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CAPITOLO I
CENNI STORICI
I.1. Il genocidio Armeno
Il genocidio degli armeni può essere considerato come il prototipo dei genocidi
del XX secolo, in quanto completa distruzione di un gruppo a opera di uno Stato.
Il popolo armeno fece la sua comparsa nel VII secolo a.C., si insediano sulle rive
del lago Van, nell’Anatolia centrale, un delle più importante via dell’Oriente per suo
posizionamento strategico. Difatti, il territorio dell’Armenia è disputato da molti imperi:
persiani, greci, arabi e molti altri.
Infine fu annessa all’Impero Ottomano nel 1473. Inizialmente l’Impero
Ottomano rispettò l’entità di questa popolazione, che avare una propria lingua,
l’armeno; una propria religione, il cristianesimo e il monofisismo; la sua cultura, usi e
costumi. Ma il Sultano tolse tutti i diritti civili e politici e impose una serie di obblighi,
per proclamare la superiorità della comunità dei credenti musulmani, la Umma.
L’Impero Ottomano era un vera e propria teocrazia. La Sharia era la legge civile
e religiosa fondata sul Corano e su altri testi sacri, è l’unica legge riconosciuta dai
tribunali, e la testimonianza di un cristiano contro un musulmano non è considerata
come valida. Gli armeni sono esonerati dalla vita politica dell’Impero. Per tutto il corso
dell’Ottocento il popolo armeno subì massacri, persecuzioni e umiliazioni sotto il
comando del Sultano. Tra il 1895 e 1896, il Sultano Abdul Hamid pianifica e fa seguire
il massacro di 200.000 armeni. Per il carattere sistematico e aggressivo di tali massacri,
questa tragedia prende connotati genocidari.
Nel 1908 si cerò una nuova organizzazione portata avanti dal partito Unione e
Progresso, per porre fine all’assolutismo dell’Impero Ottomano e stabilire un regime
costituzionale dei Giovani Turchi che avevano lo scopo di riformare e rimodellare
l’Impero e prometteva libertà, uguaglianza e diritti universali per tutti, tolleranza
religiosa, libertà di culto, diritti di proprietà per tutti, ma tutto ciò non si verificò, e
continuarono i disordini politici, le violenze e i soprusi contro le minoranze e le guerre
perpetrate con gli stati limitrofi.
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L’ideologia principale panturca del governo dei Giovani Turchi era determinata
a riformare lo Stato su una base nazionalista data dall’omogeneità religiosa ed etnica. Si
basava sulla convinzione che tutti i popoli turchi dovevano essere riuniti in un unico
stesso popolo ed in un unico stesso territorio. La popolazione armena era un ostacolo
per tale costituzione, avendo origine cristiana e degli ideali di diritto basati su stampo
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Y. Ternon, Lo Stato criminale, Milano, Corbaccio s.r.l., 1997, pp. 167-170
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occidentale. Il vero obiettivo degli ottomani era quello di sterminare la popolazione
armena per la loro entità religiosa, politica e culturale.
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Nel 1909 il radicalismo dei Giovani Turchi prende il sopravvento e furono
massacrati 30.000 armeni nella zone della Cilicia.
L’obiettivo dei Giovani Turchi era quello di aprire una strada al panturchismo in
Asia, perché è proprio lì che si trova l’avvenire della loro nazione.
La prima fase della conquista è l’Azerbaigian, nazione che confina da una parte
con la Russia e dall’altra la Turchia, abitata dagli armeni.
I giovani turchi sono convinti che il popolo armeno rappresenti un pericolo
mortale per il panturchismo.
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Fu questo il motivo che indusse lo Stato turco a perpetuare
il genocidio delle popolazione “nemica”, quella armena.
Tra il gennaio e l’aprile del 1915 iniziava l’atroce e il sistematico sterminio del
popolo armeno nel territorio dell’Impero Ottomano, 600.000 sudditi cristiani furono
vittime di una delle prime operazioni di genocidio del XX secolo.
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I soldati armeni
vennero disarmati, riuniti in gruppi ed sterminati sistematicamente. La notte del 25
aprile 2345 notabili armeni di Costantinopoli vennero arrestati. Tra il maggio e il luglio
dello stesso anno, gli armeni di sette province orientali (Erzerum, Bitlis, Van,
Diyarbakir, Trebisonda, Sivas e Kharput) vennero uccisi e massacrati direttamente sul
posto. Gli abitanti dei villaggi vennero assassinati a massa. Solo nella regione del Van
alcuni armeni riescono a rifugiarsi in Russia grazie all’avanzata dell’esercito.
