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INTRODUZIONE
“Che esista una questione meridionale, nel significato economico e politico
della parola, nessuno più mette in dubbio. C'è fra il nord e il sud della penisola una
grande sproporzione nel campo delle attività umane, nella intensità della vita
collettiva, nella misura e nel genere della produzione, e, quindi, per gl'intimi legami
che corrono tra il benessere e l'anima di un popolo, anche una profonda diversità
fra le consuetudini, le tradizioni, il mondo intellettuale e morale” (Fortunato
1
,
1973, pp. 311).
Tale citazione, nonostante risalga alla seconda metà del 900, descrive
perfettamente la situazione attuale italiana poiché, purtroppo, il Gap tra Meridione
e Settentrione è ancora molto marcato. Sono molteplici i dati forniti dall’Istituto
Nazionale di Statistica (ISTAT
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) a riguardo, tra i quali sono di nostro specifico
interesse sono la rilevazione continua sulle forze di lavoro e il rapporto annuale sul
benessere equo sostenibile. La prima, che rappresenta la principale fonte di
informazione statistica sul mercato del lavoro italiano, ci consente osservare le
stime ufficiali degli occupati e dei disoccupati, le informazioni sui principali
aggregati dell’offerta di lavoro (professione, settore di attività economica, ore
lavorate, tipologia e durata dei contratti, formazione), nonché del peculiare
fenomeno delle migrazioni temporanee. Dal 2004 la rilevazione è continua e ogni
anno viene intervistato un campione rappresentativo della popolazione, di oltre 250
mila famiglie residenti in diversi comuni italiani. Le stime mostrano che un numero
di circa 26.000 persone rappresenta la forza lavoro complessiva italiana, dei quali:
il 50% si colloca al Nord e il restante 50% è suddiviso tra Sud e Centro Italia (con
5000 persone circa per il Centro Italia e 7000 per il Sud). Di tali numeri, gli occupati
effettivi al Nord sono il doppio rispetto al Sud: secondo le ultime rilevazioni, di
fatti, su un totale di 23.381 lavoratori in tutta Italia, solo 6.188 fanno parte del
Meridione, mentre la restante parte si colloca nel Settentrione e nel Centro Italia,
con ben 12.215 occupati al Nord e un terzo di essi al Centro (ISTAT). A supporto
1
Giustino Fortunato fu uno tra i più importanti rappresentanti del Meridionalismo italiano.
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L’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ente di ricerca pubblico, è il principale produttore di
statistica ufficiale a supporto dei cittadini e dei decisori pubblici.
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di ciò, troviamo l’analisi del fenomeno delle migrazioni temporanee
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da Sud a
Nord. I risultati mostrano che tra il 2013 e il 2015 ogni anno, in media, si sono
spostati dal Mezzogiorno 81mila migranti temporanei per lavoro diretti al Centro-
Nord, il 19% in meno rispetto al periodo 2009-2012; tuttavia, contemporaneamente,
i trasferimenti provvisori per lavoro verso l’estero sono aumentati del 33%. Il
perdurare della crisi ha, infatti, portato ad un aumento dei trasferimenti verso
l’estero, sia nella loro connotazione temporanea che in quella definitiva: due
tipologie di mobilità strettamente interconnesse poiché, spesso, una migrazione
definitiva rappresenta l’esito finale di un periodo più o meno prolungato di
spostamenti intermittenti. Dal Rapporto Bes, infine, volto a comprendere in che
misura i fattori familiari, individuali e territoriali contribuiscono alla soddisfazione
per la propria vita e al livello di benessere di un soggetto, è possibile dedurre che
gli individui facenti parte di uno stesso territorio tendono ad avere percezioni simili
riguardo le politiche vigenti nello stesso e i fattori sopra citati; pertanto tendono ad
essere omogenei anche nell’attribuzione di significato alle diverse componenti del
benessere, le quali fungono anche da predittori per lo stesso: livello di istruzione,
condizioni di salute, occupazione e condizioni abitative. Il modello stima, inoltre,
l’effetto del reddito netto sul grado di soddisfazione regionale: esso varia per
regione e ha un effetto positivo maggiore nei territori economicamente più disagiati.
