Introduzione
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Il presente elaborato di tesi si occupa dello studio ed analisi delle aree industriali
dismesse soffermandosi sui processi attuati per il loro recupero e riqualificazione. Sono
state effettuate indagini su contesti urbani fortemente consolidati, che contengono al
loro interno tracce appartenenti a fabbricati industriali oggi in disuso, e ne è emerso
come questi costituiscano originali trame urbane da reinterpretare, riqualificare e
riutilizzare. Il progetto di rifunzionalizzazione diviene una metodologia d’intervento che
richiede approcci, sensibilità e strumenti adeguati, che spazi da uno studio urbanistico
a quello architettonico, dalla verifica del sistema tecnologico e strutturale a quello
sociale.
Dagli anni ’80 del secolo scorso, si diffuse in maniera esponenziale il processo di
decentralizzazione e di trasformazione del sistema produttivo industriale ha
determinato il degrado e la dismissione di ampie aree urbane e la conseguente
formazione di grandi vuoti. Le città nel periodo post-industriale hanno dovuto
affrontare la necessità di ripensare la destinazione e le funzioni di enormi spazi lasciati
liberi dalla delocalizzazione dei grandi insediamenti industriali che, se da un lato in
passato hanno conferito identità sia alle persone che ad intere aree all’interno delle
città, dall’altro la loro scomparsa ha contribuito ad un impoverimento simbolico ed
economico, che può essere superato solamente da importanti operazioni di
riqualificazione del sistema produttivo, ma anche urbanistico, cercando di attribuire
un nuovo ruolo strategico in grado di creare valore.
In questa visione, luoghi simbolici ma in disuso da tempo ritornano ad essere parte di
un ecosistema urbano teso ad incentivare la contaminazione tra diversi settori
produttivi, dell’economia e della sfera sociale urbana ed a generare nuove
integrazioni tra i cittadini.
Il recupero di tali aree costituisce oggi un problema di rilevante interesse ed
importanza, rappresentando opportunità indispensabili ai fini di uno sviluppo urbano
sostenibile, che permetta la riqualificazione di porzioni del tessuto urbano consolidato
delle città, rese vuote e prive di significato a causa della chiusura di attività produttive.
Il passaggio ad una globalizzazione dell’economia ha portato ad un mutamento delle
condizioni sociali, politiche, economiche e tecnologiche influenzando l’assetto urbano
di intere città.
Introduzione
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Questi grandi cambiamenti hanno inciso, e tutt’oggi incidono profondamente,
sull’articolazione e sull’organizzazione delle città industrializzate, spingendo alla
ricerca di nuove forme di politica urbana e di pianificazione strategica per intervenire
sul territorio.
Il patrimonio industriale e storico, che verte ormai in un forte stato di degrado ed
abbandono, rappresenta in ogni caso, per la vasta superficie e per le sue qualità
fisiche ed ambientali, un’area con ampio potenziale di sviluppo economico e sociale.
Le nuove importanti questioni riguardanti l’emergenza climatica, la sostenibilità
ambientale, l’attenzione all’uso ed alla conservazione delle risorse ambientali sempre
più scarse sul pianeta, tra cui il suolo, influenzano le dinamiche di pianificazione delle
città, privilegiando il riutilizzo di parti abbandonate e vuoti urbani. Si evince quindi la
necessità di pensare a dotarsi di nuovi strumenti urbanistici in grado di contribuire ad
un’evoluzione moderna delle città, sottolineando i caratteri di socialità, sostenibilità
ed innovazione. Il futuro della città sembra oggi dipendere dalla capacità di
reinventare l’uso degli spazi e dei luoghi, integrando interessi diversi, attraverso la
rigenerazione urbana e la riqualificazione.
Il seguente elaborato di tesi ha l’obiettivo di definire una serie di azioni e strategie per
il recupero dell’area dismessa e fatiscente della Ex Rimessa AMT, sita in Via Plebiscito
a Catania, individuando opportunità che l’area stessa offre, in termini di
trasformazione locale e di forte impatto urbanistico dell’intero quartiere storico. Un
progetto che interessa quindi spazi che nel corso del secolo scorso hanno avuto un
ruolo di fondamentale importanza dal punto di vista dello sviluppo industriale, storico
e culturale.
