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di conoscenze storiche. Il fatto poi che la tesi potesse divenire un lavoro che cercasse di
unire passato e presente, vista purtroppo l’attualità dell’argomento, assumendo così
prevalentemente valore storico, ma trovando spazio anche nell’attualità, in una sorta di
linea temporale ininterrotta, in cui mutano solo i modi, i protagonisti e le circostanze ma
non la sostanza; infine, la mancanza di materiale e di chiarezza sul periodo storico
analizzato, specie per la mia città mi hanno definitivamente convinto ad intraprendere il
lavoro.
L’impostazione che ho deciso di dare alla ricerca è stata quindi quella di un
lavoro storico, cercando di individuare nel tempo i vari episodi e le varie attività che
sono state intraprese per combattere la nocività, pensando che questo mi potesse aiutare
a capire i motivi di questo lato della vita industriale, e soprattutto chi e come si è
adoperato per combatterla e quali sono stati, se ci sono stati i risultati.
L’oggetto della tesi di laurea lo potremmo dunque paragonare a una scansione di
una serie di ‘fotografie temporali’ scattate negli anni che vanno dal 1955 al 1978. Le
fotografie ritraggono la situazione delle condizioni di lavoro in fabbrica, nel senso di
infortuni e malattie professionali, sia a livello nazionale che a livello locale, in una
specifica realtà influenzata ma anche influenzante l’attività in tal senso dell’Italia intera.
Il caso specifico di Piombino, non solo è rilevante in quanto ci serve per vedere
l’applicazione delle leggi e delle contromisure istituzionali e sindacali, in una realtà ben
definita e individuata, ma anche perché magari le lotte sono partite proprio da Piombino
e perché per alcuni lati è risultata all’avanguardia nella ricerca e nell’impegno alla lotta
contro la nocività.
Inoltre, soprattutto a livello locale, ho riscontrato una certa scarsità di studi e di
raccolte riguardo l’argomento, mentre a livello nazionale, la storiografia presente è
piuttosto ampia, anche se si avverte subito che non era questo l’argomento principale di
discussione e tanto meno di lotta, né da parte dei sindacati né da parte operaia.
Ecco allora che la tesi assume si pone come fine quello di riordinare e chiarire
quella che era la situazione in un determinato periodo storico, ritenuto determinante per
lo sviluppo economico italiano, ma soprattutto cerca di assumere importanza per la
storia di Piombino, proponendosi come lavoro oltre che unificante e chiarificatore, anche
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come punto di riferimento riassuntivo e magari anche esplicativo di quello che è stato
fatto nella città da istituzioni, sindacati e aziende, al fine di conoscerne meglio la storia e
quindi meglio comprendere la realtà cittadina.
Il lavoro si è sviluppato partendo da un esame dell’attività in senso ampio,
nazionale, tenendo ben presente la situazione politica, economica e sociale complessiva,
in modo da inserire l’oggetto di discussione in un preciso ambito, sì da capire i motivi e i
tempi delle varie vicende.
Sono stati individuati tre periodi cruciali, mantenendo sempre fermo il principio
per cui i fatti storici avvengono gradualmente e sempre in connessione ad altri
avvenimenti, in cui la lotta alla nocività ha assunto delle spinte fondamentali; per
ognuno ho cercato di capire le connessioni con gli altri aspetti del sociale e il perché la
situazione cambiava proprio in quel momento e in quei modi, cercando di individuare
anche i protagonisti della lotta e i benefici che da questa eventualmente derivavano.
Ognuno dei tre periodi ha infatti protagonisti e modi di azione diversi; differenze
imputabili sia alle conquiste precedenti, che all’incremento di importanza dato al
problema, il che ha comportato anche l’attivismo di istituzioni diverse anche e
soprattutto nei modi di agire.
Ecco che allora, accanto ad una divisione per periodi storici, ne ho fatta una
anche per protagonisti, in modo da analizzare l’evolversi della situazione in entrambi i
frangenti, sì da avere ben chiare le circostanze nel loro insieme. Il quadro è completato
dall’osservazione di quello che facevano gli imprenditori, sia in risposta alle
sollecitazioni, sia in maniera autonoma.
