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Introduzione
Nelle società tradizionali vari sono i significati che assume la possessione, così come
molteplici possono essere le sue funzioni.
Numerose diagnosi possono emergere grazie allo studio delle differenze tra le culture, altre
invece necessitano dell‟influenza di fattori specifici.
Il lavoro clinico tende a concentrarsi sui singoli aspetti del singolo paziente, ma allo stesso
tempo si sofferma su costrutti applicati in maniera generale.
La possessione diabolica e il disturbo dissociativo assumono una posizione complessa dal
momento in cui si parla di “culture di transizione”, in quanto inducono ad uno stato di
angoscia, alla chiusura nell‟ambito famigliare, risulta quindi necessario un intervento
psichiatrico per ridurre per quanto possibile questi aspetti.
I disturbi dissociativi non sono ancora stati categorizzati all‟interno della psichiatria, perciò il
concetto di dissociazione ancora oggi non viene definito come una vera e propria patologia,
inducendo a numerose sfide nell‟intento di identificare le condizioni che inducono tali disturbi
(Jureidini J. 2004).
La trance dissociativa viene definita nel DSM-IV come un disturbo dissociativo “non
altrimenti specificato”, conservando tale categorizzazione nel DSM-V (2013).
La visione di questi disturbi come malattia risente anche dell‟influenza socio-politica.
E‟ fondamentale soffermarsi sulle definizioni di possessione diabolica per comprendere gli
stati del disturbo, definiti come stati che conducono alla temporanea perdita del senso di
identità personale, alla perdita del normale funzionamento della mente, della memoria, della
coscienza, che si manifestano attraverso trance, disturbi di personalità e amnesia, classificati
nell‟ICD-10 come disturbi dissociativi (Johnstone EC, Owens DC, Lawrie SM 2010).
I soggetti interessati da possessione presentano la sostituzione dell‟identità con quella di
un‟altra persona che si manifesta attraverso differenti linguaggi, toni vocali e il riferimento di
falsi dettagli autobiografici.
Alcune culture vedono questi aspetti come un comportamento costruito, altre come un aspetto
patologico o socialmente accettato.
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Sono state effettuate ricerche sui disturbi di possessione e trance dissociativa, ma essi non
hanno portato a risultati soddisfacenti a causa dei limitati casi segnalati.
Nelle scienze sociali la possessione viene definita come un”sequestro di spirito” da un‟altra
identità, lo studio della trance dissociativa e della possessione è necessaria per una
collaborazione tra psichiatri e antropologi.
Spesso tali possessioni sono indotte dagli stessi soggetti affetti, ciò indica che non tutte sono
correlate ad una patologia.
Nello studio della trance e della possessione dissociativa i medici riscontrano difficoltà nel
lavoro con popolazioni culturalmente diverse. Per affrontare questa difficoltà è fondamentale
la comprensione del concetto di “agire”, ovvero la capacità dell‟individuo di sentirsi in grado
di mettere in atto delle azioni, o pensieri, comportamenti, emozioni e comunicazioni.
Nell‟ambito del contesto della possessione spiritica, il termine spiega il passaggio dell‟azione
dell‟individuo su quella di un altro, fenomeno che risulta al soggetto sgradevole e che si
manifesta con cambiamenti comportamentali e senso di angoscia.
L‟agire è l‟abilità che l‟individuo utilizza per negoziare con il sistema culturale all‟interno del
quale è collocato.
In particolare diversi studiosi hanno individuato le differenze nel tasso di frequenza di disturbi
di trance dissociativo e di possessione tra culture occidentali e culture orientali.
Mentre nelle società orientali la cultura si identifica maggiormente in un senso comune di
famiglia e comunità, di controparte le società occidentali sono più individualiste e l‟individuo
si identifica unicamente con la percezione del se medesimo o al limite del più ristretto nucleo
familiare.
Luciano M. M. (2010), attraverso lo studio delle famiglie della cultura indiana, nota come
questi si distinguono dai membri delle altre culture come esseri autonomi, che svolgono un
ruolo fondamentale nella regolazione del comportamento dei singoli individui sin dalla
nascita.
Fin da bambini, l‟educazione si sofferma nel far temere il diavolo, attribuendogli
caratteristiche negative e patologiche. Sin dal Medioevo, Satana ha avuto un significato carico
di sensi di colpa e peccati, attraverso un processo di proiezione.
Nell‟Italia di oggi, laica, ma basata su una cultura cattolica, il diavolo viene a volte usato
come capro espiatorio.
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Nelle società collettiviste il tasso di differenti tipi di possessione e trance dissociativa
dell‟identità è più alto rispetto alle società individualiste (Hofstede G. 1983).
Morris B. (1994) descrive le differenze insite nel sé orientale e occidentale, quest‟ultimo si
concentra su una preoccupazione esagerata di sé, che in casi estremi può condurre ad una
perdita di senso della vita.
Le credenze culturali e l‟ambiente sono importanti per l‟evoluzione dell‟agire della persona,
un loro conflitto può condurre alla destabilizzazione o interruzione delle azioni di un
individuo.
