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INTRODUZIONE
L’elaborato ha l’ambizioso obiettivo di esaminare la formazione della democrazia liberale
e della sua esasperazione: l’illiberalismo; un focus sarà dedicato al significato della
democrazia, scontato ai giorni nostri ma di particolare rilevanza al fine di apprendere le
controversie – moderne e non – che si sono generate attorno al termine nel corso dei
secoli. È in particolar modo interessante la mancata definizione della democrazia, che
sarà sostituita da un’elencazione di ciò che la democrazia non è. Infatti, come Sartori ha
delineato, non è tanto la dittatura ad essere la contrapposizione della democrazia, quanto
l’autocrazia: l’auto-investitura, il proclamarsi capo da sé; è il contraddittorio perfetto in
quanto pone l’accento sul principio di legittimità del potere e sull’essenza della
democrazia liberale moderna, ovvero poter scegliere i propri governanti attraverso il voto.
È, infatti, proprio attraverso il voto – a suffragio universale – che si può iniziare ad
esaminare i caratteri che una democrazia deve garantire per essere ritenuta tale: dopo il
voto, seguono le elezioni politiche libere, competitive e ricorrenti, in modo tale da
legittimare il potere dal basso verso l’alto, e non viceversa – altrimenti si sfocerebbe in
un’autocrazia, appunto -, successivamente la democrazia deve garantire la presenza di più
di un partito politico e, infine, la presenza di più fonti libere d’informazione.
Per racchiudere i concetti espressi fino ad ora l’elaborato porrà all’attenzione un ulteriore
focus: la libertà. È un errore comune, ai giorni d’oggi, utilizzare in maniera
interscambiabile i concetti di democrazia e di libertà; l’errore risiede nel fatto che non
sempre quando si conquista la l’indipendenza, allo stesso modo si conquisti la libertà – le
rivoluzioni europee ne sono un esempio. La libertà, in seno ad una democrazia liberale,
significa che un individuo è libero di scegliere, quindi di poter esprimere un’opinione
senza che gli venga impedito. È sicuramente un concetto che nel XXI secolo si da per
scontato, ma non bisogna dimenticare che, nemmeno cento anni fa, nel nostro stesso
territorio questa libertà fu impedita dal fascismo, e riconquistata solamente dopo la
Seconda guerra mondiale. È proprio in seguito alla Seconda guerra mondiale che la
democrazia liberale fiorisce nel mondo, arrivando a trentasei democrazie complessive in
confronto alle dodici pre-conflitto; ciò non deve far adagiare sugli allori, in quanto con
l’aprirsi del XXI secolo la democrazia liberale sembra perdere attrazione, a scapito di un
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altro fenomeno antico che si è riaffacciato recentemente sul continente Europeo: il
populismo.
Così come la democrazia, anche il populismo non ha una definizione precisa ma solo
delle caratteristiche che lo rendono riconoscibile da altre forme; questi elementi poggiano
sulla protesta contro le élite al governo, sulla rivendicazione di un ruolo centrale per il
popolo e sulla presenza di un leader populista carismatico. Si noterà nell’elaborato di
come questa sua generalità sia una lama a doppio taglio, in quanto il populismo è capace
di abbracciare sia ideologie di destra sia di sinistra, nonostante in Europa sembra avere
più successo la prima, ponendo così in allarme su due fronti l’Unione Europea e la sua
democrazia liberale, su cui poggiano i valori fondanti dell’organismo stesso.
Riferendosi ad un ruolo centrale per il popolo, il populismo non si riferisce all’insieme di
tutti i cittadini di un territorio, ma a solo una parte di essi, che viene denominato come il
“popolo giusto”, illuminato da un leader carismatico che lo mette in contrapposizione al
“popolo sbagliato”, soggiogato dalle élite; sarà proprio la convinzione di essere dalla parte
esatta del popolo che fomenterà tutte le forme di organizzazione politiche che poggiano
su una convinzione dualistica: se si fa parte dell’élite, allora si è corrotti e colpevoli di
sfruttare il potere a proprio vantaggio; se si fa parte dell’opposizione, allora si è
incolpevoli in quanto non si ha quel tipo di potere.