Una volta presente la situazione complessiva mi sono dedicato allo studio del
caso particolare alla ricerca di conferme o di smentite, per capire se Piombino
rappresentasse un caso a sé nel panorama nazionale o se fosse conforme alle altre
situazioni italiane. Anche per questa seconda parte ho distinto per periodi storici e
parallelamente per parti funzionali analizzando il volgere della situazione in base
all’ingresso o all’uscita dei vari protagonisti. In una realtà più piccola e meglio
identificata rispetto al territorio nazionale è emerso con forza quello che già risultava
dall’esame della prima parte, confermando che Piombino e le sue aziende rappresentano
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un esempio quanto mai calzante per capire la situazione nelle aziende siderurgiche
italiane. Immediato è stato il collegamento dell’attività produttiva, agli altri aspetti della
vita cittadina; essendo come ho detto Piombino una città di impostazione industriale,
tutti i campi del vivere quotidiano sono totalmente influenzati proprio dal lavoro di
fabbrica.
La ricerca si è svolta al principio attraverso la lettura e l’esame di volumi
riguardanti i vari campi della discussione, dalla medicina del lavoro, alla storia del
movimento operaio, alla psicologia applicata al lavoro. Certamente, il grosso dello
studio deriva da studi settoriali svolti da tecnici, medici del lavoro, sindacalisti più
interessati al problema, uomini politici. Specie per quel che riguarda la prima parte, le
fonti sono state in prevalenza queste, arricchite spesso da documentazione diretta come
articoli di giornali o volantini programmatici, che se inseriti nel contesto analizzato
spesso assumono importanza molto rilevante. Anche le riviste di settore, come “Classe”,
“La medicina del lavoro” o “Studi storici”, sono state spesso importanti, con articoli
dedicati al problema. Naturalmente, un grosso apporto è stato quello delle statistiche
ufficiali INAIL e da tutta una serie di eventi in cui venivano preventivamente svolte
ricerche di tipo statistico, come studi del Parlamento, ricerche delle Camere del lavoro, o
più semplicemente indagini sindacali sul campo, non ultime le indagini sugli articoli dei
giornali, soprattutto di sinistra, che accompagnavano ogni commento che accompagnava
ogni incidente sul lavoro.
Per quel che riguarda la seconda parte, quella su Piombino, il discorso si
complica. Come ho detto, la difficoltà principale (ma anche la spinta motivazionale più
forte), è stata quella della quasi totale assenza di studi in questo campo. La parte della
letteratura riguardante Piombino è ridotta al minimo e spesso di ogni volume si è rivelata
interessante solo una piccola parte. La ricerca si è allora spostata verso altri tipi di fonti,
soprattutto verso materiale di archivio, e in particolare grazie al fondo della ‘CGIL’ e al
fondo ‘Amulio Tognarini’, entrambi custoditi all’ Archivio Storico del Comune di
Piombino ‘Casa delle Bifore’.
Le difficoltà principali sono derivate dall’avere a disposizione del materiale
spesso composto da volantini, esposti, verbali di riunioni sindacali o comunali, articoli di
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giornali, senza che fossero in un qualche modo raccolte in alcuna maniera. L’esame è
stato dunque complicato da dover prima di tutto capire in che contesto o in seguito a
quale fatto inserire il materiale a disposizione. Proprio per questo scopo principalmente
sono risultati importanti gli articoli dei giornali locali, come ‘Il Telegrafo’ e la
‘Nazione’, da cui spesso è stato possibile estrapolare, oltre ai commenti di importanti
personalità politiche e sindacali, statistiche e ricerche.
Un grande aiuto mi è arrivato dai giornali di fabbrica, come ‘Noi dell’Ilva’,
‘Piombino Notizie’o ‘Il punto dell’alta maremma’, da dove ho spesso ricavato la linea
politica sia dei sindacati che degli imprenditori e da cui ho tratto anche i testi degli
accordi sindacali.