L‟azione è qualcosa che si realizza nel tempo, attraverso lo sviluppo della personalità e la
socializzazione.
Le culture in transizione possono presentare il manifestarsi di diversi disturbi e la
destabilizzazione delle singole azioni all‟interno di cambiamenti culturali.
Lo studio della transizione culturale indica come le culture diventano più permeabili, ma la
quantità temporale e spaziale della permeabilità si è ampliata.
L‟approfondimento culturale e sociale per la comprensione dei disturbi d‟azione, diviene
fondamentale nel trattamento dei disturbi della trance dissociativa.
Oggi psicologi e psichiatri non considerano che le credenze nella stregoneria e i differenti
fenomeni ad essa accorpati, sono maggiormente presenti nelle persone rispetto ai tempi
dell‟Inquisizione, ciò è dovuto all‟espansione demografica (Murphy, 1995).
Ancora A. (1994) afferma che non è anacronistico, né paradossale, occuparsi di quei
fenomeni della psiche umana che hanno a che fare con il mondo religioso e che alimentano
sofferenze e disturbi in quella”crisi della presenza” sempre più attuale.
Concludendo, la letteratura sulla trance dissociativa e la possessione portano a inutili
distinzioni, collocando entrambi i fenomeni all‟interno del campo di destabilizzazioni delle
azioni della persona.
La psichiatria deve tener conto dei differenti livelli di stress, di “finzione” e accettabilità
culturale nella comprensione e nello studio dei disturbi dissociativi, ma l‟incertezza sullo
studio di tale categoria psichiatrica persisterà finché le definizioni diagnostiche continueranno
a ignorare il contesto sociale.
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CAPITOLO PRIMO
I FENOMENI DI POSSESSIONE
1.1 La possessione
La definizione del termine possessione riguarda il concetto che la malattia sia dovuta
dall‟intrusione nell‟anima o nel corpo di spiriti ostili.
V. Nava (1988) era dell‟idea che già il popolo ebreo alle sue origini fosse convinto che la
malattia psichica fosse causata dal demonio. L‟alienazione della mente era in realtà il castigo
di Dio per un proprio comportamento negativo.
Anche K. Jasper (1913) afferma che fin dall‟antichità, le patologie corporee fossero indotte da
demoni, e in misura anche maggiore quelle mentali, soprattutto quelle in cui l‟individuo si
tramutava in un'altra persona.
L‟autore esamina la possessione come una speculazione primitiva basata su varie realtà, e
parla di possessione esclusivamente quando:
“[…] Il malato stesso sente di essere contemporaneamente due persone, e
realizza due maniere di sentire completamente eterogenee con due Io diversi”
(Jaspers K., 1913, p. 784).
Egli considera la possessione la condizione in cui si sperimentano dall‟interno personalità
allucinate, estranee al proprio sé, che agiscono e influenzano l‟individuo.
E. Bourguignon (1973) invece distingue tra possessione e trance di possessione.
La possessione vera e propria riguarda uno stato di alterazione di coscienza del soggetto.
Nella seconda, l‟individuo assume il comportamento dello spirito possessore, ma non la
coscienza, il posseduto non ha allucinazioni e la crisi conduce poi ad uno stato di amnesia.
R. Bastide (1972) osserva come la possessione riguardi la ripresa della trance attraverso le
rappresentazioni collettive di un gruppo,mentre la trance sia un fenomeno individuale,
pertanto teorizza la possessione come una manifestazione culturale.
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V. Lanternari (1994), considera gli spiriti maligni come le entità colpevoli delle malattie
psichiche, basate su una tipica struttura mentale delle società tradizionali e delle culture
popolari occidentali.
W. Sargant nota come il posseduto si trova in uno stato di inquietudine emozionale in cui
trasmette paura e angoscia, è sicuro di essere un dèmone, perde la sua identità assumendone
un‟altra, il suo aspetto fisico muta per assumere le forme dell‟intruso.
E‟ stato osservato che la prima caratteristica che si manifesta con la possessione è sempre
l‟alterazione del comportamento.
L‟individuo cambia la propria voce,che diventa irriconoscibile, esprime desideri inconsueti e
urla parole insensate (J. Leff 1988).
Allo scopo di identificare la possessione e non confonderla con altri tipi di disturbi, G.
Lapassade (1990) individua quattro presupposti fondamentali.
Innanzitutto deve essere presente uno stato di alterazione della coscienza, con cambiamenti di
personalità. E‟ fondamentale poi la credenza radicata in entità e presenza soprannaturali. La
terza condizione è la presenza di reazioni violente e crisi dell‟individuo di fronte a tecniche e
metodologie attuate da esperti, allo scopo di allontanare la presenza estranea dal soggetto.
L‟ultima condizione è l‟esercizio di rituali atti a provocare la possessione.
Padre G. Amorth (1990), in merito alla possessione diabolica, racconta come solo durante gli
esorcismi i posseduti manifestino fenomeni come la xenoglossia, forza sovrumana,
premonizioni ecc.,
P. M. Yap, invece teorizza tre condizioni affinché si possa parlare di possessione: l‟individuo
occupa nella società una posizione che non gli permette di auto affermarsi, il soggetto deve
essere sottomesso ed emotivamente debole; e infine che il posseduto creda di affrontare un
problema che considera irrisolvibile.
