7
L’importanza della coerenza reciproca tra iniziativa imprenditoriale e
regolamentazione è ancora maggiore considerando che l’industria
automobilistica è entrata in una nuova fase, la globalizzazione, nella
quale il livello di competizione e di rischio è notevolmente maggiore.
La globalizzazione è intesa come un processo finale di
internazionalizzazione attraverso cui ciascuna azienda automobilistica
gestisce produzione e distribuzione delle merci su diversi mercati.
2
Dal punto di vista geografico la globalizzazione nasce a causa della
domanda matura nelle tre maggiori aree industrializzate (America del
Nord, Europa occidentale, Giappone), nelle quali probabilmente non
vi sarà una futura crescita significativa.
3
In queste aree si è in presenza di una domanda di sostituzione
4
o di
pluri-motorizzazione
5
e, pertanto, le maggiori prospettive di crescita
2 Volpato G. (1999), op.cit. pag. 2
3 Volpato G. (1999), op.cit. pag. 2
4 La domanda di sostituzione è costituita da consumatori che posseggono un’automobile e la
sostituiscono con una nuova.
5 La domanda di pluri-motorizzazione è rappresentata dai consumatori che possiedono almeno
un’automobile e sono intenzionati ad acquistarne un’altra per soddisfare diversi bisogni: per
aumentare la mobilità della famiglia, per situazioni specifiche come spostamenti cittadini o su
terreni difficili, oppure per status symbol.
8
nel lungo periodo sono legate alla domanda di prima motorizzazione
dei paesi in via di sviluppo.
6
L’evoluzione di questo scenario dipende anche dalle varie forme di
regolamentazione già in vigore o in attesa di approvazione, che
rappresentano un elemento chiave per la competitività del settore
automobilistico.
In questo nuovo contesto i regolamenti comunitari possono portare il
settore verso due direzioni radicalmente opposte: ridurre
drasticamente la competitività dell’industria automobilistica europea
in questa fase della globalizzazione o, viceversa, portare ad un livello
più elevato di competitività del settore.
7
Pertanto, la Commissione Europea sta analizzando il mercato
automobilistico europeo per adeguare i regolamenti alla mutuata
situazione competitiva.
Attualmente l’attenzione è rivolta soprattutto alla distribuzione degli
autoveicoli, disciplinata a livello comunitario dal regolamento
n.1475/95, in vigore fino al 30 settembre 2002.
6 Mosca F. (1998), La ricerca del vantaggio competitivo nel settore automobilistico, Giappichelli,
Torino, pag. 39
7 Volpato G. (1999), op. cit. , pag. 2
9
La Commissione Europea, nella valutazione dell’applicazione di
questo regolamento, si è mostrata favorevole ad una maggiore
liberalizzazione del mercato, poiché una distribuzione efficiente fa
parte del processo concorrenziale che avvantaggia i consumatori.
8
Il nodo centrale del contendere è se l’attuale regolamentazione
permette al settore distributivo automobilistico europeo di essere
efficiente e di trasferire al consumatore prodotti e servizi a prezzi
concorrenziali.
L’evoluzione degli stili di vita, delle esigenze e delle abitudini del
consumatore in atto negli ultimi anni ha determinato una parallela
evoluzione delle strutture distributive e dei livelli di servizio in tutti i
principali settori economici.
A differenza di molti settori merceologici, il mondo della
distribuzione automobilistica appare invece ancora dominato da
strutture e logiche distributive che sono rimaste sostanzialmente
ancorate agli schemi di alcuni decenni fa.
8 UE (2000), Relazione sulla valutazione del regolamento n.1475/95, pag. 7
10
L’evoluzione degli stili di vita a cui si è fatto cenno precedentemente
ed i livelli di servizio che sono ormai standard in tutti i principali
settori della distribuzione sembrano aver influenzato molto
relativamente le modalità con cui si vendono le automobili.
Le ragioni di questa mancata evoluzione della distribuzione
automobilistica sono da attribuirsi principalmente alla vigente
normativa che la regola, che consente alle case produttrici di
distribuire i propri prodotti in esclusiva attraverso una rete di
concessionarie monomarca. Tale distribuzione ha funzionato bene fino
a quando la domanda eccedeva l’offerta di autovetture garantendo
prezzi in crescita e marginalità sufficienti ai distributori. Oggi, in un
mercato dominato dai consumatori, che possono scegliere tra molti
modelli, gli stessi consumatori alzano i livelli di aspettativa mentre i
margini dei distributori calano significativamente e strutturalmente.
Inoltre i consumatori vedono allargarsi sempre di più il gap reale fra
gli standard di servizio a cui sono abituati quando si servono presso le
strutture della Grande Distribuzione Organizzata e gli standard di
servizio, in media decisamente inferiori, erogati dalle concessionarie
automobilistiche tradizionali.
11
Parallelamente anche l’industria automobilistica, dopo aver rimosso le
maggiori inefficienze nella produzione e nella progettazione, sta
concentrando la propria attenzione e le proprie risorse sulla
distribuzione.
