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1. Riassunto
INTRODUZIONE:
“Mangia per piacere” è un approccio di educazione alla nutrizione ideato dalla Dottoressa Monia
Farina, biologa nutrizionista. Lo scopo ultimo della creazione di tale approccio è cercare di ottimizzare
il percorso nutrizionale, i traguardi raggiunti dai pazienti grazie ad esso e soprattutto il mantenimento
dei risultati ottenuti, grazie ad una particolare attenzione all’educazione alimentare dei soggetti (ad
esempio verso la capacità di percepire le sensazioni di fame e di sazietà) e ad una grande
focalizzazione sul piacere percepito dagli individui.
Con il Regolamento (UE) n. 1169/2011 è stata introdotta l’esigenza di un approccio educativo nei
confronti del consumatore e di una corretta informazione ad esso, che si designa come un protagonista
attivo nella propria sicurezza alimentare; è quindi necessario fornire all’individuo le conoscenze
fondamentali perché egli possa effettuare scelte razionali e consapevoli, creando regimi adatti alle
proprie condizioni fisio-patologiche ed equilibrati dal punto di vista nutrizionale.
Inoltre, anche nel Regolamento (UE) n. 382/2021 è descritto il concetto di «cultura della sicurezza
alimentare»: uno degli aspetti più importanti di questo ambito è, anche qui, l’educazione nutrizionale;
da ciò si evince la necessità di un percorso educativo che permetta alle persone di imparare a
percepire gli alimenti anche come una fonte di piacere (per la sua relazione con dopamina, sazietà e
felicità complessiva), per riuscire a mantenere un corretto stato di salute.
L’approccio di educazione alla nutrizione «Mangia per piacere» mira a rendere l’individuo sempre più
consapevole, istruito ed autonomo, in modo che egli possa raggiungere e mantenere un ottimo stato di
salute e di prevenzione primaria. La letteratura scientifica dimostra che il 97% degli interventi
dietetici volti ad ottenere un calo ponderale a lungo termine fallisce: dopo 4-5 anni, la maggioranza dei
soggetti riacquistano e/o superano il loro peso iniziale. Da ciò si deduce l’enorme importanza
dell’educazione nutrizionale, per evitare le frustranti e dannose oscillazioni di peso causate dalle diete
e per agire in profondità, nella consapevolezza e nell’istruzione del soggetto.
SCOPO DEL LAVORO:
Lo scopo di tale studio pilota è definire e verificare l’efficacia dell’approccio di educazione alla
nutrizione «Mangia per piacere», volto al raggiungimento del «piacere» dell’individuo derivante
dall’alimentazione e di uno stato duraturo di benessere, sia fisico sia mentale: in questo modo, il
soggetto è stimolato a perseguire il suo obiettivo nutrizionale ed il mantenimento dei risultati
raggiunti. Si vogliono inoltre porre le basi per stilare un protocollo pratico basato sull’approccio
«Mangia per piacere» e personalizzato per ogni paziente al fine di massimizzarne i risultati, e valutare
la sua efficacia.
MATERIALI E METODI:
Per lo scopo di tale studio sono stati utilizzati e creati degli strumenti e dei materiali consegnati ai
soggetti in sede di visita, tra i quali un piano alimentare personalizzato, suddiviso in 3 fasi (Partenza,
Transizione, Mantenimento), il “Dopamine food flow”, un questionario, la “Ruota del piacere”, una
tabella di autovalutazione del piacere, un diario di bordo, una lista di attività ed esperienze
personalizzate.
Gli individui analizzati sono stati divisi in 2 gruppi indipendenti:
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• gruppo «Dieta Standard» (DS): soggetti che hanno intrapreso il percorso nutrizionale prima
della formulazione nell’approccio «Mangia per piacere» e hanno quindi seguito un percorso
nutrizionale non improntato all’educazione, al comportamento e alla consapevolezza degli
individui;
• gruppo «Mangia per piacere» (MPP): soggetti che stanno attualmente seguendo il percorso
alimentare o lo hanno intrapreso in tempi recenti, dopo la definizione vera e propria del
metodo, dunque con grande coinvolgimento degli aspetti educativi.
