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CAPITOLO SECONDO
LA LIBERTÁ DI ASSOCIAZIONE
SOMMARIO: 2.1. Il diritto di associazione nelle esperienze giuridiche precedenti alla
Costituzione repubblicana. – 2.2. Le scelte della Assemblea costituente. – 2.3. Il
rapporto fra tutela del pluralismo sociale e libertà di associarsi. – 2.4 La libertà di non
associarsi. – 2.4. Il divieto delle cosiddette associazioni paramilitari e delle associazioni
neofasciste. – 2.6. Il quadro internazionale, in particolare la Cedu. – 2.7. La
disposizione tra crisi e riforma. – 2.8. Il d.lg. n. 155 del 2006.
2.1. Il diritto di associazione nelle esperienze giuridiche precedenti alla
Costituzione repubblicana.
Non pochi dei problemi attuali relativi alla garanzia
della libertà di associazione derivano o sono comunque collegati ad alcune delle
caratteristiche della passata esperienza giuridica nel settore; da ciò la necessità di
ripercorrere, seppure in estrema sintesi, alcuni fondamentali passaggi.
Come è ben noto, l'iniziale evidente atteggiamento di diffidenza dello Stato
liberale, almeno nell'esperienza giuridica dei paesi dell'Europa continentale, nei
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riguardi di questa libertà ha avuto origini ideali, storiche e politiche
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; da questa
premessa è derivata una garanzia solo episodica e molto parziale, essendosi assai
raramente affermata una disciplina davvero garantista delle diverse situazioni
collettive riconducibili al fenomeno associativo. Già è significativo che nell'Europa
continentale il legislatore costituente od ordinario di questo periodo si riferisse, in
realtà, allorché ha disciplinato in modo più o meno soddisfacente
la libertà di associazione, al solo associazionismo politico o sociale, mentre diversa
era la disciplina riservata al fenomeno associativo nell'ambito religioso ed ancora
diversa (e qui assai più liberale) quella relativa all'attività economica in forma
associata o ad alcune forme di aggregazioni più o meno naturali (si pensi alla
famiglia, alle comunità territoriali, ad alcune particolari attività professionali):
dell'associazionismo politico o sociale è temuto dalle ristrette classi politiche
dominanti la quanto meno potenziale forza eversiva dell'assetto esistente
22
.
Se è la preoccupazione politica quella dominante, ben si comprende come
anche quando si giunge a prevedere questa libertà a livello di
alcune carte costituzionali, la si disciplina in termini assai restrittivi anche in relazione
alle pur limitate tecniche garantiste adottate nei testi costituzionali di quell'epoca: nel
migliore dei casi, è il legislatore ordinario che ha larghissima, se non piena,
discrezionalità nel poter configurare i limiti indicati con grande genericità
nella Costituzione; più frequenti i casi in cui non viene configurata neppure una
riserva di legge e pertanto il Governo viene a disporre di una pressoché illimitata
competenza in materia. Non a caso, alcune Costituzioni si limiteranno a vietare la
necessità di forme di autorizzazione preventiva ed occorrerà attendere
21
MORANGE, La liberté d'association en droit public français, Paris, 1977, 48 ss.
22
ALLEGRETTI, Profilo di storia costituzionale italiana. Lo Stato liberale. Il regime
fascista, Cagliari, 1983, 2 ss., 255 ss.
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alcune Costituzioni dell'inizio del secolo ventesimo per vedere affermate con una
certa chiarezza la competenza esclusiva del Parlamento in materia o l'attribuzione
alla sola magistratura dei poteri di scioglimento. Solo con la Costituzione di Weimar
sembra emergere a livello costituzionale una visione largamente favorevole al
fenomeno associativo, ormai esplicitamente ricomprendente quello politico, sociale e
religioso, poiché i limiti possibili vengono identificati in interventi repressivi a tutela di
divieti penalmente sanzionati
23
.
Al tempo stesso, peraltro, non verranno certo meno in tanti altri Stati discipline
assai restrittive, semmai semplicemente limitate da precari atteggiamenti di mera
tolleranza.