Questo tipo di ragionamento è estremamente pericoloso, in primis per il risvolto sociale
che porterà, sottolineando e approfondendo le crepe preesistenti della società; in secondo
luogo avrà un risvolto negativo sulla visione dei cittadini della politica, diventata
soprattutto agli occhi dei più giovani come un apparato corrotto e privo di interesse –
probabilmente, fra tutti i risvolti negativi del populismo, questo è il più grave, siccome si
generano cittadini disinteressati alla politica e all’elezione dei propri governanti,
favorendo così l’ascesa di uomini, o donne, con l’intenzione di smantellare gli apparati
democratici al fine di incentrare tutto il potere nelle loro mani.
Bisogna però riconoscere le proprie colpe: la crisi della democrazia liberale è dovuta in
particolar modo dalle risposte inefficienti che ha fornito durante le due crisi avvenute nel
XXI secolo: la crisi migratoria e la crisi economico-finanziaria. È infatti evidente come il
populismo prolifichi solo in situazioni di crisi, in quanto nei momenti di prosperità i
cittadini non hanno bisogno di un’alternativa ad una situazione che li fa stare bene, mentre
la ricercano nei momenti in cui sorgono le difficoltà.
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La realizzazione di populismi la si ritrova nella stessa Unione Europea, dove Polonia e
Ungheria guidano e illustrano come si può creare una democrazia illiberale – oppure,
possiamo dire come si può distruggere una democrazia liberale. La Polonia di Jarosław
Kaczyński ha minato, e continua a minare, l’autorità del potere giudiziario polacco,
sostenendo una riforma dell’intero apparato nominando sostenitori del proprio partito –
Diritto e giustizia – nella composizione della Corte costituzionale, danneggiando così il
principio di indipendenza. In questo modo, la Corte costituzionale ha potuto approvare
una riforma particolarmente sentita dagli ultra-cattolici di Diritto e giustizia: la quasi
totale abolizione della legge sull’aborto; se già prima i casi in cui l’aborto era consentito
erano esigui – solo quattro: quando la gravidanza mette a rischio la vita della madre,
quando la gravidanza è il frutto di uno stupro o di un incesto, quando il feto è dichiarato
come irrimediabilmente danneggiato e quando durante una procedura di emergenza è
necessario l’aborto per salvare la vita della madre – con la riforma del 27 gennaio 2021 i
casi diminuiscono, impedendo l’aborto nel caso in cui il feto sia irrimediabilmente
danneggiato.
Non da meno è stata l’Ungheria di Viktor Orbán, creatore del termine “democrazia
illiberale”. In maniera simile al partito Diritto e giustizia, anche Fidesz ha iniziato il
cammino verso la forma ibrida con un attacco al potere giudiziario: infatti, ha smantellato
l’autonomia della Corte costituzionale, eleggendone sette dei quindici giudici, e forzando
la pensione dei giudici di sessantadue anni. Fidesz si è spinto poi verso la comunicazione,
chiudendo la quasi totalità di radio e giornali indipendenti, lasciando in circolazione
solamente informazioni a sostegno del partito.
A riguardo l’elaborato fornirà una prova visiva di quanto sta accadendo negli ultimi dieci
anni alla democrazia europea, dimostrando come – attraverso l’Indice di Democrazia –
Polonia e Ungheria stiano sempre di più calando rispetto alla media di democrazia
europea, raggiungendo anno dopo anno una situazione di non ritorno preoccupante.
