2
all’emanazione del D. Lgs. n.286/99. Sempre nel secondo
capitolo, sono accennate le definizioni e l’importanza che
rivestono gli strumenti del sistema di pianificazione e controllo:
l’attività di budgeting, di reporting, in cui svolge un ruolo
importante la formulazione degli indicatori.
Il terzo capitolo è interamente dedicato al nucleo di
valutazione: i suoi compiti, la sua funzione, i problemi che
presenta nella sua implementazione all’interno dell’ente. Inoltre
nei paragrafi successivi, mi soffermo in modo specifico ad
analizzare le voci che compongono la retribuzione variabile,
quella cioè soggetta a valutazione da parte del nucleo, i criteri
per la valutazione della classe dirigenziale definiti dalla
contrattazione collettiva della classe dirigenziale e dalla legge.
Nell’ultimo paragrafo indico gli strumenti e i metodi che il
nucleo di valutazione dovrebbe adottare per esprimere un giudizio
sull’operato del manager pubblico. Ho utilizzato strumenti
didattici acquisiti per comprendere meglio ciò che la provincia di
Macerata ha fatto per adeguarsi alla normativa sulla valutazione
dell’attività dirigenziale.
Nel quarto capitolo, dopo una breve introduzione sulla
provincia, popolazione, economia, ecc., espongo, riferendomi a
documenti acquisiti all’interno della stessa, quanto accaduto al
nucleo dal 1997 al 1999.
Indico le sue metodologie di valutazione, i problemi emersi
dal momento della sua nomina, avvenuta nel 1997, fino al
mancato rinnovo del suo mandato nel 1999. Ho potuto esprimere
le mie conclusioni sulla base dell’analisi del materiale cartaceo,
composto da relazioni delle riunioni del nucleo con i dirigenti (di
cui non è stato possibile allegare le fotocopie perché documenti
interni all’ente), sulla base delle numerose schede di valutazione
e dalla lettura del regolamento del nucleo, degli indicatori di
performances per centri di costo e della pianta organica dell’ente.
Nelle conclusioni, esprimo pareri e giudizi che ho formulato
3
confrontando quanto appreso nella teoria e quanto effettivamente
poi verificato all’interno della provincia di Macerata. Nel mio
lavoro, infine, esprimo un parere personale su come potrebbe
essere risolto il problema dell’implementazione del nucleo di
valutazione all’interno della provincia stessa.
4
CAPITOLO 1
L’EVOLUZIONE NORMATIVA DEL CONTROLLO DI
GESTIONE NEGLI ENTI LOCALI
1.1. Il controllo nella pubblica amministrazione
Dagli ultimi dieci anni nel nostro Paese è in corso una
profonda riforma delle amministrazioni pubbliche e dei poteri
dello Stato. Il legislatore ha avviato un intenso e radicale
cambiamento delle strutture organizzative pubbliche tentando di
instaurare un nuovo rapporto con i cittadini.
Le trasformazioni sono il segno inconfondibile
dell’esigenza diffusa di costruire uno Stato più leggero e
flessibile, capace di forti processi di decentramenti
amministrativi riconosciuti a livello europeo. Tale esigenza è la
conseguenza del fenomeno dell’inefficienza della pubblica
amministrazione e di un aumento incontrollato della spesa.
1
I
maggiori cambiamenti si sono avuti nell’attribuire agli enti locali
l’autonomia impositiva per il finanziamento delle spese: ciò ha
determinato una maggiore responsabilizzazione degli
amministratori. Si sono ridefinite le regole per l’elezione del
Sindaco, del Presidente della Provincia e della Regione, sono
state introdotte le norme sulla trasparenza della pubblica
amministrazione. I passi più importanti mossi nel campo della
gestione della risorsa pubblica, infatti, sono stati:
- l’emanazione di leggi e di decreti che hanno riformato
l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali;
1
Nella legge n. 448, del 23 dicembre 1998, articolo n. 28, si definisce il “patto di stabilità
interno”. Come recita lo stesso articolo “il patto di stabilità interno impegna gli enti locali a
ridurre progressivamente il finanziamento in disavanzo delle proprie spese e a ridurre il rapporto
tra il proprio ammontare di debito e il prodotto interno lordo”.
5
- l’introduzione della contabilità analitica per centri di costo
e la previsione di un piano esecutivo di gestione (Peg) per
l’assegnazione di budget ai dirigenti;
2
- l’obbligo di rilevare i carichi di lavoro e di verificare i
costi con i risultati;
- la responsabilizzazione della dirigenza e la separazione
delle responsabilità nelle fasi del controllo di gestione e di
quello direzionale;
- la definizione dei criteri di efficacia, efficienza ed
economicità.
