2
come si legge sempre nella Haec quae necessario pr: “… in praesentis
rebus donare communibus auxilio dei omnipotentis censuimus et
prolixitatem litium amputare …”. Inoltre la medesima volontà è ribadita
nella Summa 1, che il 7 aprile 529 dispone la pubblicazione del Novus
Codex Iustinianus. In essa Giustiniano dichiara di aver voluto favorire la
comprensione delle leggi da parte dei giudici, eliminando le oscurità e
riducendo il numero delle costituzioni: “Sed cum sit necessarium
multitudinem constitutionum tam in tribus veteribus codicibus relatarum
quam post eorum confectionem posterioribus temporibus adiectarum ad
brevitatem reducendo caliginem earum rectis iudicum definitionibus
insidiantem penitus extirpare …”. Non deve stupire che un imperatore da
poco salito al trono si impegni in un’opera di grandi proporzioni, dal
momento che in realtà già da tempo Giustiniano partecipava
all’amministrazione dell’impero al fianco dello zio Giustino
3
.
Sempre la Haec quae necessario spiega per quale ragione
l’imperatore si attendesse una accelerazione dei processi dal Novus
Codex Iustinianus, che raccoglie norme processuali solo in piccola parte:
egli intendeva rendere certa la recitatio
4
dei testi delle costituzioni
5
,
imponendo che venisse attuata solo dal suo Codice, secondo quanto si
legge nel paragrafo 3: “Haec igitur ad vestram notitiam ferre
properavimus, ut sciatis, quanta nos diurna super rerum communium
utilitate cura sollicitat, studentes certas et indubitatas et in unum
codicem collectas esse de cetero constitutiones, ut ex eo tantummodo
nostro felici nomine nuncupando codice recitatio constitutionum in
omnibus ad citeriores litium decisiones fiat iudiciis …”. Anche la
“Omnes edictales generalesque constitutiones vel in certis provinciis seu locis volere aut proponi
iussae, quas divus Constantinus posterioresque principes ac nos tulimus, …”.
Sul Codice teodosiano cfr. per tutti G. G. Archi, Teodosio II e la sua codificazione, Napoli, 1976; J.
Harries, I. Wood, The Theodosian Code, London, 1993.
3
Cfr. in questo senso G. G. Archi, Giustiniano legislatore, Bologna, 1970, 125 nota 6 e M. Bianchini,
Appunti su Giustiniano e la sua compilazione, 1, Torino, 1983, 3.
4
Nel processo romano non vigeva il principio iura novit curia ed erano perciò le parti a dover citare
davanti al giudice le costituzioni e le opere della giurisprudenza rilevanti per la causa.
3
costituzione Summa 3 conferma che, dal 16 aprile 529
6
, durante i
processi per le parti e gli avvocati sarà possibile citare solo leges tratte
dal Novus Codex Iustinianus: “…sciant omnes tam litigatores quam
disertissimi advocati nullatenus eis licere de cetero constitutiones ex
veteribus tribus codicibus, quorum iam mentio facta est, vel ex iis, quae
novellae constitutiones ad praesens tempus vocabantur, in
cognitionalibus recitare certaminibus, sed solis eidem nostro codici
insertis constitutionibus necesse esse uti …”.
Tuttavia il Codice non poteva eliminare tutti i problemi che
affliggevano la recitatio dei testi, dal momento che in giudizio potevano
essere citate non solo le costituzioni ma anche le opere dei giuristi.
Giustiniano stesso ricorda questo fatto proprio nella Summa 3: “… cum
sufficiat earundem constitutionum nostro codicis recitatio adiectis etiam
veterum iuris interpretatorum laboribus ad omnes dirimendas lites”.
Certamente la parte preponderante delle recitationes riguardava le leges,
ma non dovevano mancare i riferimenti agli scritti della giurisprudenza,
dal momento che sempre in Summa 3 l’imperatore si preoccupa di
precisare che non è lecito citare i testi delle costituzioni così come
contenuti nei veterum iuris interpretatorum laboribus; tutti dovranno
utilizzare la versione contenuta nel Novus Codex Iustinianus e potranno
impiegare solo l’opinione del giurista, in quanto non contrasti con le
leges: “… nulli concedimus ex libris veteris iuris interpretatorum aliter
eas (constitutiones) habentes recitare, sed solam iuris interpretatoris
sententiam commendare, ut tunc teneat, cum minime adversetur eiusdem
nostri codicis constitutionibus”.
