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INTRODUZIONE
L’obiettivo di questo elaborato finale è quello di portare alla luce una nuova
corrente di pensiero, ossia l’Ecofemminismo, finora parzialmente conosciuta in
Italia dato che le opere sono quasi tutte in lingua inglese. A distanza di 26 anni dalla
storica Conferenza delle Nazioni Unite sulle donne a Pechino, l’uguaglianza di
genere non è stata raggiunta, e ancora oggi alle donne risulta difficile raggiungere
la realizzazione di sé stesse. Da quel momento, le Nazioni Unite lavorano e si
confrontano con la società civile e i governi per fronteggiare non solo i problemi
relativi all’uguaglianza e ai diritti ma anche le questioni legate al cambiamento
climatico. Un primo gruppo di stakeholder
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nato nel 2009 per influenzare i dibattiti
di tale conferenza è Women and Gender Constituency, la quale oggi è composta da
33 organizzazioni ecofemministe e non in cui lo scopo comune è di porre in primo
piano le conseguenze che i cambiamenti climatici hanno sulle donne al fine di
rendere efficaci ed equi le politiche e i progetti ambientali. «La WGC si basa su
impegni globali per l'uguaglianza di genere e i diritti delle donne [...] La
circoscrizione opera per garantire che i diritti umani e l'uguaglianza di genere
siano saldamente ancorati in tutte le azioni per il clima nell'ambito dell'UNFCCC
e per sfidare il modello economico estrattivo, di sfruttamento e patriarcale che ha
portato alla crisi climatica». (WGC). Tale informazione con cui ho scelto di aprire
questo lavoro riassume al meglio la società consumistica di oggi, figlia del modello
economico capitalista patriarcale che ha portato alla distruzione dell’ambiente e ha
messo in discussione le condizioni stesse della vita. Un estremo consumo che ha
cercato continuamente profitto senza curarsi delle conseguenze e dei danni causati
alla natura e alle persone. Le proposte ecofemministe che hanno ispirato questo
elaborato si presentano come un’alternativa sostenibile a tale modello economico.
Nel primo capitolo, infatti, si presenta la storia dell’ecofemminismo richiamando
numerose autrici che hanno permesso di avere una molteplicità, vivace e ricca, di
definizioni dell’ecofemminismo senza soffermarsi sulla banale concezione della
semplice unione tra il femminismo e l’ecologismo.
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Chi ha interessi nell'attività di un'organizzazione o di una società, ne influenza le decisioni o
ne è condizionato. (Enciclopedia Treccani).
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Il secondo capitolo, invece, mi aiuterà a trattare del problema che ha originato il
modello capitalista patriarcale ossia la divisione sessuale del lavoro. Questa è la
struttura portante su cui si fonda la relazione tra donne e uomini e su cui sono stati
distribuiti i ruoli produttivi e riproduttivi in base al genere, legando
tradizionalmente le donne alla sfera domestica e gli uomini alla sfera economica.
Si tratterà, infatti, anche della concezione del lavoro domestico visto come un
lavoro a tutti gli effetti ma non salariato sul quale si esprime l’autrice Silvia Federici
e non solo. Nel terzo capitolo, vi è la presentazione della ricerca qualitativa: si
renderanno note tutte le scelte che - a partire dalla domanda di ricerca - hanno
portato all’adozione delle tecniche di ricerca adeguate allo studio. Concludendo,
poi, con l’analisi del materiale empirico e la lettura dei risultati ottenuti.
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CAPITOLO 1
ECOFEMMINISMO: NUOVE TEORIE PER OSSERVARE
LA REALTÀ
1.1 INTRODUZIONE
L’ecofemminismo risulta essere un originale convergenza di femminismo ed
ecologismo. Disobbedisce alle relazioni di dominio imposte dalla logica del
dominio forgiandosi come una resistenza rivoluzionaria. L’obiettivo che tale
movimento si pone è di includere un nuovo ordine sociale senza gerarchie e senza
dualismi.
L’ecofemminismo è un movimento attivo e vivo che continua a perdurare
abbracciando la speranza che le generazioni future possano vivere in un mondo
migliore. È costituito da lotte, scambi, incontri, discussioni, manifestazioni che
danno la possibilità di creare nuove opportunità di svolta per una nuova società.
