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Introduzione
“Un’ adeguata conoscenza dei contesti locali è un requisito imprescindibile per progetti
culturali aventi il territorio come ambito privilegiato d’intervento” (Citroni, 2010, p. 17). Data
questa premessa, le prossime pagine rendono conto degli aspetti emersi da una ricerca nata per
indagare i bisogni culturali di chi vive il territorio della Tremezzina, in considerazione della
proposta di apertura di un nuovo spazio culturale da parte di Cooperativa Sociale Azalea
1
.
L’onlus in questione, con sede a Tremezzo (CO), ha di fatto coinvolto l’autore nella definizione
di un progetto di ricerca al fine di indagare i bisogni percepiti dalla popolazione del territorio.
Scopo di Cooperativa Azalea è quello di valutare la reale sostenibilità della realizzazione di uno
spazio di aggregazione finalizzato a promuovere il benessere culturale dei residenti. I dati
raccolti e analizzati all’interno dell’indagine contribuiranno ad orientare le scelte di
Cooperativa Azalea in materia di investimenti e progettazione di attività ed eventi culturali.
A partire da questi obiettivi, l’indagine si concentra sul rapporto tra le persone e l’ambiente
in cui vivono. Nello specifico, la ricerca esplora il concetto di esperienza spaziale attraverso il
bisogno di cultura; all’interno del quadro teorico costituito dall’approccio alla sociologia
spazialista di Simmel e dagli studi sul cognitive mapping, con attenzione in particolare al
contributo di Lynch, si riflette sulla relazione tra percezione del contesto di vita quotidiana e
bisogno percepito di cultura. L’oggetto d’indagine è dunque rappresentato dalle interpretazioni
dei soggetti intervistati riguardo al loro contesto quotidiano e alle possibilità di aggregazione
culturale che in esso hanno luogo. L’ipotesi che si intende verificare è la seguente: certe
caratteristiche del territorio predispongono le condizioni che rendono possibile un certo modo
di percepire il bisogno di partecipazione culturale. Inoltre, in considerazione del contesto
indagato e del quadro concettuale di riferimento, è stato ritenuto appropriato porsi un obbiettivo
secondario, relativo al tema dell’applicabilità delle categorie di Lynch ad una realtà rurale come
la Tremezzina. La ricerca è strutturata nel seguente modo. La prima parte è dedicata alla
presentazione del quadro teorico di riferimento. Successivamente viene presentato il disegno di
ricerca: gli interrogativi che hanno guidato il lavoro, le procedure che sono state seguite per
rispondere a tali interrogativi e il caso oggetto di studio. Infine, vengono illustrati i risultati
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La Cooperativa Sociale Azalea, con sede in Via Martiri della Patria 2b, 22016, Tremezzo (CO), è un ente
privato senza fini di lucro e attivo nel settore dei servizi per le persone nca. È nata nel 1987 come centro per ragazzi
con disabilità intellettuali, attualmente conta 40 soci tra lavoratori e volontari, gestisce un centro socioeducativo
nel comune di Tremezzina, offre attività di sostegno nelle scuole del territorio per conto del comune e collabora
con 2 case-famiglia di comuni limitrofi. Il presidente della cooperativa, Ferrari Pierantonio, è il tutor aziendale che
ha garantito per lo studente. https://coop-azalea.com/chi-siamo/
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ottenuti dall’analisi del materiale empirico raccolto e le riflessioni conclusive a cui l’indagine
ha portato.
Nel primo capitolo ci si concentra sull’approccio utilizzato da Simmel nel configurare il
rapporto spazio-società. In particolare, il capitolo si sofferma sulla definizione dello spazio
come “apriori logico e percettivo” (Mandich, 1996, p. 3). Tale definizione permette a Simmel
di considerare la dimensione spaziale “non come qualcosa di cui si fa esperienza, ma come un
modo di fare esperienza” (Ibidem). In questo modo, l’autore non considera mai lo spazio come
un elemento oggettivo, ma piuttosto come “un’attività dell’anima, contemporaneamente
condizione e simbolo dei rapporti tra gli uomini” (Ibidem). La concezione dello spazio come
apriori loico e percettivo viene esplorata a partire dalla definizione di quest’ultimo come
“possibilità dell’essere insieme” (Simmel, 1998, p. 525). Questa qualità generale viene
successivamente analizzata rispetto a determinate caratteristiche dello spazio: esclusività,
esistenza di confini, fissazione, vicinanza e lontananza, mobilità. Queste rappresentano,
secondo Simmel, altrettante modalità di fare esperienza dello spazio che danno origine a
configurazioni spaziali specifiche. Infine, l’esperienza spaziale degli individui viene
considerata in relazione ad alcune caratteristiche del mondo moderno, in particolare la
dimensione dell’intellettualità.