Per completare l’opera iniziata con l’emanazione del primo
Codice, Giustiniano doveva dunque riordinare anche la giurisprudenza,
5
Cfr. in questo senso G. G. Archi, Giustiniano legislatore, 125.
6
Constitutio Summa 5: “… eo modo ad omnium notitiam eiusdem codicis constitutiones valeant
pervenire, ut extantibus festis diebus, id est ex die sexto decimo kalendas Maias praesentis septimae
indictionis consulatu Decii viri clarissimi recitationes constitutionum ex eodem nostro codice fiant”.
4
che si trovava in condizioni peggiori delle leges. Infatti, nella Tanta 17,
lo stesso imperatore ricorda che, prima della pubblicazione dei Digesta,
venivano utilizzate ben pochi iura, nonostante l’amplissimo numero di
opere giurisprudenziali disponibili in teoria, perché non era possibile
procurarsi i libri per la recitatio: “… Homines etenim, qui antea lites
agebant, licet multae leges fuerant positae, tamen ex paucis lites
perferebant vel propter inopiam librorum, quos comparare eis
impossibile erat, vel propter ipsam inscientiam, et voluntate iudicum
magis quam legitima auctoritate lites dirimebantur …”. Inoltre non solo
mancavano i testi ma era anche impossibile utilizzarli a causa
dell’ignoranza dei contendenti, più che comprensibile se si pensa che
l’intero lascito della giurisprudenza romana, preso in considerazione per
i Digesta, ammontava a quasi duemila libri, mentre, secondo quanto
affermato nella Omnem 1, nelle scuole si studiava solo il contenuto di
sei volumi: “Et antea quidem, quemadmodum et vestra scit prudentia, ex
tanta legum multitudine, quae in librorum quidem duo milia, versuum
autem tricies centena extendebatur, nihil aliud nisi sex tantummodo
libros … studiosi accipiebant …”.
L’imperatore pone rimedio a questa situazione con i Digesta: dopo
la loro pubblicazione è consentito recitare in giudizio solo dal primo
Codice, dalle Instituzioni e dalle Pandette, appunto, eliminando le
difficoltà nel reperire i manoscritti. Tuttavia Giustiniano non attese il 533
per porre mano agli iura ma intervenne per risolvere dubitationes fin
dall’inizio del suo regno
7
. Tra le costituzioni imperiali legate ai problemi
della giurisprudenza nel periodo 528-533 appaiono di particolare
rilevanza le Quinquaginta decisiones.
7
In questa sede non interessa stabilire se le dubitationes in questione risalgano al periodo classico o a
quello postclassico (in materia cfr. ad esempio K. H. Schindler, Justinians Haltung zur Klassik, Köln
Graz, 1966, 50ss), dal momento che si è inteso evidenziare solo l’attenzione dell’imperatore per gli
iura, quale che sia l’origine della controversia.
5
Capitolo 1
Le testimonianze delle fonti delle Quinquaginta decisiones
1.1 La voce dell’imperatore Giustiniano
Nessun manoscritto ha conservato almeno qualche frammento
dell'originale raccolta delle Quinquaginta decisiones, tanto da indurre
alcuni autori a dubitare dell'esistenza stessa di un corpus unitario.
Questa carenza di testimonianze dirette - sia pur frammentarie - impone
alcune considerazioni preliminari sulle fonti a nostra disposizione.
Infatti, poiché quasi tutte le informazioni che possediamo, sia riguardo
alla raccolta in sé sia riguardo alle singole costituzioni che la
componevano, sono contenute nel Codex repetitae praelectionis, alcuni
autori moderni hanno dubitato in particolare della visione retrospettiva
contenuta nella costituzione Cordi
1
, osservando che le affermazioni
dell’imperatore Giustiniano potrebbero essere state influenzate dalla
volontà di far apparire come frutto di un progetto coerente tutta l'opera
legislativa degli anni successivi al 529, anche se così non fosse stato.
Per questa ragione è necessario esaminare dettagliatamente le singole
testimonianze.
