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CAPITOLO 1
L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
1.1. Nascita ed evoluzione dell’Intelligenza Artificiale: esperienze a confronto
L’Intelligenza Artificiale, abbreviata in IA (o anche AI, acronimo dell’inglese Artificial
Intelligence) nasce nel 1956 grazie allo statunitense J. McCarthy, che organizzò un
convegno al Dartmouth College
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cui presero parte numerosi ricercatori sullo sviluppo di
sistemi automatici in grado di emulare i comportamenti intelligenti degli individui. Le
premesse scientifiche di questa disciplina affondano le loro radici nell’informatica, in
particolare negli studi condotti dal 1930 al 1950 da noti informatici come Turing, Russel,
Goedel che svilupparono nuove teorie sulla logica, sul ragionamento e soprattutto sul
calcolo, ritenute poi fondamentali per lo sviluppo e la formazione di tali sistemi.
Successivamente l’elaborazione di software altamente sofisticati e la seguente nascita del
LIPS
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, ossia il primo linguaggio di programmazione, segna nel progresso scientifico un
momento importante. Al contempo emergono i primi vincoli. Le principali problematiche
riscosse sono nelle capacità che possiamo definire cardini di un comportamento umano,
come una coscienza che permetta di prendere decisioni, o anche l’abilità di risolvere
problemi in maniera differente a seconda dei contesti di riferimento, caratteristiche difficili
da far acquisire inizialmente ad un sistema di IA. Alcuni di questi vincoli sono stati poi
superati mediante l’inserimento nei sistemi intelligenti di reti neurali e algoritmi complessi
in grado di riprodurre i ragionamenti tipici degli esseri umani, migliorando le capacità di
comportamento di tali sistemi. Grazie a una raccolta numerosa di algoritmi, essi sono
divenuti in grado di elaborare la reazione più adeguata allo stimolo esterno percepito. Nel
caso degli algoritmi connessi ai sistemi intelligenti dei veicoli, ad esempio, un’automobile
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Documento informale di 17 pagine redatto nell’agosto del 1955 da John McCarthy, Marvin Minsky,
Nathaniel Rochester e Claude Shannon che introduce per la prima volta il termine di intelligenza artificiale, e
motiva la necessità della conferenza con la seguente asserzione “ Lo studio procederà sulla base della congettura
per cui, in linea di principio, ogni aspetto dell’apprendimento o una qualsiasi altra caratteristica dell’intelligenza
possano essere descritte così precisamente da poter costruire una macchina che le simuli.”
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Lisp (List Processor) è una famiglia di linguaggi di programmazione con implementazioni
sia compilate sia interpretate, associata nel passato ai progetti di intelligenza artificiale. È stato ideato
nel 1958 da John McCarthy
come linguaggio formale per studiare la computabilità di funzioni ricorsive su
espressioni simboliche.
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senza conducente può decidere, in caso di pericolo, se sterzare o frenare a seconda della
situazione, ossia a seconda delle informazioni inviate dai vari sensori. Ad oggi, tuttavia, non
vi è la condivisione di un’unica nozione, normativa o scientifica, di intelligenza artificiale.
Alla luce della constatazione che una definizione troppo rigida avrebbe potuto arrestare il
processo stesso di innovazione, il Parlamento europeo, nella Proposta di Risoluzione sulla
Robotica risalente a febbraio 2017, ha esclusivamente sollecitato la Commissione a
delinearne le caratteristiche distintive, di seguito riportate:
•
l'ottenimento di autonomia grazie a sensori e/o mediante lo scambio di dati con il
suo ambiente (inter-connettività) e lo scambio e l'analisi di tali dati;
•
l’autoapprendimento dall’esperienza e attraverso l’interazione;
•
almeno un supporto fisico minore;
•
l’adattamento del proprio comportamento e delle proprie azioni all’ambiente;
•
l’assenza di vita in termini biologici.
