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INTRODUZIONE
L’annus horribilis che si sta affacciando in molti settori, aumenta la complessità del
mercato, si aggiunge anche il profondo cambiamento del contesto competitivo nel quale
le imprese si trovano ad operare, per poter mantenere vivo il proprio business sono
obbligate a adattarsi alle nuove condizioni.
Questo improvviso e radicale cambiamento in un clima di profonda incertezza induce le
aziende a produrre e ad applicare metodi per acquisire un “vantaggio competitivo”
duraturo e difendibile, allo scopo di raggiungere lo sviluppo se non anche la sola
sopravvivenza.
Tutto ciò, determina una mutazione nelle forme organizzative, nelle attività produttive e
nella ripartizione dell’occupazione, trasformazione che comporta un abbandono, ancora
più repentino, del modello di tipo gerarchico-funzionale.
Il principio gerarchico basandosi sull’individuazione delle attività a controllo diretto su
tutti i processi aziendali, venivano assegnati a cascata su livelli sottostanti, risultando
essere una struttura ideale per le produzioni di massa.
Fig. 1 – Fonte Organizzazioneaziendale.net
Con il tempo ci si accorge che questo tipo di struttura risulta essere poco flessibile ai
cambiamenti.
Ecco la necessità per le aziende di trovare un modello di organizzazione più flessibile ed
aperto all’ambiente esterno, attraverso forme di collaborazione con fornitori o concorrenti
al fine di poter snellire la propria gestione e lo svolgimento di attività un tempo
considerate core business, questo fenomeno è noto come “outsourcing”.
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Esso permette di polarizzare le risorse e le energie verso le competenze necessarie per
fare acquisire all’impresa una posizione di leadership e quindi di esternalizzare tutto ciò
che non fa parte del core business, cioè l’attività per cui l’azienda è stata creata.
L’obiettivo di questo lavoro è quello di voler dare un solido contributo ad uno dei
comparti economici più importanti per il sistema Moda che nel corso degli anni ha
permesso all’Italia di acquisire una posizione di leadership in tale campo a livello europeo
e mondiale, fornendo una rappresentazione dell’outsourcing e di tutti gli aspetti che lo
riguardano, con l’obiettivo finale di stimolare quanto meno un confronto tra teoria e
pratica.
Questo mio desiderio di indagare in modo più approfondito l’outsourcing nasce dal fatto
che, risulta essere il fulcro dell’interesse della scienza economica e dell’attività
manageriale e centinaia sono gli studi rivolti a codesto enorme universo.
Per svolgere questo delicato compito, cercando di non trascurare nessun aspetto, ho fatto
tesoro degli insegnamenti di “Ronald H. Coase”
1
e “Oliver E. Williamson”
2
e
sull’importanza che i costi di transazione e i diritti di proprietà, hanno nella struttura e nel
funzionamento dell’economia.
I punti di coinvolgimento più crescenti su cui si fondano le strategie di outsourcing sono
le relazioni per un contributo basato sulla reciproca affidabilità, sul regolare interscambio
di dati e informazioni, su predeterminare obiettivi a medio, lungo termine e sulle
competenze e conoscenze che sono le chiavi di volta necessarie al miglioramento delle
innovazioni.
Infine, la tesi dopo aver illustrato quelli che possono considerarsi i concetti salienti
dell’outsourcing e tutti gli aspetti che lo riguardano, prende spinta dall’osservazione di
una propensione sempre più diffusa da parte delle imprese italiane a fornire un servizio
di esternalizzazione delle attività appartenenti alla loro catena del valore per poter
rimanere in vita in un mercato implacabilmente competitivo, diventando a tutti gli effetti
outsourcer di multinazionali che li considerano sempre più dei partner.
Studiando questa azienda, che pone al centro dell’attenzione l’imprenditore come
“soggetto astratto” rispetto al “genere”, manifestando tutta la sua funzione
creativa/innovativa, dovuta a Schumpeter e le dà continuità attraverso la sua attività.