Proprio nelle prime righe della Cordi, con la quale il 16 novembre
del 534 fu disposta la pubblicazione del Codex repetitae praelectionis,
l’imperatore si volge indietro, ricordando le tappe fondamentali della
sua attività legislativa: un breve cenno basta a sottolineare come fin
dall’inizio del suo governo
2
si fosse preoccupato di risolvere i gravi
1
Nella Cordi Giustiniano ricorda tutta l’attività legislativa che negli anni precedenti aveva portato
all’emanazione del Novus Codex Iustinianus, poi dei Digesta e delle Institutiones e infine del Codex
repetitae praelectionis.
2
Constitutio Cordi pr.: “Igitur in primordio nostri imperii …”.
6
problemi dati dalla moltitudine di costituzioni vigenti - di difficile
reperibilità e interpretazione
3
- disponendo la redazione di un unico
coerente codice in loro vece.
Completata questa prima opera, tanto grandiosa quanto
indispensabile al buon governo dell’impero in generale e
all’amministrazione della giustizia in particolare
4
, egli prende in
considerazione il vetus ius (Cordi 1): “Postea vero, cum vetus ius
considerandum recepimus, tam quinquaginta decisiones fecimus quam
alias ad commodum propositi operis pertinentes plurimas
constitutiones promulgavimus …”. In questo passo Giustiniano informa
dell’emanazione delle Quinquaginta decisiones, notizia doppiamente
importante per la nostra ricerca in quanto si tratta dell’unica fonte certa
5
che riferisca l’aggettivo cinquanta.
Inoltre egli afferma che le decisiones sono delle particolari
costituzioni: infatti l’aggettivo alias riferito alle constitutiones ad
commodum propositi operis pertinentes indica chiaramente che
entrambe le specie appartengono ad un unico genere. Espressione del
tutto simile incontriamo anche nel prosieguo della Cordi
6
. Ad ulteriore
conferma, in un altro passo della medesima costituzione Giustiniano
espressamente qualifica le decisiones come novellae accanto e
contrapposte alle altre leges
7
. Questa reiterata distinzione non può essere
attribuita a banale pignoleria dell’estensore ma dimostra l’affidabilità
3
Constitutio Cordi pr.: “ … sacratissimas constitutiones, quae in diversa volumina fuerant dispersae
et quam plurima similitudine nec non diversitate vacillabant, in unum corpus colligere omnique vitio
purgare proposuimus …”.
4
Constitutio Haec quae necessario 1: “… maximum et ad ipsius rei publicae sustentationem
respiciens opus …”.
5
Cfr. infra Capitolo 1.3 per un’altra fonte che conterrebbe il riferimento a cinquanta decisiones: in
realtà la dottrina dominante respinge l’attendibilità di questa seconda testimonianza.
6
Constitutio Cordi 5: “ … vel ex decisionibus nostris vel ex aliis constitutionibus …”.
7
Constitutio Cordi 2: “Sed cum novellae nostrae tam decisiones quam constitutiones …”.
7
della ricostruzione fornitaci dall’imperatore e testimonia che, pur dopo
la pubblicazione del Digesto, le decisiones sono ancora ritenute degne di
essere ricordate autonomamente. A sostegno di quanto appena detto, la
struttura sintattica della frase contenuta in Cordi 1, contraddistinta dalla
contrapposizione tam …quam (si potrebbe dire ulteriormente rafforzata
dalla presenza di due verbi: fecimus …promulgavimus), segna una netta
distinzione rispetto alle altre constitutiones ad commodum propositi
operis pertinentes;
Ancora in Cordi 1 l’imperatore spiega che le Quinquaginta
decisiones fanno parte dell’attività di riforma degli iura
8
, destinata a
concludersi poi con i Digesta, che costituiscono la definitiva soluzione
dei problemi che ostacolavano il pieno utilizzo del patrimonio della
giurisprudenza
9
.