La differenza sostanziale tra il gruppo DS e il gruppo MPP risiede nel coinvolgimento dell’aspetto
educazionale all’interno del trattamento:
• dal punto di vista nutrizionale, in entrambi gli approcci alimentari si tratta di un’alimentazione
a ridotto apporto di carboidrati o a basso carico glicemico;
• dal punto di vista educativo, solo nel gruppo MPP si forniscono gli strumenti per raggiungere
una maggiore consapevolezza alimentare, con particolare attenzione alla ricerca di ricompense
che esulino dall’ambito alimentare, lavorando anche sulla motivazione iniziale del soggetto,
grazie ai materiali forniti (questionari, tabelle, diario, e via dicendo).
I dati dei soggetti analizzati per ogni gruppo sono stati reperiti dai referti della bilancia
bioimpedenziometrica InBody120 ottenuti in ogni visita. Le variabili prese in considerazione sono:
peso, BMI, massa magra (Fatty Free Mass, FFM) e massa grassa (Fatty Mass, FM).
Riguardo ai dati, sono state prese in considerazione le seguenti caratteristiche:
• differenza di peso rispetto al tempo 0;
• differenza di BMI rispetto al tempo 0;
• differenza di massa grassa rispetto al tempo 0;
• differenza di massa magra rispetto al tempo 0.
Le differenze sono state analizzate considerando diversi intervalli di tempo: da 0 a 3 mesi, da 0 a 6
mesi, da 0 a 9 mesi, da 0 a 12 mesi.
I dati raccolti sono stati analizzati statisticamente grazie all’utilizzo del software GraphPad Prism
®
v5.04 e Microsoft Excel.
RISULTATI:
I risultati delle analisi mostrano, per le variabili peso, BMI e massa grassa, una diminuzione lievemente
maggiore delle tre variabili per il gruppo Mangia per piacere rispetto al gruppo Dieta Standard dopo 3
mesi, una diminuzione maggiore a distanza di 6 mesi, una lieve inversione di tendenza a distanza di 9
mesi (con il gruppo Dieta Standard che evidenzia diminuzioni più significative), ed infine un ritorno
alla tendenza originaria a distanza di 12 mesi, con il gruppo Mangia per piacere caratterizzato da
risultati migliori rispetto al gruppo Dieta Standard.
Per quanto riguarda l’ultima variabile (FFM, massa magra), dopo 3 mesi la diminuzione è minore per il
gruppo Dieta Standard, così come dopo 6 mesi, mentre dai 9 mesi in poi si nota un’inversione di
tendenza, per cui il gruppo Mangia per piacere mostra un miglior mantenimento della massa magra
rispetto al gruppo Dieta Standard.
Considerando i valori statistici relativi ai p-values riscontrati, ai risultati ottenuti dall’analisi è
opportuno riconoscere un relativo significato sotto il profilo statistico, essendo la condizione p-value
≤0,05 (condizione prevista per ottenere significatività statistica) non verificata per i casi riportati. E’
opportuno precisare che la poca significatività dei dati va considerata alla luce delle condizioni in cui si
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è svolto tale lavoro, legate alla situazione di lockdown dovuto alla pandemia Covid-19 e al conseguente
numero ristretto di individui analizzati.
Inoltre, essendo tale lavoro uno studio pilota riguardante il nuovo approccio educativo-nutrizionale
“Mangia per piacere”, non si vuole avere la presunzione di trarre risultati e conclusioni certi ed
incontrovertibili, ma si preferisce presentare i dati ed i risultati ottenuti nel loro numero ristretto e
lontani, a causa della quantità minima di informazioni, dall’avere un’indiscutibile significato statistico:
si renderanno quindi necessari ulteriori studi per raccogliere un maggior numero di dati e trarre infine
conclusioni più indicative e rilevanti.
