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CAP. 2 – LA RICERCA SUL CAMPO POST COVID-19
2.1 CONDURRE UNA RICERCA IN AMBITO BEAUTY: IL METODO
2.1.1 Conoscere il pubblico
Condurre una ricerca in ambito beauty, sia essa volta semplicemente all’acquisizione di nuove
informazioni o allo studio di nuove prospettive manageriali o di marketing, non può prescindere
dalla conoscenza del suo pubblico. Per delineare, modificare o adattare qualsiasi progetto in
tema, diviene infatti fondamentale sviluppare una “politica del pubblico” che risulti pienamente
coerente con lo stesso progetto. Questa “politica del pubblico” deve necessariamente partire
dalla conoscenza dei diversi pubblici a cui il beauty fa riferimento. J. M. Tobelem (2003)
scriveva a proposito delle organizzazioni culturali che “lo studio dei pubblici permette di
individuare con più efficacia e maggiore cognizione di causa i mezzi attraverso i quali si può
ottimizzare l’offerta, la si può “mettere in valore”, la si può presentare e rendere leggibile e
attraente”, indicazione che ben si accosta anche al mondo beauty. “Mettere in valore” può
significare, ad esempio, l’andare a delineare nuove offerte di servizi e/o nuovi mezzi e messaggi
di comunicazione. Ciò significa che l’obiettivo di ogni ricerca non si esaurisce nell’aumento
dei clienti, ma anche e soprattutto nell’individuazione di attività che vadano a migliorare
l’intera shopping experience, per poi, in ultima battuta, aumentare la soddisfazione e fidelizzare
il cliente.
La conoscenza del pubblico può aiutare un’azienda operante nel mondo beauty sia a livello
strategico per assumere decisioni di medio-lungo termine, sia a livello più operativo. Ad ogni
tipo di attività o funzione di un’azienda beauty si hanno infatti benefici specifici derivanti dalla
conduzione di una ricerca:
- per la pianificazione strategica: è possibile testare l’interesse del pubblico per un nuovo
progetto, ricercare le aree critiche e i punti di debolezza dell’offerta esistente, valutare il proprio
posizionamento percepito per metterne in risalto i punti di forza;
- per le attività di marketing: è possibile individuare eventuali cluster di clienti e quindi valutare
su quale di essi è opportuno investire, valutare il tipo di risposta del pubblico su alcuni interventi
significativi della propria offerta; valutare l’impatto di alcune attività di comunicazione ed
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intraprendere e sviluppare quindi la via più opportuna; studiare lo stile e il “tone of voice” della
propria comunicazione; individuare le attività promozionali più efficaci.
2.1.2 Prima della ricerca
Come argomentato nel precedente paragrafo, sono molte le motivazioni per cui è fondamentale
rafforzare la conoscenza dei propri clienti. Ma fin dove ci si deve spingere? Quali informazioni
vale la pena raccogliere ed approfondire? Per ogni azienda beauty, un’informazione è davvero
utile se guida nella scelta delle decisioni da prendere e delle attività da porre in essere. Questo
perché, come spiegato da Tobelem (2003), “la funzione degli studi sul pubblico è
principalmente di ridurre l’incertezza dei decisori, tramite l’apporto di informazioni utili”.
Purtroppo ogni azienda, o chi per essa, dispone di due risorse necessarie allo sviluppo di una
ricerca che sono limitate e scarse: il tempo e il denaro. Ed ogni informazione che non porti
effettivamente allo sviluppo di una decisione pratica assorbe queste risorse, che potevano essere
altrimenti impiegate per miglior scopo. E’ quindi imprescindibile che sia chiara la natura dei
risultati attesi della ricerca e che questi trovino poi effettiva applicazione. Si deve infatti porre
in essere quel processo per cui ogni dato diventi informazione, ogni informazione diventi
conoscenza, ed ogni conoscenza diventi azione.
