6
I NT RO DUZ I O NE
A lla base dello studio effettuato vi sono i temi della paura e della criminalità.
In particolare, si pone l’attenzione sulla percezione d’insicurezza espressa dai cittadini
del Comune di Firenze e la distribuzione geografica di un campione di reati penali
commessi all’interno dei confini amministrativi.
Le motivazioni di questo studio sono legate alla necessità d’indagare le cause dei due
fenomeni e le loro possibili interrelazioni, in un contesto storico viziato da una fitta coltre
di paura, alimentata dai toni del dibattito politico nazionale ed internazionale e nella
quale troppo spesso vengono individuati dei capri espiatori, dovuta allo scontro tra
l’ insicurezza ontologica di cui tratta Giddens (legata al peso della perdita di valori,
certezze e riferimenti culturali ed il relativo smarrimento identitario) e una recrudescenza
del senso del territorio e delle micro-identità locali già preconizzata dal futurologo
Naisbitt.
L’obiettivo è quello di dotare i vari soggetti coinvolti nel governo e nella tutela delle città
e del territorio, di uno strumento che al netto delle dovute approssimazioni relative alla
scala di lavoro, sia in grado di individuare le cause alla base della formazione del
sentimento d’insicurezza in città, di decifrare le dinamiche criminali e di estrapolare
eventuali correlazioni tra i due fenomeni.
Dopo aver condotto un’indagine sulla percezione d’insicurezza in città mediante un
7
questionario distribuito online ed ottenuto la possibilità di mappare 200 crimini penali
archiviati, compiuti all’interno del Comune di Firenze, sono state approfondite una serie
di teorie riguardanti la paura e il crimine, grazie ad ognuna delle quali è stato possibile
estrapolare e sviluppare dei dati statistici, geostatistici oppure entrambe le tipologie di
dati.
Le elaborazioni così ottenute sono state infine confrontate, mediante la metodologia che
sarà illustrata più avanti, con le aree ritenute insicure e con quelle affette da criminalità.
La tesi è articolata in 5 capitoli: Nel primo capitolo vengono descritti i concetti di paura,
rischio e insicurezza, le modalità con le quali insorgono e i fattori che contribuirebbero
a generarli. Nel secondo capitolo vengono esposti dati statistici riguardanti le
preoccupazioni prioritarie della società, l’evoluzione dei crimini e la loro distribuzione
territoriale, l’incidenza degli stranieri e le possibili cause della loro maggiore propensione
alla criminalità ed infine l’approccio dei cittadini italiani rispetto alla multiculturalità e alla
competizione sul mercato del lavoro. Nel terzo capitolo sono analizzati quei fattori in
grado di operare una dilatazione e/o contrazione della percezione d’insicurezza. Nel
quarto capitolo viene approfondito uno studio effettuato dal P rof. S imone Tulumello,
Ordinario dell’Università di Lisbona, riguardante alcuni processi spaziali coinvolti nella
proliferazione della paura. Nel quinto ed ultimo capitolo infine, vengono descritti la
metodologia applicata per lo studio dei due fenomeni ed il confronto tra di essi, le
elaborazioni statistiche ricavate dalle risposte del questionario e quelle geostatistiche
ricavate dalle varie teorie approfondite.
8
La metodologia applicata, nonostante l’esiguo numero di procedimenti penali messi a
disposizione dalla Dott.ssa Marilena Rizzo e dal Dott. Giuseppe Creazzo,
rispettivamente P residente e P rocuratore della Repubblica del Tribunale di Firenze, ha
consentito comunque di analizzare diversi fattori legati alla paura e al crimine che
saranno dettagliatamente esposti nelle conclusioni finali della tesi.
