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Introduzione
In questo lavoro si vuole proporre lo studio e l’analisi dello sviluppo di betevé,
canale televisivo pubblico catalano sostenuto dall’Ajuntament de Barcelona,
con particolare attenzione al percorso di rinnovamento in corso a partire dal
gennaio del 2017.
L’intento è quello di portare l’esperienza di betevé come un caso peculiare di
innovazione nell’ambito del panorama audiovisivo che ha deciso di
intraprendere un percorso di profondo rinnovamento e mutamento tramite un
intervento pervasivo di rebranding e riposizionamento del canale. Tale
progetto è radicale poiché non si è incaricato solamente di un rinnovamento
del logo e dei caratteri esteriori del gruppo ma ne ha ridefinito le coordinate
estetiche a livello profondo, andando ad integrare alla classica struttura
aziendale di canale locale un approccio multi-piattaforma all’avanguardia.
L’impostazione scelta per illustrare il caso vuole studiare principalmente gli
effetti di questa iniziativa di rebranding e repositioning, messa in atto dai primi
mesi del 2017, attraverso due pilastri principali di analisi. Da un lato, lo studio
della storia dei principali paradigmi di sviluppo delle televisioni pubbliche
nell’alveo dello stato spagnolo, con particolare attenzione all’ecosistema
mediale catalano e delle sue televisioni locali, per identificare il quadro nel
quale si è trovata ad operare betevé nel tempo. Dall’altro lo studio dei principi
generali del branding e un’illustrazione dei suoi principi nel settore televisivo.
Questi due assi di analisi sono particolarmente utili per comprendere entro
quali coordinate una televisione locale di dimensioni relativamente modeste
abbia deciso di intraprendere un percorso che per le sue dimensioni e grado
di complessità sembra piuttosto riconducibile all’alveo delle televisioni di
calibro maggiore.
Il piano elaborato per betevé dall’agenzia di comunicazione Folch di
Barcellona vede lavorare congiuntamente l’applicazione di un piano di
6
rebranding audace ed un aggiornamento delle modalità di produzione e
trasmissione. A queste vanno ad affiancarsi i contenuti web e soprattutto il
mobile web alla tradizionale emittenza televisiva, nell’ottica di fare di betevé
non più un semplice canale televisivo, ma un vero e proprio medium di
prossimità culturale multipiattaforma. Con l’espressione medium di prossimità
culturale si vuole intendere un servizio che non definisce più i confini della
propria audience in termini fisici ma che si rivolge alla comunità intesa come
qualunque individuo se ne senta parte, indipendentemente dalla sua
localizzazione geografica e dal medium che sceglie per fruire i contenuti
prodotti. L’approccio di un medium di questo tipo è volto alla co-costruzione
dell’identità sociale del pubblico cui si rivolge e a cui si rivolge il pubblico, in un
rapporto di reciproco confronto e partecipazione volto a costruire l’identità dei
fruitori in un rapporto biunivoco. Focalizzando la programmazione sulla
narrazione e costruzione della realtà quotidiana (prima ancora che locale)
degli utenti cui si riferisce, un medium di prossimità culturale ha lo scopo
ultimo di essere un elemento di crescita e sostegno della comunità anziché un
mero servizio fruibile dallo spettatore anonimo, quale era il modello
tradizionale di emissione della televisione locale.
Se betevé ha interpretato in modo efficace il ruolo di voce del mondo locale
già in passato durante i suoi 23 anni di vita, la sua precedente configurazione
tradizionale rispondente al modello di medium di prossimità fisica l’ha vista
rivolgersi al proprio pubblico con un approccio meno consapevole ed esplicito
riguardo all’impatto sull’identità culturale.
Il nuovo modello di lavoro adottato vede una riorganizzazione non solo per
quanto riguarda la metodologia di comunicazione ma anche nei contenuti, che
si allontanano definitivamente dalla riproposizione di tematiche note e dalla
rappresentazione della Barcellona più conosciuta dal mondo e dal turismo
internazionale di massa, prediligendo una narrazione incentrata sulle
tematiche più immanenti della realtà esperienziale del cittadino medio.