A completamento di queste informazioni, le Institutiones di
Giustiniano (1,5,3) offrono una seconda preziosa testimonianza: il testo
ricorda che la dediticia libertas venne abolita proprio con una
costituzione pubblicata tra le decisiones: “… et dediticios quidem per
constitutionem expulimus, quam promulgavimus inter nostras
decisiones …”. Dunque non si tratta più di una rievocazione sistematica
dell’attività legislativa svolta negli anni 528 - 533 ma di un rapido cenno
proprio alle Quinquaginta, nel mezzo di tutt’altro discorso. Questo fatto
non ne sminuisce per nulla il valore, al contrario depone per una più
sicura attendibilità: se si può sospettare una volontà di abbellimento e
razionalizzazione dell’attività legislativa precedente nel racconto della
8
Constitutio Cordi 1: “ … cum vetus ius considerandum recepimus …”.
9
Constitutio Tanta 1: “… in quinquaginta libros omne quod utilissimum erat collectum est et omnes
ambiguitates decisae nullo seditioso relicto …”. Non bisogna pensare, però, che i Digesta per
Giustiniano rappresentino il termine anche dell’attività legislativa nelle materie in essi contenute: essi
sembrano costituire, ai suoi occhi, piuttosto il punto sul passato, e una base di partenza razionale e
affidabile per i futuri adattamenti ai nuovi bisogni che dovranno emergere negli anni successivi: cfr. ad
esempio M. Bianchini, Appunti su Giustiniano e la sua compilazione, 1, Torino, 1983, 67ss.
8
lex conclusiva della compilazione (infatti la Cordi, che annuncia la
pubblicazione del Codex repetitae praelectionis, è per Giustiniano il
luogo più adatto per presentare il proprio operato come un insieme
coerente), più difficile è sollevare identici dubbi su una breve frase
spersa nelle Institutiones, cui è affidato il compito di insegnare i
rudimenti del diritto agli studenti alle prime armi.
In Inst. 1,5,3 l’imperatore non ricorda soltanto l’emanazione delle
decisiones ma fornisce altre informazioni importanti: “… quam
(constitutionem) promulgavimus inter nostras decisiones, per quas
suggerente nobis Triboniano viro excelso quaestore antiqui iuris
altercationes placavimus: Latinos autem Iunianos et omnem quae circa
eos fuerit observantiam alia constitutione per eiusdem quaestoris
suggestionem correximus, quae inter imperiales radiat sanctiones …”.
Analizzando il testo riportato, il primo dato di rilievo su cui è necessario
soffermarsi è la promulgazione delle decisiones: avvenne dietro
suggerimento di Triboniano. Ora, poiché nella commissione per la
redazione del primo Codice egli figura al sesto posto – cioè in posizione
anonima - e solo dagli ultimi mesi del 529 assume la carica di quaestor
sacri palatii
10
, è ragionevole presumere che non prima di quel momento
la sua influenza sia divenuta tale da determinare la politica legislativa di
Giustiniano; quindi si deve ritenere pienamente affidabile la notizia
desunta dalla costituzione Cordi, che le decisiones nacquero solo
quando, dopo aver completato la riorganizzazione delle leges con la
10
La prima costituzione in cui è attestato Triboniano come quaestor sacri palatii è CI 7,63,5 datata al
17 Novembre 529: cfr. in proposito J. R. Martindale, The Prosopography of the Later Roman Empire,
3B, Cambridge, 1992, 1335ss (Tribonianus 1). Cfr. inoltre T. Honoré, Tribonian, London, 1978, 46-
47: Honoré collega la nomina di Triboniano a quaestor sacri palatii con un intervento imperiale
diretto a colpire personaggi pagani od eretici e ipotizza, anche sulla base di considerazioni stilistiche,
che il cambio sia avvenuto intorno al 17 settembre 529.
9
pubblicazione del primo Codice, entrato in vigore il 16 Aprile 529,
iniziarono i lavori che dovevano portare a compimento il Digesto
11
.
Da Inst. 1,5,3 è possibile dedurre un secondo dato rilevante: le
decisiones sono dirette a eliminare alcuni contrasti tra antichi autori;
opportunamente questa informazione integra quanto riportato dalla
costituzione Cordi, dove ci si limitava ad indicare che esse erano state
emanate quando si era preso in considerazione il vetus ius. Le
Institutiones consentono di fare un passo ulteriore, individuando lo
scopo specifico che le Quinquaginta erano chiamate a svolgere.