Questi vasti spazi abbandonati possiedono ampie potenzialità per la riqualificazione
dell’intero quartiere della città, pianificando anche l’insediamento di nuove attività
legate alla creatività ed alla cultura, ridefinendo la loro vocazione, coinvolgendo
l’interesse di visitatori, turisti, abitanti ed esperti del settore.
E’ importante individuare strategie atte alla promozione di nuove possibili funzioni ed
usi di questi spazi, con lo scopo di conferire una nuova immagine ed una nuova vita.
Un’immagine urbana in grado di accrescere l’attrattività, investendo nel
miglioramento dell’ambiente e delle relazioni tra cultura, spazi urbani, identità locali
e sperimentazione di nuove forme di eventi.
Introduzione
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Alla base degli interventi di rifunzionalizzazione e riqualificazione dell’area in modo
dinamico, innovativo ed attrattivo, si collocano, quindi, interventi di riqualificazione
fisica ed architettonica del patrimonio industriale esistente e degli spazi aperti, fondati
sulla conservazione dei tratti simbolici e distintivi del passato e delle preesistenze,
integrandole armoniosamente con le nuove funzioni.
Per l’avvio della fase progettuale, come descritto in seguito, è stata fondamentale la
conoscenza accurata della storia e delle caratteristiche dell’area e degli edifici in essa
presenti. E’ stata effettuata un’attenta analisi stratigrafica e non invasiva, tipica della
metodologia archeologica, che ha permesso la conoscenza delle diverse peculiarità
del luogo ed ha gettato le basi per una progettazione consapevole, in grado di
coniugare la tradizione con la contemporaneità. E’ stata condotta un’analisi di tipo
interdisciplinare, che andasse oltre il mero aspetto architettonico e spaziale e che
attenzionasse anche l’aspetto sociale, ponendo alla base del progetto i bisogni e le
esigenze della comunità.
L’edificio più importante all’interno dell’area, in fase di progettazione, non è stato
esaminato come un oggetto da tutelare nella sua interezza, ma è stato considerato
come un fabbricato che diventa esso stesso museo e sede di collezione museale, il
sito di nuove funzioni ed attività, che, nel rispetto dell’originaria identità, inducono ad
una nuova lettura ed immagine come risultato di un proficuo connubio tra passato e
futuro.
Per la definizione di tale processo, è necessario individuare strategie improntate sulla
sostenibilità ed ecologia urbana, capaci di preservare nel tempo le relazioni funzionali
del sistema urbano senza produrre incuria, ma innescando processi rigenerativi e
nuove attribuzioni di senso alle parti di città, con l’impiego di tecnologie, materiali ed
impianti che possano modificare radicalmente il bilancio energetico degli edifici.
Si viene a definire così una nuova area, un nuovo polo culturale, polivalente e
polifunzionale, attraverso un innovativo rapporto tra forma e funzione, catalizzatore di
interesse e di attrattività. Ampi spazi in disuso che si trasformano in luoghi aperti alla
cittadinanza dove nascono attività culturali, artistiche e museali, ma anche spazi
stimolanti per la produttività grazie alla partecipazione e socializzazione. In linea con
i principi della città del terzo millennio, ponendo l’attenzione sullo sviluppo urbano
sostenibile, sulla qualità della vita urbana, a partire dall’economia, alla cultura, alle
problematiche sociali ed alle condizioni ambientali.
Introduzione
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Per perseguire questo obiettivo la tesi si articola in quattro parti.
La prima parte, di tipo introduttivo, si sofferma su quelle che sono le questioni più
generali che stanno a monte dell’operazione di ricerca; si affronta la trattazione del
fenomeno della dismissione industriale, le sue cause e gli interventi innovativi su tali
aree; si prosegue ponendo l’accento sull’importanza delle attività creative e culturali
quali motori trainanti di importanti processi di trasformazione dei contesti urbani
moderni. Entrando poi nello specifico del tema di ricerca, affrontando, all’interno
dell’ampio contesto della dismissione industriale, esempi concreti di riqualificazione
urbana effettuati sia in Italia che in Europa, così da annoverare le città moderne, la
loro evoluzione nel tempo e quali sono le strategie che si stanno attuando.
