formulate, ma non accolte dalla Commissione Parlamentare competente riunita in sede
referente
67
.
Dopo aver enunciato i principali aspetti positivi del nuovo Titolo V , possiamo affermare che
le Regioni hanno ricevuto grandi responsabilità di governo del territorio ed ampie potestà
legislative.
Come ritiene il prof. Mazzola, nel corso degli anni, alcune Regioni hanno dimostrato di
poter contribuire alla tenuta ed alla coesione dell'ordinamento della Repubblica.
Ad esempio, “in presenza della crisi economica, hanno dimostrato, soprattutto le ordinarie,
di saper selezionare le riduzioni di spesa ed al contempo di adottare misure di sostegno al
reddito o alla produzione in rapporto alle diverse esigenze territoriali”
68
.
Hanno saputo realizzare “ancor meglio dello Stato”, “una legislazione sulla riduzione delle
spese generali di organizzazione e sulla trasparenza”
69
.
Le politiche che hanno perseguito per contenere i costi hanno comunque permesso loro di
realizzare “politiche sociali avanzate e di sostegno allo sviluppo, investendo i maggiori
fondi per le attività produttive e le infrastrutture”.
Molti enti regionali hanno dunque reagito molto bene alle conseguenze della crisi e
successivamente, come vedremo, anche alla crisi causata dall'emergenza sanitaria.
1.3 Il sistema sanitario regionale
Il moderno sistema sanitario italiano ha origine dall'istituzione del Servizio Sanitario
Nazionale, avvenuta con la legge 833/1978.
Con tale provvedimento è stato soppresso il vecchio sistema mutualistico
70
ed è nata una
nuova concezione della sanità: la salute è considerata da quel momento un bene pubblico
essenziale ed universalmente fruibile, in piena attuazione dell'art.32 Cost.
71
Il governo centrale ha il compito di reperire annualmente le risorse per finanziarlo attraverso
il Fondo Sanitario Nazionale (FSN) ed alle Regioni è affidato il ruolo fondamentale in
materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera
72
.
La seconda riforma da menzionare è rappresentata dalla legge delega 421/1992, con la quale
viene disposta l'aziendalizzazione del sistema sanitario
73
e la trasformazione delle Unità
Sanitarie Locali (USL) in Aziende Sanitarie Locali (ASL), in concorrenza fra loro.
Per i suoi autori, l'aziendalizzazione e la regionalizzazione del servizio sanitario, era mirata,
in primo luogo, ad introdurre una forma di competizione fondata sulla libera scelta del
paziente fra una pluralità di soggetti erogatori pubblici e privati e, in secondo luogo, a
responsabilizzare le Regioni soprattutto sul versante della spesa.
67 Vedi “La riforma del Titolo V della Costituzione: la ripartizione delle competenze” - Rapporto Annuale 2003
sull’attuazione del federalismo – Zanichelli.it
68 Ibidem n°28
69 Ibidem n°28
70 Il sistema mutualistico era basato sugli enti mutualistici, ognuno competente per una diversa categoria di
lavororatori obbligatoriamente iscritti allo stesso. I lavoratori fruivano così dell'assicurazione sanitaria per le cure
mediche finanziata con i contributi versati da loro stessi e dai loro datori di lavoro (Wikipedia.org)
C'era quindi un'evidente disparità di trattamento tra occupati e disoccupati.
71 Art.32 Cost., primo comma: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse
della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti“
72 La materia dell'”assistenza sanitaria ed ospedaliera” è stata assegnata alla competenza della Regione con la legge
386/1974
73 Entrano nel settore sanitario logiche proprie delle aziende private, quali l'attenzione al costo e al risultato ed alla
qualità del servizio erogato (Wikipedia.org)
16
Il mancato funzionamento del precedente sistema a tre livelli, dove anche i Comuni avevano
un ruolo incisivo, ha portato all'individuazione del livello regionale come unico
interlocutore dello Stato.
Oggi, l'attuale servizio sanitario si basa quindi su due livelli: quello statale, per quanto
riguarda la responsabilità di assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute mediante un forte
sistema di garanzie e quello regionale, avente la responsabilità diretta della realizzazione,
del governo e della spesa per il raggiungimento degli obiettivi di salute del paese
74
.
Le Regioni hanno così la “competenza esclusiva nella regolamentazione ed organizzazione
di servizi ed attività destinate alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle Asl e
delle aziende ospedaliere, anche in relazione al controllo di gestione e valutazione della
qualità delle prestazioni sanitarie nel rispetto dei principi generali fissati dalle leggi dello
Stato”
75
.