Ancora dalla lettura di Inst. 1,5,3 risulta confermata la natura
delle decisiones, come dedotta da Cordi 1: esse sono delle costituzioni,
sia pure dotate di alcune particolarità. Questa conclusione è confermata
dal prosieguo del passo delle Institutiones: infatti Giustiniano ricorda
che, oltre alla libertas dediticia, eliminata con una decisio, è stata
eliminata anche un’altra categoria di liberti ma con una constitutio,
anche se sempre su suggerimento di Triboniano: questa differenziazione
è di particolare rilievo per sottolineare la precisione terminologica nel
distinguere le decisiones dalle altre leges
12
.
Un ultimo dato di rilievo è fornito da Inst. 1,5,3: la locuzione
“promulgavimus inter nostras decisiones” indica che effettivamente fu
11
Non si intende sostenere che i lavori per il Digesto siano iniziati immediatamente dopo la
pubblicazione del primo Codice. Secondo la ricostruzione di Giustiniano, l’inizio ufficiale è segnato
dalla costituzione Deo auctore datata al 15 Dicembre 530 ma esso deve essere stato preceduto da un
periodo di preparazione, impiegato almeno nella ricerca dei testi da escerpire (alcuni autori moderni
sostengono che i lavori per i Digesta iniziarono prima della data fissata con la Deo auctore: in questo
senso cfr. ad esempio D. Pugsley, “On compiling Justinian’s Digest, 5, The constitution ad senatum of
22 July 530”, in Revue internationale des droit de l’antiquité, 42, 1995, 279ss). Chi considera le
Quinquaginta decisiones come un’opera finalizzata al lavoro delle Pandette ritiene ovviamente che il
lavoro preparatorio abbia investito anche il lato sostanziale: in materia cfr. infra Capitolo 5.2. Ai nostri
fini è sufficiente rilevare che è attendibile l’informazione, contenuta nella Cordi, che collega le
decisiones non allo stesso primo codice ma al lavoro posteriore al primo Codice, come è stato
sostenuto in dottrina: cfr. infra Capitolo 5.1.
12
In questo senso cfr. G. Rotondi, “Studi sulle fonti giuridiche del codice di Giustiniano”, in Scritti
giuridici, 1, Milano, 1922, 233.
10
pubblicata una raccolta ufficiale. Ciò non è smentito da un passo della
Cordi 2, già prima citato, nel quale per giustificare l’emanazione del
Codex repetitae praelectionis si afferma che le decisiones e le altre leges
emanate dopo la pubblicazione del primo Codice circolavano alla
rinfusa: “Sed cum novellae nostrae tam decisiones quam constitutiones,
quae post nostri codicis confectionem latae sunt, extra corpus eiusdem
codicis divagabantur …”. A divagare ben poteva essere la raccolta
stessa, dal momento che l’obiettivo finale dell’imperatore era quello di
avere un corpus costituito di tre volumi
13
.
Riassumendo le informazioni raccolte fino ad ora, si può dire che
le Quinquaginta decisiones costituiscono una raccolta di costituzioni
destinata a risolvere contrasti giurisprudenziali, dotata di una qualche
rilevanza, magari storica o simbolica
14
, anche dopo la pubblicazione dei
Digesta e inserita nell’attività legislativa iniziata dopo il compimento
del Novus Codex Iustinianus.
Quest’ultima affermazione viene spesso messa in discussione in
dottrina
15
, come già ho avuto modo di accennare in precedenza: spesso
si sostiene che non si possa far risalire il momento della progettazione
delle Pandette così indietro come Giustiniano pare voler lasciare credere
nella ricostruzione di Deo auctore 1, dove sembrerebbe quasi che
l’imperatore lasci intendere di aver avuto l’intenzione di emanare il
Digesto fin dal principio dell’attività di riforma, cioè fin dal momento
della redazione del primo Codice
16
, il che verosimilmente è falso
17
.
13
Constitutio Tanta 12: “Omni igitur Romani iuris dispositione composita et in tribus voluminibus, id
est institutionum et digestorum seu pandectarum nec non constitutionum …”.
14
Cfr. infra Capitolo 5.3.
15
G. L. Falchi, “Osservazioni sulle L Decisiones di Giustiniano”, in Studi in onore di A. Biscardi, 5,
Milano, 1984, 121ss e P. Bonfante, “Un papiro di Ossirinco e le quinquaginta decisiones”, in BIDR,
32, 1922, 132ss.