Quest’ultimo scenario sancisce la conclusione dell’elaborato, che porrà l’enfasi su cosa
l’Unione Europea possa effettivamente fare per contrastare la presenza degli illiberalismi
ungherese e polacco. L’Unione si è ritrovata ad affrontare negli ultimi dieci anni tre grandi
crisi: la crisi finanziaria del 2010, la crisi migratoria del 2013 e la pandemia da Covid-19
nel 2020, che hanno dato terreno fertile ai populismi di prolificare e danneggiare la
democrazia liberale. Nonostante le critiche nei confronti dell’operato dell’Unione
Europea da parte dei populismi, esse si riducono a mere parole quando si tratta di recepire
i finanziamenti europei, a dimostrazione che il populismo sembra essere forte con i deboli
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– il proprio popolo, paradossalmente – e debole con i forti – l’Unione Europea.
Sarà probabilmente proprio la minaccia di ripercussioni economiche che farà riallineare
i comportamenti illiberali, siccome gli strumenti giuridico-politico come la procedura
d’infrazione e l’attivazione dell’art.7 TUE non sembrano aver acuito effetti concreti nei
comportamenti ungheresi e polacchi, ma ciò non deve far abbassare la guardia:
occupandosi solamente dell’aspetto economico, l’Unione Europea rischia di tornare
indietro alla Comunità economica, lasciando così libero arbitrio nei settori politici,
giuridici e sociali degli Stati membri; è di facile intuizione prevedere che l’illiberalismo
sperimenterebbe la sua forma massima in questo contesto.
A questo proposito, sarà compito dell’elaborato ricordare di come la democrazia si sia
evoluta in conseguenza delle proprie crisi, in una forma dialettica hegeliana: la
democrazia (la tesi), genera la sua antitesi (la democrazia illiberale), per poi superarla
nella sintesi, che solo il tempo stabilirà.
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PRIMO CAPITOLO
Ascesa e declino della democrazia rappresentativa
1.1 Il lungo cammino della democrazia rappresentativa
Sarebbe frettoloso ed inesatto inquadrare la nascita del termine “democrazia” in un’epoca
e in un luogo preciso. Invece, per quanto riguarda la sua origine etimologica, possiamo
collocarla nell’Antica Grecia. La parola “democrazia” fu coniata per definire il governo
di Atene e racchiude in sé due nozioni: “Démos”, il popolo, e “Krátos”, il governo. In
questo modo, gli ateniesi definirono il loro governo come quello del popolo. La
derivazione etimologica del termine serve a farci capire che la democrazia non è l’opposto
della dittatura – come invece è possibile pensare a seguito delle due guerre mondiali –
quanto invece opposto dell’aristocrazia
1
, del comando per definizione “dei migliori”.
Così come la sua origine varia ed incerta, allo stesso modo il significato di “democrazia”
è ancora oggi difficile da interpretare; questo perché quando ci riferiamo all’idea e al
concetto di democrazia, facciamo riferimento ai princìpi cardini della stessa che si sono
andati affermando nella seconda metà del XX secolo in Europa e che sono alla base delle
Costituzioni contemporanee. Quali sono dunque questi princìpi che ci consento di
affermare che uno Stato è democratico?
Innanzitutto, il suffragio universale, conquista che in Europa si realizza in tempi recenti,
cioè solo nel XX secolo. Alcuni Stati europei giungono al suffragio universale nel primo
dopoguerra, come la Gran Bretagna (1918) e la Germania (1919), mentre altri Stati vi
giungono nel secondo dopoguerra, come l’Italia (1945). Eccezione europea è la Finlandia,
che introdusse il suffragio universale già nel 1906.
Una volta constatata la presenza del suffragio universale, bisognerà verificare se le
elezioni politiche sono libere, competitive e ricorrenti; tutti questi elementi sono necessari
affinché il potere possa essere effettivamente attribuito dal basso verso l’alto, e non
1
G. Sartori, Democrazia: Cosa è, Milano, Rizzoli Libri S.p.A., 1992, pagina 13.