Il secondo capitolo riprende il tema del rapporto tra gli individui e il loro contesto
esistenziale nelle ricerche sul cognitive mapping. Il capitolo ripercorre brevemente l’origine di
questi studi, insita nella “differenza tra ambiente reale e ambiente percepito” (Agustoni, 1994,
p. 60). In seguito, ci si concentra sul concetto di mappa mentale. Quest’ultima viene definita
come l’immagine soggettiva che ciascun individuo produce del proprio ambiente di vita
quotidiana: “a mental map is a unique, personal and selective representation of reality”
(Sulsters, 2005, p. 15). A partire dal lavoro di Kevin Lynch, che si concentra sulla rilevanza
pratica delle rappresentazioni mentali, si procede nell’analisi di ulteriori aspetti: la natura
collettiva delle mappe, le variabili che concorrono alla loro formazione e l’importanza di
quest’ultime nella definizione di un’identità collettiva. Infine, si prende in considerazione
l’elemento centrale del lavoro di Lynch, le categorie che l'autore si propone di fornire per
interpretare le immagini mentali di un soggetto inserito nello spazio urbano. Secondo Lynch,
infatti, gli elementi di cui i soggetti si servono per la costruzione di un'immagine della città
possono essere raggruppati in cinque categorie: i percorsi, i margini, le zone, i nodi e i
riferimenti.
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Il terzo capitolo è dedicato ad una breve rassegna della letteratura che esamina il fenomeno
dello sprawl urbano. Questo lavoro è necessario ai fini di giustificare l’utilizzo di concetti e
categorie solitamente associati all’ambiente urbano, nell’ambito di una ricerca che si concentra
sull’area rurale della Tremezzina. Si procede quindi, all’interno del capitolo, ad osservare le
ragioni e le modalità attraverso le quali, dagli anni ’70 in particolare, l’organizzazione
insediativa di molte città e territori europei si è notevolmente trasformata, determinando
l’insorgenza di “nuove morfologie urbane e territoriali, nuovi paesaggi a bassa densità
insediativa” (Fregolent, 2012, p. 8). Questi processi di dilatazione dello spazio abitato hanno
portato ad una progressiva “commistione tra il rurale e l’urbano” (Esposito, 2010, p. 64)
rendendo, di fatto, sempre più difficile riconoscere fenomeni sociali non-urbani (Chiodi, 2012,
p. 25) e sempre più evidente la contaminazione tra gli stili di vita urbani e rurali.
Il quarto e il quinto capitolo riguardano rispettivamente la presentazione del disegno di
ricerca e l’analisi del materiale empirico. L’indagine si basa su un lavoro di raccolta del
materiale empirico nel territorio rurale della Tremezzina, area costiera sulla sponda occidentale
del lago di Como. Si tratta di un’area a bassa densità insediativa e caratterizzata da un’antica
vocazione al turismo paesaggistico. In considerazione degli obiettivi di ricerca, è stato ritenuto
opportuno procedere attraverso il metodo dell’intervista discorsiva guidata. I soggetti
intervistati sono 24, selezionati in modo da costruire, nei limiti dell’indagine, un campione
rappresentativo della popolazione della Tremezzina. Le interviste, analizzate all’interno del
paradigma interpretativo, costituiscono la base empirica da cui è tratta l’analisi dei risultati.
Quest’ultima, seguendo una sorta di grigli analitica, viene divisa in unità tematiche: la
quotidianità degli/delle intervistati/e, la loro percezione del contesto, la mentalità diffusa tra gli
abitanti della Tremezzina, le opportunità culturali e di aggregazione presenti sul territorio e la
partecipazione culturale dei soggetti intervistati. Nelle note conclusive si tenta di definire in
quale misura è stato possibile rispondere agli interrogativi iniziali. In particolare, rispetto al
principale interrogativo di ricerca, emerge il fatto che ad un quadro generale di area
svantaggiata corrisponde comunque un buon livello di soddisfazione da parte di chi abita in
Tremezzina. Le interviste descrivono la presenza di diverse problematiche di natura concreta,
motivo per cui nella maggior parte dei casi il bisogno di cultura tende ad essere spostato in
secondo piano. In ogni caso, a loro volta gli elementi di criticità del territorio sembrano
compensati dalla bellezza paesaggistica dell’area. Infine, a partire da alcuni risultati emersi
dall’analisi delle interviste, vengono presentate alcune ipotesi di sviluppo futuro.