16
In realtà questa impressione è suscitata soprattutto dal seguente passo della constitutio Deo auctore
1: “… repperimus autem omnem legum tramitem, qui ab urbe condita et Romuleis descendit
11
Infatti la molto probabile presenza della cosiddetta legge delle
citazioni
18
nel Novus Codex Iustinianus testimonia che l’imperatore
rispettava ancora un approccio post-classico quanto agli iura
19
.
Tuttavia ritengo che, pur ammettendo la volontà di Giustiniano di
far apparire con qualche forzatura l’intera attività legislativa del periodo
preordinata fin dal principio all’emanazione dell’insieme costituito da
Codex e Digesta, per ciò stesso non è necessario considerare falso il
collegamento delle decisiones con l’attività legislativa riguardante gli
temporibus, ita esse confusum, ut in infinitum extendatur et nullius humanae naturae capacitate
concludatur: primum nobis fuit studium a sacratissimis retro principibus initium sumere et eorum
constitutiones emendare et viae dilucidae tradere, quatenus in unum codicem congregatae et omni
supervacua similitudine et iniquissima discordia absolutae universis hominibus promptum suae
sinceritatis praebeant praesidium. 2 Hocque opere consummato et in uno volumine nostro nomine
praefulgente coadunato, cum ex paucis et tenuioribus relevati ad summam et plenissimam iuris
emendationem pervenire properaremus et omnem Romanam sanctionem et colligere et emendare et
tot auctorum dispersa volumina uno codice indita ostendere …”.
17
In un recente lavoro D. Pugsley, “On Compiling Justinian’s Digest, 5, 289ss propone di identificare
una costituzione indirizzata al Senato e datata al 22 luglio 530 come quella annunciante la riforma
degli iura (cfr. infra Capitolo 4.2). La costituzione individuata da Pugsley sarebbe stata spezzata al
momento della redazione del secondo Codice e di essa sopravviverebbero sette frammenti (di cui due
senza data ma uniti agli altri perché sono molto rare le costituzioni indirizzate al Senato): CI 2,44,4;
3,38,12; 5,4,24; 6,25,7; 4,65,35?; 8,41,8; 11,48,21?: essi riguardano l’introduzione di riforme
specifiche. A detta di Pugsley, sarebbe andata perduta la parte generale della costituzione, che doveva
contenere l’originario progetto riguardante gli iura, poi modificato: questo spiegherebbe come mai
non esista una costituzione annunciante il lavoro dei Digesta indirizzata al Senato, così come era stato
per il primo Codice con la Haec quae necessario del 13 febbraio 528, dal momento che la Deo
auctore del 15 dicembre 530 è diretta personalmente a Triboniano e non sembra ricercare la visibilità
e la solennità che si addicono all’occasione. Pugsley ritiene di aver individuato una traccia della parte
generale della costituzione del 22 luglio 530 nelle ultime righe di CI 5,4,24, che contengono un
riferimento a questioni classiche non pertinente al testo riportato nel Codex repetitae praelectionis:
“Sic etenim et antiqui iuris contentio dirimetur et immensa librorum volumina ad mediocrem modum
tandem pervenient”. In proposito cfr. infra Capitolo 4.2.
18
La cosiddetta legge delle citazioni è una parte di una costituzione di Valentiniano III del 9 novembre
426 riprodotta in CTh. 1,4,3. Si tratta di un provvedimento complesso, che da un lato indicava i criteri
formali in base ai quali si doveva capire se una legge era generale, dall’altro regolamentava l’uso in
giudizio delle opere e delle opinioni dei giuristi. Questa parte è quella propriamente detta Legge delle
citazioni; essa stabiliva che fossero utilizzabili solo le opinioni di Papiniano, Paolo, Ulpiano,
Modestino e Gaio (e dei giuristi citati da loro, purchè si portassero più manoscritti dell’opera per
confrontarli: ma si tratta di una aggiunta fatta al testo originale quando la legge giunse in Oriente, dove
le conoscenze giuridiche si erano maggiormente conservate, come si può dedurre da una lettura
dell’Interpretatio, che esclude sopravvivano manoscritti di Scevola, Sabino, Giuliano e Marcello); in
caso di contrasto tra i giuristi doveva prevalere la maggioranza, in caso di parità l’opinione di
Papiniano e infine, nel caso nessuno dei due criteri precedenti fosse applicabile, il giudice restava
libero di scegliere. In materia cfr. ad esempio F. De Marini Avonzo, La politica legislativa di
Valentiniano III e Teodosio II, Torino, 1975, 100ss e T. Honoré, Law in the crisis of Empire 379-455.