Si devono quindi attivare “quelle risorse che consentono di produrre una risposta ad una
soluzione problematica” (Solima, 2004). Poiché ogni azienda, come prima affermato, dispone
di tempo e denaro limitati, è importante conoscere fin da subito i diversi costi ed ostacoli da
affrontare, in modo tale da portare la ricerca efficacemente a termine:
-Avere obiettivi poco chiari: conoscere gli obiettivi della propria ricerca permette di scegliere
il metodo più consono, di formulare le domande in maniera corretta e di raccogliere solo quelle
informazioni realmente utili.
-Valutare erroneamente tempi e costi monetari: la qualità e il livello di approfondimento
possono essere notevolmente influenzati negativamente se non si pianificano in maniera
realistica i tempi e i fondi necessari alla ricerca.
-Scegliere un metodo poco adatto: ogni ricerca, in base ai suoi obiettivi, necessita di un preciso
metodo o set di metodi. Ad esempio sarebbe poco proficuo, qualora la ricerca beauty fosse
incentrata su prodotti per bambini, chiedere loro di compilare un questionario piuttosto che
organizzare un focus group con giochi e simulazioni.
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-Non sapere come analizzare i risultati: una volta raccolti i dati è importante avere a
disposizione tutti gli strumenti software e non in grado di elaborarli ed interpretarli nella
maniera più corretta.
-Non applicare la conoscenza alla pratica: il processo efficace prevede che la conoscenza
ottenuta si traduca in azione. Se ciò non avviene, la ricerca è stata inutile.
2.1.3 Le fasi della ricerca
Le fasi principali della ricerca possono essere riassunte come di seguito:
1.Definire gli obiettivi
2.Analizzare le risorse umane, finanziarie e temporali occorrenti
3.Definire la metodologia e la relativa tecnica di ricerca
4.Raccogliere i dati
5.Analizzare i dati
6.Interpretare i dati
7.Redarre il rapporto di ricerca
Le prime 3 fasi rappresentano la parte più strategica di una ricerca di mercato, mentre le ultime
4 rappresentano la parte più operativa. L’errore più comune e più inficiante dal punto di vista
dell’efficacia della ricerca, è quello di sottovalutare la parte strategica e dar maggiore peso alla
parte operativa. È invece necessario dedicarle tempo ed attenzione, perché è solo avendo ben
chiari gli obiettivi e la strada da percorrere per raggiungerli che si avranno i risultati attesi.
2.1.4 Il campionamento
La scelta delle persone da coinvolgere nella ricerca influenza notevolmente la qualità e
l’efficacia della stessa. In prima battuta, è opportuno selezionare quindi quelle persone che
faranno parte della popolazione di interesse. Rispetto al numero di queste, si hanno due possibili
strade: censirle e quindi intervistarle tutte, o solo una parte e quindi campionarle. Effettuare un
campionamento in ambito beauty è sicuramente la scelta ottimale, perché si hanno sempre
vincoli di tempo e di denaro. Il campione è semplicemente una frazione della popolazione di
interesse che consente di trarre conclusioni generalizzabili sull’intero, senza per questo
intervistarla tutta. Il metodo di campionamento rappresenta il processo attraverso cui si
determina il campione. Le fasi del metodo di campionamento prevedono l’individuazione della
popolazione di riferimento e successivamente la selezione di un suo sottoinsieme, il quale
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dovrebbe fornire pressoché le stesse informazioni che si otterrebbero intervistando tutta la
popolazione. Il principio su cui si basa il campionamento è quindi quello della rappresentatività.
I campioni possono essere di tipo probabilistico o non probabilistico.
Il campione probabilistico è così definito perché chiunque della popolazione potrebbe rientrarvi
e la sua inclusione si basa sul semplice caso. Il metodo di campionamento probabilistico può
essere casuale semplice (selezione delle unità attraverso un criterio prestabilito), stratificato
(formazione di gruppi omogenei al loro intero per alcune specifiche caratteristiche, e prelievo
da ognuno di questi di un sottogruppo casuale), a grappoli (selezione casuale di sottogruppi, e
interrogazione di tutte le unità del sottogruppo), a due o più stadi (selezione delle unità in due
o più step).