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1. La sociologia spazialista nel contributo di Georg Simmel
In Lo spazio e gli ordinamenti spaziali della società (1908)
2
, Simmel esordisce nel seguente
modo: “tra le degenerazioni più frequenti dell’impulso causale dell’uomo rientra il considerare
certe condizioni formali senza le quali non possono avere luogo determinati avvenimenti come
cause positive, produttive degli stessi” (Simmel, 1998, p. 523). Oltre alla potenza del tempo,
l’autore parla dell’importanza dello spazio. Quello che Simmel intende dire è che spesso si
commette l’errore di considerare la forma spaziale dei fenomeni sociali come causa, fattore
produttivo degli stessi. Per Simmel, le attività sociali non possono svolgersi a prescindere dallo
spazio. Quest’ultimo rappresenta una condizione necessaria: “gli imperi non possono avere
un’estensione, gli uomini non possono essere vicini o lontani tra loro senza che lo spazio vi
imprima la sua forma” (Ibidem). Tuttavia, ciò non significa che i fenomeni sociali si originano
all’interno dello spazio. Quest’ultimo definisce la possibilità di manifestarsi, di prendere forma,
ma i contenuti di queste forme si originano altrove: “un grande impero è costituito non già da
un ambito geografico di un certo numero di miglia quadrate, bensì dalle sue forze psicologiche
che tengono politicamente insieme gli abitanti di tale territorio da un punto centrale dominante.
Non è la forma di una vicinanza o di una distanza spaziale a creare i fenomeni particolari del
vicinato o dell’estraneità, per quanto incontrovertibile ciò possa sembrare. Anche questi sono
invece fatti prodotti unicamente da contenuti psichici” (Ivi, p. 524). L’interesse sociologico non
deve riguardare lo spazio in quanto tale; non è quest’ultimo, infatti, a rivestire un significato
speciale. Piuttosto, seguendo Simmel, l’attenzione deve essere rivolta alle particolari
configurazioni dei fenomeni sociali. Pur apparendo qualcosa di dato naturalmente, lo spazio
esiste in quanto “fatto sociologico definito da dati psichici” (Catalano, 2010, p. 196); esso si
crea in virtù delle rappresentazioni degli individui. Simmel concepisce lo spazio come
“un’attività dell’anima” (Simmel, 1998, p. 524), perciò può essere considerato “non come un
elemento esterno, un dato del mondo oggettivo di cui si fa esperienza, ma come un modo di
fare esperienza” (Mandich, 1996, p. 4).
Lo spazio in quanto fatto socialmente costruito non è una novità introdotta da Simmel. Già
Durkheim considera lo spazio (e il tempo) come categorie della conoscenza, rappresentazioni
della collettività che dipendono dalla maniera in cui questa è costituita e organizzata, dalla sua
morfologia, dalle sue istituzioni morali ed economiche. (Ivi, p. 5). Tuttavia, l’approccio
2
Capitolo nono di Sociologia (1908).
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spazialista di Simmel si discosta dalla tradizione sociologica prevalente. Per comprendere il
significato che Simmel attribuisce alla dimensione dello spazio, è necessario partire dalla
definizione di quest’ultimo come “apriori logico e percettivo” (Ibidem). Pur essendo una
funzione psicologica del tutto individuale (Simmel, 1998, p. 524), la rappresentazione dello
spazio procede, infatti, a partire da determinate categorie che vengono associate
all’immediatezza dello spazio stesso. Si tratta di specifiche qualità apriori che, secondo Simmel,
determinano tanto l’organizzazione fisica dello spazio quanto quella sociale. Il pensiero di
Simmel sullo spazio è influenzato dall’eredità kantiana. È nella capacità relazionale che
quest’ultimo individua la caratteristica basilare dello spazio in quanto apriori. Kant, per
l’appunto, definisce lo spazio come "la possibilità dell'essere insieme" (Simmel, 1998, p. 525).