DISCUSSIONE:
Si ipotizza che la scarsa numerosità dei campioni potrebbe spiegare la grande variabilità dei risultati e
l’inversione di tendenza che si riscontra nel peso, nel BMI e nella massa grassa a distanza di 9 mesi.
Inoltre, si potrebbe pensare che questa inversione possa essere dovuta in buona misura al caso,
considerando che il numero di campioni per il gruppo MPP e per il gruppo DS è pari a 13 soggetti e 9
soggetti rispettivamente, numeri insufficienti per generare una stima maggiormente attendibile.
Riguardo ai materiali consegnati ai pazienti, si sono apportate modifiche al “Dopamine food flow”, in
quando si è visto che generava delle incomprensioni: tale materiale è stato modificato, creandone una
nuova versione, più chiara e lineare.
Si è inoltre notato che nei periodi festivi dell’anno i pazienti trovano difficoltà nel seguire il corretto
approccio alimentare, a causa dei tanti giorni di festa e dei relativi pasti sovradimensionati, generando
un drastico calo nella compliance. Si è dunque creata la “Gaussiana delle feste”, consegnata ai pazienti
poco prima dell’inizio del periodo festivo: si suggerisce al paziente di avvicinarsi ai giorni delle feste ed
ai relativi pasti abbondanti con gradualità, e di uscirne con altrettanta gradualità, al fine di evitare
bruschi cambiamenti nell’alimentazione da un giorno all’altro e per contenere il rischio che i pazienti
possano provare grandi sensi di colpa o vengano indotti ad abbandonare il percorso alimentare.
In ultimo, dato che la lettura dei moduli riguardanti il percorso alimentare (Fase 1, Fase 2 e Fase 3) si è
dimostrata più limitata dell’atteso, così come la compilazione e la riconsegna degli stessi da parte del
paziente, si è pensato di realizzare un “workbook” interattivo da fornire gratuitamente al paziente al
momento della prima visita, che verrà creato nel prossimo futuro: si ipotizza che in questo modo il
soggetto sia maggiormente stimolato nella lettura dei moduli, in quanto nel workbook è richiesta una
compilazione attiva di tabelle e riquadri, con il fine di aumentare la compliance del paziente.
CONCLUSIONI:
In conclusione, la differenza fondamentale tra il gruppo DS e il gruppo MPP risiede nel coinvolgimento
dell’aspetto educazionale e comportamentale all’interno del trattamento: dal punto di vista
nutrizionale, in entrambi gli approcci alimentari si applica un’alimentazione a ridotto apporto di
carboidrati o a basso carico glicemico, mentre dal punto di vista comportamentale ed educativo, la
differenza tra i due gruppi sta nella diversa consapevolezza alimentare e nella ricerca di ricompense
che esulino dall’ambito alimentare, concetti ampiamente trasmessi nel gruppo “Mangia per piacere” e
pressochè assenti nel gruppo “Dieta Standard”.
La necessità di una corretta alimentazione ed educazione alimentare, espressa nel Regolamento (UE)
n. 382/2021 e nel Regolamento (UE) n. 1169/2011, presuppone di agire al fine di ottenere la
prevenzione primaria riguardo ai soggetti.
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In futuro si mirerà ad approfondire ulteriormente tale studio al fine di ottenere maggiori dati relativi
alle differenze tra i gruppi: si rendono dunque necessari ulteriori studi sull’argomento, per ottenere
risultati più indicativi e rilevanti e delineare conclusioni più generali e significative.