Il campione non probabilistico viene formato invece a partire da criteri soggettivi. Il metodo di
campione non probabilistico può essere per convenienza (si selezionano le persone con cui si
ha una facilità di contatto, quindi persone conosciute, in modo da far affidamento sulla loro
sincerità e disponibilità), per quota (si suddivide la popolazione in sottogruppi omogenei e poi
si scelgono le singole unità arbitrariamente per rispettare le proporzioni), a scelta ragionata (le
unità si selezionano solo per alcune aree di analisi, facendo affidamento sulla loro conoscenza
pregressa).
Il campione non probabilistico si basa sulla praticità e sulla facilità di contatto con i soggetti da
intervistare: possiamo infatti decidere di intervistare tra il pubblico le persone di nostra
conoscenza perché siamo più facilitati nell'approccio e abbiamo più garanzie sulla loro sincerità
e disponibilità a rispondere.
Il numero dei soggetti che dovrebbe costituire il campione dipende da diversi fattori,
sinteticamente dall’ampiezza della popolazione di interesse e dall’identificabilità dei suoi
soggetti, dagli obiettivi e dal livello di approfondimento, dal livello di precisione delle stime
che si ottengono, dal costo e dal tempo di rilevazione.
2.1.5 Approccio quantitativo e approccio qualitativo
Una volta definiti gli obiettivi e analizzate le risorse umane, finanziarie e temporali occorrenti,
è possibile passare alla fase 3, ovvero definire la metodologia e la relativa tecnica di ricerca più
opportune. La prima distinzione che può essere effettuata è quella tra lo scegliere una ricerca
qualitativa, una quantitativa o un mix delle due per sopperire ai limiti dell’una o dell’altra.
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L’obiettivo di una ricerca qualitativa è quello di comprendere in profondità i fenomeni,
attraverso il modo in cui sono percepiti dagli attori coinvolti e il modo in cui vengono filtrati e
concettualizzati dal ricercatore, il quale interpreterà poi i dati dal suo personale punto di vista.
È attraverso una ricerca qualitativa che è possibile cogliere la complessità delle relazioni che
costituiscono il mercato e che sono presenti tra le variabili dello stesso. Le informazioni
qualitative non possono essere rappresentate sotto forma numerica, perché rappresentate da
testi, immagini, suoni etc. e non possono essere generalizzate, perché provengono da un numero
limitato di rispondenti.
I metodi più utilizzati di ricerca qualitativa sono l’intervista in profondità, l’osservazione e il
focus group.
L’intervista in profondità ha come obiettivo quello di indagare profondamente il fenomeno,
attraverso una conversazione a due tra l’intervistato e l’intervistatore. Le interviste in profondità
possono essere non strutturate o al massimo semi-strutturate: nel primo caso l’intervistatore non
segue alcuna traccia e costruisce l’intervista sulla base degli spunti e delle risposte fornite
dall’intervistato. Nel secondo caso invece l’intervistatore segue una traccia caratterizzata da
macro-aree di indagine, per esser certo che venga discusso ogni punto durante l’intervista, il
cui svolgimento è guidato dalla soggettività dell’intervistatore che ne definisce tempi e modi di
formulazione delle domande.
L’osservazione consiste nell’interazione diretta con il fenomeno, nella sua registrazione e
nell’interpretazione dei diversi comportamenti assunti dai partecipanti. A differenza delle
indagini etnografiche o antropologiche, l’indagine osservante non prevede in alcun modo la
relazione diretta con gli osservati. Proprio la mancanza di quest’ultima evita la presenza di quei
condizionamenti comportamentali e di quei filtri che vengono assunti, qualora invece gli
osservati fossero in relazione con il ricercatore.
Il focus group è una ricerca qualitativa che prevede l’interazione tra i partecipanti facenti parte
di un gruppo e che si protrae per alcune ore. I partecipanti, numericamente ridotti, vengono
sollecitati al dialogo e condotti nell’utilizzo di alcune tecniche proiettive, quali completamento
di frasi, giochi di ruolo, simulazioni, associazioni etc., dal ricercatore che conduce il gruppo. Il
focus group è molto utile per conoscere pareri ed aspettative, per studiare i comportamenti verso
un prodotto o un’esperienza, per approfondire le motivazioni, per testare le possibili risposte
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verso un nuovo prodotto o servizio. A differenza dell’intervista in profondità, con il focus group
è possibile osservare le dinamiche di gruppo, nonché attivare il confronto e diminuire le
resistenze dei partecipanti.