A sua volta, Simmel tende a rappresentare lo spazio come una forma vuota, “in sé priva di
efficacia” (Ivi, p. 524), che si modifica e acquista significato nel momento in cui viene riempita
dall’azione reciproca degli individui. Lo spazio, di per sé vuoto e nullo, diventa qualcosa,
assume significato in quanto rende possibile l’interazione tra gli individui. In quanto “luogo
fondativo della società” (Mandich, 1996, p. 4); lo spazio traduce e incarna i fenomeni sociali.
È a partire da questo presupposto che si può comprendere l’originalità e l’innovazione
dell’approccio alla sociologia spazialista di Simmel.
Oltre a riconoscere la dimensione di costruzione sociale dello spazio, Simmel si pone in
un’ottica ulteriore. Egli cerca di capire in che modo le caratteristiche a priori dello spazio
indirizzano le attività sociali. Si è detto che per Simmel, lo spazio è “di per sé inefficace e tale
rimarrebbe se non venisse riempito dall’azione degli individui” (Catalano, 2010, p. 197).
Tuttavia, sarebbe un errore pensare di poter osservare e comprendere i fenomeni sociali a
prescindere dallo spazio. In sostanza, nella sociologia di Simmel, “lo spazio non è, di per sé,
una forma, ma produce forme nello strutturare i rapporti di interazione” (Mandich, 1996, p. 4).
Ciò significa che, qualunque sia il contenuto di questi rapporti, è all’interno dello spazio che
essi vengono definiti. Secondo Simmel, “le forme spaziali sono quelle configurazioni di
relazioni sociali che trovano nello spazio la loro concretizzazione” (Ibidem). Lo spazio viene
quindi considerato per il modo in cui influenza le relazioni sociali, non solo per come ne è
determinato. È questo il tratto innovativo dell’approccio di Simmel, la concezione dello spazio
come “insieme condizione e simbolo dei rapporti sociali” (Ivi, p. 6). Il fascino della sociologia
spaziale di Simmel risiede, secondo Mandich, nella capacità dell’autore di dare valenza
esplicativa a questa dimensione senza mai cadere nella trappola del determinismo spaziale. Lo
spazio, di per sé, non è per Simmel “un fattore di spiegazione sociologica” (Ivi, p. 8). Piuttosto,
8
spiega l’autrice, esso deve essere considerato come una precondizione attraverso la quale si
esprimono alcuni fenomeni sociologici. Per comprendere: le forme spaziali vengono definite
da Simmel come “l’incarnazione in termini spaziali di modalità specifiche di relazione tra gli
uomini” (Ivi, p. 7). Inoltre, prosegue l’autrice, sono queste stesse modalità ad attribuire un
significato allo spazio. Il confine, ad esempio, “non è un fatto spaziale che ha conseguenze
sociologiche, ma un fatto sociologico che si forma spazialmente” (Ibidem). In sostanza,
nell’analisi di Simmel, lo spazio esiste anzitutto nella mente, nell’esperienza e nelle
rappresentazioni di ciascuno degli individui che se ne riconoscono membri (Agustoni, 2007, p.
27). Nonostante ciò, l’insistenza sui significati spaziali delle cose e dei processi è giustificata
dal fatto che, in un gran numero di casi, è proprio attraverso l'osservazione della dimensione
spaziale di un fenomeno che alcune caratteristiche del fenomeno stesso vengono meglio messe
in evidenza. (Mandich, 1996, p. 7). È in quest’ottica che l'analisi di Simmel verte sul significato
che le condizioni spaziali rivestono per i fenomeni sociali, cioè sul modo in cui alcune
caratteristiche dello spazio influiscono sulla configurazione delle relazioni. A questo proposito,
Simmel individua una serie di attributi dello spazio come apriori logico e percettivo. Questi
corrispondono ad altrettante modalità di fare esperienza dello spazio.
La prima qualità apriori che Simmel definisce è “l’esclusività” (Ivi, p. 8): “c’è soltanto un
unico spazio generale, di cui tutti gli spazi particolari costituiscono i pezzi, e così ogni parte
dello spazio ha una specie di unicità per la quale non esiste praticamente analogia” (Simmel,
1998, p. 525). Lo stato rappresenta l’esempio più evidente di esclusività, “territorio esclusivo
per eccellenza” (Catalano, 2010, p. 197). A conferma del concetto di esclusività, Simmel pone
l’esempio antitetico, rappresentato dalla chiesa. Quest’ultima, in quanto “formazione spaziale”
(Simmel, 1998, p. 525), non ha alcuna relazione con lo spazio. Proprio per questo, la chiesa “si
estende al di là di ogni spazio e non ne esclude nessuno” (Ibidem). Tra lo Stato e la Chiesa si
inseriscono dei fenomeni intermedi, ad esempio la città. Tuttavia, la relazione di esclusività con
lo spazio individuata dalla città non è altrettanto assoluta quanto quella dello stato. Questo
perché: “l’ambito di importanza e di efficacia di una città, all’interno di uno stato, non termina
al suo confine geografico, ma si estende in maniera più o meno percepibile, con riflessi
spirituali, economici, politici, a tutto il paese” (Ibidem).
