, ma precisano che per la 
sostenibilità nel lungo periodo sia necessario un equilibrio tra mercati e un 
controllo centrale guidato.  
Il concetto di economia di mercato nasce direttamente dalle teorie economiche 
liberiste di importanti economisti come Adam Smith; o David Ricardo, 
considerati i padri della “invisible hand” e della teoria dei vantaggi comparati. 
L’economia in un contesto mercato-centrico è guidata dalle transazioni che 
avvengono tra domanda e offerta, e i mercati finanziari rappresentano il luogo di 
scambio.  
La principale tipologia di banche che si svilupparono in UK e negli USA 
rientrava nella categoria delle merchant banks, oggi meglio conosciute come 
investment banks, che aiutarono le imprese tramite servizi di consulenza, fusioni 
e acquisizioni e raccolta fondi sui mercati. 
Possiamo affermare che il modello anglosassone si contraddistingue per un 
elevato ricorso al capitale di rischio ed un’alta propensione alla quotazione 
presso i mercati finanziari. 
In questo panorama strettamente legato al mercato, il sistema bancario si è 
caratterizzato  per un ruolo più sottile rispetto al modello continentale.
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Al modello Market-based si è da sempre contrapposto il sistema finanziario 
banco-centrico tipico dell’Europa continentale.  Nato in Germania e 
caratteristico delle principali nazioni europee come Francia e  Italia oltre che del 
Giappone; si fonda sul ruolo principale  che hanno le   banche nell’influenzare il 
sistema economico delle imprese attraverso l’utilizzo di capitale 
prevalentemente di debito.  
Focalizzando l’attenzione sulla Germania è importante capire l’evoluzione 
storica del sistema bancario tedesco per interpretare nel migliore dei modi il 
modello finanziario banco-centrico. 
Per comprendere al meglio la formazione delle prime banche tedesche moderne 
è importante analizzare il periodo storico in cui si trovava l’attuale prima potenza 
economica europea.  
Nel XIX secolo, mentre in Inghilterra era già in atto la prima rivoluzione 
industriale, la Germania rimaneva un’economia prevalentemente agricola, dove 
la ricchezza era detenuta nelle poche mani dei proprietari terrieri. La Prussia 
rappresentava lo stato leader del paese guidato dai ceti nobiliari, grandi 
possessori di latifondi. La prima mossa avvenne nel 1807 quando la Prussia, in 
seguito ai nuovi principi rivoluzionari e alla spinta di modernità che diede la 
Rivoluzione francese, decise di abolire la servitù della gleba e fondare il primo 
mercato libero del lavoro. 
Nel 1833 vennero definitivamente aboliti i dazi interni tra i diversi stati tedeschi.  
Il settore trainante della rinascita era l’industria ferroviaria che, verso metà 
dell’800, permetteva di sfruttare le enormi giacenze di carbone presenti nella 
valle della Ruhr.  
La costruzione di ferrovie all’interno del paese, oltre che ad aiutare a sviluppare 
il settore dell’industria pesante che ancora oggi rappresenta uno dei principali 
settori per il paese, era il simbolo di un desiderio condiviso di unificazione.  
Nel 1848 a Berlino un gruppo di parlamentari si riunì per scrivere una 
costituzione dell’auspicato Stato tedesco e venne proposta a Federico Guglielmo 
IV di Prussia la corona del nuovo stato, che egli bruscamente rifiutò. 
Le pressioni economiche guidavano quelle politiche e fu di Otto Von Bismarck 
lo sforzo decisivo che si concretizzò nella dichiarazione di guerra all’Austria che
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da sempre controllava il dominio della Confederazione degli stati tedeschi. Gli 
Asburgo vennero sconfitti e fu così fondata nel 1870, a Parigi, che era stata da 
poco occupata; la Confederazione della Germania settentrionale capeggiata dalla 
Prussia.         
Vennero annessi successivamente i territori francesi dell’Alsazia e Lorena, 
molto preziosi dal punto di vista minerario e strategico. In questo contesto 
nacquero e si svilupparono i primi istituti bancari moderni tedeschi, che si 
sarebbero concentrati in seguito nel gruppo delle Berliner Großanken. 
Inizialmente, il governo prussiano non era dell’idea di concedere la formazione 
di banche sotto forma di società per azioni, in quanto prevaleva l’interesse di 
mantenere un controllo sulle finanze della regione.  
Tuttavia, lo sviluppo economico in corso portò all’istituzione delle prime banche 
tedesche moderne: la Direktion der Disconto-Gesellschaft, banca prussiana 
fondata nel 1851 da David Hansemann, divenuto in seguito ministro delle 
finanze e la Berliner Handels-Gesllschaft fondata a Berlino nel 1856 da un 
gruppo di banchieri privati prussiani. 
Una seconda fase coincide con l’ottenimento dell’unificazione nazionale e la 
liberalizzazione di costituire istituti bancari sotto forma di società per azioni. 
Nascono i principali istituti di intermediazione che entreranno a far parte del 
gruppo delle Großanken: la Detusche Bank a Berlino, La Dresdner Bank a 
Dresda e la Commerz Bank ad Amburgo. 
Parallelamente si svilupparono altre categorie di banche come le Banche 
cooperative e le Casse di risparmio, inizialmente ideate con una logica 
territoriale, che rappresentavano i primi prototipi del modello tedesco di Banca 
Universale.  
Gli anni a seguire, caratterizzati da una grande crisi, portarono gli istituti bancari 
ad evolversi e ad entrare sempre di più in sinergia con il tessuto economico. Alle 
principali attività di impiego a lungo termine e di emissioni di titoli di debito, si 
aggiungono le attività creditizie a breve termine (linee di credito in conto 
corrente, sconti cambiari) e gli investimenti nelle quote di partecipazione al