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2. Introduzione
Con la recente introduzione del Regolamento (UE) n. 382/2021 è stato introdotto il concetto di
“cultura della sicurezza alimentare”, per mettere in evidenza, tra le altre cose, l’enorme importanza
che risiede nell’adeguata conoscenza da parte del soggetto di cosa significhi una corretta
alimentazione: viene sottolineato, quindi, un aspetto fondamentale riguardante la cultura della
sicurezza alimentare, ossia l’educazione nutrizionale, e con essa la necessità da parte del soggetto e dei
professionisti del settore di perseguire tale obiettivo.
Si rende dunque necessario, alla luce di tale Regolamento, un percorso educativo, che permetta
all’individuo di imparare a percepire gli alimenti anche come una fonte di piacere.
Inoltre, l’esigenza di un approccio educativo nei confronti del soggetto è altresì espressa nel
Regolamento (UE) n. 1169/2011, in cui si designa il consumatore come un protagonista attivo nella
propria sicurezza alimentare: è necessario quindi fornire all’individuo le conoscenze fondamentali
perché egli possa effettuare scelte razionali e consapevoli, finalizzate all’impostazione ed alla
creazione di regimi individuali sicuri e adatti alle proprie condizioni fisio-patologiche, ed equilibrati
dal punto di vista nutrizionale.
L’educazione alimentare si rivela infatti un aspetto fondamentale nella gestione e nel trattamento delle
problematiche connesse alla nutrizione: essa consente di istruire l’individuo riguardo alle strategie da
adottare per raggiungere gli obiettivi di composizione corporea prefissati, andando oltre la mera
somministrazione di un protocollo dietetico, ma avendo l’intento di rendere il soggetto consapevole e
istruito su come comportarsi, così come viene imposto dal Regolamento (UE) n. 1169/2011 citato in
precedenza. Tutto ciò si attua con il fine di rendere il consumatore sempre più autonomo: questo è
l’obiettivo ultimo dell’approccio “Mangia per piacere”, di cui si vuole valutare l’efficacia nel presente
lavoro, e di cui di seguito si presentano le basi scientifiche che ne hanno permesso l’elaborazione.
2.1. L’obesità e la scarsa efficacia degli attuali trattamenti dimagranti
Il mantenimento del peso perso è un aspetto molto importante da valutare riguardo all’efficacia delle
diete, considerando i risultati nel lungo termine. Analizzando alcuni studi (1) si può infatti notare che
addirittura meno del 3% dei soggetti che hanno intrapreso un percorso per dimagrire mostrano un
peso uguale o inferiore rispetto al peso misurato subito dopo il trattamento dimagrante: dunque, da
ciò si può dire che il 97% degli interventi dietetici al fine di ottenere un calo ponderale non è efficace a
lungo termine, come si evince considerando i dati reperiti dopo 4 o 5 anni di follow-up in questo studio
scientifico. In particolare, sono state riscontrate differenze sesso-specifiche: le donne sembrano infatti
mantenere nel tempo il peso perso più efficacemente rispetto agli uomini.
Per quanto riguarda l’obesità, essa è una patologia estremamente complicata da curare. Esistono
moltissimi programmi che aiutano le persone a dimagrire in modo significativo nel breve periodo, ma
il problema sorge valutando gli stessi individui nel lungo termine: soltanto una piccolissima
percentuale riesce a mantenere il calo ponderale che è stato raggiunto grazie alla dieta, rendendo
quindi quest’ultima uno strumento poco efficace. Si rendono pertanto necessari lo sviluppo e la ricerca
di ulteriori metodologie e terapie innovative che possano dare risultati più efficaci, tanto nel breve
quanto nel lungo termine, riguardo al calo ponderale e soprattutto al suo mantenimento.
Wooley e Garner (2, 3), sostengono infatti che sia controproducente offrire terapie inefficaci per
ottenere un calo ponderale. Nel caso in cui alcuni scienziati riuscissero ad inventare un metodo
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migliore sarebbe necessaria una verifica sperimentale prima di comunicare tale trattamento alla
popolazione. Secondo gli scienziati, oggi c’è bisogno di “rimediare ad un secolo di promesse non
mantenute alle persone in sovrappeso”, cercando metodi innovativi e verificandoli sperimentalmente.