La sua struttura è ripartita tra organismi centrali dello Stato (Ministero della Sanità,
Consiglio Superiore della Sanità, Istituto Superiore di Sanità, Conferenza Stato-Regioni,
Agenzia Italiana del Farmaco, Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali..),
organismi regionali (Assessorato alla Sanità e Conferenza Regionale Permanente) ed
organismi territoriali (Asl ed Aziende Ospedaliere, Istituti di ricovero a carattere scientifico)
Le Asl sono dotate di autonomia e sono svincolate da un'organizzazione centrale a livello
nazionale, dipendono dalle Regioni, in alcuni casi coincidono con le Province, in altri
comprendono un'area più ristretta o più vasta.
Il vecchio Titolo V della Costituzione, nel ripartire la competenza tra Stato e Regioni,
parlava di “assistenza sanitaria ed ospedaliera”.
Come sottolineato dal Prof. Cesare Pinelli, con la riforma del 2001, la connotazione
assistenzialistica evolve in “tutela della salute”, a rappresentanza di un ripensamento
culturale, politico e giuridico ed assume una concezione di tutela olistica, oltre che
universalistica, di tale diritto
76
.
La riforma del 2001, con l'affidamento della tutela della salute alle competenze concorrenti
Stato/Regioni, rappresenta l'ultima evoluzione della sanità pubblica da assistenzialistica e
iperprotettiva a tutti i livelli, talvolta con ricoveri paternalistici ed eccessivamente lunghi, ad
un approcio mirato, secondo una logica di modernizzazione ed appropriatezza delle cure.
La nuova concezione della sanità è una progressiva sfida dai metodi arcaici a quelli moderni
ed orientati alla soddifazione del paziente.
Per fare due esempi pratici, come affermato dal Dott.Brunello Brunetto: “Negli anni ottanta
un intervento di asportazione di una vena varicosa prevedeva dai 7 ai 10 giorni di ricovero,
oggi si è passati ad 1, potendosi tranquillamente svolgere in via ambulatoriale”.
Ed ancora: “Sempre negli anni ottanta, un qualsiasi rivovero pre-operatorio poteva durare
dai 15 ai 20 giorni, oggi si riesce a fare tutto in un giorno, effettuando tutti gli esami
necessari in ambulatorio
77
”.
Possiamo dedurne che c'è stato un indubbio miglioramento nell'efficienza rispetto al sistema
74 Vedi “Servizio Sanitario Nazionale”, Wikipedia.org
75 Ibidem n°74
76 Vedi “La revisione costituzionale del 2001 e le sue ricadute in campo sanitario”, Cesare Pinelli, Corti supreme e
salute, 2018
77 All'Ospedale San Paolo di Savona nel 2019 è stato raggiunta la soglia del 95% delle persone preparate all'intevento
in un'unico giorno
17
precedente e quindi un miglioramento della qualità della vita.
Sempre la riforma del Titolo V , ha generalizzato la regola della “determinazione dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale” a tutti i diritti civili e sociali, attribuendola alla potestà esclusiva
statale
78
.
Come affermato nella sezione precedente a riguardo dell'autonomia, la concessione di essa
prevede una naturale differenziaziazione, poiché ogni Regione ha acquisito la potestà di
articolare il sistema come meglio ritiene.
L'autonomia in materia di tutela della salute ha quindi comportato la nascita di ventuno
modelli organizzativi regionali diversi, ma non deve essere considerato un problema, dato
l'obbligo di erogazione delle prestazioni nel rispetto dei livelli essenziali fissati dallo Stato.
Come sostentuo ancora del prof.Pinelli, il condizionamento statale sulle Regioni è molto
pesante per quanto riguarda l'aspetto finanziario, ma lascia ampi margini di autonomia
riguardo al modello organizzativo che la singola Regione vuole adottare
79
.
Il criterio per l’assegnazione delle risorse dallo Stato centrale alle Regioni, in base al quale
chi ha speso storicamente di più per erogare servizi riceve l’equivalente per far fronte a tali
costi, prende il nome di “spesa storica”.
Il finanziamento del settore sanitario è ancora un processo decisionale che ha il suo fulcro
nelle negoziazioni svolte in Conferenza Stato-Regioni ed è vincolato anche all'appartenenza
della Repubblica all'Unione economica e monetaria europea
80
.
Invece, per quanto riguarda il fronte amministrativo ed organizzativo, il solo vincolo è
rappresentato dalla legislazione statale di principio
81
.
Con la riforma del 2001 e la relativa nuova formulazione dell'art.117 Cost., non si è fatto
altro che stabilizzare e consolidare una situazione creatasi già ex ante, compreso il valore
dell'efficienza nella gestione del servizio pubblico ai fini del godimento del diritto alla
salute.
