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INTRODUZIONE
La lotta al caporalato deve necessariamente porsi come uno
degli obiettivi fondamentali dell’ordinamento giuridico
italiano alla luce dell’art. 1 della Costituzione che pone il
“lavoro” a fondamento della Repubblica democratica.
Tuttavia fino al 2016 il nostro ordinamento era privo di un
efficace strumento normativo in tal senso, in particolare a
tutela della dignità umana gravemente compromessa dal
fenomeno.
Alla luce di tali considerazioni si prenderanno le mosse da
un inquadramento generale del fenomeno del caporalato, si
procederà quindi all’esame degli aspetti salienti del reato e
ci si soffermerà infine sulle problematiche relative alla
gestione dell’impresa.
La scelta dell’argomento si giustifica sia in base agli aspetti
per così dire “umanistici” del fenomeno sia in base al
carattere “subdolo” dello stesso che stimola sul piano etico
lo studioso a individuare i contesti oscuri in cui esso
matura.
Il caporalato è di grande attualità in quanto affrontato
pressoché quotidianamente dalla cronaca giornalis tica ed è
destinato nel futuro a ulteriori, dirompenti sviluppi. Infatti
sono in continua evoluzione i fattori che stanno alla base
del fenomeno: la criminalità organizzata, i flussi migratori,
l’aumento della disoccupazione a seguito della pandemia,
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le nuove forme di lavoro in cui lo sfruttamento può
perpetrarsi anche attraverso la piattaforma digitale.
Il compito dell’ordinamento giuridico di contrastare il
caporalato appare arduo soprattutto in quanto, come si
spiegherà, si è adottato un atteggiamento di ffidente nei
confronti della fattispecie di reato introdotta nel 2016; si
dimostrerà viceversa che tale fattispecie, per quanto
criticata, si presta come strumento versatile ed efficace ad
arginare il fenomeno.
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CAPITOLO I
L’ORIGINE STORICA E GLI
ANTECEDENTI DEL REATO DI
INTERMEDIAZIONE ILLECITA E
SFRUTTAMENTO DEL LAVORO EX
ART. 603-BIS C.P.
1. Il caporalato come fenomeno sociale
Il caporalato è un deplorevole fenomeno sociale che, in
totale spregio alle garanzie costituzionali, presuppone
inevitabilmente una situazione di sfruttamento lavorativo di
persone socio-economicamente fragili. Si può
preliminarmente e sinteticamente affermare che il
caporalato è un fenomeno interdisciplinare, multisettoriale
e multiforme, che si pone in evident e contrasto con i diritti
e i principi riconosciuti dalla nostra Carta Costituzionale.
Le vittime di caporalato sono generalmente stranieri
provenienti dalle più svariate aree geografiche del mondo
che, alla ricerca di una vita migliore e dell’immaginario
“paradiso occidentale”, cadono nella rete dello
sfruttamento, unica via di sopravvivenza che calpesta la
loro dignità e, nelle ipotesi più gravi, atten ta la loro stessa
vita.
Il fenomeno sociale del caporalato, però, a differenza di
quanto si potrebbe superficialmente pensare, non fa
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differenze né etniche né di genere: il caporalato colpisce
principalmente gli immigrati provenienti da tutto il mondo,
ma può anche riguardare cittadini italiani, uomini e donne,
sempreché in relazione allo sfruttamento lavorativo sussista
il necessario stato di bisogno, in assenza del quale il diritto
penale, in quanto ultima ratio di tutela predisposta
dall’ordinamento per i consociati, è costretto a cedere il
passo al più lieve e benevolo diritto del lavoro.
Il fenomeno in questione nasce a seguito dell’azione delle
organizzazioni mafiose dominanti nell’Italia Meridionale:
queste, infatti, compresero che il collocamento nelle
campagne del Mezzogiorno dell’ingente bacino di
manodopera non specializzata scaturente dai flussi
immigratori, propri della seconda metà del Novecento,
rappresentava un’occasione per riciclare denaro sporco e
fatturare milioni di euro. E’ da notare che ancora oggi il
caporalato costituisce una modalità con cui le
organizzazioni criminali procedono a riciclaggio, ma è però
riduttivo limitare il fenomeno in esame alla criminalità
organizzata e al settore agricolo del Sud Italia. Difatti,
nell’attuale epoca post-moderna, il fenomeno sociale del
caporalato non può essere circoscritto in uno spazio
territoriale puntuale, né può essere settorializzato,
annidandosi nei più svariati settori economici del mercato
del lavoro, in cui basta l’impiego di manodopera non
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specializzata per l’espletamento delle mansioni : così il
caporalato si manifesta non solo nei suoi settori per così
dire “tradizionali”, come l’agricoltura, la tessitura, la
pastorizia, l’allevamento, la pesca e l’edilizia, ma anche in
settori “nuovi” come, a titolo d’esempio, la logistica, il
volantinaggio, i call center e il food delivery
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.
Il fenomeno sociale del caporalato è difficil mente
sradicabile dalla società dato che risponde a una duplice
esigenza: a un’esigenza sociale di inserimento dei fr agili
socio-economici in un assetto lavorativo indispensabile per
il loro sostentamento, ove, a causa della loro fragilità,
accettano la sottoposizione a prestazioni lavorative
sottopagate, senza riposi, pericolose e penalizzate
socialmente e costituzionalmente; ad una esigenza
economica del datore di lavoro che -in vari settori di
manifestazione del caporalato, come l’agricoltura e la
pastorizia, in cui è la grande distribuzione organizzata
(GDO) ad imporre il prezzo di mercato del prodotto- è
indotto a sfruttare forza lavoro per rimanere sul mercato e
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A. M E R L O, Il contrasto allo sfrutta mento d el la voro e al
“caporalato” dai braccian ti ai rid ers , Itinerari di Diritto Pen ale,
Torino, 2020, pp. 22 ss.