10
CAP I T O L O 1 – P E RCE Z I O NE D’ I NS I CURE Z Z A I N CI T T À
1. 1 P AURA, RI S CHI O E I NS I CURE Z Z A
La paura nasce in un corpo a forma di mandorla situato nel lobo temporale mediale dei
due emisferi cerebrali, l' amigdala, il nostro database emozionale. La sua attivazione in
seguito a segnali paurosi stimola il rilascio di ormoni come l' adrenalina, dopamina e
noradrenalina ed attiva il sistema cardiovascolare, i muscoli e l' intestino al fine di
prepararci al meglio all' eventuale combattimento o alla fuga. Mentre quindi le nostre
pupille e i nostri bronchi si dilatano, il respiro e il battito cardiaco diventano più frequenti,
la pressione sanguigna e l' apporto di glucosio ai muscoli scheletrici aumentano,
l' ippocampo (implicato nei processi di apprendimento e memoria) e la corteccia
prefrontale sfogliano i sistemi mnemonici alla ricerca di ogni informazione utile per
rispondere alla situazione di paura nella quale ci troviamo.
La paura oltre ad essere stata essenziale nel percorso evolutivo del genere umano, ha
istaurato un rapporto costante con esso e con i luoghi del suo vivere, le città.
Dagli innumerevoli templi eretti dai greci in onore delle divinizzazioni del timore ( Deimos )
e della paura ( fobos ) alle mura romane, dalle fortezze arabe alle torri medioevali, la
paura ha sempre plasmato la morfologia degli insediamenti urbani imponendosi come
elemento perpetuo nella storia umana.
11
1
Amendola G. (2003). Paure in città – Strategie ed illusioni delle politiche per la sicurezza urbana .
Liguori Editore, Napoli
2
Ibidem.
3
Ibidem.
P er A mendola
1
, verrebbe avanzata da più studiosi l' ipotesi secondo la quale, l' attuale
paura della criminalità e del senso d' insicurezza in città, sarebbero semplicemente le
nuove forme specifiche della paura in quanto tale del periodo storico che viviamo.
S econdo la tesi, in seguito all' evento catastrofico della seconda guerra mondiale e al
periodo che gli è succeduto, segnato da una sconfinata fiducia, dallo sviluppo
economico-demografico e dal benessere psico-fisico assicurati dai nascenti Welfare
S tate in tutta E uropa, la paura, si sarebbe ripresentata con nuova forza assumendo le
forme dell' insicurezza urbana e di un futuro reso incerto dalle fluttuazioni economiche,
dalle crisi delle istituzioni democratiche e dal progressivo affievolimento di forti valori di
riferimento.
S e prima la paura e la percezione d' insicurezza erano saldamente ancorate in pericoli
realmente effettivi e alle esperienze dirette di vittimizzazione dei soggetti coinvolti, dagli
anni ' 70 la domanda di sicurezza ha subito un forte aumento diventando un fenomeno
collettivo capace d' indirizzare l’”organizzazione della vita sociale"
2
.
" Dopo mezzo secolo circa di illusioni e di sicurezza, la nostra capacità culturale di
convivere con l' incertezza e la paura sembra essersi enormemente affievolita. Il rischio
ed il diffuso sentimento di insicurezza sembrano costituire addirittura il tratto
caratterizzante della nostra epoca"
3
.
In concomitanza con questa " collettivizzazione della paura" (confermata da una diffusa
12
4
Giddens A. (1990). The Conseguences of Modernity. Polity Press, Cambridge.
5
Santinello M. & P. Gonzi & L. Scacchi (1998). Le Paure della Criminalità. Aspetti Psicosociali e di
Comunità . Giuffré, Milano.
6
Si veda ad esempio: Norris F.H. & K. Kaniasty (1991). The Psychological Experience of Crime . In
"Journal of Social and Criminal Psychology", 58, Pag. 538-547.
uniformità degli indici di paura ed insicurezza tra diversi paesi e città occidentali) ed al
vistoso strappo nel precedente parallelismo tra percezione d' insicurezza ed effettiva
incidenza dei crimini penali commessi, si sta registrando secondo Giddens
4
una
crescente " individualizzazione" della società, causa dell' incremento delle difficoltà di
traduzione di quei sintomi alla base della percezione d' insicurezza, sempre più rilegati
alla sfera della soggettività.