7
La configurazione verso cui tende il brand betevé appare un modello
esemplare di adattamento di un media tradizionale ad un mercato in radicale
trasformazione e la sua analisi costituisce un contributo alla comprensione dei
possibili orientamenti attuali e futuri del settore.
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CAP. 1 STORIA E MODELLI DI SVILUPPO DELLA TELEVISIONE
PUBBLICA STATALE, AUTONOMICA
1
E LOCALE IN SPAGNA E
CATALOGNA
1.1 Storia e modelli della televisione pubblica in Spagna nell’epoca del
monopolio di stato
Prima di trattare estesamente la situazione occorsa nello Stato spagnolo, è
bene delineare un quadro generale dei primi passi mossi dal mondo della
televisione. Nelle democrazie occidentali più avanzate dal punto di vista
tecnologico, il cammino che avrebbe portato alla nascita e messa in onda
delle trasmissioni televisive era cominciato con largo anticipo rispetto a quanto
sarebbe avvenuto in Spagna (e nel vicino Portogallo, che ne condividerà le
tempistiche in linea di massima).
In Gran Bretagna le prime sperimentazioni erano cominciate negli anni Venti
del ventesimo secolo, grazie alla televisione in seguito definita
elettromeccanica, sviluppata dall’inventore inglese John Logie Baird basata
sulla tecnologia del disco di Nipkow
2
, un sistema di registrazione e
trasmissione basato su un disco meccanico. La prima emissione televisiva
con questo metodo avviene nel 1927 tra Londra e Glasgow, mentre risale
all’anno successivo la prima trasmissione televisiva transoceanica tra Gran
Bretagna e Stati Uniti.
Questo sistema di trasmissione viene rapidamente abbandonato in seguito
all’invenzione di un diverso e più efficiente mezzo di trasmissione televisiva, la
1
Con il termine “autonomico” fa qui riferimento a quanto concerne l’ambito delle autonomie
amministrative dello Stato spagnolo. Il territorio dello stato è composto da 17 comunità autonome, le
quali godono di un’autonomia vasta sia dal punto di vista delle competenze o co-competenze di
ambito legislativo e di governo del territorio. Questa organizzazione è necessariamente da tenere in
considerazione nel momento in cui si analizza un comparto, quale quello dell’audiovideo, nel quale il
quadro di riferimento normativo e di gestione è definito dall’intervento di più entità giuridiche ed
amministrative.
2
Marzio Barbero, Natasha Shpuza, “Dal telettroscopio al Disco di Nipkow”, Elettronica e
Telecomunicazioni, dicembre 2004, p. 66.
9
televisione elettronica dell’inventore statunitense Philo Farnsworth. Il nuovo
sistema, nato ufficialmente il 7 settembre 1927 nel laboratorio di San
Francisco di Farnsworth, è stato definito fin dall’inizio elettronico per la
peculiarità che lo differenziava dal sistema di Baird: il fatto che sia
l’apparecchio di registrazione (la telecamera) che quello di visione fossero
basati sulla tecnologia del tubo catodico (o a raggi catodici), sviluppato nel
1897 dal tedesco Ferdinand Braun.
In seguito all’affermarsi di questa tecnologia tra la fine degli anni Venti e
quella degli anni Trenta, i diversi apparati statali europei iniziano a dotarsi di
strutture e strumenti di trasmissione, con l’obiettivo ciascuno di creare aziende
per la trasmissione regolare di programmi televisivi pubblici. A differenza delle
coeve linee di sviluppo statunitensi, l’evoluzione dei sistemi televisivi europei
vede al principio (e per molti decenni a venire) una immediata
monopolizzazione di strumenti e frequenze da parte degli apparati pubblici di
governo, intenzionati ad avere un pieno controllo di un potentissimo strumento
di comunicazione e propaganda.