Considerando poi che l’intelligenza artificiale è stata sin dalla sua origine argomento
centrale di numerosi dibattiti fra ricercatori, ma anche filosofi, appare inevitabile la presenza
di molteplici interpretazioni e definizioni. Ad esempio, l’Oxford Dictionary definisce
l’intelligenza artificiale come «la teoria e lo sviluppo di sistemi informatici in grado di
svolgere compiti che normalmente richiedono l’intelligenza umana, come la percezione
visiva, il riconoscimento vocale, il processo decisionale e la traduzione tra le lingue»
3
,
mentre secondo l’Enciclopedia della Scienza e della Tecnica Treccani, l’intelligenza
artificiale «studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono di
progettare sistemi hardware e sistemi di programmi software atti a fornire all’elaboratore
elettronico prestazioni che, a un osservatore comune sembrerebbero essere di pertinenza
esclusiva dell’intelligenza umana.»3F
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Rispetto al passato, oggi l’intelligenza artificiale consiste nella programmazione di sistemi
di analisi alimentati da grandi mole di Big Data, ovvero enormi volumi di dati analizzabili
in tempi reali. Attraverso la tecnica dell’apprendimento supervisionato è dunque possibile
addestrare la macchina in modo tale che possa evolversi e migliorarsi sfruttando la propria
esperienza. Esse sono definite machine learning.
Tuttavia, la complessità di tale disciplina suscita nella realtà odierna ancora molteplici
interrogativi. Sebbene il significato di ‘macchina’ sia già stato ampiamente chiarito (sono
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https://www.lexico.com/en/definition/artificial_intelligence
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Http://www.treccani.it/enciclopedia/intelligenza-artificiale_%28Enciclopedia-della- Scienza-e-della-
Tecnica%29/
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inclusi sia hardware che software), a destare dubbi è invece la difficoltà nell’interpretazione
dell’espressione ‘comportamento intelligente’. A tal proposito esistono due principali
teorie: l’IA forte e l’IA debole. Con l’aggettivo ‘forte’ si intende la capacità dell’intelligenza
artificiale di soppiantare l’essere umano nella sua interezza e dunque di emularne le abilità.
L’IA forte ricomprende diverse dimensioni, ma gli usi più frequenti si riscontrano
nell’intelligenza artificiale cognitiva. I sostenitori della teoria “dell’artificial strong
intelligence” sostengono che nel futuro tali sistemi possono sviluppare una propria volontà
e assumere una maggiore autonomia, ma azzerano le possibilità di sviluppo di emozioni
umane. Da un punto di vista giuridico ed etico, le questioni non sono risolte ma
ulteriormente ampliate da tali ideali. L’IA debole sostiene invece la realizzazione di sistemi
in grado di mimare atteggiamenti cognitivi umani, ma lungi dalla capacità di poter
sviluppare un proprio personale pensiero, filosofia maggiormente auspicabile rispetto alla
precedente. Gli autoveicoli con guida autonoma o sistemi di diagnostica medica sono un
esempio di intelligenza artificiale debole. Attualmente, grazie alla progressione degli studi
di tale disciplina, la nostra vita quotidiana è circondata da sistemi di intelligenza artificiale
in quanto essi possono essere utilizzati in modo trasversale in differenti settori.
L’intelligenza artificiale rende più efficienti i sistemi e la produzione, rende possibili
traguardi irraggiungibili, migliora la vita delle persone e permette alle imprese di essere più
competitive, ma affianca gli esseri umani anche in attività molto più semplici, come con le
risposte dei bot Alexa e Siri o i suggerimenti forniti su varie piattaforme come Netflix e
Spotify. Alla luce dei progressi raggiunti, si prevede che le tecnologie IA di questo genere
invaderanno presto quasi ogni campo della vita umana. Grazie all’intelligenza artificiale
dovrebbe essere, in linea teorica, possibile creare economie più floride, occupazioni più
soddisfacenti, usare più efficientemente le risorse e rendere i governi stessi più ‘smart’ nel
fornire i sevizi pubblici ai cittadini.