Un secondo apriori è costituito dalla “liminalità” (Catalano, 2010, p. 198). Simmel ricorre
alla metafora della cornice per un’opera d’arte. Allo stesso modo, la cornice per un gruppo
sociale esercita una funzione estremamente importante: garantisce la stabilità del gruppo stesso
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e contribuisce a definire l’interazione al suo interno in modo specifico. La funzione del limite
sta dunque “nel consentire agli individui di rappresentare lo spazio occupato come coerente,
unitario, interiormente coeso” (Ibidem). Il confine per Simmel ha quindi un significato simile
al concetto di frame per Goffman. Come il frame “è un principio di organizzazione
dell’esperienza, è un modo di ritagliare la realtà per interpretare il senso degli avvenimenti”
(Mandich, 1996, p. 9); così il confine costituisce “un modo di ritagliare lo spazio attraverso il
quale si dà senso alle attività sociali” (Ibidem). Simmel sottolinea la predominanza dei confini
ideali su quelli reali, poichè sono i primi a fare da collanti per i secondi: “il principio idealistico
secondo cui lo spazio è una nostra rappresentazione, o più esattamente si crea in virtù della
nostra attività sintetica, con la quale elaboriamo il materiale delle sensazioni, si specifica qui
nel senso che la configurazione spaziale che chiamiamo limite è una funzione sociologica”
(Simmel, 1998, p. 531)
3
.Ciò non significa, precisa l’autore, negare che molto spesso la
posizione di confini psicologici trova un’agevolazione e accentuazione in alcune limitazioni
naturali del territorio, né tantomeno rifiutare la componente spaziale intrinseca al concetto di
confine. Significa, piuttosto, considerare il limite spaziale come “cristallizzazione o
spazializzazione” (Ivi, p. 531) dei processi di delimitazione psichica
4
. Per il sociologo tedesco,
il confine rappresenta il perfetto esempio di come un fatto sociologico possa trovare nello spazio
la possibilità di realizzarsi. Inoltre, Simmel parla di ristrettezza o ampiezza della cornice.
Queste, non necessariamente corrispondo alle dimensioni del gruppo; piuttosto, esse dipendono
dal grado di differenziazione delle società: “il modo in cui le società mutano nel tempo dipende
anche dall’ampiezza spaziale; dal fatto che le società moderne siano più ampie e differenziate
consegue la maggiore necessità di limitazioni spaziali entro queste. Queste influenzano le
tensioni e i rapporti di reciprocità nello spazio limitato all’interno del gruppo e la sua capacità
di continuità generazionale nel tempo” (Catalano, 2010, p. 198).
3
Simmel non è il primo a sostenere che i confini sono una costruzione sociale. Sul finire del XIX sec., il
geografo Elisée Réclus (1830-1905) scrive: “ogni società […] produce tutta una serie di confini che identificano
luoghi, cioè separano tra loro diverse zone. Grazie al confine è possibile generare forme di identità stabile; i confini,
da un lato, ci limitano, ma consentono anche di creare sistemi di aspettative, costruire dei filtri che ci permettono
di mantenere un certo ordine nell’ambito della nostra normalità quotidiana” (Agustoni, 2000, p. 31).
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“In virtù dell’articolazione della sua superfice lo spazio garantisce spesso suddivisioni che colorano in
maniera singolare le relazioni degli abitanti tra di loro e con i soggetti che stanno al di fuori. L’esempio più noto
è quello degli abitanti delle montagne con la loro caratteristica congiunzione di senso della libertà e di
conservatorismo, di rudezza nel comportamento reciproco e di attaccamento appassionato al suolo, che tuttavia
crea tra di loro un legame eccezionalmente forte. Nelle valli montane il conservatorismo si spiega molto
semplicemente in base alla difficoltà dei rapporti con il mondo esteriore e alla conseguente mancanza di stimoli al
cambiamento” (Simmel, 1998, p. 530).