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non fallire, o speculativa, qualora il datore stesso proceda
a sfruttamento al solo fine di massimizzare i profitti e
abbattere i costi.
Inoltre, il caporalato è un fen omeno multiforme dovendo
pertanto distinguersi tra caporalato nero o grigio, a seconda
che non vi sia affatto alcuna forma di contrattualizzazione
o che questa sia solo apparentemente legale. Il caporalato
nero trova espressione nei casi più gravi di sfrut tamento
lavorativo, e sono tali quelli in cui vi è un elevatissimo
grado di intrusività nella vita del lavoratore
2
. Costui,
costretto a vivere in ghetti o baraccopoli, è un ”para -
schiavo della post-modernità” che non può nemmeno
denunciare l’abuso subito non conoscendo la lingua, o non
possedendo, vuoi anche perché sottratti, documenti
d’identità. A tali condizioni d’impossibilità di presentare
denuncia se ne aggiunge spesso un’altra nei casi di
caporalato nero: il timore nel lavoratore di una ritorsione
2
Analog amente G. DE S A N T I S, Caporalato e sfruttamento di lavo ro,
storia e analisi della fattispecie d elittuosa vigente, in Studi sul
caporalato , a cura di G. D E S A N T I S, S. M. C O R S O, F. D E L V E C C H I O,
Torino, 2020, p. 13.
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nei suoi confronti da parte delle organizzazioni criminali di
stampo mafioso che controllano il territorio.
Molto meno invasivo nella vita della vittima , ma
egualmente rientrante nella para-schiavitù, è il caporalato
grigio in cui il rapporto di lavoro è basato su un contratto
che è però solo apparentemente legale celando infatti
violazioni dei diritti dei lavoratori
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.
Nei casi di caporalato grigio il contratto, pur sembrando
regolare e completo, risulta, dopo un’attenta analisi, o
lacunoso di condizioni contrattuali, o abusato ovvero non
adatto al tipo contrattuale che spetterebbe per
l’inquadramento del lavoratore. Nell’attualità quest’ultima
ipotesi si rinviene frequentemente nel settore lavorativo dei
riders ove il fenomeno si manifesta nella sua nuova forma
di caporalato digitale. Costoro, spesso inquadrati tramite lo
schema contrattuale delle co.co.co o del lavoro autonomo,
sono di fatto veri e propri lavoratori subordinati, e sebbene
non vi sia ancora una communis opinio sulla natura
contrattuale del loro rapporto lavorativo non sembra però
3
E. LO M O N T E, Sfrutta mento dell’immig rato cland estino: tra
l’incudine (dello stato) e il martello (d el caporalato ) , in Critica d el
diritto, 2011, pp. 41 ss.
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mancare l’intenzione della Cassazione di dirigersi in futuro
verso l’area della subordinazione. Nel dettaglio, la Corte di
Cassazione, a seguito del ricorso proposto dai riders di
Foodora, ha recentemente sancito che, in forza dell’art. 2
del d. lgs. n. 81/2015 di attuazione del Jobs Act, si
applicano tutte le tutele del lavoro subordinato se la
collaborazione ex art. 409 n. 3 del c.p.c. è connotata
dall’etero-organizzazione e, cioè, da modalità di
esecuzione della prestazione organizzate dal committente
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.
Giunti a questo punto, si può ormai pacificamente
constatare l’ampia portata sociale del fenomeno che però
non trova riscontro nella produzione giurisprudenziale,
assai scarsa in materia per molteplici ragioni: innanzitutto,
la denuncia, che spesso porta con sé ritorsioni, comporta
comunque la perdita del posto di lavoro e, quindi, di
alternative esistenziali; in secondo luogo, il fenomeno in
esame non è di facile individuazione nel mondo del diritto,
tendendo a sovrapporsi con altre fattispecie delittuose come
“la riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù” (art.
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Cass. Civ. , Sez. Lav. , 2 4 gennaio 2020, n. 1663.
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600 c.p.) e la tratta di persone ai fini dello sfruttamento
lavorativo (art. 601 c.p.)
5
.
Giova peraltro segnalare che la scarsità del materiale
giurisprudenziale è dovuta anche al fatto che la riforma
dell’art. 603-bis risale solo all’anno 2016. Per quanto
riguarda la Corte di Cassazione, quest’ultima si è più volte
pronunciata sulla legittimità o meno di misure cautelari
personali applicate a indagati per il reato di cui all’art. 603-
bis ed ha trovato in tale sede l’opportunità di enunciare
importanti principi di diritto in materia di c aporalato. In
particolare, nel 2019, la Cassazione ha sancito che “ai fini
della configurazione del delitto di intermediazione illecita
e sfruttamento del lavoro, assume rilievo lo sfruttamento
del lavoratore i cui indici di rilevazione attengono ad una
condizione di eclatante pregiudizio e di rilevante
soggezione del lavoratore stesso, resa manifesta da una
pluralità di fattori quali i profili contrattuali e retributivi o
normativi del rapporto di lavoro, la violazione delle norme
in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro, o la
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Vd. A. DI M A R T I N O, Sfruttamento d el lavo ro. Il valo re d el contesto
nella definizion e del rea to , il Mulino, Bologna, 2019 , pp. 275 ss.