Alan Mathison Turing, Londra 1912 - Manchester 1954, è stato un matematico, logico ed
esperto crittografo ritenuto uno dei più importanti studiosi e sperimentatori nel campo della
matematica applicata e dell’informatica. Egli è infatti ritenuto uno dei fondatori
dell’informatica moderna, precursore negli anni ’30 dell’intelligenza artificiale e colui a cui
viene dato il merito di aver formalizzato l’idea di algoritmo
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. Il nome di Turing è oggi
famoso soprattutto per le cosiddette ‘macchine di Turing’. Per comprendere l’importanza
della macchina di Turing è necessario innanzitutto compiere una distinzione tra le
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A. M. TURING, Computing machinery and intelligence in Mind, Volume LIX, Issue 236, October 1950,
p.433–460
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calcolatrici e i moderni calcolatori. La differenza sostanziale tra le due consiste nel fatto che
le calcolatrici riescono ad eseguire un certo numero di operazioni ma non possono essere
programmate. L’idea fondamentale alla base del calcolatore programmabile è che qualsiasi
tipo di computazione consiste nella manipolazione di simboli seguendo un’insieme di
regole, ossia di algoritmi. Con questo modello nasce l’idea di “calcolatore universale”,
ovvero una macchina concepita con un opportuno programma, che la rendesse in grado di
compiere qualsiasi azione, perché capace di imparare. In pratica l’intuizione di Turing fu
quella di ritenere che una macchina come quella, definita ‘universale’, poteva effettuare
qualsiasi operazione rappresentabile mediante un algoritmo, anche se fu provata l’esistenza
di una classe di problemi a cui la macchina non sarebbe stata in grado di fornire risposta.
La macchina universale non fu mai realizzata, ma da essa Turing giunse poi a una
definizione operativa di pensiero, con il cosiddetto Test di Turing, ispirato dalla necessità
di rispondere ad una precisa domanda: “Can machines think?”
Turing realizzò quindi un gioco, che chiamò ‘gioco dell’imitazione’, a cui partecipano tre
persone: un uomo(A), una donna (B) ed un interrogante. Quest’ultimo viene chiuso in una
stanza, diviso dagli altri due, i quali sono da lui conosciuti con i nomi X e Y. Scopo del
gioco è che l’interrogante capisca chi sia l’uomo e chi sia la donna, facendo delle domande
ai due. Il gioco apparentemente può sembrare semplice e di facile risoluzione, in realtà la
variabile che entra in gioco è che i due interlocutori possono rispondere mentendo. Lo scopo
di A è infatti quello di ingannare l’interrogante, lo scopo di B è quello di aiutarlo. Una volta
completato il test l’interlocutore deve decidere chi dei due interlocutori è l’uomo e chi la
donna. Il gioco si ripete N volte, se l’intervistatore sbaglia il sesso dei partecipanti X volte,
il suo tasso di errore è pari a X/N.
Successivamente inizia una seconda fase del Test di Turing, nella quale si sostituisce uno
dei partecipanti con un computer. Al termine di questa sorta di gioco, sulla base delle
risposte ottenute, l’intervistatore dovrà comprendere se a fornirle è stato un uomo o una
macchina. Il gioco si ripete N volte e se l'intervistatore sbaglia l'identificazione dei
partecipanti Z volte, il suo tasso di errore percentuale sarà pari a Z/N. Il test si considera
superato quando la percentuale di errore nel gioco in cui partecipa la macchina è simile o
inferiore a quella del gioco per individuare l'uomo e la donna, ovvero possiamo parlare di
intelligenza artificiale quando un sistema informatico riesce ad ingannare l’interrogante
fungendo per una persona. Sull’efficacia di questo test, vennero mosse determinate
obiezioni, alcune portate da Turing stesso. Ad ogni modo Alan Turing aveva previsto che
entro il 2050 le macchine avrebbero potuto superare il suo test. Un caso esemplare è stato