Da tali informazioni, emerge come le disponibilità economiche ed il lavoro
incidano fortemente sui livelli di benessere dei singoli, sebbene in misura minore
rispetto agli altri aspetti qui considerati e che, anche in questo caso, il Mezzogiorno
Italiano si trova in una posizione di netto svantaggio rispetto alle altre zone d’Italia
(BES, 2019).
Le suddette evidenze mi hanno spinta ad analizzare l’argomento del
benessere lavorativo, ponendo particolare attenzione sui fattori interni alle
organizzazioni che rappresenterebbero un potenziale ostacolo ad un suo
raggiungimento. Ho voluto, inoltre, approfondire le modalità attraverso cui le
aziende si impegnano nel promuoverlo e gli effetti che esso genera sulla salute del
lavoratore. Infine, è stato mio particolare interesse approfondire come esso viene
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Sono ritenuti migranti temporanei coloro che risiedono in una provincia del mezzogiorno e
dichiarano di lavorare abitualmente al centro-nord o all’estero, ad almeno quattro ore di distanza
da casa.
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percepito e vissuto nei diversi contesti italiani, tramite una ricerca che vede
protagoniste le regioni del Nord e del Sud Italia.
Il mio forte interesse per l’argomento non è dettato solo da pura curiosità culturale
e non rappresenta solamente un’ennesima occasione di formazione personale, ma
assume anche una particolare sfaccettatura emotiva: sempre più abitanti del Sud
Italia si vedono costretti ad abbandonare la propria terra in cerca di una più sicura
occupazione e nella speranza di un migliore futuro ma, in contemporanea, le stesse
sono spesso logorate da un pungente desiderio di ritornare nella loro terra natale;
desiderio che spesso resta solo tale, a causa delle scarse condizioni lavorative. Tale
personale riflessione mi ha condotta ad alcune domande, alle quali ho cercato di
dare risposta tramite il presente elaborato finale: quanta importanza ha il benessere
in ambito lavorativo? Quali sono le implicazioni per i soggetti? E, cosa le aziende
possono fare per promuoverlo?
Al fine di fornire una risposta a tali questioni, l’elaborato è sviluppato in tre capitoli,
ciascuno comprendente un numero variabile di sottoparagrafi:
Il benessere: una visione d’insieme
Teorie di riferimento e strategie di intervento
Studio empirico sui lavoratori del Nord e del Sud Italia
Il primo capitolo della presente trattazione è volto a delineare il costrutto di
benessere, fornendone una definizione e uno sviluppo ad andamento lineare.
Iniziando con una generale definizione del costrutto, e sottolineando quanto esso
sia importante all’interno della vita di ognuno, si procede con un suo più specifico
inserimento all’interno dei contesti lavorativi e alla breve ricostruzione del percorso
che ha portato, durante gli anni, ad una progressiva acquisizione di consapevolezza
riguardante l’importanza del benessere psicofisico del lavoratore; consapevolezza
sfociata in due importanti decreti legislativi: le Norme Comunitarie e il Testo Unico
in materia di salute e sicurezza del lavoratore. Tale presa di coscienza focalizzò
l’attenzione delle organizzazioni sui vincoli lavorativi, ossia ostacoli per lo
svolgimento della mansione dei singoli, che possono generare stress e patologie
correlate. Verranno approfonditi, dunque, i possibili effetti negativi dei vincoli
organizzativi, prendendo in considerazione le più diffuse patologie organizzative:
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lo stress, il burnout e il turnover. Tuttavia, verranno messi in risalto anche la
soddisfazione e l’engagement, i più importanti effetti positivi del benessere, che
potrebbero motivare ogni azienda ad adottare pratiche e politiche che le
promuovano.