Una volta appurata l' indipendenza tra paura del crimine e andamento reale dei reati,
approfondiremo quindi, sia la suddetta incongruenza attraverso dati statistici oggettivi
che il sentimento d' insicurezza e la percezione di rischio e pericolo ben confluiti nel
termine crime complex mediante il quale l' A mendola descrive la sindrome del pericolo
della criminalità che ha ormai infettato la quotidianità dei cittadini della gran parte dei
paesi occidentali comportando gravissime " conseguenze sociali e psicologiche"
5
.
In questo senso, sono molti i ricercatori a sostegno della tesi secondo la quale
l’insicurezza inciderebbe pesantemente nei processi d' insorgenza dell’ansia e dello
stress
6
.
S i rende necessaria prima di proseguire, un ulteriore distinzione tra il concetto di rischio
e quello di paura che ci è data dalla natura statistica del primo. A differenza della paura
13
infatti, al rischio attribuiamo una quantificazione probabilistica, esprime infatti la
probabilità di risultare vittima di un attacco criminale rivolto alla propria persona, a
persone terze a noi vicine o ai propri beni materiali in un determinato contesto spazio-
temporale.
14
7
Scherer K. (1986). Vocal Affect Expression: A Review and a Model for Future Research . Psychologial
Bullettin, 99, Pag. 143-165.
1. 2 V AL UT AZ I O NE DE L P E RI CO L O E D E F F E T T O CO P I NG
S econdo l' approccio psicoanalitico, la paura è il sentimento cardine dell' adattamento
della specie umana all' ambiente e conseguentemente della sua sopravvivenza. A d ogni
stimolo l' organismo rielabora le informazioni in suo possesso e valuta la reazione
comportamentale più appropriata alla situazione decodificata.
A d orientare l’azione, non sono quindi gli eventi in sé, ma la loro traduzione mentale
attraverso schemi innati continuamente riplasmati da processi di strutturazione di ordine
socioculturale e in generale da ogni esperienza di vita alla quale veniamo esposti.
Tra le teorie psicologiche che studiano il fenomeno, esistono quelle identificate con il
termine appraisal . E sse sostengono che l' insorgenza di ogni emozione derivi da un
processo, come dice la stessa traduzione letterale, di valutazione.
In questo senso, S cherer ha approfondito il tema rilegando a questo complesso processo
di valutazione una sequenzialità suddivisibile in 5 stadi di controllo dello stimolo
7
:
1) V alutazione della novità dello stimolo: In questa prima fase, stabiliamo le possibili
incongruenze dei nuovi stimoli con gli schemi e le chiavi di decodificazione che
possediamo. L' incoerenza e l' eterogeneità degli stimoli che quotidianamente sollecitano
la nostra percezione nelle città della società contemporanea, stanno in questo senso,
rendendo sempre più difficoltoso, l' assorbimento progressivo di quei codici interpretativi
necessari a non consentirci di essere preda di inquietudini pronte a tramutarsi in paure
15
8
Alfredo Mela (2003). Le paure e gli spazi urbani . In Paure in città – Strategie ed illusioni delle politiche
per la sicurezza urbana . Liguori Editore, Napoli
9
Si veda ad esempio: Carrer F. (1998). L'anziano e il suo habitat. Sicurezza e qualità della vita .
Ediesse, Roma.
ingiustificate.
2) V alutazione della qualità emozionale provocata dallo stimolo: In questa fase, nella
quale collaborano modalità innate di studio e associazioni apprese attraverso
l' esperienza, si rende necessaria una classificazione di questi stimoli bene delineata dal
Mela
8
:
a) S pecifici segnali universalmente recepiti come pericolosi: A riguardo, numerose
ricerche
9
evidenziano come anche qui ci sia una netta differenza numerica tra i soggetti
che dichiarano di essere stati direttamente coinvolti in questo tipo di episodi e tutti coloro
che affermano di provare paura in ambienti urbani. Il processo di vittimizzazione sembra
quindi pressoché indipendente da stimoli diretti ma al contrario sembra essere
alimentato da associazioni indirette dovute alle informazioni circolanti della comunità di
riferimento e dai mezzi di comunicazione di massa.