Il metodo eliminazionista usato veniva perpetrato in sequenze, le popolazioni
delle cittadine venivano raggruppati, separavano gli uomini riunendoli in piccoli gruppi
nei dintorni delle città e infine uccisi.
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Donne, bambini e anziani, strappati dalle loro
case, vennero riuniti e deportati verso il deserto siriano, a volte in convogli ferroviari ma
nella maggior parte del casi a piedi. Molti morirono lungo il tragitto, per la fame, le
fatiche, il caldo e i maltrattamenti patiti da parte dei gendarmi che scortavano tali gruppi
diretti nei luoghi d’esilio. In tanti vennero uccisi lungo il cammino, altri ancora appena
arrivati a destinazione.
I criminali che eseguono tali massacri erano i paramilitari che operavano sotto il
comando del Comitato Unione e Progresso, il partito politico, che aveva preso il potere
dell’Impero Ottomano con un colpo di Stato militare nel 1913.
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Giunti al mese di agosto del 1915 i Giovani Turchi avevano già portato al
termine la prima parte del loro programma eliminazionista: non c’era più traccia degli
8
G. Perlasca, Genocidio Armeno, Il silenzio del giusto, Giusto delle nazioni,
http://www.giorgioperlasca.it/per-non-dimenticare/genocidio-armeno/.
9
Y. Ternon, cit. pp.171-172
10
A. Ferrara, Lo sterminio degli armeni ottomani, cento anni dopo, Il Mulino, Contemporanea/a.XIX n.1,
2016, p.147.
11
Y. Ternon, cit. p.174.
12
A. Ferrara, cit. p.147.
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armeni in quelle regioni in cui questo popolo era sopravvissuto a venti secoli di invasori
e conquistatori.
La seconda parte del piano di sterminio riguardava il resto dell’Impero ove si
trovavano ancora delle minoranze armene. Questa seconda parte del programma venne
applicata tra l’agosto del 1916 e il luglio del 1916. Nella fase finale il governo turco
evitò di assassinare le vittime direttamente sul posto, innescando un circolo di
deportazione, tramite dei vagoni ferroviari, verso la regione di Aleppo. I deportati
vennero ammassati in campi improvvisati, in condizioni disumane. Molti furono
mandati verso i deserti con lo scopo rifarli morire di stenti altri vennero rinchiusi e
bruciati vivi all’interno di alcune caverne.
Fu così che due terzi della popolazione armena dell’Impero Ottomano venne
sterminata.
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La storia della popolazione armena e del programma di sterminio dell’Impero
Ottomano rappresenta la fattispecie dell’intenzione criminale dello Stato dei Giovani
Turchi. L’attuazione dell’esecuzione dei crimini ha matrice genocidaria, perpetrato
contro individui appartenenti a un gruppo nazionale, etnico e religioso armeno.
Purtroppo, a differenza del caso della soluzione finale ebraica, non esistono
documenti che permettono di accertare con sicurezza il momento dell’attuazione
dell’atto di genocidio. Il governo turco negò ogni accusa di genocidio, giustifico le
proprie azioni necessarie per placare i movimenti rivoluzionari armeni.
L’ideologia negazionista turca si individua in tre questioni. La prima riguarda
l’anno del 1915, in cui il governo turco fa ricadere la responsabilità agli armeni che
hanno abusato della loro pazienza e tradito la loro fiducia, e accusati di aver perpetrato
un genocidio contro i turchi massacrando alcuni villaggi situati nel fronte orientale.
La seconda questione, la più importante perché contesta l’accusa di genocidio,
negando l’intenzione. Il governo turco ammette di aver dato vita alle deportazioni ed ai
massacri, ma nega la pianificazione di un programma di sterminio, nonché il crimine di
genocidio.
La terza, ed ultima questione, si basa su delle statistiche e le cifre delle vittime, il
governo turco riconosce che un terzo, se non addirittura più della metà, della
popolazione armena sia scomparsa. Ma secondo la Turchia gli armeni non sono mai
esisti nel territorio dell’Impero Ottomano, il governo turco non ha mai avuto
l’intenzione di eliminare il popolo armeno, viceversa furono gli armeni a premeditare un
genocidio contro i turchi.
Le tre questioni rappresentano l’assurda negazione dello Stato turco che si può
riassume in una formula “non è successo niente, e pertanto se lo sono meritato”.
13
Y. Ternon, cit. p.174.
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La comunità internazionale prenderà vera coscienza sulla nozione di “genocidio”
solo dopo l’esperienza nazista, ispirata dall’antisemitismo, dal razzismo e l’incarnazione
del Male assoluto.