Alla base delle innovazioni normative è riscontrabile una
nuova concezione della pubblica amministrazione quale apparato
messo a disposizione della collettività che fruisce dei servizi
pubblici e che richiede efficienza e tempestività nella loro
erogazione. A tal fine, ogni pubblica amministrazione deve
munirsi di un sistema integrato di monitoraggio delle proprie
attività per verificare lo stato di attuazione degli obiettivi
programmati e per correggere tempestivamente le disfunzioni.
Il controllo nella pubblica amministrazione prevede tre
distinte fasi evolutive: una prima, in cui il controllo è
autorizzazione ad effettuare il prelievo fiscale e determinare le
spese; una seconda, in cui il controllo è ricompreso nella logica
dei bilanci di previsione autorizzativi; infine un’ultima fase, in
cui il controllo è un sistema gestionale finalizzato ad effettuare
analisi, valutazioni e decisioni per migliorare la razionalità
tecnica ed economica dei processi gestiti.
3
Il processo di riforma ha reso necessaria l’introduzione di
nuovi strumenti di controllo pertinenti agli scopi definitori del
controllo di gestione e alla realtà degli enti medesimi.
2
Il Piano esecutivo di gestione rappresenta il collegamento tra aspetti contabili, autorizzativi,
organizzativi e programmatici relativi all’esercizio cui si riferisce.
3
A. GARLATTI, F. PEZZANI, Il controllo nella Pubblica amministrazione, Sda Bocconi,
Milano, 1998.
6
Il principio che ha permesso l’attuazione di tale riforma e la
definizione di un nuovo ruolo per gli enti locali è identificabile
nel perseguimento dell’efficienza ed efficacia gestionale in un
progetto comune di federalismo fiscale ed amministrativo.
4
“Il
grado di efficacia ed efficienza misura la performance dell’ente
in relazione all’attività svolta”.
5
L’efficacia rappresenta la
capacità dell’organizzazione di raggiungere gli obiettivi
prefissati, l’efficienza segnala la capacità di minimizzare le
risorse impiegate a parità di output ottenuto (misura cioè la
massimizzazione del risultato, dato un certo quantitativo di mezzi
a disposizione). Il controllo di gestione deve operare al fine di
garantire il raggiungimento dell’efficacia ed efficienza della
gestione dell’ente locale: la loro combinazione consente all’ente
di operare in condizioni di economicità.
6
Le concezioni di efficienza ed efficacia assumono un nuovo
significato nell’ambito della gestione (e del controllo di gestione)
dell’ente locale in quanto l’efficienza si connota non solo in
senso quantitativo (in relazione ad un indicatore di outputs) ma
anche in senso qualitativo ovvero con riferimento alla
produttività associata al servizio fornito. Analogamente
l’efficacia deve essere monitorata in base ad indicatori
quantitativi e qualitativi dati dal livello della qualità associata e
percepita all’erogazione del servizio pubblico.
4
A. ZULIANI, A. MANCINI, G. FILACCHIONE, Sistemi di controllo e valutazioni di efficienza
negli enti locali italiani, Il Mulino, Bologna,1996.
5
G. FARNETI, L. MAZZARA, G. SAVIOLI, Il sistema degli indicatori negli enti locali,
Giappichelli, Torino, 1996.
6
L’economicità può essere definita come la capacità dell’azienda di remunerare in misura
soddisfacente tutti i fattori produttivi utilizzati, e si realizza in un efficiente impiego delle scarse
risorse disponibili, utilizzate appunto in un’attività di erogazione e/o di produzione, pervenendo a
risultati che debbono esprimere la loro efficacia nel soddisfare i bisogni che esprimono le esigenze
degli individui che costituiscono il punto di riferimento dell’attività aziendale. L’economicità è
pertanto sintesi, combinazione dell’efficienza-produttiva e dell’efficacia delle operazioni che
danno contenuto all’attività aziendale e attraverso le quali si soddisfano i bisogni degli individui,
G. FARNETI, L. MAZZARA, G. SAVIOLI, Il sistema degli indicatori negli enti locali, cit.
7
1.2 I riferimenti normativi essenziali.
Il tema del controllo, della valutazione dei risultati e delle
condizioni di economicità degli enti pubblici in generale e degli
enti locali in particolare, è al centro di un acceso dibattito che
vede l’intervento di esponenti di discipline diverse tra loro che
interpretano in vario modo sia la funzione che lo stesso concetto
di controllo di gestione. Se la vivacità del dibattito ha, da un lato,
positivamente contribuito allo sviluppo e alla maturazione di un
interesse culturale diffuso attorno al tema generale della
dimensione economica degli istituti pubblici, per altro verso, ha
condotto al proliferare di posizioni e terminologie tra loro
eterogenee che, filtrate nel processo di produzione normativa,
hanno dato origine ad un quadro istituzionale piuttosto complesso
e caratterizzato da un percorso evolutivo talora contraddittorio di
cui è utile richiamare i principali passaggi.