La delicatezza del quadro storico inciderà profondamente sulle tempistiche
dello sviluppo televisivo nei vari paesi europei. La persistente instabilità
politica ed i conflitti bellici a cavallo tra anni Trenta e Quaranta determinano
una brusca sospensione dello sviluppo dei sistemi radiotelevisivi, nei paesi
laddove questo era già in atto, ed un forte ritardo dell’avvio di tale processo
negli altri paesi europei. La Gran Bretagna, ad esempio, trasmette
regolarmente con la BBC fin dal 1936 ma è costretta a sospendere il servizio
durante il conflitto bellico tra 1939 e 1946. In Italia il regime fascista inaugura
le prime sperimentazioni tramite l’Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche
(EIAR, dal 1954 RAI – Radio Audizioni Italiane), azienda di stato monopolista
del settore radiofonico fin dal 1927. Le sperimentazioni hanno inizio nel 1934
in modo irregolare e nel 1939 vengono effettuate le prime programmazioni
sperimentali. Anche qui l’imminenza della guerra porta alla sospensione del
10
servizio, il 31 maggio 1940.
3
1.1.1 La televisione di stato in Spagna durante gli anni della dittatura di
Franco
In Spagna, territorio entro il quale opera il nostro caso di studio, l’intero
processo viene ritardato dalle continue crisi politiche del decennio che
precede la caduta della monarchia e la nascita della Seconda Repubblica
Spagnola nel 1931, un quinquennio di instabilità ininterrotta con frequenti
sollevamenti e rivolte di opposte nature fino al 1936 e lo scoppio della guerra
civile nel luglio dello stesso anno fino al 1939, anno dell’instaurazione della
dittatura franchista.
Il clima politico e culturale di incessante tensione aveva creato un ambito di
dibattito nel quale per la radio (e la futura televisione) vi era uno spazio
appena residuale quando la radiofonia spagnola muove i suoi primi passi,
sotto il regime del generale Miguel Primo de Rivera i Orbaneja durato dal
1923 al 1930. Da questo punto di vista, Enrique Bustamante Ramírez,
studioso di economia e sociologia della televisione e cattedratico di
Comunicazione Audiovisiva e Pubblicità dell’Università Complutense di
Madrid, definisce il primo sviluppo della radio in Spagna come un modello
“che non soltanto permise lo sfruttamento da parte di privati dell’attività
radiofonica senza alcun ruolo per lo Stato, ma concesse altresì il monopolio
della telefonia a un’azienda privata, la Telefònica de España. Questa azienda,
controllata fino al 1945 dalla statunitense International Telephone and
Telegraph (ITT) e successivamente “nazionalizzata” a buon prezzo, (avrebbe)
garantito un monopolio quasi totalmente privato per settantaquattro anni. È
questa l’origine dell’anomalia spagnola [...] che si differenziò radicalmente e
per decenni dagli enti radiofonici e dalle amministrazioni delle poste e
3
Cfr. con Enrique Bustamante, “Storia della radio e della televisione in Spagna (1939-2007). Il lato
debole della democrazia”, RaiEri, 2007.
11
telecomunicazioni a titolarità e gestione pubblica nel nostro continente”.
4
Questa impostazione permane immutata durante la breve ma significativa
esperienza dalla Seconda Repubblica Spagnola (1931-1936).
L’inizio del processo di gestazione della radiofonia di stato è invece da far
risalire al 1937, anno in cui gli sforzi della propaganda radio fascista,
attivissima fin dai primi giorni dell’Alzamiento Nacional
5
, convergono nella
fondazione di Radio Salamanca grazie al materiale e alle strumentazioni
donate dalla Germania nazista.