b) S pecifici segnali indirettamente associati al pericolo: È il caso delle incivilities , atti di
inciviltà socio-ambientali che possono essere percepiti come pericolosi in quanto
testimonianza della probabile presenza di attività criminose.
c) S egnali a-specifici ancor più indirettamente correlati al pericolo: S i tratta di
configurazioni socio-spaziali (intese come determinati spazi associati alle relative
16
10
E' interessante osservare come la quasi totalità degli stimoli paurosi non derivi da capacità innate
sviluppate nel corso dell' evoluzione ma al contrario siano dipendenti dall'interazione ambientale e
dalle influenze culturali. Segnalo in proposito il seguente articolo:
https://edition.cnn.com/2015/10/29/health/science-of-fear/
11
Mela, op. cit.
modalità di frequentazione) che possono evocare sensazioni di disagio pur non
contenendo tangibili segnali di pericolo come nel caso di piazze o locali sovraffollati e
parchi o sottopassi scarsamente frequentati.
Occorre di nuovo precisare che la sola configurazione morfologica non è in grado di
operare un tale stimolo. Questo è infatti il frutto della connessione tra la forma e
l' associazione socioculturale operata dall' intricata rete di esperienze immagazzinate
attraverso la nostra interazione con l' ambiente
10
.
3) V alutazione della coerenza tra gli effetti dello stimolo e i bisogni o scopi del soggetto:
Il Mela sostiene che " l' esistenza di finalità ben definite dell' agire può accentuare la
capacità dell' attore di far fronte allo stimolo e l' attitudine a controllare l' insicurezza con
comportamenti adeguati"
11
. Una volta calcolato il rischio, chi possiede un obiettivo
concreto sarebbe quindi maggiormente incline a superare l' ostacolo frapposto fra lui e il
raggiungimento di tale obiettivo, sconfiggendo o comunque alleviando il sentimento di
paura.
Il fatto è che data la natura spesso casuale delle finalità dell' agire umano in città (molto
spesso ci lasciamo guidare dal flusso stimolante dello spazio urbano verso le molteplici
opportunità o situazioni nelle quali possiamo imbatterci), non è sempre possibile recepire
lo stimolo pauroso come un semplice ostacolo da superare e quindi spesso finisce per
dissuaderci dagli usi non mirati dello spazio pubblico urbano, da quella preziosa libertà
17
12
Evans D. e Flatcher M. (2000). Fear of crime: testing alternative hypotheses . In Applied Geography,
20, Pag. 395-411.
13
Will J. e Mc Grath J. (1995). Crime, neighborhood perceptions, and the underclass: the relationship
between fear of crime and class position . In Journal of Criminal Justice, 23, 2, Pag. 163-176.
di errare così profondamente radicata nel legame tra uomo e ambiente.
4) V alutazione da parte del soggetto delle capacità che possiede per far fronte alle
potenziali conseguenze dello stimolo pauroso: E ssa gioca un ruolo chiave in quanto tira
in ballo la " vulnerabilità" dei soggetti. E ssa dipende da fattori come sesso, età,
appartenenza socioeconomica ed è quindi correlata alla percezione di possedere o
meno gli strumenti necessari per interpretare correttamente gli stimoli e per reagire in
modo congruo alle plausibili conseguenze.
S econdo alcuni studi empirici in merito
12
, la vulnerabilità sociale è il fattore maggiormente
correlato alla presenza di un elevato livello di paura del crimine e ciò spiega i diffusi timori
di essere vittima di episodi di microcriminalità proprio nei gruppi svantaggiati del
sottoproletariato
13
.