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I.2. Il genocidio nazista.
Nell’Europa del 900’, conclusa la Prima guerra mondiale, si intensificavano in
molti paesi pensieri basati sul nazionalismo. Questo movimento, pian piano, andava
avanzando quasi in tutte le nazioni creando dei governi di stampo autoritario che si
riavvicinavano ai grandi regimi dittatoriali.
Gli ebrei essendo un popolo senza nazione, venivano considerati un corpo
estraneo ed erano, per lo più, visto come una grande minaccia.
I governi democratici tedeschi erano fragili, e la loro fragilità era causata
dall’efferato antisemitismo che prendeva forma all’interno di quel popolo di
quell’epoca.
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Allo stesso tempo, le teorie evoluzionistiche di Darwin e di Gobineau,
pretendendo di apportare un fondamento scientifico sulla teoria della diversità delle
razze umane, non fanno altro che rafforzare la convinzione della superiorità ariana,
alimentando ancor più l’odio razziale.
Le concezioni dell’ossessione della razza pura e la lotta per la vita tra le razze si
concretizzavano nell’ideologia dell’ignee razziale, che programmava una politica
fondata sulla selezione e sull’eliminazione delle razze, avendo un essenza genocidaria.
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La Repubblica di Weimar aveva un punto di vista sociale e culturale in cui si
incrementa un’ idea di igiene razziale, ma l’unico partito in grado di portare avanti tale
programma fu il partito nazionalsocialista, che ottenne un enorme successo nelle
elezioni del 1930. I nazional-socialisti furono in grado di sviluppare una politica
antisemita, in cui si rafforzò quell’ideale di primazia tra razze; garantendo la purezza del
sangue tedesco nei confronti delle razze inferiori, in una visione del tutto utopica sul
predominio nei confronti di quei gruppi umani marginali.
Grazie all’oppressione militare e con l’aiuto dello stesso presidente della
Repubblica, feldmaresciallo Paul von Hiendurg, il successo politico di Hitler si
sviluppava contemporaneamente in ambiti differenti, utilizzando la tattica legalitaria,
l’ordinamento militare, la propaganda e l’influenza del leader. Oltre alle organizzazioni
del partito nazional-socialista si crearono nuove strutture giovanili e organizzazioni di
massa per donne, studenti, professionisti e contadini ma soprattutto, di maggiore
14
Y. Ternon, cit. p.182-183.
15
N. Scialfa, Lo sterminio degli ebrei e la voglia di dimenticare, Roma, Sovera, 2003, pp. 46-47.
16
Y. Ternon, cit. p.127.
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importanza, furono create nel 1921 formazioni di tipo paramilitare come le S.A. (sezioni
di assalto) il cui, scopo principale era di annientare i militanti socialdemocratici e
comunisti.
Dopo di che, nel 1926 nacquero le S.S. (milizie di protezione) che discendevano
dalle S.A. ma inquadrate come guardia del corpo di Hitler.
Hitler aveva assunto la carica di cancelliere il 30 gennaio 1933, e così il
razzismo era diventato la politica ufficiale tedesca. Per Hitler aveva un ruolo
fondamentale la questione ebraica, come aveva già evidenziato già nel 1925 all’interno
del suo libro-programma Mein Kampf.
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Il tema principale della logica hitleriana era l’incessante lotta per il dominio del
più forte e l’interpretazione tra popolo e razza. Questa ideologia aveva spinto l’esercito
a espellere la componente ebraica dal territorio, applicando una politica di
“arianizzazione”; difatti, la croce uncinata (svastica) del partito nazionalsocialista aveva
assunto un grande significato simbolico-politico come suo emblema nazionale.
Tale simbolo era molto diffuso nell’Europa del XX secolo. Il simbolo veniva
associato a numero significati, tra i quali quello di “buona fortuna” e di buon auspicio”.
Il significato di tale simbolo muta con il lavoro di Schliemann dato dai
movimenti nazionali o popolari (movimenti völkisch) secondo i quali la svastica era il
simbolo dell’identità ariana e dell’orgoglio nazionalista tedesco.
Quest’ipotesi fu probabilmente una delle ragioni fondamentali per cui, nel 1920,
il partito nazista adottò la svastica come simbolo nazionale.
Adolf Hitler , nel suo libro programma Mein Kampf scrisse:
“Dopo innumerevoli esperimenti, ho trovato la forma finale: una bandiera a
sfondo rosso, un disco bianco e una svastica nera al centro. Dopo molte ricerche, ho
deciso le corrette proporzioni tra la grandezza della bandiera e quella del disco bianco e
la forma e lo spessore delle svastica.”