L'autonomia e la differenziazione hanno permesso a molti sistemi sanitari regionali del
Centro-Nord di crescere e raggiungere i primissimi posti a livello europeo per qualità ed
efficienza, rappresentando così modelli di avanguardia.
A tal proposito, vorrei di seguito illustrare brevemente alcuni di essi.
Il sistema sanitario Lombardo
Quando si parla di sistemi sanitari regionali, non si può non citare quello dalla Regione
Lombardia.
Come chiarisce il prof.Carlo Bottari, tale modello si fonda sulla la libera scelta del medico e
del luogo di cura da parte del paziente, sul superamento della mera logica di intervento
d’urgenza o a posteriori e sulla separazione tra programmazione, erogazione del servizio e
relativo controllo
82
.
78 Art.117, comma 2, lettera m)
79 Ibidem n°76
80 Ibidem n°76
81 Ibidem n°76
82 Vedi “Verso una revisione sociale, giuridica e istituzionale del Servizio sanitario regionale”, Carlo Bottari, Corti
supreme e salute, 2018
18
Si è passati dalla “cura” al “prendersi cura” del paziente, tramite un'attenta valutazione del
bisogno di accompagnamento della persona, la prevenzione, la valutazione delle necessità
del singolo cittadino e dell’ambiente familiare in cui vive ed invecchia
83
.
La riforma del 2015
84
, decisa a superare la frammentazione e la disomogeneità dell'offerta
sanitaria sul territorio e garantire al cittadino una presa in carico reale e continuativa
85
, ha
previsto la creazione di otto “Agenzie di Tutela della Salute” (ATS), in sostituzione delle
precedenti quindici Asl.
Alle nuove Ats, il legislatore regionale ha attribuito “funzioni di negoziazione/acquisto delle
prestazioni sanitarie e socio-sanitarie delle strutture accreditate, governo dell’assistenza
primaria e del convenzionamento delle cure primarie, nonchè il governo del percorso di
presa in carico della persona in tutta la rete dei servizi, anche attraverso la valutazione
multidimensionale e personalizzata del bisogno e secondo il principio di appropriatezza e
garanzia della continuità assistenziale”
All’interno delle ATS sono state istituite le Aziende socio-sanitarie territoriali (ASST),
erogatrici di prestazioni ospedaliere e territoriali che costituiscono il principale riferimento
per i cittadini al fine di facilitarne l’accesso alle prestazioni sanitarie
86
.
La riforma pone sullo stesso piano le strutture pubbliche e le strutture private in qualità di
enti erogatori, rappresentando così una concreta attuazione del principio di “sussidiarietà
orrizontale” previsto dal nuovo art.118 Cost., promuove un modello di sanità aperto e
dinamico conferendo un maggiore potere al cittadino/paziente e limita la discrezionalità
politica, il peso delle burocrazie e dell’organizzazione
87
.
La riforma punta anche ad una profonda riorganizzazione delle cure primarie, dettata dalle
nuove esigenze espresse dall’utenza.
La crescente incidenza delle patologie cronico-degenerative, correlate al processo di
invecchiamento della popolazione, ha richiesto questa profonda riorganizzazione delle cure
per renderle più efficaci a fronte della mutata situazione epidemiologica e sociale
88
.
L’assistenza territoriale da una medicina d’attesa evolve ad una medicina di iniziativa,
principalmente attraverso il miglioramento della continuità dell’assistenza territoriale e
dell’integrazione ospedale-territorio, promuovendo una partecipazione consapevole e
responsabile dei cittadini e delle comunità nei confronti dei corretti stili di vita e nei percorsi
di prevenzione, di cura, di assistenza e di terapia farmacologica, anche prevedendo politiche
finalizzate ad iniziative che favoriscano l’invecchiamento attivo
89
.
Si è in questo modo passati dal governo della domanda al governo dell'offerta, con la
promozione dell'integrazione dei servizi che intervengono “favorendo la realizzazione di reti
sussidiarie di supporto che operano in presenza di fragilità sanitarie, sociali e
socioeconomiche”. Trattasi di reti finalizzate a “tutelare il benessere di tutti i componenti
della famiglia, anche in presenza di problematiche assistenziali derivanti da non
autosufficienza e da patologie cronico-degenerative
90
”
Un modello che sostanzialmente viene incontro alla problematica emergente della cronicità,
83 Ibidem n°82
84 Legge regionale n°23 del 2015, “Riforma Maroni”, dall'allora presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni
85 Ibidem n°82
86 Ibidem n°82
87 Ibidem n°82
88 Ibidem n°82
89 Ibidem n°82
90 Ibidem n°84
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