Il primo riferimento esplicito al tema delle metodologie di
controllo delle attività degli enti pubblici improntate a principi
aziendalistici ed al controllo di gestione, e nello specifico caso
degli enti locali, è stato introdotto dalla legge n.142, 8 giugno
1990. L'Ordinamento delle Autonomie Locali, all’articolo 55, 6°
comma, prevede che i risultati di gestione siano rilevati mediante
contabilità economica
7
e all’articolo 57, afferma che “lo statuto
può prevedere forme di controllo interno di gestione”. In tale
legge non vi è la menzione di alcuna modalità di esercizio del
controllo interno, e ciò perché il controllo è un meccanismo
operativo che può essere compiutamente specificato unicamente
sulla base delle caratteristiche di ogni singolo ente.
8
La legge 142/90 usa l’espressione “controllo interno”, ove
l’aggettivo “interno” è chiaramente posto per differenziare tale
controllo dalle forme classiche di controllo esterno, fondate sul
tradizionale esame preventivo degli atti da parte di organismi
7
Art.55, legge n.142 dell’8 giugno 1990.
8
posti al di fuori della struttura organizzativa dell’ente. In ciò
consiste l’innovatività della previsione normativa. Tali
provvedimenti sono stati successivamente integrati da quanto
previsto dalla legge n. 421, del 23 ottobre 1992, la quale
all’articolo 2 delegava al governo della Repubblica di emanare
entro novanta giorni uno o più decreti diretti al contenimento,
alla razionalizzazione e al controllo della spesa e del
miglioramento della efficienza e della produttività.
9
Il governo ha emanato il decreto legislativo n. 29 del 3
febbraio 1993, la cui precipua finalità è, quella, secondo l’art. 1,
di “accrescere l’efficienza delle Amministrazioni”, e di
“razionalizzare il costo del lavoro”. L'ex-articolo 20
10
stabilisce
che per tutte le amministrazioni pubbliche “sono istituiti dei
servizi di controllo interno o nuclei di valutazione, con il compito
di verificare, mediante valutazioni comparative dei costi e dei
rendimenti, la realizzazione degli obiettivi, la corretta e
economica gestione delle risorse pubbliche, l’imparzialità ed il
buon andamento dell’azione amministrativa”. Detti uffici operano
“in posizione di autonomia” rispondendo “esclusivamente agli
organi di direzione politica dell’ente”.
I nuclei di valutazione o servizi di controllo interno sono
stati definiti, nel decreto legislativo n. 29/93, come entità
organizzative responsabili dell’attuazione delle attività di
controllo nell’ambito delle amministrazioni pubbliche. Le
funzioni di controllo affidate ai nuclei o servizi, in questa prima
definizione, sono da considerarsi tradizionali visto che sono per
lo più collegate a tematiche di tipo amministrativo, contabile e di
corretta applicazione delle procedure, piuttosto che ad una più
ampia attività di verifica e valutazione delle diverse componenti
(organizzative, economico-finanziarie e di qualità dei servizi),
8
CNEL, Strumenti. La misurazione negli enti locali, Roma, 1999.
9
Art. 2, legge n. 421, dell’8 giugno 1992.
10
L’articolo 20 del decreto legislativo n. 29 del 1993 è stato abrogato dall’articolo 10, comma 2,
del decreto legislativo n. 286, del 30 luglio 1999.
9
che invece sono insite nelle moderne tecniche di controllo di
gestione.
11
E’ anche vero, però, che nel decreto n. 29/93, era stata
già introdotta una più ampia operatività di detti nuclei o servizi,
attraverso l’analisi comparata “dei costi e dei rendimenti, della
realizzazione degli obiettivi stabiliti ad inizio periodo, della
corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche.” In tal
senso, quindi, si può affermare che le funzioni attribuite alle
nuove unità organizzative venivano comunque ampliate a concetti
di controllo di gestione più articolati.