La stesura di questo primo capitolo è stata particolarmente faticosa proprio per
l’estrema difficoltà di individuare una narrazione ecofemminista con un inizio ed
una fine, una difficoltà che ha poi condotto alla scelta al plurale del titolo di codesto
capitolo.
1.2 LA NASCITA DI UN NUOVO MOVIMENTO
Il termine Ecofemminismo compare per la prima volta nel 1974 in uno scritto
di Françoise d’Eaubonne, intitolato Le féminisme ou la mort, anche se la nascita di
tale movimento si riscontra ancor prima nel XIX secolo ed in particolare si fa
riferimento al periodo dei moti rivoluzionari del 1848. Per illustrare al meglio la
nascita e la storia all’origine di questo movimento viene suddivisa in varie ondate
ad ognuna delle quali corrispondono priorità e generazioni diverse che illustrano
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tutti i suoi sviluppi. La prima ondata fa riferimento all’ottenimento di pari diritti tra
donna e uomo col raggiungimento del suffragio universale, mostratosi come un
processo lento e graduale. Infatti, solo nel 1893 la Nuova Zelanda fu il primo paese
ad introdurre il suffragio universale, succeduta poi dagli Stati Uniti e dall’Italia
(1945 messo in atto però l’anno seguente), l’ultimo paese fu la Svizzera nel 1971.
In quegli anni molte femministe stavano prestando grande attenzione ai movimenti
ambientalisti tra cui Ellen Swallow (1842-1911), chimica ed esperta di mineralogia
e di nutrizione, la quale fu la prima donna ad essere ammessa al Massachusetts
Institute of Technology e la prima che nel 1892 utilizzò il termine “ecologia” in
chiave moderna, col quale intendeva «lo studio di ciò che circonda gli esseri umani
nelle conseguenze che produce sulla loro vita» comprendendo l’umanità all’interno
della natura.
La seconda ondata iniziò negli anni ‘60 del Novecento negli Stati Uniti con
priorità diverse da quelle precedenti. Nel 1962 fu un’altra donna ad essere
protagonista con l’opera Silent Spring scritta da Rachael Carson, la quale gettò le
basi del moderno movimento ecologista. Lei esaminò gli effetti che avevano avuto
gli insetticidi, definiti dall’autrice “elisir di morte”, sulla vita umana e animale
denunciando pubblicamente, per la prima volta, l’abuso di tali prodotti e i danni
inferti alla natura con annesse numerose ricerche e documentazioni. Inoltre, Carson
mosse una critica nei confronti della scienza sostenendo che la volontà di dominio
sulla natura, considerata solo come una risorsa messa a disposizione dell’uomo,
stava distruggendo la vita sul pianeta. Le sue idee furono completamente
minimizzate e svalorizzate nell’ambito governativo e industriale ma ebbero una
forte influenza sui movimenti appena nati negli Stati Uniti i quali abbracciarono il
concetto che l’ideologia presente a quei tempi, la quale legittimava il dominio sulla
natura, andasse a giustificare l’oppressione in base al genere, alla razza e alla
sessualità. Intorno agli anni ‘70 ci fu uno sviluppo spontaneo dei movimenti
femminili in tutto il mondo rivelando la connessione tra salute e la vita delle donne
e la devastazione della natura facendo entrare in gioco uno stato di consapevolezza
della vulnerabilità femminile di fronteggiare il degrado ambientale e desiderio di
esprimere le proprie opinioni nei processi decisionali che uniscono tutte quelle lotte
sorte in maniera istintiva e spontanea. Nel 1973 nello stato dell'Uttarakhand, in
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India, numerose donne presero parte al movimento Chipko per tutelare la
conservazione delle foreste utilizzando un sistema di non violenza ossia si
provvedeva all’occupazione degli alberi in modo tale che non potessero abbatterli.