Riqualificazione, come vedremo, che è stata realizzata nella maggior parte dei casi
studio analizzati, grazie ad un mix di ingredienti che variano in base alle particolari
condizioni del contesto, che hanno promosso interventi di riuso del patrimonio
industriale e l’insediamento di specifiche attività culturali e creative. Verrà inoltre
analizzato il quadro legislativo di riferimento attinente gli interventi di riqualificazione
da attuare sul patrimonio edilizio e, in particolare, sulle aree dismesse.
Nella seconda parte, viene studiata ed analizzata l’area dismessa della Ex Rimessa
AMT di Catania e della sua storia, per poi proseguire con la descrizione dello stato di
fatto dal punto di vista funzionale e tipologico dell’area e degli edifici al suo interno.
Si passerà ad uno studio al dettaglio dei fabbricati preesistenti studiando lo stato di
conservazione ed effettuando una mappatura dei degradi presenti.
Nella terza parte, verranno analizzati gli interventi proposti per una profonda
riqualificazione edilizia ed urbanistica dell’area. Si indicano possibili scenari di
riqualificazione, realizzabili attraverso la creazione di nuovi landmarks, in grado di
confrontarsi con un sistema di relazioni a grande scala, privilegiando un rinnovato
rapporto di senso e forma tra architettura e grandi infrastrutture territoriali,
intervenendo sulle aree esterne mirando ad una rilettura piuttosto che a un ridisegno
totale del suolo.
IL FENOMENO DELL’ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE
E IL RIUSO DEGLI SPAZI DISMESSI
Capitolo I
Capitolo I – Il fenomeno della dismissione industriale e il riuso degli spazi dismessi
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1.1 IL FENOMENO DELLA DISMISSIONE INDUSTRIALE
L’industria è stata il motore dello sviluppo urbano per oltre due secoli, fino agli anni
’70 del Novecento.
Seppure con ritmi espansivi molto diversi a seconda dei vari paesi, in questo lungo
periodo si è consolidato quel legame profondo tra industrializzazione e
urbanizzazione.
Oggi questo legame è entrato in crisi, in quanto le basi su cui si erano fondate la
crescita e la stabilità sono venute meno e si sono innescati processi di profonda
trasformazione del sistema economico urbano, modificando la posizione della città,
da luogo della produzione materiale a luogo di produzione immateriale.
Tale situazione è stata determinata, in larga misura, dall’innovazione tecnologica che,
consentendo di automatizzare buona parte della produzione, ha avviato ampi processi
di ristrutturazione o di dismissione industriale, con il conseguente abbandono di grandi
contenitori produttivi.
Le aree industriali dismesse devono essere intese come contenitori ammalorati di
memorie, economiche e sociali, che al loro tempo hanno contribuito al disegno e
all’evoluzione delle città, e che oggi si configurano come luoghi dalle molteplici
potenzialità pur trovandosi all’interno di realtà già strutturate. Nel corso degli anni,
infatti, il paesaggio industriale è cambiato: capannoni e fabbricati, sparsi o riuniti in
grandi complessi, inizialmente ubicati nelle estreme periferie delle città o in
campagna, sono stati successivamente inglobati nei centri abitati. Oggi, tali
architetture, abbandonate e fatiscenti, acquisiscono un nuovo valore, in quanto
testimonianze di una cultura industriale scomparsa.
Il reticolo urbano, definito e consolidato, in cui i resti industriali insistono, si configura
come una sfida al rinnovamento piuttosto che come una limitazione allo stesso: la
possibilità di “rifare i conti” con il passato di un territorio e proporre nuove morfologie
in parti di città che appaiono prive di margini di flessibilità, consente di azzerare gli
effetti degradanti e di ghettizzazione che lo spazio ha negli anni subito, rimettendo in
gioco interi quartieri.
Capitolo I – Il fenomeno della dismissione industriale e il riuso degli spazi dismessi
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Oggi la tematica si trova al centro di dibattiti, ad impatto non solo locale, ma
nazionale ed internazionale, in quanto, proprio a partire dalla riqualificazione di tali
aree, la città contemporanea può porre le basi per il suo strategico sviluppo.