Tale specifico indirizzo è stato ulteriormente rafforzato dal
decreto legislativo n. 77, del 25 febbraio 1995, concernente
l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali che, con
esplicito riferimento agli organi di controllo previsti dal decreto
n. 29/93, introduce, agli artt. 39-41, una definizione del controllo
di gestione molto ampia e riguardante le diverse attività operative
ed i risultati complessivi dell’amministrazione di riferimento.
Questo approccio globale del controllo di gestione si può ritenere
l’unico possibile per aziende che erogano servizi socialmente
rilevanti. Per tali aziende, infatti, le sole valutazioni di
legittimità, e/o di analisi comparata dei costi e dei rendimenti non
bastano: al contrario, è necessario mettere in relazione tali
elementi con la struttura organizzativa su cui si basa l’erogazione
di detti servizi, con la relativa efficienza e con la qualità delle
prestazioni che si offrono al cittadino. In tal senso, i nuclei di
valutazione o i servizi di controllo interno si possono definire
attraverso i compiti di controllo di gestione ad essi demandati.
Il controllo di gestione può avere:
- valenza organizzativa,
12
la quale fa riferimento alla
definizione di una struttura adeguata alle attività operative
svolte dall’ente locale, all’individuazione di centri di
responsabilità
13
tali da permettere la definizione di obiettivi
11
CNEL, Strumenti. la misurazione negli enti locali, cit.
12
CNEL, Strumenti. La misurazione negli enti locali, cit.
13
Il centro di responsabilità è un’aggregazione di centro di costo a livello superiore, facente capo
10
quantitativi e qualitativi realmente controllabili e gestibili
dal personale coinvolto, all’utilizzo di tecniche
organizzative che permettano un corretto ed efficiente
utilizzo delle risorse umane;
- valenza economico-finanziaria, che attraverso rilevazioni
sulle grandezze espresse dai sistemi contabili dell’ente
locale, così come modificati dalle normative citate,
permette una valutazione comparata dei costi e dei
rendimenti, un’analisi dei flussi finanziari e
un’applicazione di tecniche di simulazione:
• la valutazione comparata dei costi e rendimenti
14
è
riferita al singolo centro di responsabilità o al singolo
servizio/prodotto erogato dall’ente. Tale aspetto
riveste una particolare importanza se collegato al
principio di sistematicità e di rilevazione
concomitante, che la normativa introduce sia per
quanto riguarda le rendicontazioni contabili, sia per
ciò che attiene le analisi di controllo di gestione;
• l’analisi dei flussi finanziari provenienti
15
dalle
attività istituzionali dell’amministrazione è volta a
verificare da cosa scaturiscano eventuali fabbisogni o
eccedenze di cassa;
• l’applicazione di tecniche di simulazione (o di
budgeting) è utilizzata per valutare a preventivo i
possibili risultati in termini economici e finanziari
dell’azione amministrativa dell’ente locale, nonché
per poter analizzare gli scostamenti che si verificano
a consuntivo in base ai risultati effettivamente
conseguiti;
ad un responsabile al quale vengono assegnate risorse tecniche e finanziarie, con autonomia di
gestione, per raggiungere gli obiettivi prestabiliti, per la quale vengono quindi misurati efficienza,
efficacia ed economicità.
14
CNEL, Strumenti. La misurazione negli enti locali, cit.
15
CNEL, Strumenti. La misurazione negli enti locali, cit.
11
- valenza di controllo di qualità dei servizi erogati,
16
che
attraverso l’analisi della qualità percepita dal cittadino e
approfondimenti sulle modalità di erogazione dei servizi da
parte dell’amministrazione permette la possibilità di
misurare efficacemente il livello di soddisfacimento
dell’utenza e di adottare le necessarie azioni correttive.
Tale valenza del controllo permette di porre in essere il
passaggio fondamentale nella gestione dell’ente pubblico,
da un’ottica di centralità dell’attività amministrativa e della
sua struttura operativa ad un’enfasi sull’utente quale
“cliente”
17
e, quindi, soggetto che prioritariamente deve
esprimere le proprie valutazioni su quanto realizzato dai
diversi uffici;
- valenza di controllo interno
18
(internal auditing) delle
attività svolte, che rappresenta storicamente la forma di
controllo adottata in prevalenza nell’ambito degli enti
locali, e fa riferimento a strumenti di controllo della
corretta applicazione delle procedure e a valutazioni sulle
modalità di utilizzo dei sistemi di rendicontazione
contabile.