Il secondo capitolo sarà protagonista di una breve trattazione teorica in tema
di benessere organizzativo, illustrando elementi da tenere in considerazione ogni
qualvolta si voglia progettare un intervento all’interno di un contesto professionale:
l’importanza del gruppo e l’interazione tra persona e ambiente. Verranno dunque
esposte le principali teorie persona-ambiente (P-E), riferite ai contesti organizzativi:
la Teoria dell’Adattamento al Lavoro e il Job Demands-Resources Model. La prima
sottolinea l’importanza dell’adattamento tra persona e organizzazione, in termini di
soddisfazione dei bisogni; la seconda, invece, si sofferma sul ruolo che le richieste
e le risorse hanno nel generare benessere. Segue una breve analisi di alcuni esempi
di aziende reali, come Neslè, Ferrero, Ikea, Esselunga, Gruppo Eni, e delle strategie
da loro adottate per fronteggiare i vincoli organizzativi.
La trattazione si conclude con la sezione più rilevante dell’elaborato, ovvero
il terzo capitolo, interamente dedicato all’analisi empirica svolta. In primo luogo,
vengono esposti gli obiettivi della ricerca, ossia di indagare le principali
determinanti della percezione di benessere in ambito lavorativo e le implicazioni
che esse hanno per la qualità della vita dei singoli e, inoltre, rilevare eventuali
differenze tra i lavoratori del Nord e Sud Italia. Si prosegue con l’illustrazione dello
strumento di indagine utilizzato, il questionario, del quale se ne analizza la
composizione e, successivamente, si passa alla descrizione del campione e
all’analisi dei dati rilevati.
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CAPITOLO 1
IL BENESSERE: UNA VISIONE D’INSIEME
È opinione comunemente accettata che il benessere è un aspetto
fondamentale della vita di ogni individuo, ma definire cosa esso sia in modo
completo può essere un’ardua impresa, soprattutto se non si tengono in
considerazione due aspetti ad esso strettamente interrelati: la salute e la qualità della
vita. Di fatti, salute, benessere e qualità della vita sono tre elementi che non possono
essere disgiunti, al contrario di quanto le opinioni comuni riportano, in quanto,
ognuno dipende dall’altro, ognuno esercita forti influenze sugli altri e, talvolta, essi
si sovrappongono.
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
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“la
salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale che non si limita
solo ad un’assenza di malattia” (OMS, 1948). Com’è possibile dedurre, dunque, il
concetto di salute non è da intendersi come un costrutto puramente biologico,
poiché esso è fortemente legato anche ad aspetti soggettivi, riferiti alla percezione
dell’ambiente da parte del soggetto e alle sue capacità di adattamento ed interazione
con lo stesso. L’aspetto soggettivo della dimensione precedentemente descritta si
insedia all’interno della vita quotidiana di ogni individuo, legandosi al più ampio
costrutto di qualità della vita, corrispondente alla “percezione da parte degli
individui della posizione che occupano nella propria vita, all’interno della cultura
e del sistema di valori in cui vivono, e in relazione ai propri obiettivi, aspettative,
parametri di riferimento e interessi” (The World Health Organization Quality of
life Assessment, 1995, pp. 1405). È un costrutto ombrello, che abbraccia molteplici
aree di vita: fisica, psicologica, sociale, spirituale e, un’area relativa alle credenze
personali; le quali contengono, a loro volta, numerose sfaccettature soggettive.
L’interesse per la valorizzazione di tali dimensioni si afferma con la
diffusione della psicologia umanistica, grazie alla quale è possibile definire
adeguatamente il costrutto di benessere. Rogers (1963), fondatore di tale corrente,
associava lo stato di benessere ad una condizione psicofisica di piena funzionalità
del soggetto: la persona pienamente funzionante è colei capace di sfruttare al meglio
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Istituita nel 1948, è l’Agenzia delle Nazioni Unite (ONU) specializzata per le questioni sanitarie.