L’argomento affrontato, di fatto, coinvolge trasversalmente vari ambiti disciplinari:
riqualificazione architettonica, urbanistica, politiche locali, pianificazione economica,
dalla cui sinergia possono scaturire ipotesi progettuali concrete di rinnovamento.
Sebbene la dismissione industriale sia un fenomeno ampiamente diffuso su tutto il
territorio, la presenza di edifici industriali abbandonati è dilagante soprattutto nelle
cosiddette aree economiche urbane; in questi centri, la crisi di alcuni settori della
produzione industriale tradizionale ha innescato un progressivo decadimento, che ha
coinvolto non solo lo stesso sito produttivo, ma anche l’immediato contesto edificato,
arrivando persino a colpire l’ambito sociale ed economico.
Andando oltre i luoghi comuni, per cui le aree industriali dismesse sarebbero semplici
spazi ai margini del contesto urbano, sono invece da ricercarne e apprezzarne le
qualità fisiche e ambientali, fattori che rendono questi luoghi risorse dall’immediata
disponibilità, capaci di attivare processi di rifunzionalizzazione del territorio, nonché
di sviluppo sociale ed economico per le città.
Nonostante la tematica trattata sembri afferire ad un fenomeno della
contemporaneità, la dismissione di un’area e il suo riuso è stata una questione assai
ricorrente nell’evoluzione storica della città. Nel corso dei secoli, di fatto, cambiamenti
economici, politici e tecnologici hanno di volta in volta determinato l’abbandono di
aree e manufatti implicando il loro riuso per scopi diversi; inoltre, quanto oggi accade
per le fabbriche, si può analogamente riferire a fenomeni storici come l’abbattimento
delle mura tipiche delle città medievali, il cui sgombero ha dato vita a nuove spazialità.
Avvenimenti storici, quali la rivoluzione industriale nel XVIII secolo, hanno comportato
una profonda metamorfosi di realtà territoriali, che in poco tempo si sono trasformate
da borghi rurali a città industriali.
Ai primi insediamenti industriali si sono affiancate, negli anni, nuove aree produttive
con tecniche di fabbricazione e politiche gestionali più innovative e, di conseguenza,
con logiche insediative e caratteristiche sempre più lontane dalle precedenti, che,
permeando la nuova realtà, hanno influito sulla creazione di nuove e inedite
dinamiche.
Capitolo I – Il fenomeno della dismissione industriale e il riuso degli spazi dismessi
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A partire dagli anni ’50, il fenomeno della dismissione industriale è diventato oggetto
di maggiori attenzioni, portando gli esperti del settore a coniare un nuovo termine:
“archeologia industriale”, definendo così una nuova scienza che studia le
testimonianze riguardanti una struttura produttiva che ha segnato la storia nei decenni
della prima era industriale. Analizzare il periodo ed i reperti (edifici, macchinari,
tecnologie) non ha soltanto finalità storiche o estetiche, ma mira alla conservazione
e, in seguito ad un attento studio di riqualificazione, al possibile riutilizzo con nuove
destinazioni d’uso capaci di valorizzare l’ambiente urbano, rafforzandone l’identità
storica.
Il fenomeno della dismissione, della sostituzione di infrastrutture e grandi complessi, è
da ricercare nella localizzazione di tali edifici nella misura in cui l’area su cui questi
sorgono non si presenti più adatta a ricoprire il ruolo per cui era stata inizialmente
progettata o risulti incapace di rispondere alle nuove esigenze derivanti da un
processo produttivo sempre più in evoluzione. Unica risposta possibile alle nuove
necessità risulta, pertanto, la ricollocazione di quelle funzioni in aree urbanisticamente
strategiche.
Alla espressione “archeologia industriale” si affiancano oggi nuove definizioni quali:
aree deboli, edi fici abbandonati o sottoutilizzati, vuoti urbani, che corrispondono ad
altrettante declinazioni del problema ed alla pluralità delle cause che avviano tali
processi.