La parola “Chipko” in Hindi significa proprio “aggrapparsi” e va ad indicare la
principale tecnica delle protestatarie ovvero abbracciare gli alberi destinati ad
essere abbattuti rifiutando di muoversi con lo scopo di smascherare gli interessi
economici, diffondere ed aumentare la consapevolezza e la necessità di dover
salvare gli alberi e la natura. Tale movimento, nonostante avesse avuto dei leader
uomini, è sempre stato riconosciuto come un movimento ecofemminista in quanto
le donne costituivano il suo pilastro poiché erano quelle più colpite dalla
deforestazione che portò alla scarsità di acqua potabile. Negli anni a seguire in
Kenya un nuovo movimento, col nome di movimento Green Belt, prende forma
grazie all’attivista ambientale Wangari Maathai, la quale ha progettato un
programma di piantagione di alberi guidato da donne in modo da prevenire la
desertificazione dell’area. Con l’aiuto di questo programma si viene a creare una
“cintura verde” costituita da circa 1000 alberi che delineano i confini dei villaggi.
Ancora oggi il programma di tale movimento continua a proseguire.
La terza ondata, invece, interessa gli anni ‘80 e ‘90 del Novecento dove, dal
punto di vista di varie Costituzioni europee, in particolare quella italiana, può
sembrare che donne e uomini abbiano uguali diritti ma nella realtà sociale si
possono riscontrare ancora innumerevoli discriminazioni e disuguaglianze che
perdurano anche nella quarta ondata, inerente al giorno d’oggi, con la lotta per
ridurre il divario salariale. Tra il 1980 e 1981 ci furono due avvenimenti di grande
rilevanza: il primo avvenne a Washington nel quale molteplici donne come Ynestra
King organizzarono una protesta pacifica contro il nucleare circondando il
Pentagono mentre il secondo avvenne alla base missilistica di Greenham Common
in Inghilterra, in entrambe le proteste le donne erano mano nella mano chiedendo
ad alta voce uguali diritti anche se la motivazione principale era la preoccupazione
che le nuove tecnologie introdotte potessero distruggere la terra. Nel 1985 fu
lanciato un nuovo progetto, Akwesasne Mother's Milk, dall’ostetrica e ambientalista
Katsi Cook, nativa americana Mohawk. La sua ricerca, finanziata dal governo, mise
in evidenza come gli alti livelli di inquinanti nell'acqua vicino alla Riserva Mohawk
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influenzavano i bambini, difatti ha rivelato che i bambini Mohawk sono il 200%
più esposti alle tossine attraverso il latte materno rispetto ai bambini fuori dalla
riserva; dunque, vi ha denunciato il fatto che le tossine inquinano l'acqua in tutto il
mondo, ma a causa del razzismo ambientale, alcune persone sono soggette ad essere
molto più inquinate.
Il movimento ecofemminista affonda le sue radici nella storia antica ma dalla
seconda ondata in poi ha iniziato a legittimarsi ed acquisire una consapevolezza e
un’importanza maggiore tale da estendersi e influenzare a livello mondiale, ad
esempio in Italia si diffonde attraverso un libro “Ecofemminismo in Italia – le radici
di una rivoluzione necessaria” scritto da Franca Marcomin e Laura Cima. Questo
testo è formato da una raccolta di testimonianze di donne, che hanno preso parte al
movimento ambientalista e si sono impegnate in una rivoluzione ritenuta
necessaria, attraverso il quale è possibile scoprire la storia e la nascita
dell’ecofemminismo italiano.
1.3 LA NATURA È DONNA
Il movimento ecofemminista rivela un legame sempre esistito tra donna e
natura. Ad oggi tale movimento presenta e unisce le principali ideologie femministe
con quelle ecologiche forgiando nuove e molteplici correnti filosofiche
ecofemministe che non rendono possibile sintetizzare o dare una definizione
univoca.
Riprendendo il paragrafo precedente, la donna viene spesso associata alla
natura sin dall’antichità come produttrice di vita e fecondatrice. Nel 1980, infatti,
l’autrice Carolyn Merchant scriveva nella sua opera The Dead of Nature: «donne e
natura sono unite da un’associazione millenaria» e ritiene sia di grande importanza
il fatto che suddetta unione si sia consacrata nelle lotte contro l’oppressione di
genere; la donna (madre), è considerata come una figura protettiva nei confronti
della prole occupandosi di nutrirla, accudirla e curarla e proprio come una madre