5) V alutazione della coerenza tra gli stimoli e le norme socio-comportamentali diffuse
nel contesto nel quale veniamo stimolati e da noi interiorizzate: S e da una parte il
pluralismo etico delle metropoli culturalmente eterogenee della società contemporanea
dovrebbero a rigor logico assottigliare sentimenti di disagio o in casi estremi di paura di
fronte all' osservazione di comportamenti recepiti come in contraddizione con le norme
sociali, la realtà dei fatti evidenzia la persistenza di soggetti, nella maggior parte dei casi
privi di risorse culturali, che recepiscono anche azioni semplicemente distanti dai loro
schemi comportamentali nel modo di vestire e socializzare, come segni di rifiuto delle
18
14
Moos R. (1993). Coping Responses Inventory: Adult Form Manual . Psychological Assessment
Resources, Odessa.
15
Moos R. (2002). The Mystery of Human Context and Coping: An Unraveling of Clues . In "American
Journal of Community Psychology", 30, Pag. 67-88.
norme sociali o addirittura come comportamenti aggressivi e potenzialmente minacciosi.
Un' altra teoria da prendere in considerazione, sempre di stampo cognitivista, è quella
del coping . A d ogni ostacolo o problema che si frappone fra noi e il regolare fluire della
nostra quotidianità, ogni individuo reagisce mediante le strategie di coping che Moos
suddivide in 4 categorie
14
:
1) Cognitivo-attiva: A nalisi logico-introspettiva del problema e ricerca delle soluzioni.
2) Comportamentale-attiva: Ricerca di sostegno sociale e di consigli per la risoluzione
del problema.
3) Cognitivo-passiva: Distrazione ed evitamento cognitivo che si traduce in accettazione
e rassegnazione rispetto al problema.
4) Comportamentale-passiva: S carico emotivo attraverso la ricerca di vantaggi
secondari.
In linea generale, oltre ad essere molto più probabile la risoluzione di problemi o
situazioni di stress attraverso l' utilizzo di strategie attive di coping , pare che da queste
si possa trarre in alcuni casi anche dei vantaggi. Il maggiore utilizzo di queste sembra
infatti correlato ad incrementi della fiducia in sé stessi e alla riduzione di disturbi
depressivi di origine post-traumatica
15
.
È il caso ad esempio delle misure precauzionali di difesa adottate da coloro che
19
16
Barbagli M. (1998). Reati, Vittime, Insicurezza dei Cittadini . Istat, Roma.
17
Si veda ad esempio: Taylor R.B. & S.A. Shumaker. (1988). Local Crime as a Natural Hazard:
Implication for Under Standing the Relationship between Disorder and Fear for Crime . In "American
subiscono una violenza o un furto.
In questo senso è curiosa la relazione evidenziata dal B arbagli
16
, tra una determinata
precauzione e la classe sociale che sceglie di avvalersene. Lo studio ha infatti
evidenziato come i dispositivi di allarme siano preferiti dalla classe media, al contrario
delle armi e dei cani da guardia prediletti dalle famiglie a basso reddito.
Fra le strategie passive di coping , queste al contrario implicate tendenzialmente in
ripercussioni psico-fisiche sul soggetto che le adotta, risulta essere di particolare
rilevanza per il nostro studio, quella di tipo comportamentale messa in atto attraverso ad
esempio la decisione di non frequentare determinati luoghi o situazioni. Questa tipologia
di risposta è infatti alla base, come avremo modo di approfondire in seguito, del
progressivo abbandono ed impoverimento dello spazio pubblico e delle conseguenti
strategie, anch' esse di tipo passivo, di privatizzazione e fortificazione dei tessuti urbani
delle città contemporanee.
E merge quindi che il sentimento d' insicurezza e di paura nello spazio urbano possa
essere anche alimentato dalla tipologia di strategia adottata per attenuarlo. La relazione
pare confermata da diversi studi, come quello relativo alla proliferazione dei sistemi
antifurto, i quali, ponendosi continuamente nel raggio visivo dei cittadini, sembra
possano costantemente ricordargli del pericolo di subire furti o qualsiasi altro genere di
violenza
17
.