Se da un lato tali aree sono state definite come “vuoti” urbani, in quanto prive delle
funzioni per cui sono state create, dall’altro questi stessi siti industriali possono essere
pensati come “pieni” di manufatti di interesse per la storia dell’industria e della
tecnologia, contenitori di memorie individuali e collettive, di cultura del lavoro, di
valori simbolici e di storia locale, soprattutto nella misura in cui la loro dismissione
consenta di proporre nuove con figurazioni proprio in zone della città non facilmente
trasformabili.
Le dif ficoltà attuative cui le operazioni di trasformazione vanno incontro sono
riconducibili essenzialmente a due fattori: la rigidità e l’inadeguatezza degli strumenti
urbanistici da un lato e, dall’altro, l’idea che si possa intervenire attraverso progetti
parziali, in contrapposizione ai piani urbanistici che impongono forti vincoli alla
trasformazione.
Capitolo I – Il fenomeno della dismissione industriale e il riuso degli spazi dismessi
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La ricerca del modello attuativo ideale è la sfida del nostro secolo: molteplici, infatti,
sono le possibilità di intervento che vanno dalle semplici operazioni puntuali di tipo
immobiliare, a strategie urbanistiche di ampia scala. Preso atto della situazione, si
cerca di valutare le opportunità offerte da queste aree residuali, viste come una
potente risorsa ai fini della riqualificazione urbana all’interno di strategie competitive
di livello internazionale.
Le amministrazioni pubbliche iniziano a ricercare e a costruire strumenti operativi che
consentano di affrontare con successo la piani ficazione e la progettazione di tali aree.
La sperimentazione in materia ha cambiato, e sta cambiando, il tradizionale approccio
di governo del territorio pubblico in Italia, e allo stesso tempo, sta modi ficando le
finalità d’azione degli operatori privati.
Con il nuovo rapporto di collaborazione pubblico-privato, fortemente incentivato
anche dai nuovi strumenti proposti dal Ministero per i lavori pubblici (PRUSST, PRU,
ecc.) e dall’Unione Europea (Urban, fondi strutturali, ecc.), le amministrazioni sono
sempre più legittimate ad assumere un ruolo di coordinamento delle azioni che si
svolgono sul territorio, riuscendo anche a muoversi in accordo con operatori privati,
che si trovano, così, a svolgere mansioni considerate indispensabili.
Le azioni di sostenibilità ambientale ed economica richiedono una concertazione di
pubblico-privato e l'adozione di una strategia di azioni e risorse locali integrate. A
livello teorico e scientifico si è consolidata una definizione ampia del concetto di
“marketing territoriale”, concetto riferibile all’insieme delle azioni e attività dirette a far
incontrare l’offerta delle funzioni urbane/territoriali con la domanda da parte dei
residenti, delle imprese interne ed esterne, dei turisti e visitatori in generale.
La novità della nuova pianificazione strategica sta nella costruzione di una governance
locale, ossia del governo del territorio partecipato da tutti gli attori locali, siano essi
gli Enti locali alla diversa scala (Comuni, Province, Regioni) o le rappresentanze delle
associazioni di categoria (imprenditoriali, sindacali) e delle realtà sociali e culturali
(volontariato, associazioni culturali).
Molto spesso, una strada percorsa per la riqualificazione di questi luoghi, purtroppo
abbandonati, è stata la loro riattivazione tramite proposte di attività produttive non
troppo lontane da quelle originare; è solo negli ultimi decenni, grazie al nuovo
approccio sperimentale, che vengono percorse vie alternative, quali la rianimazione
Capitolo I – Il fenomeno della dismissione industriale e il riuso degli spazi dismessi
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di queste aree tramite la cultura e l’arte, o funzioni innovative ad impatto sociale,
ritenute fondamentali per un rinnovo urbano dal concreto e più ampio impatto. Per
affrontare la tematica del riuso e della riqualificazione bisogna valutare diversi aspetti,
come: le politiche locali, gli interessi economici, le risorse materiali ed immateriali
disponibili, ma soprattutto le esigenze della comunità, in modo tale da realizzare un
progetto moderno e condiviso. Poiché soprattutto in questi ultimi anni, la produzione
culturale ha assunto una posizione centrale nell’economia della città, investire nella
cultura è oggi un fatto economico di dimensioni molto rilevanti. Il patrimonio culturale
e creativo è un aspetto che in qualche modo può fare la differenza, nella misura in
cui contraddistingue un luogo, contribuisce al dinamismo e allo sviluppo urbano,
sviluppa quel potenziale attrattivo di un’area per gruppi diversi di persone, tra cui
anche professionisti e creativi.