6
Al termine del conflitto, con
l’istituzionalizzazione delle strutture create dai militari durante la guerra civile
vengono raggruppate le emittenti sorte per sostenere il regime,
raggruppandole per area politica di riferimento. Nascono così Radio Nacional
de España (RNE, sotto controllo governativo), Red de Emisoras del
Movimiento (REM) e Cadena Azul de Radiodifusión (queste ultime sotto
controllo del partito unico e dei suoi organi) e la Cadena de Emisoras
Sindicales (voce del sindacato di regime).
7
Il settore radiotelevisivo pubblico si costituisce quindi come ente meramente
funzionale all’apparato dittatoriale cui è totalmente sottoposto – peraltro non in
modo dissimile da quanto era già avvenuto da molti anni in paesi dal regime
assimilabile quali, ad esempio, l’Italia. L’apparato propagandistico franchista
aveva saputo far tesoro della efficace esperienza della Rivoluzione Fascista in
Italia ed era imperniato sui suoi stessi cardini: giornali, cinegiornali e radio,
tutti inquadrati da una rigida normativa di censura e autocensura. Un impianto
organico che portava ad avere, secondo le parole di Gérard Imbert, uno
“spazio pubblico completamente unificato imposto dall’alto ed equivalente, a
4
Enrique Bustamante, “Spain’s Interventionist and Authoritarian Communication Policy: Telefònica as
a Political Battering Ram of The Spanish Right”, Media Culture and Society, XXII (4), luglio 2000, pp.
433-445.
5
Nome con il quale i militari ribelli nazionalisti fascisti denominarono il colpo di stato fautore della
Guerra Civile del 1936-1939.
6
Enrique Bustamante, op. cit. alla nota 3, pp. 20-21.
7
ivi.
12
livello ideologico, al partito unico sul piano politico”
8
.
I principali strumenti giuridici attraverso cui avveniva la repressione erano la
Legge Serrano Súñer del 1938 (generalmente detta “Legge di guerra”), che
istituiva il sistema di censura preventiva giornalistica e repressione delle
notizie non conformi, e la successiva ordinanza del Ministerio de la
Gobernación del 1939, che estendeva il sistema in vigore per il giornalismo
alla programmazione radiofonica e vietava la trasmissione di giornali radio
indipendenti. Quest’ultima norma sarà un perno della legislazione in materia
per tutta la durata del regime e verrà abolita solamente nell’ottobre del 1977,
durante la transizione democratica
9
.
Il primo tentativo di trasmissione televisiva in Spagna risale al 10 giugno del
1948, dopo un decennio di stabilizzazione delle strutture di potere del nuovo
regime, durante un’esposizione tecnologica presso la Fiera internazionale
celebrata al Palazzo del Montjuïc, a Barcellona. Qui, alle 12:45, l’azienda
Philips Ibérica installa una telecamera collegata per cavo ad un monitor
distante trenta metri ed Enriqueta Teixidó ed Enrique Fernández sono i primi
presentatori spagnoli ad andare in onda su uno schermo televisivo. A partire
da questa data vi è lungo periodo di prove tecniche con lenti ma costanti
progressi, quali nel 1952 la trasmissione del primo evento sportivo, sebbene
riservato ad un pubblico costituito solamente da una ventina di alti dirigenti
governativi. Utilizzando materiali prodotti dalla ditta Marconi e personale
tecnico del Laboratorio Elettronico della Direzione Generale di
Radiodiffusione dell’allora neonato Ministero dell’Informazione e del Turismo,
tre telecamere trasmettono la partita di calcio tra Madrid e Racing de
Santander, con telecronaca di Matías Prats dallo stadio madrileno di
Chamartín.
8
Imbert Gérard, “Le discours du changement: stratégies du changement dans le discours social de la
transition”, Lille, ANTR, 1991. Traduzione spagnola di Beatríz Simó : Gérard Imbert, Los discursos del
cambio: imágenes e imaginarios sociales en la España de la transición (1976-1982), Torrejón de
Ardoz, Akal, 1990, 204 p. [citazione a p.49 dell’edizione spagnola].
9
E. Bustamante, op. cit. alla nota 3, p. 22.