Il motivo è semplice: sul costo di vendita di una vettura la
distribuzione rappresenta circa il 30% del totale.
9
Pertanto, il futuro dei costruttori è in parte nella capacità di ridurre i
costi della distribuzione.
L’avvento delle nuove tecnologie potrebbe consentire ai costruttori di
ridurre in misura sostanziale questi costi, permettendo inoltre la
creazione di canali distributivi alternativi a quelli tradizionali o
influendo notevolmente sul sistema di distribuzione.
Internet migliora l’accesso dei consumatori alle informazioni salienti e
facilita i confronti, facendo probabilmente aumentare la concorrenza
sui prezzi e favorendo una maggiore concorrenza ed innovazione a
livello di commercio al dettaglio.
9 Pellicelli, G. (1999), Marketing, UTET, Torino, pag. 464
12
Probabilmente sta avvenendo una terza rivoluzione nel settore
automobilistico, dopo quella che ha riguardato la riduzione di tempi e
costi di progettazione e quella che ha introdotto i concetti di Qualità
Totale e di Produzione Snella: il cambiamento del sistema
distributivo.
13
1. Il settore automobilistico in Europa negli ultimi
trent’anni
1.1 L'industria automobilistica europea all'inizio degli anni ‘70
Il settore dell'automobile in Europa ha conosciuto, nell'arco di tempo
che va dalla fine della seconda guerra mondiale fino ai primi anni
settanta, uno straordinario sviluppo. Per avere un'idea della forte
crescita dell'industria automobilistica durante questo periodo, può
essere significativo osservare le seguenti tabelle:
Tabella 1
Produzione Autoveicoli
1950 1960 1970
Francia 358.000 1.369.000 2.750.000
U.K. 784.000 1.811.000 2.097.000
Germania* 306.000 2.055.000 3.842.000
Italia 128.000 645.000 1.854.000
EUROPA O. 1.332.000 6.008.000 11.395.000
U.S.A. 8.006.000 7.904.000 8.284.000
GIAPPONE 32.000 482.000 5.289.000
14
Tabella 2
Domanda Autoveicoli
(immatricolazioni)
1950 1960 1970
Francia 239.000 762.000 1.504.000
U.K. 851.000 1.074.000 1.377.000
Germania* 263.000 1.073.000 2.272.000
Italia 100.000 428.000 1.448.000
EUROPA O. 1.610.000 3.700.000 9.500.000
U.S.A. 7.469.000 7.520.000 10.178.000
GIAPPONE 26.000 408.000 4.100.000
Tabella 3
Densità automobilistica
(n° autoveicoli ogni 1000 abitanti)
1950 1960 1970
Francia 51 119 256
U.K. 66 106 216
Germania* 15 84 222
Italia 12 48 204
U.S.A. 322 345 435
GIAPPONE 3 5 85
(*) Germania Occidentale
Fonte: Bianchi, P. (1989), Industrial Reorganization and structural change in the automobile
industry, CLUEB, Bologna, e ANFIA (1997), Automobile in Cifre 1997, Torino
15
Come si può notare, il mercato statunitense risulta sostanzialmente
stabile: lo sviluppo della motorizzazione di massa in questo paese è
avvenuto con un anticipo di diversi decenni.
10
.
Un altro dato significativo riguarda l'inconsistenza del settore in
Giappone, almeno fino agli anni ‘60. In seguito, comunque, l'industria
giapponese conoscerà tassi di crescita eccezionali, che porteranno il
paese ad essere, dagli anni settanta, indiscusso protagonista nel
panorama mondiale.
Negli anni ‘50 ma, sostanzialmente, anche lungo il decennio
successivo, l'Europa si presentava come un mercato tutt'altro che
unitario: l'industria automobilistica si manifestava come una somma di
settori e mercati nazionali, relativamente poco integrati tra loro.
Le differenze che intercorrono tra i vari paesi riguardo ai livelli di
reddito, agli stili di vita, alle politiche dei trasporti ed al prezzo del
carburante, hanno reso difficile la creazione di un'industria integrata di
dimensioni continentali, come appariva quella americana.
10 Si pensi solamente ai volumi già considerevoli prodotti negli Stati Uniti da Ford, con il
"Modello T", a partire dagli anni Dieci.
16
Ciò non ha impedito, comunque, lo sviluppo di una serie di
competenze e capacità innovative da parte dei produttori europei,
qualità che hanno permesso all'industria europea di raggiungere una
posizione di leadership per quel che riguarda le tecnologie di prodotto.
Un ulteriore importante fattore che rendeva frammentata l'industria in
generale e, nel nostro caso, il settore dell'automobile nel vecchio
continente, riguardava le politiche protezionistiche dei vari paesi.
L'applicazione di tariffe doganali (e contingentamenti alle
importazioni) impediva, infatti, il decollo del commercio a livello
continentale. In questo senso, il processo di integrazione economica,
iniziato in seguito alla stipula del Trattato di Roma del 1957, istitutivo
della Comunità Europea, ha portato frutti significativi solamente a
partire dal 1968, anno del varo dell'Unione Doganale.