Le industrie culturali tendono a localizzarsi in particolari quartiere in stato di
abbandono, dando luogo ad una loro nuova definizione spaziale o sociale. Si tratta
spesso di aree industriali dismesse o quartieri degradati che offrono alle nuove
industrie occasioni di insediamento particolarmente favorevoli.
Queste attività culturali e creative, rivitalizzando l’economia del quartiere, aprono la
strada all’insediamento di altre attività, di commercio, di ristorazione e ricreazione,
orientate agli stili di vita e propensioni al consumo delle comunità dei lavoratori delle
industrie culturali. Ristoranti e bar, gallerie d’arte, luoghi di ritrovo e per eventi, sono
spazi e servizi richiesti da una popolazione giovane, con forti bisogni di socialità ed
interazione.
Tali luoghi possono diventare attrattori di un consumo che va ben oltre quello degli
abitanti/produttori, divenendo meta di turisti e visitatori e, quindi, luogo cosmopolita
e di incontro multiculturale.
Essi necessitando di comunicazione, promozione e veicolazione all’esterno, in modo
che siano resi noti e pubblicizzati adeguatamente, con strategie che integrino media
tradizionali e digitali, dalla semplice brochure sino all’advertising passando per
strumenti apparentemente immutabili come mappe, guide e merchandising. Va
sottolineato inoltre che questa nuova dimensione coinvolge necessariamente le
Amministrazioni locali, che devono intervenire nella de finizione di una nuova
immagine urbana. Sono sempre di più, infatti, le città che per esempio allestiscono
siti e server su Internet, informazioni, fotogra fie e guide per i visitatori reali e potenziali
Capitolo I – Il fenomeno della dismissione industriale e il riuso degli spazi dismessi
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che possono accedere. Anche l’organizzazione di eventi può essere una forma di
progetto innovatore, in grado di incentivare lo sviluppo di un luogo, di rafforzarne
l’immagine e la sua identità e di favorirne un rinnovamento infrastrutturale.
Lo “spazio culturale” è il luogo fisico in cui imprenditori, intellettuali, economisti, artisti,
creativi, studenti, possono operare in un ambiente aperto (open-minded),
cosmopolita, in cui le relazioni e le interazioni faccia a faccia possono generare nuove
idee, innovazioni, prodotti, servizi, e, conseguentemente successi e sviluppi economici.
È evidente che gli approcci risolutivi possano essere molteplici, ma la volontà di
insediare nuove funzioni della contemporaneità non può e non deve compromettere
l’integrità storica delle preesistenze. Bisogna quindi ricercare, laddove possibile,
soluzioni in cui passato e presente diventino tra loro complementari.
Ad oggi la scelta di riqualificazione di questi luoghi diventa concreta opportunità per
costituire una nuova immagine della città, ridefinendo in toto il paesaggio urbano,
che di queste aree farà luoghi di relazione, in sinergia con altre funzioni.
“Non si tratta, quindi, di una rivalutazione fine a sé stessa di materiali, ambienti, o
manufatti, le cui destinazioni primarie sono obsolete sotto molteplici punti di
osservazione, quanto piuttosto della necessaria ricontestualizzazione sociale, culturale
ed economica di un complesso di oggetti, architetture, ambienti. La situazione
internazionale si è andata, negli ultimi anni, arricchendo di esempi numerosi e
significativi di riuso di spazi industriali”
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.
Nell’impossibilità di segnalarli tutti nel dettaglio, si ricorderanno soltanto alcune delle
soluzioni più originali, con particolare riguardo a quelle rispetto alle quali l’intervento
architettonico contemporaneo e l’allestimento degli spazi interni sembra aver meglio
integrato e valorizzato la qualità del manufatto originale.
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Muratore G., Treccani, “Archeologia industriale”, www.treccani.it, consultato il 18 Dicembre 2020.