16
CNEL, Strumenti. La misurazione negli enti locali, cit.
17
Le tecniche di customer satisfaction sono, oggi, alla base del nuovo sistema di relazioni tra il
cittadino e l’amministrazione, in relazione ai diritti di partecipazione alla gestione della “cosa”
pubblica. Il cittadino è cliente dell’amministrazione. La Carta dei Servizi è stata introdotta nel
nostro ordinamento con la legge n. 241, del 7 agosto 1990, che dettava i principi relativi ai rapporti
tra cittadini ed amministrazioni. Poi nella direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27
gennaio 1994 sono stati indicati i principi generali ai quali deve fare riferimento l’erogazione dei
servizi pubblici, e con il decreto-legge 12 maggio 1995 n. 163, convertito nella legge 11 luglio
1995, n. 273, è stata prevista l’adozione, da parte di tutti i soggetti erogatori di servizi pubblici,
anche operanti in regime di convenzione o mediante concessione, di proprie Carte. La Carta dei
Servizi si configura come uno strumento innovativo, destinato ad avere una forte incidenza nel
percorso che conduce verso l’efficacia, l’efficienza e la trasparenza/tutela del cittadino-cliente nei
confronti delle aziende ed amministrazioni che forniscono i servizi pubblici.
18
CNEL, Strumenti. La misurazione negli enti locali, cit.
12
Le definizioni e le funzioni adottate dal legislatore per
indicare i nuclei di valutazione o servizi di controllo interno,
risultano riduttive rispetto ad un sistema di controllo di gestione
caratterizzato dallo sviluppo di analisi globali sull’operato
dell’ente.
Va sottolineato che, per gli enti locali, il decreto legislativo
n. 77/95, concernente “l’Ordinamento finanziario e contabile
degli enti locali”, ha ancor più incisivamente proposto il tema di
controllo di gestione, introducendo, con gli articoli 39, 40, 41,
19
alcuni principi e modalità di funzionamento.
Sotto l’aspetto dell’architettura del controllo di gestione,
sia il D. Lgs n. 29/93 che il D. Lgs. n. 77/95 lasciano ampio
spazio all’autonomia regolamentare interna a ciascun ente, nel
rispetto però di alcuni vincoli minimali indicati dalla legge:
- l’universalità, perché il controllo di gestione deve
riguardare l’intera attività amministrativa e gestionale, con
l’obiettivo di assicurare l’equilibrio e il coordinamento dei
vari settori;
- la periodicità del controllo, nei tempi e nei modi stabiliti
dal regolamento di contabilità;
- la referenzialità, nei confronti degli amministratori per la
verifica dello stato di attuazione degli obiettivi
programmati, e dei dirigenti per la valutazione
dell’andamento gestionale;
- la specificità, dovendo essere svolto nei confronti dei
singoli servizi e centri di costo, verificando per ciascuno di
essi in maniera complessiva i mezzi finanziari, i costi e i
risultati quantitativi e qualitativi.
19
Gli articoli che vanno dal numero 1 al numero 114 del decreto legislativo n. 77 del 1995 sono
stati abrogati, recentemente, dal decreto legislativo n. 267, del 18 agosto 2000, che reca il “Testo
unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”.
13
Il legislatore ha dato una collocazione gerarchico-
organizzativa del servizio interno di controllo di gestione,
stabilendo che esso opera in posizione d’autonomia e risponde
esclusivamente agli organi generali di direzione politica; per
quanto riguarda i risultati dell’attività, essi vanno riferiti
trimestralmente agli organi generali di direzione (art. 20, comma
3 e 5, del D. Lgs n. 29/93). Il servizio interno risponde
unicamente agli organi politici, mentre mette il suo operato a
disposizione della direzione amministrativa. In questo modo
rimane salvaguardata l’imparzialità del giudizio e l’autonomia del
controllo interno. La collocazione più idonea di tale controllo è
quella di staff, accanto al vertice politico, in modo da rendere più
vicini la fase decisionale e quella attuativa e gestionale, con la
conseguenza più immediata di restituire alla programmazione del
bilancio il compito di indirizzo dell’attività di gestione e di
abbandonare il concetto tipico negli amministratori che vedono la
fase di programming del bilancio come una mera formalità.