Inoltre, nel problema dell’eccessiva alimentazione e dell’eccesso di peso non si può non considerare
l’aspetto comportamentale e psicologico del soggetto: si è evidenziato che ansia e stress possono
indurre la ripresa di un’alimentazione eccessiva, nello stesso modo in cui essi agiscono nelle persone
tossicodipendenti nel momento della ricaduta. Si è dimostrato che i meccanismi cerebrali alla base di
queste due ricadute (quella alimentare e quella relativa alle sostanze d’abuso) sono molto simili:
entrano in gioco in particolare la dopamina e il CRH, che come vedremo in seguito hanno un ruolo
importante nello stress. Uno studio (4) ha dimostrato che sconfiggere la “dipendenza da cibo”
potrebbe essere addirittura più difficile che sconfiggere la dipendenza da sostanze (5).
Gli attuali studi riguardo alla composizione corporea, all’obesità e all’eccessiva magrezza trovano il
loro principale precursore nello storico studio “Minnesota Starvation Experiment” (6) ideato dal
biologo e fisiologo statunitense Ancel Keys e svoltosi nel Laboratorio di Igiene Fisiologica
nell’Università del Minnesota, dal 1944 al 1945: per dodici mesi 36 volontari (maschi giovani) hanno
preso parte all’esperimento, che proponeva per i primi 3 mesi un’intake calorico nella norma,
standardizzato, per i successivi 6 mesi un apporto calorico nettamente minore al fine di indurre inedia
nei soggetti, e per gli ultimi 3 mesi un’alimentazione per riabilitare gli individui malnutriti. Keys studiò
ampiamente gli effetti fisiologici e psicologici che la fame poteva indurre nelle persone, ottenendo
rilevanti prove del fatto che differenti livelli di calorie assunti in una giornata possano alterare sia il
corpo che la mente di un individuo.
2.2. Le attuali evidenze sull’obesità, il calo ponderale e il mantenimento del
peso perso
Per quanto riguarda il calo ponderale e la volontà delle persone di raggiungere il proprio peso forma,
le statistiche (7) mostrano che ogni anno sono milioni gli individui che provano a dimagrire grazie a
diversi tipi di approcci dietetici: questi soggetti sono spesso incoraggiati dai loro genitori, amici,
professionisti della salute, allenatori e soprattutto dai media e dai social network che promuovono
sempre di più l’immagine di magrezza come ideale da raggiungere. L’industria della dieta in Europa e
negli USA presenta guadagni annuali di circa 150 miliardi di dollari, il che testimonia il grandissimo
interesse della popolazione nei confronti del raggiungimento del peso forma (8, 9, 10).
Purtroppo però, come si è visto, il mantenimento significativo del peso perso dopo qualche anno dalla
terapia è molto raro, di fatti il recupero del peso è quasi sempre la regola e non l’eccezione come
invece ci si potrebbe (e ci si dovrebbe) aspetterebbe: entro 1 anno dalla terapia generalmente si
riacquista tra 1/3 e i 2/3 del peso perso, mentre entro 5 anni il peso riacquistato è quasi la totalità. Per
di più, capita non di rado che il soggetto arrivi ad oltrepassare il peso iniziale e si stima che ciò accada
almeno in un caso su 3. Un’altra evidenza che emerge è il fatto che seguire una dieta durante l’infanzia
o l’adolescenza si rivela un fattore predittivo di un futuro sovrappeso e/o obesità (10).
Alla luce di queste evidenze scientifiche, ci si chiede quindi se seguire una dieta non possa
paradossalmente promuovere l’opposto di quello a cui essa stessa è indirizzata, ovvero l’aumento
involontario ed eccessivo del peso corporeo.