Fu così che la svastica divenne l’icona portante delle propaganda nazista,
presente non solo nella bandiera e in tutti i poster di propaganda elettorale ma anche su
bracciali, medaglioni e distintivi di organizzazioni militari. Un simbolo così potente da
suscitare orgoglio per gli ariana ma allo stesso tempo terrore per gli ebrei.
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Le folli ed estremiste idee di Hitler, dittatore della Germania, diventarono il
credo delle S.S., fu pubblicato un opuscolo dal quartier generale delle S.S. in cui
mostrava in che modo la popolazione mondiale ebraica era una minaccia per la
Germania e per tutta l’umanità, veniva presentata a costoro:
“Proprio come la notte si leva contro il giorno, proprio come la luce e le tenebre
sono eterni nemici, così il più grande nemico dell’uomo dominatore del mondo e
dell’uomo stesso. L’uomo inferiore, questa creatura che sembra biologicamente
assolutamente dello stesso genere, dotata dalla natura di mani, piedi e di una specie di
17
N. Scialfa, cit. p. 47.
18
United States Holocaust memorial museum, Enciclopedia dell’Olocausto, storia della svastica.
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cervello, con occhi e bocca, è non di meno una creatura completamente diversa e
spaventosa, è solo un tentativo di essere umano, con una faccia quasi umana, eppure con
una mente e uno spirito inferiori a quelli di qualche animale. Dentro questo essere un
crudele caos di passioni selvagge, sfrenate: un’indicibile volontà di distruzione, le più
primitive libidini, la più manifesta abiezione. Un essere inferiore, niente altro!…
L’essere inferiore non ha mai assicurato la pace, non ha mai concesso riposo… Per
conservarsi egli ha avuto bisogno dell’inferno, e non del sole. E questo inferno di esseri
inferiori ha trovato il suo capo: l’eterno ebreo!”
Erano tutte dichiarazione pubbliche fatte dal Füher, seguendo questo credo si
poteva arrivare soltanto al massacro.
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Le S.S. di Hitler, la notte del 30 giugno del 1934, nota come la “notte dei lunghi
coltelli”, trucidarono tutti i capi delle squadre di assalto e potenziali concorrenti politici.
Nessuno reagisce, e Hitler con l’appoggio dell’esercito, alla morte di Hindenburg ,
viene proclamato cancelliere e presidente.
Ottenendo tutto il potere in campo sia politico che militare, da quel momento sia
soldati che ufficiali giurano fedeltà ad Hitler. É nato il Terzo Reich.
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Per il tramite di tale apparato governativo e statale, si elimina progressivamente
ogni tipo di dualismo tra partito e non c’è distinzione tra burocrazia e esercito. Gli
organi dello Stato “discrezionale” non erano una componente a sé, ma una serie di
amministrazioni speciali che venivano condizionati direttamente da Hitler.
Le S.S. assunsero un ruolo fondamentale e di grande rilievo, e chi ne faceva
parte doveva dimostrare la purezza della loro “razza ariana”, rappresentando dunque
una compagine paramilitare onnipotente a cui venivano affidati compiti delicati come la
questione della “soluzione” del problema ebraico, l’oppressione violenta e sistematica
di ogni opposizione e la sorveglianza dei campi di concentramento.
La magistratura divenne così uno strumento del potere di Hitler e naturalmente
in Germania il nazismo reintrodusse la pena di morte. Il decreto del 28 novembre 1933
prevedeva misure repressive attuate con rigore spietato che miravano a terrorizzare
chiunque provasse ad opporsi. L'arresto politico inizialmente venne utilizzato contro
comunisti e i socialisti, e successivamente venne applicato per distruggere le
organizzazioni del movimento operaio.
Per l’elevato ed esagerato numero di persone arrestate, si pose il nuovo problema
del sovraffollamento delle carceri, così si pensò ad un altri luoghi di segregazione, in
base all’ “Ordinanza per la protezione del popolo e dello Stato” nel 1933 nacquero i
primi Lager (“campi”, cioè campi di concentramento).
I lager erano adoperati per lo sfruttamento degli internati, costringendo i
deportati ai lavori forzati in condizioni così disumane da ridurli, in pratica, in schiavitù,
ove il detenuto era destinato ad una segregazione permanente.
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N. Cohn, Licenza per un genocidio, Roma, Lit Edizioni, 2013, pp. 186-187.
20
N. Scialfa, cit. pp.52-53.