La stessa esperienza italiana nel periodo liberale non si discosta da queste
caratteristiche di fondo: come ben noto, lo Statuto albertino non faceva neppure
riferimento a questa libertà e la stessa tendenza interpretativa, dominante a livello
dottrinale, di trarre la tutela della libertà associativa dalla garanzia statutaria offerta
nell'art. 32 alla libertà di riunione, non ne produce in realtà alcuna effettiva: anche
volendosi prescindere dalla flessibilità delle disposizioni statutarie, la disciplina in
tema di riunione in parte era inapplicabile al fenomeno associativo e soprattutto
legittimava ogni tipo di limitazione, anche meramente preventiva, da parte delle
autorità governative.
Sul piano della concreta esperienza storica, lo spirito dello Statuto produce sul
piano legislativo soltanto l'immediata scomparsa del precedente sistema della
autorizzazione preventiva
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, ma poi il sistema si viene progressivamente
23
Cfr. artt. 124 e 159 Costituzione dell'11-8-1919. Da ricordare che già dalla l. 15 aprile 1908 la
legislazione tedesca era stata meno ostile di altre contemporanee nei riguardi del fenomeno
associativo.
24
Cfr. r.d. 26 settembre 1848; ma si noti che poche settimane prima la l. 25 agosto 1848 aveva
proceduto allo scioglimento della Compagnia di Gesù e della Corporazione delle Dame del Sacro
Cuore, a riprova che di libertà associativa si parlava solo in riferimento all'associazionismo politico.
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costruendo
25
(tanto che si parlerà di un diritto consuetudinario) in riferimento al solo
associazionismo politico e sociale, su un sistema di precaria tolleranza, non di rado
interrotto da provvedimenti repressivi di scioglimento da parte degli organi
governativi, cui viene riconosciuto un generale potere di vigilanza a tutela dell'assetto
politico dominante
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[ed a riprova di ciò può considerarsi invece l'ampia tolleranza nei
riguardi delle associazioni più o meno segrete omogenee al sistema politico
esistente, che anzi in questo periodo assurgono a grande potere]. Sul piano
legislativo ci si limita semplicemente ad una configurazione assai ampia dei reati
associativi senza determinare invece entro ambiti precisi i limiti
della libertà di associazione in riferimento ai poteri governativi.
Il progressivo processo di allargamento della base sociale dello Stato produce
anche un parziale mutamento di atteggiamento nei riguardi del pluralismo politico e
sociale e lo stesso ordinamento dello Stato mette in luce l'esistenza di un crescente
numero di associazioni obbligatorie e di enti pubblici a base associativa, tanto che la
forza e la vitalità dei fenomeni associativi origineranno all'inizio del secolo ventesimo
noti spunti di riflessione sulle trasformazioni in corso all'interno dell'originario modello
dello Stato liberale.
Su questa situazione giuridica il fascismo incide in modo alquanto significativo,
non limitandosi semplicemente a portare a livello legislativo prassi illiberali esistenti
nel regime precedente: si pensi in particolare all'esplicito riconoscimento al Prefetto
del potere di vigilare ed eventualmente sciogliere le associazioni, potere di grande
rilievo considerando che ormai tutti i fenomeni associativi possono essere ritenuti
pericolosi
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e che comunque l'uso politico di questi poteri è manifesto e dichiarato in
25
ORLANDO, Principii di diritto costituzionale, Firenze, 1920, 303.
26
PALMA, Corso di diritto costituzionale, Firenze, 1885, III, 222 ss.
27
Si noti che l'art. 218 del t.u.l.p.s. del 1926 tenta una definizione del fenomeno associativo
(«Sotto il nome di associazioni s'intendono i partiti, i gruppi e le organizzazioni politiche in genere,
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uno Stato che si proclama totalitario. In questa linea di esplicita volontà di conquista
e controllo degli apparati politici e burocratici va probabilmente inserita la legislazione
contro le associazioni segrete, non a caso quasi contemporanea a quella mirante alla
epurazione della burocrazia
28
.
Gli interventi in questo periodo sono comunque assai significativi
dell'importanza ormai riconosciuta al fenomeno associativo: se la distruzione del
sistema preesistente passa, oltre che nelle disposizioni del testo unico di polizia, in
una severissima apposita legislazione penale, l'originaria affermazione
dell'associazionismo filofascista attraverso tutta una serie di decisive agevolazioni,
lascia ben presto il posto ad un inquadramento totale del pluralismo sociale in un
sistema di enti pubblici obbligatori e nell'ulteriore incremento del numero e del peso
degli enti pubblici a base associativa
29
.