Nel mercato europeo si erano ben radicate le tre maggiori case
americane, GM, Ford e Chrysler (The Big Three). Queste imprese,
consapevoli delle diversità di condizioni operative fra le due sponde
dell'Atlantico, avevano perseguito una strategia tendente a considerare
separati i due mercati, basandosi sull'investimento diretto nella
produzione in loco.
17
La Ford aveva scelto di operare tramite filiali (in G.B. e nella
Germania Federale), la GM aveva invece acquisito imprese già
operanti (Opel e Vauxhall), mentre Chrysler aveva scelto come centro
delle proprie attività la Francia (Simca-Talbot)
11
.
Come già ricordato, la presenza giapponese in Europa era inesistente
fino alla metà degli anni sessanta e trascurabile fino alla metà degli
anni settanta.
Nel 1967, le case giapponesi detenevano una quota di mercato nel
vecchio continente pari allo 0,4%, mentre nel 1972 avevano raggiunto
il 2,7%
12
.
La domanda a livello europeo conosce, in questo periodo, una
straordinaria crescita (tab. 2). Gli anni ’50 rappresentano il momento
dell'autentico boom dell'automobile, con tassi di sviluppo medi annui
del 17,5%, mentre gli anni ‘60 vedono un rallentamento della crescita
(tassi medi annui dell'8,4%).
11 Da notare che i produttori U.S.A. e soprattutto la Ford, a differenza dei costruttori locali,
tendevano già a considerare l'Europa come un mercato unitario.
12 Si veda Jones, D.T. (1983), “Politiche Pubbliche e Cambiamenti Strutturali nell'Industria
Europea dell'Automobile”, in Economia e Politica Industriale, n°37
18
Quest'andamento riflette il sopraggiungere di un certo grado di
saturazione del mercato (tab. 3).
Comunque, alla soglia degli anni 70, il mercato europeo aveva
raggiunto, ormai, le dimensioni del più sofisticato mercato
statunitense, considerati i 9,5 milioni circa di veicoli venduti nel 1970,
contro i 10 milioni circa del mercato americano.
13
Relativamente alla qualità, la domanda di automobili è in questi anni
chiaramente una domanda di prima motorizzazione: ciò comporta una
certa omogeneità della stessa, indirizzata verso un prodotto
standardizzato e povero dal punto di vista qualitativo. In ciascuno dei
quattro principali paesi produttori (Gran Bretagna, Francia, Germania
ed Italia), dove ancora nel 1970 si concentrava oltre il 92% della
produzione europea, operava un numero non elevato di costruttori.
Nel corso degli anni, questi avevano seguito una tendenza a
concentrarsi tra loro, dando vita a grossi gruppi nazionali che erano
portati a dominare il mercato interno.
14
13 Prodi, R.; Bianchi, P. (1981), “Concorrenza e Aggiustamenti Strutturali nell'Industria
dell'Automobile”, in L'Industria, n°3
14 Prodi, R.; Bianchi, P. (1981), op.cit.
19
In Gran Bretagna, la BMC (British Motor Corporation), nata nel 1952,
aveva rappresentato la risposta locale all'offensiva americana, la cui
industria era presente nel paese fin dagli anni 20, sia con GM
(Vauxhall) che con Ford. Alla BMC si era aggiunta in seguito la
Leyland che, acquisendo la Standard-Triumph e la Rover, aveva
esteso la propria attività dal settore dei veicoli commerciali anche a
quello dell'automobile. Le due case non erano competitive quanto le
imprese americane, anche perché soffrivano di una debolezza
strutturale riguardante la gestione della progettazione e le relazioni di
lavoro.
15
Il convincimento del governo che le dimensioni delle unità di
produzione fossero troppo piccole per competere a livello
internazionale, portò, nel 1968, alla fusione tra BMC e Leyland, con la
creazione della British Leyland Motor Corporation (BL).
15 Jones, D.T. , op.cit.
20
La situazione in Francia era piuttosto diversa, in quanto l'industria
francese poteva contare su due fattori positivi per sviluppare la propria
competitività: un mercato nazionale in grande crescita ed il forte
interessamento dello Stato, impegnato nel difendere l'industria
nazionale.
Nel 1958 coesistevano quattro produttori nazionali: Renault, Citröen,
Peugeot e Panhard-Levassor. In seguito, attraverso un processo di
concentrazione, che vide Citröen acquisire, nel 1965, Panhard-
Levassor e la Peugeot rilevare la stessa Citröen nel 1974, si giunse, a
metà degli anni ‘70, ad una situazione in cui due gruppi nazionali,
PSA e Renault convivevano, in Francia, con la consociata
dell'americana Chrysler, Simca-Talbot.
Anche in Germania, in questi anni, vi erano diversi produttori. La
Volkswagen, "campione nazionale", che rappresentava, insieme con
altri piccoli produttori marginali (NSU, Maico) l'offerta nel segmento
inferiore del mercato. Ad essa si aggiungevano Daimler-Benz, leader
nel segmento delle vetture di prestigio, e BMW, che andava
riposizionando la produzione per puntare ad un target più elevato.