AD The Theodosian Dynasty and its Quaestors, Oxford, 1998, 250ss.
19
Cfr. infra Capitolo 5.1 per quanto riguarda la presenza della legge delle citazioni nel primo Codice.
12
iura successiva al primo Codice, così come prospettato nella Cordi. In
effetti in questa costituzione Giustiniano si limita ad affermare di aver
iniziato ad occuparsi dei problemi degli iura, senza specificare con quali
progetti, dopo la pubblicazione del primo Codice. Se avvenuto, il
cambiamento di programma potrebbe avere operato proprio nel senso di
convincere l’imperatore ad affrontare il problema del vetus ius sia con le
Quinquaginta decisiones sia poi con le Pandette (magari in coincidenza
con l’accresciuta influenza di Triboniano) ed essersi manifestato nella
ricostruzione posteriore semplicemente in un’omissione: infatti, come
ho già detto, il legislatore si limita a informarci che dopo l’emanazione
del Codice si è passati alla riforma degli iura, suggerendo un passaggio
logico (progetto originario in sviluppo) non però affermato
esplicitamente (almeno non in questa costituzione, forse invece nella
Deo Auctore)
20
.
1.2 Un cronista contemporaneo
Marcellino Conte afferma che nell’anno 531 fu pubblicato il
Codex Iustinianus: “Post consulatum Lampadii et Orestis (= a. 531). His
consulibus codex Iustinianus orbi promulgatus est”. La data di
pubblicazione del primo Codice è anteriore, come è ben noto dalla
costituzione Summa rei publicae (datata 7 aprile 529), emanata proprio a
questo scopo. Né si può pensare che nel 531 sia stata emanata una
20
Constitutio Deo auctore 1 : “… repperimus autem omnem legum tramitem, qui ab urbe condita et
Romuleis descendit temporibus, ita esse confusum, ut in infinitum extendatur et nullius humanae
naturae capacitate concludatur: primum nobis fuit studium a sacratissimis retro principibus initium
sumere et eorum constitutiones emendare et viae dilucidae tradere, quatenus in unum codicem
congregatae et omni supervacua similitudine et iniquissima discordia absolutae universis hominibus
promptum suae sinceritatis praebeant praesidium. 2. Hocque opere consummato et in uno volumine
nostro nomine praefulgente coadunato, cum ex paucis et tenuioribus relevati ad summam et
plenissimam iuris emendationem pervenire properaremus et omnem Romanam sanctionem et
colligere et emendare et tot auctorum dispersa volumina uno codice indita ostendere …”.
13
seconda edizione del Novus Codex Iustinianus, perché essa sarebbe stata
ricordata da Giustiniano nella Cordi.
Quindi l’interpretazione prevalente di questa notizia è stata quella
di un errore, esattamente definito inescusabile dal Rotondi
21
; lo stesso
autore, però, senza insistervi troppo, propone una diversa ipotesi:
l’equivoco sarebbe stato ingenerato proprio dalla pubblicazione della
raccolta delle Quinquaginta. Quindi Marcellino Conte ricorderebbe una
raccolta autonoma e non una seconda edizione del primo Codice, in cui
le decisiones fossero rifuse: infatti l’imperatore afferma esplicitamente
che esse erano esterne al Novus Codex Iustinianus nella Cordi 2: “Sed
cum novellae nostrae tam decisiones … extra corpus eiusdem codicis
divagabantur …”.
Avremmo così una testimonianza che consentirebbe di porre un
punto fermo anche quanto alla datazione, problema che, come
vedremo
22
, ha portato a numerosi contrasti in dottrina, ma naturalmente
all’argomentazione non può darsi peso eccessivo: per quanto fornisca
una ragionevole spiegazione di come possa essersi verificato un errore
così marchiano riferito a un’opera di fondamentale importanza come il
Novus Codex Iustinianus, si tratta pur sempre di un’ipotesi di
spiegazione di un errore.