Una ricerca quantitativa guarda più all’ampiezza che alla profondità dei dati: il suo obiettivo è
infatti quello di misurare i fenomeni e di generalizzare i risultati che si ottengono. I dati raccolti
possono essere codificati, misurati ed interpretati statisticamente attraverso procedure
standardizzate in modo da ricavare le informazioni. Generalmente si preferisce quindi
somministrare poche domande a tante persone, in modo da ricevere dati semplici e chiari che
meglio si prestano ad essere tradotti in variabili e quindi ad essere misurati.
Lo strumento più utilizzato nell’ambito di ricerche quantitative è il questionario, perché
permette di fotografare una specifica situazione in un determinato periodo, di raccogliere
informazioni socio-demografiche circa il proprio pubblico e quindi descrivere in toto, con
l’aiuto di analisi specifiche, il fenomeno indagato. Nel concreto, il questionario è una forma di
inchiesta che prevede di porre delle domande, in un determinato periodo di tempo, ad un gruppo
di persone che possano statisticamente rappresentare l’intera popolazione di riferimento.
Generalmente la quantità di informazioni che si ricava da un questionario è limitata ma
generalizzata, perché i rispondenti sono molti. I questionari possono essere distinti in due
categorie: quelli autocompilati direttamente dall’intervistato e quelli somministrati
dall’intervistatore. Nei questionari autocompilati il singolo soggetto risponde autonomamente
alle domande, mentre nei questionari somministrati è l’intervistatore che pone le domande dal
vivo o telefonicamente e a registrare le risposte. Il principale vantaggio dei questionari
autocompilati è che sono più economici, in quanto non prevedono la presenza
dell’intervistatore, di contro, un questionario autocompilato non assicura la completa
affidabilità delle risposte e generalmente riporta un tasso di compilazione più basso.
2.2 ANALISI QUALITATIVA
2.2.1 Il metodo utilizzato: cosa, come e perché
Come esplicitato nei precedenti paragrafi, scegliere di svolgere solo un’analisi qualitativa o
solo una quantitativa, significa rinunciare ai precisi vantaggi che offre l’una o l’altra. Per questa
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ragione, per indagare in profondità il fenomeno e per poter generalizzare i dati, la scelta è
ricaduta sull’utilizzo di entrambi i metodi di analisi.
In particolare, per quanto concerne l’analisi qualitativa, sono state effettuate 12 interviste in
profondità. Il particolare periodo che tutt’ora stiamo vivendo ha limitato il campo d’azione nella
scelta della metodologia. L’osservazione infatti, prevede l’interazione diretta con il fenomeno
da indagare durante lo svolgimento dello stesso: limite che, date le disposizioni governative
circa la chiusura degli esercizi commerciali in vigore durante questa stesura, non è possibile
superare neanche con l’utilizzo della tecnologia. Allo stesso modo, non è stato possibile
neanche effettuare un focus group, richiedendo questo, come elementi imprescindibili, la
relazione e il confronto tra i partecipanti, che difficilmente è possibile ricreare attraverso i
dispositivi tecnologici. Le interviste in profondità hanno rappresentato quindi la soluzione
ottimale.
Il campione è stato scelto per convenienza: sono stati intervistati 6 uomini e 6 donne, per essere
il più possibile gender neutral, dei quali 3 donne e 3 uomini con meno di 35 anni e 3 donne e 3
uomini con più di 35 anni, perché la ricerca non vuole essere incentrata solo su alcune fasce di
età.
Le interviste sono state condotte in videochiamata tramite alcune app come Whatsapp ed
Hangouts ed hanno avuto una durata media di 50 minuti. E’ stata inoltre seguita una traccia, le
cui aree di indagine possono essere così sintetizzate: presentazione dell’intervistato, rapporto
con i cosmetici, shopping experience, utilizzo del digitale, impatto del COVID-19.