Il punto di arrivo è un sistema del tutto illiberale ed artificioso, ma rivelatore
comunque della non più negabile necessaria presenza, all'interno di Stati ormai di
massa, di numerose articolazioni in qualche misura rappresentative dei processi di
aggregazione sociale. La stessa presenza di un grande partito di massa e delle sue
complesse organizzazioni collaterali, mette in evidenza il ruolo che sarà ormai
ineliminabile, pur all'interno di tutt'altri contesti politici, di questo soggetto essenziale
anche temporanee»), che bene evidenzia gli interessi sottostanti a questa legislazione. Nel t.u. del
1931 scomparirà la disposizione, ma solo perché ritenuta
troppo restrittiva: «Secondo le attuali disposizioni sono dichiarate soggette alla vigilanza dello Stato
tutte le associazioni, aventi qualunque finalità, anche se di carattere economico e culturale. Il principio
unitario e totalitario del fascismo non ammette, nel seno della società italiana, associazioni di natura
politica, dovendosi ogni attività e ogni finalità di ordine politico spiegare e raggiungere attraverso
l'attività propria del P.N.F. e degli organi ammessi e disciplinati dalla legge. D’altra parte, è noto che
talora delle associazioni, aventi apparentemente nature diverse, mascherino in sostanza delle attività
politiche sotto forma legale, ed anche quando abbiano un programma d'azione realmente di natura
diversa, nulla toglie che in un determinato momento, e per circostanze speciali, possano assumere
aspetto politico, contrario perciò solo agli ordinamenti costituiti nello Stato» (SABATINI, Associazioni
politiche, cit., 1041). Su queste premesse è facilmente comprensibile come il regime privilegiato
garantito dall'art. 43 del Concordato all'Azione cattolica non abbia evitato la nota «crisi del
1931», relativa proprio al timore di impegni dì questa organizzazione nell'ambito politico-sociale
(cfr. BERTOLA, «Associazioni religiose», in N.D.I., I, Torino, 1937, 1045).
28
ACQUARONE, L'organizzazione dello Stato totalitario, Torino, 1978, 68 ss.
29
ROMANO, Corso di diritto costituzionale, Padova, 1933, 380 ss.
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per il funzionamento degli Stati contemporanei. In tutta questa evoluzione, una
ulteriore variabile tecnica deriva dal riconoscimento o meno da parte del sistema
normativo ai fenomeni associativi di forme di personalità giuridica o almeno di
soggettività giuridica: senza ovviamente poter entrare in questa sede in una
ricostruzione del genere, basta qui ricordare come l'atteggiamento ostile nei riguardi
del fenomeno associativo sia probabilmente alla base della scelta del legislatore
italiano, prima di non prevedere forme di riconoscimento della personalità al di fuori
delle persone giuridiche di diritto commerciale (o addirittura di revocare alcuni tipi di
riconoscimento preesistenti
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) e poi di prevederla nel Codice civile del 1942 ma con
forti limitazioni e sotto rigidi controlli, mentre per la prima volta si prevedeva un assai
limitato regime giuridico per le associazioni non riconosciute. Essendo tutto ciò
intervenuto in un contesto giuridico che non ignorava l'esistenza di una ricca rete di
associazioni non riconosciute [a cui addirittura alcune volte varie legislazioni
riconoscevano funzioni e poteri], questa scelta non poteva essere casuale, ma il
frutto di tutta una tradizione in sostanza ostile ad un certo tipo di associazionismo.
2.2. Le scelte della Assemblea costituente.
Il dibattito alla Costituente intorno ai fenomeni associativi ha avuto un sicuro
punto unificante nella volontà non solo di reagire alle compressioni in precedenza
operate su questa libertà, ma di rovesciare totalmente le premesse di diffidenza e di
ostilità nei riguardi di un libero manifestarsi del pluralismo sociale. Appare, infatti, al
di là degli originali contrasti ed incomprensioni, una forte sensibilità, pur diversificata
fra gli esponenti dei diversi filoni culturali, nella ricerca delle modalità per garantire
30
CRISAFULLI, «Associazioni (dir. civ.)», in N.D.I., 1, 1937.