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Premio Nobel per l’economia nel 1991, su nobelprize.org.
2
Premio Nobel per l’economia nel 2009, su nobelprize.org.
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Peraltro, fa emergere la caratteristica figura imprenditoriale, coraggiosa e schiva dei
pericoli pronta ad affrontare nuovi ambienti competitivi cercando di raggiungere,
mediante una delle possibili strategie d’impresa quale l’outsourcing, il vantaggio
competitivo.
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CAPITOLO 1
Outsourcing: concetto generale e definizione
1.1 – Overview dell’outsourcing, e cenni storici
Potrebbe essere interessante iniziare fornendo una definizione a livello etimologico della
parola outsourcing, ma sarebbe troppo semplice e diventerebbe qualcosa di ormai
scontato che molti miei colleghi hanno già formulato più e più volte diventando qualcosa
di ripetitivo, limitiamoci alla semplice unione delle parole “outside” e “resource” che
stanno ad indicare la collocazione all’esterno delle risorse di cui l’azienda si avvale.
Più interessante è invece il fatto che, nella lingua italiana non esisteva un termine
equipollente di “outsourcing” e si impose nella lingua scritta soltanto alla fine degli anni
Ottanta in quanto non era più sufficiente utilizzare il termine “appalto” che non
inquadrava bene alcuni meccanismi del fenomeno.
È fuori dubbio che “outsourcing” indica una categoria di appalto peculiare,
fondamentalmente è una parola carica di nuove conseguenze che determinano attività che
si riferiscono a nuove realtà delle politiche aziendali, incrementatesi nel corso della crisi
economica degli anni Ottanta, principalmente nel mondo anglosassone e statunitense.
Nella realtà dei fatti, nella lingua italiana, qualche altro termine ci ha provato ad insidiare
“outsourcing”, ci prova e ci è riuscito in parte “esternalizzazione”, che a livello
etimologico descrive chiaramente ciò che avviene nella pratica: “dare all’esterno una
parte delle proprie attività”
3
.
L’outsourcing è quindi, l’affidamento all’esterno, non occasionale ma strutturale, da parte
di un’impresa, di alcune fasi del processo produttivo in quanto permette all’azienda di
avere una maggiore concentrazione sul proprio “core business”, cioè sulle attività
strategiche che la contraddistinguono sul mercato.
Generalmente, la motivazione che spinge ad esternalizzare riguarda soprattutto
l’equilibrio economico dell’azienda: si esternalizzano, in un’ottica di riduzione dei costi,
quelle attività, “non core”, che si ritiene possano essere separate dall’organizzazione
senza incorrere nel rischio di compromettere le competenze chiave in proprio possesso.
Per questo motivo, normalmente un’attività non core, è posta al vaglio dell’analisi
3
Ventricelli, G. (2004). Outsourcing: conviene davvero esternalizzare?. Etas.
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“make” or “buy”, con la quale si fa riferimento al processo decisorio che un’impresa
svolge per scegliere se sia più conveniente realizzare in house (make), oppure di
acquistare all'esterno (buy), un componente, un prodotto o un servizio necessario alla
produzione; cercando di non ridurla ad una semplice verifica dei costi e dei benefici ed
effettuando le debite valutazioni delle strategie che l’impresa si è data.
Per attuare questa decisione è basilare fare la comparazione dei costi totali da sostenere
nei due casi, avendo ben chiaro quali siano le caratteristiche di reperibilità all’esterno e
delle risorse disponibili a questo fine, all’interno dell’azienda.
Fig. 2 – Elaborazione personale
Consiste in una scelta strategica essenziale per la gestione aziendale, che definisce i
parametri di integrazione delle attività determinandone la struttura dei costi, la
pianificazione e il posizionamento sul mercato.
L'opzione make viene in genere scelto per quelle attività che prevedono:
- elevati costi indiretti;
- necessità di simmetria informativa, non sempre presente in caso di buy;
- elevato controllo della qualità, impossibile da verificare se l’attività viene svolta
all’esterno;
- consente di mantenere eventuali segreti industriali.