Quando l‟individuo viene posseduto assume così uno stato di coscienza alterato, con
comportamenti e linguaggi tipici dell‟entità che lo possiedono.
Sembra che l‟individuo “sia-agito-da”il demone (E. De Martino 1959).
E. De Martino (1959) nota come nella possessione l‟indipendenza dell‟individuo svanisce,
sostituita da una personalità aberrante. Si osserva così una crisi improvvisa, e il ritorno alla
coscienza storica è caratterizzato da amnesia.
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La vittima non prova “l‟essere-agito-da”perché vi è un‟interruzione della coscienza
individuale, dove la personalità seconda agisce in contrasto con quella consueta.
Quindi “l‟essere-agito-da”si manifesta solo da un punto di vista degli osservatori e non da
quello della vittima.
Una causa alla base della possessione potrebbe essere un‟eccessiva suggestionabilità dei
posseduti (V. Lanternari 1994; W. Sargant 1973; Lapassade 1976).
Infatti spesso negli individui ipersuggestionabili, la crisi viene indotta attraverso rituali messi
in atto da soggetti carismatici. Nell‟individuo sofferente e suggestionabile, l‟esorcismo e i
rituali di possessione inducono ad una condizione psichica che si traduce in una forma di
oppressione, con le sue componenti comportamentali e mitiche.
Secondo F. De Raho (1908) la suggestione svolge un ruolo importante in fenomeni popolari
di possessione, come ad esempio il “tarantolismo” del sud Italia pugliese.
Fenomeni come questi, basati sulla suggestione, nella loro cura, più che nella terapia,
necessitano di una contro-suggestione e di rituali e tecniche su essa basati.
L‟autore definisce il fenomeno dei “tarantati” un effetto dell‟autosuggestione, suggestione e
imitazione che si basano su credenze e tradizioni popolari, tramandate tra le generazioni.
Come scrive Freud (1890), l‟influenza della religione, la si riscontra nelle guarigioni
“miracolose”, che si verificano tra i credenti sotto l‟influsso di allestimenti che aumentano i
moti religiosi, ad esempio riti che avvengono presso luoghi dove è venerata un‟icona
miracolosa.
Qui la fede dell‟individuo viene rinforzata dalla dedizione della gran quantità di persone con
le quali egli si riunisce e si avvicina al sacro. Tale influenza di massa accresce gli impulsi
psichici del soggetto.
L‟attesa nella guarigione si genera esclusivamente quando il soccorritore non è un medico, e
ciò che viene usato come rimedio non è verificato, ma sostenuto dal successo popolare.
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1.1.1. Elementi funzionali dello stato di possessione
Autori come Lanternari V. (1994) e R. Bastide (1975) hanno affermato che, in Occidente,
molti dei posseduti sono sofferenti psichici.
Gli psichiatri tendono a classificare i posseduti come singolari forme di disturbi neurologici o
psichici, mentre gli etnologi e antropologi li considerano come fenomeni normali.
La possessione ha un indubbio rapporto con il soprannaturale e il sacro, quindi con il potere
che ad esso viene insignito.
Poi, una delle sue caratteristiche imprescindibile è la teatralizzazione e drammatizzazione
gruppale dell‟evento terapeutico, con la presenza di socializzazione, abreazione e l‟assunzione
di un nuovo stato d‟identità dell‟individuo oggetto di possessione.
Secondo R. Bastide (1972) vi sono delle funzioni svolte dal rito di possessione che si
dividono in latenti e manifeste. Tra le prime troviamo:
- la risocializzazione,ovvero l‟opportunità di rivincita sociale dei gruppi oppressi o devianti;
- l‟esigenza di ripristinare i valori occidentali del colonizzato e di ridicolizzarli per le società
coloniali;
- l‟opportunità di praticare un controllo politico.
Alle funzioni manifeste appartiene invece il tipico bisogno delle religioni africane di rivelare
l‟incarnazione delle divinità, per poter assolvere ai loro compiti e provvedere alla guarigione
delle malattie.
Secondo G. Lapassade la possessione è l‟opposizione degli schiavi contro i padroni, delle
donne contro gli uomini ma, contemporaneamente, anche il superamento delle ostilità e delle
opposizioni.
Più autori ( Bastide R.,1972; Lanternari V.,1994; Lapassade G.,1976; Leiris M.,1958 ) hanno
sottolineato come l‟uso della possessione è stato sfruttato da donne ed altre categorie
emarginate per mettere in atto una certa pressione sui loro superiori, per rivendicare uno status
sociale più autorevole rispetto a quello pregresso.
I. M. Lewis (1986) poi è dell‟idea che le donne adoperino la possessione contro gli uomini
nella lotta tra i sessi, per ottenere dalla comunità cure e attenzioni.
M. Leiris (1958) valuta il culto zar una creazione femminile, dove l‟uomo soggetto di
possessione viene considerato insicuro e vagabondo. Ciò mette a disposizione della donna