2.2.2 I profili degli intervistati
Dalla conduzione delle interviste sono emersi chiaramente 4 tipologie di profili (“immersi nella
tecnologia”, i “beauty addicted”, quelli de “il trucco non c’è e non si vede” ed infine quelli de
“il giusto compromesso”), impersonificati nelle seguenti customer persona.
-Marco, 23 anni, immerso nella tecnologia: Marco è uno studente di ingegneria all’ultimo anno
della magistrale. La tecnologia fa parte della sua quotidianità e non riuscirebbe ad immaginare
una vita senza di questa: sente di poter muovere il mondo avendo in mano solo il suo telefono
ed una connessione Internet. Non si considera dipendente, piuttosto vede la tecnologia come
un’estensione di sé e ne riconosce principalmente tutti i suoi vantaggi. Specialmente in questi
anni, con la tecnologia è riuscito a tenersi in contatto con i suoi amici organizzando i sabati sera
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in videochiamata, ognuno davanti la sua pizza, è riuscito a continuare a seguire l’università e a
dare ormai con successo i suoi ultimi esami, ha scoperto un nuovo modo di fare shopping anche
e soprattutto per i suoi prodotti beauty, che era invece solito comprare nei supermercati e nelle
profumerie. Lo shopping online per lui significa risparmiare tempo, conoscere le opinioni di
tanti altri consumatori e confrontare in pochi clic tutti gli e-commerce, per trovare quello con i
prezzi più bassi. La pandemia ha dato un ulteriore impulso al suo uso della tecnologia, ed è
fermamente convinto che questo impulso non si esaurirà con la fine del Covid.
-Laura, 28 anni, beauty addicted: Laura è una make up artist diplomata in una prestigiosa
Accademia di Milano. La passione per il make up e i prodotti beauty in genere le è nata da
bambina, quando vedeva la sua mamma truccarsi e provava ad imitarla rubandole di nascosto i
trucchi. Ha sempre considerato il make up come una forma d’arte, un altro modo di esprimere
sé stessa e la sua creatività: il suo volto è una tela bianca e i trucchi i suoi attrezzi di mestiere.
Prima della pandemia scandiva le sue giornate tra shooting, make up per cerimonie e creazione
di contenuti per i suoi profili social, non aveva limiti nell’utilizzo dei prodotti, nessuna parte
del volto veniva poi coperta da una mascherina. Il Covid non solo ha cambiato il suo lavoro,
relegandolo ormai quasi interamente alla creazione di contenuti per i social, ma anche la sua
personale routine di bellezza: se prima un gloss non poteva mai mancare sulle sue labbra sottili
per farle apparire più voluminose, adesso è anche tanto se mette un semplice burro di cacao; se
prima il suo fondotinta era abbastanza presente per coprire le piccoli cicatrici di acne giovanile,
adesso non ne ha quasi bisogno perché c’è la mascherina a coprirle. Ha però riscoperto il make
up per gli occhi, unici protagonisti del suo nuovo volto, da abbellire con qualche accortezza: ad
esempio il mascara deve essere rigorosamente waterproof, così che le goccioline del suo
respiro, imprigionate dalla mascherina, non lo sciolgano.
-Riccardo, 36 anni, il trucco non c’è e non si vede: Riccardo è un insegnante di filosofia alle
superiori appassionato di yoga e di escursionismo. È una persona che cerca di nutrire la sua
anima ancor prima del suo corpo, che guarda alla sostanza delle cose e non si perde in
frivolezze. Ama stare a contatto con la natura e, per questo, le sue sessioni di yoga le svolge
scalzo sui prati. Con gli altri si mostra sempre per ciò che realmente è: il trucco non c’è e non
si vede. Lui è minimal e “nudo” in ogni aspetto della sua vita, anche nei confronti dei prodotti
cosmetici: non usa profumi, non cura la sua barba, non conosce skincare: la sua pochette