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L'opzione buy offre invece il vantaggio di:
- avere una struttura dei costi più elastica;
- sfruttare economie di scala “esterne”;
- una maggiore flessibilità della capacità produttiva;
- un maggiore potere contrattuale verso i fornitori.
Nel complesso, l'esternalizzazione delle attività, aumentano con lo sviluppo del settore
industriale, poiché aumentano i vantaggi derivanti dall’acquisizione delle competenze
dalle economie di scala.
La tendenza globale, dovuta alle trasformazioni avvenute negli ultimi quindici anni, è
quella di mantenere all'interno dell'impresa le attività della gestione caratteristica, basate
sulle competenze chiave e quelle con forte potenziale di sviluppo, su cui si fonda il
vantaggio competitivo di lungo termine e ricercando competenze specifiche all’esterno a
cui delegare tutte le altre.
Inizialmente, l’outsourcing veniva considerato come un semplice decentramento
dell’attività produttiva, il cui obiettivo primario era il recupero di efficienza su attività di
supporto per l’azienda, ora invece si traduce in una vera e propria scelta strategica del
fornitore, dal momento che esso svolgerà un vero e proprio ruolo di partner, al quale
poter delegare la gestione operativa con la responsabilità totale sui risultati
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Da quanto sopra descritto, emerge indubbiamente che l’outsourcing si differenzia dalle
altre forme di esternalizzazione in quanto presuppone un nesso tra compratore e venditore
molto più strutturata: i rapporti tra l’impresa che esternalizza e l’azienda alla quale è
ceduta l’attività, si fondano su relazioni sia di mercato che collaborative, in quanto la
premessa determinante è la stipula di un contratto che prevede l’interessamento decisivo
del fornitore nei programmi a lungo termine di accrescimento aziendale del cliente.
Le principali caratteristiche dell’outsourcing possono essere, così riassunte
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:
- il contratto è tipicamente di lunga durata;
- il fornitore ha la responsabilità dei risultati (mentre in altre forme contrattuali,
come quelle del contratto a misura, cosiddetto “Time & Material”, è il cliente ad
assumere la responsabilità dei risultati chiedendo al outsourcer di mettere a
4
Mauro Sciarelli, L’outsourcing strategico dei servizi integrati di gestione, il facility management,
Cedam, 2005
5
Dettori S. e Ramachandran M., Un’overview dell’outsourcing in Europa ed in Italia, 2007
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disposizione unicamente delle risorse);
- il rapporto con il fornitore si caratterizza come una “Partnership” (mentre in altre
forme contrattuali prevale la classica dinamica conflittuale cliente/fornitore). Da
ciò consegue che, ad esempio, i costi di innovazione del venditore dei servizi sono
terribilmente onerosi.
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1.2 – I modelli di decisione dell’outsourcing
Nella molteplicità dei casi il valore competitivo di un’impresa è il risultato dell’unione di
varie unità economiche che compongono la filiera produttiva: “la catena del valore
rappresenta la valorizzazione in termini di costo, delle operazioni svolte per passare da
un certo input aziendale al suo output” (G. Volpato – Concorrenza impresa strategie –
pag. 198).
A questo punto, per prendere la decisione più giusta dobbiamo tornare a concentrarci sulla
formulazione della strategia, affinché si possano determinare con precisione le attività
della “catena del valore” da esternalizzare o, comunque, quegli strumenti fisici da
acquistare presso fornitori esterni.
Catena del valore generica
Fig. 3 - La catena del valore di Porter e la scomposizione fra attività primarie e di
supporto (fonte: Internet)
Porter infatti, afferma che: “le attività generatrici di valore sono quindi i singoli elementi
costitutivi del vantaggio competitivo” (La strategia competitiva, pag. 49).
Tutto ciò risulta essere in accordo con il pensiero sostenuto dagli studiosi “Hagel e