Dal punto di vista operativo, il D. Lgs. n. 77/95,
nell’integrale rispetto del D. Lgs. n. 29/93, recita al secondo
comma dell’articolo 39: “Il controllo di gestione è la procedura
diretta a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi
programmati e, attraverso l’analisi delle risorse acquisite e della
comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti,
la funzionalità dell’organizzazione dell’ente, l’efficacia,
l’efficienza ed il livello di economicità nell’attività di
realizzazione dei predetti obiettivi.” “In altre parole, con questo
tipo di controllo, mediante la verifica della realizzazione degli
obiettivi programmati, si opera la valutazione del grado di
efficacia della spesa pubblica mentre, con la verifica della
corretta ed economica gestione delle risorse, si valuta il grado di
efficienza della pubblica amministrazione. In sostanza si vuole
applicare all’attività degli enti locali il principio basilare
dell’economia: raggiungere il massimo risultato con il minor
14
costo.”
20
Una perplessità ha suscitato il comma primo
dell’articolo 39 del decreto quando si scrive che il controllo di
gestione è istituito per garantire “l’imparzialità ed il buon
andamento della pubblica amministrazione e la trasparenza
dell’azione amministrativa.” Tale passo dell’articolo ha sollevato
dubbi di interpretazione negli addetti ai lavori. Essi ritengono che
la scelta del legislatore di applicare per i due controlli (l’uno
gestionale, l’altro di conformità a regole giuridiche) una stessa
metodologia, cioè la comparazione costi-rendimenti, e di affidarli
ad un unico organismo (il servizio di controllo interno di
gestione), porti al rischio concreto che i controllori tornino a
privilegiare il tipo di controllo che più risponde alle tradizioni
della nostra pubblica amministrazione, e cioè quello giuridico
formale.
Il disposto dell’articolo 40 dello schema di decreto fissa le
modalità di svolgimento del controllo di gestione. Esso, secondo
tale articolo, ha “per oggetto l’intera attività amministrativa e
gestionale dell’ente”, ed è suddiviso in tre fasi essenziali, in
particolare:
a) organizzazione di un piano dettagliato di obiettivi;
b) rilevazione dei dati relativi ai costi, ai proventi nonché ai
risultati raggiunti;
c) valutazione dei dati acquisiti in relazione al piano degli
obiettivi, al fine di controllare il loro stato di attuazione e
di misurare l’efficacia, l’efficienza e il grado di
economicità dell’azione intrapresa.
Quanto fino ad ora analizzato del decreto legislativo risulta
in linea con gli essenziali contenuti delle norme precedentemente
commentate, la sua portata innovativa va individuata nell’aver
indicato le modalità di esecuzione del controllo di gestione che,
in base all’art. 40, 3° e 4° comma, è svolto in riferimento ai
20
A. BARLASSINA, G. GRIFFINI, R. MACCAPANI, G. MELE, G. M. POTENZA, I. R. PULLI,
Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, COSA & COME, Giuffrè Editore per i
pubblici amministratori e per i professionisti, 1995.
15
singoli servizi e centri di costo, i quali sono “centri di
responsabilità i cui inputs sono apprezzati in termini monetari,
ma i relativi outputs non sono valutabili utilizzando criteri di
misura dello stesso tipo”.
21
Occorre verificare “in maniera
complessiva e per ciascun servizio i mezzi finanziari acquisiti, i
costi dei singoli fattori produttivi, i risultati qualitativi e
quantitativi ottenuti e, per i servizi a carattere produttivo, i
ricavi”.
22
Le normative richiamate permettono, perciò, di determinare
i requisiti minimali del controllo di gestione. Occorre che il
sistema di controllo:
- abbia la capacità di verificare la realizzazione degli
obiettivi (si presuppone quindi un adeguato sistema di
pianificazione degli stessi);
- garantisca l’economica e corretta gestione rispettando la
qualità dei servizi e delle prestazioni rese;
- consenta il raggiungimento delle due finalità suindicate
attraverso valutazioni comparative dei costi e dei
rendimenti, presupponendo, quindi, l’adeguata
individuazione, in termini quali-quantitativi, degli obiettivi
pianificati e la rendicontazione dell’attività svolta per il
loro raggiungimento;
- sia in grado di operare in una posizione di assoluta
autonomia organizzativa rispetto alle altre componenti della
struttura dell’ente locale. In tal modo il controllo interno
fornirà un vero e proprio servizio e, di conseguenza, le
analisi e le indicazioni fornite diverranno anche loro
strumento operativo.
21
A. RICCABONI, La misurazione della performance dei centri di profitto: critica agli strumenti
tradizionali e nuovi orientamenti d’indagine, Cedam, Padova, 1989.
22
Art. 40, D. Lgs. n. 77/95.