21
G. Rotondi, “Studi sulle fonti”, 234; M. Amelotti, Appunti su Giustiniano e la sua compilazione, 2,
Torino, 1983, 128-129: si esprime appunto in senso negativo circa la possibilità di riferire la notizia
data da Marcellino Conte alle Quinquaginta decisiones.
22
Cfr. infra Capitolo 4.1 e 4.2
14
1.3 La glossa torinese
1.3.1 Un errore del copista?
Un diretto riferimento alle Quinquaginta decisiones sarebbe
contenuto nella cosiddetta glossa torinese alle Institutiones di
Giustiniano, dove troviamo l’esplicita espressione “sicut in libro L
constitutionum invenies”
23
, riferita alla costituzione CI 8,47(48),10.
Come è facile immaginare, la dottrina si è divisa in materia tra chi l’ha
considerata un’ulteriore e decisiva testimonianza a favore dell’esistenza
di una raccolta delle decisiones e chi ha ritenuto che fosse invece il
frutto di un errore del copista.
Quest’ultima tesi è sostenuta dalla maggioranza della dottrina
moderna sulla base di una serie di interessanti argomentazioni:
innanzitutto si fa riferimento al generale divieto posto da Giustiniano di
citare da raccolte precedenti al Codex repetitae praelectionis
24
, divieto
che espressamente coinvolge anche le decisiones. Inoltre queste
dovrebbero essere rimaste in vigore per un periodo così limitato che
appare sommamente improbabile che si potesse citare da esse come se
fossero vigenti
25
in epoca posteriore al secondo Codice, quando,
seguendo una delle ipotesi più accreditate, la glossa torinese sarebbe
stata redatta ad opera di un maestro bizantino inviato dall’imperatore a
Roma dopo la riconquista nel 536
26
.
23
Glossa adoptivi a Inst. 3,1,2 (n. 370 ed. Alberti).
24
Constitutio Cordi 5: “Repetita itaque iussione nemini in posterum concedimus vel ex decisionibus
nostris vel ex aliis constitutionibus …”.
25
In questo senso tra gli altri cfr. G. Rotondi, “Studi sulle fonti”, 230.
26
Cfr. G. Falcone, “I prestiti dalla parafrasi di Teofilo nella cosiddetta glossa torinese alle Istituzioni”,
in SDHI, 62, 1996, 255ss.
15
Inoltre è ragionevole presumere che, se l’estensore avesse avuto
modo di utilizzare un manoscritto delle Quinquaginta decisiones, lo
avrebbe usato anche in altre eventuali citazioni: invece la glossa
contiene un altro riferimento ad una decisio, che questa volta viene però
citata dal Codex repetitae praelectionis
27
. Oltrettutto la citazione non è
fatta nel modo che sarebbe logico attendersi: la glossa si riferisce
esplicitamente ad un liber L constitutionum e non ad un liber L
decisionum, come avrebbe dovuto più correttamente fare se avesse
inteso ricordare le Quinquaginta, dal momento che Giustiniano sia nella
Cordi sia nelle Institutiones le qualifica sempre come decisiones, come
si è visto in precedenza. L’errata citazione contenuta nella glossa può
essere spiegata agevolmente seguendo l’ipotesi formulata da
Scheltema
28
e
Lokin
29
: secondo questi autori, la glossa è una traduzione
latina della Parafrasi di Teofilo e, prendendo in considerazione i numeri
greci, si nota la somiglianza tra il numero cinquanta, “N”, e il numero
otto, “H”: è facile immaginare che il copista abbia commesso un errore
di trascrizione e l’ipotesi è ulteriormente rafforzata dal fatto che la
costituzione a cui si fa riferimento appartiene effettivamente al libro
ottavo del Codex repetitae praelectionis, circostanza oltremodo
singolare se determinata solo dal caso.
Queste argomentazioni non sono però rimaste prive di obiezioni.
27
Cfr. G. Rotondi, “Studi sulle fonti”, 230; la glossa è la n.480 a Inst. 4,1,16.
28
H. J. Scheltema, “Les quinquaginta decisiones”, in SG, 1, 1984, 6.
29
J. H. A. Lokin, “Decisio as a terminus technicus”, in SG, 5, 1992, 26.