Altra fonte importante, sono stati gli studi regionali sull’argomento a cui hanno
fatto seguito conferenze e convegni i cui atti mi sono stati utili specie per capire quali
erano le intenzioni e le linee programmatiche. Infine, ‘last but not least’, ho avuto la
possibilità di riuscire a raccogliere, e non è stato facile, i dati completi delle analisi
svolte dall’Università di Pavia per conto del Comune di Piombino, dati che in parte
erano raccolti nei vari fondi, in parte negli archivi comunali e nelle biblioteche, in parte
pubblicate sui giornali. Questa fonte mi è stata utile, oltre perché atto importante a ogni
livello nella lotta alla nocività, perché si è rivelata, così come era nelle mie speranze,
fonte essenziale per capire come stessero effettivamente gli operai, visto che l’analisi
venivano svolte da un centro esterno alla fabbrica e sovvenzionato alla pari da Comune e
industrie, garantendone così l’imparzialità.
Nessun aiuto mi è stato mio malgrado fornito né dalle aziende né, e questo mi ha
sorpreso in maniera maggiore, dalle organizzazioni sindacali locali, a volte per
impossibilità, altre volte per mancanza di conoscenze o per mancanza di interessamento
al problema. Ancor meno se possibile, si sono prodigate INAIL e istituzioni varie,
eccezion fatta per il Comune di Piombino e la ASL di Piombino.
Il cammino, onestamente non sempre è stato facile, soprattutto nella fase iniziale
in cui ho trovato le maggiori difficoltà, specie per la confusione delle raccolte dei dati a
disposizione.
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Alla fine però, sono riuscito a far emergere un numero sostanzioso di
informazioni riguardo al periodo in esame, e a metterle insieme riuscendo credo, nel mio
intento iniziale principale: dare senso, ordine e analisi alla nocività inserita nella storia
del movimento sindacale nel periodo in esame, specie nella realtà piombinese.
Quello che credo e spero, è che il lavoro si possa collocare in questo senso come
una sorta di saggio in grado di analizzare un periodo storico fondamentale per lo
sviluppo economico italiano, cercando di fare un minimo di chiarezza sul perché sono
accaduti degli episodi in quel periodo stesso, nella speranza che magari questo aiuti a
capire, chi fosse interessato, il perché continuino ancora oggi a succedere gli stessi
identici infortuni, e ancora perché ad essi si siano aggiunte nuove malattie professionali.
In più, è come se nella storiografia riguardo la lotta alla nocività a Piombino
esistesse una sorta di vuoto: ci sono una serie di scritti di vario genere per gli anni
precedenti al nostro periodo di riferimento, e una quantità notevole di volumi e relazioni
per gli anni successivi. E’ come se nel periodo da me studiato si fosse interrotta l’attività
in tal senso e poi sia ripresa.
Certo, in parte questo è anche vero, visto che più o meno giustamente, non sta a
me giudicarlo, né sarebbe giusto farlo col senno di poi, gli interessi dei lavoratori e
quindi dei sindacati, erano spesso indirizzati a conquiste diverse, soprattutto salariali e di
difesa dei diritti fondamentali dei lavoratori. Ma come ho detto, la storia non la vedo
come una serie di episodi che si succedono in maniera casuale o fortuita, bensì come una
continua evoluzione, ogni fatto legato al precedente e influenzante il consecutivo: una
causa e un effetto.
In base a questo principio, mi rimaneva quanto meno strano pensare che nel
periodo che a me interessava niente fosse stato fatto in questa direzione: i fatti alla fine
mi hanno dato ragione, almeno in parte. È arrivata certamente la conferma che i
capisaldi della politica sindacale erano altri, a tutti i livelli, ma ho anche appurato che la
lotta contro la nocività non si è mai arrestata del tutto, anzi forse proprio in questo
periodo in cui si riusciva a lavorarci meglio, senza troppo clamore, quasi in silenzio,
sono state gettate le basi per poi proporre in maniera forte il problema.
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Sia a livello nazionale che locale, sono stati individuati tre periodi in cui sono
cambiati i modi e i protagonisti della lotta, ognuno dei quali si è rivelato in stretta
connessione e in conseguenza del precedente. Dopo un periodo iniziale di fermento
affidato quasi esclusivamente all’iniziativa di gruppi di operai, che comunque
manifestava già l’esistenza del problema nelle coscienze dei lavoratori, si passa ad un
secondo momento in cui è il sindacato, l’istituzione più direttamente collegata agli
operai, che prende decisamente l’iniziativa per combattere la nocività. Certamente,
quello che risalta è il cambiamento sia qualitativo che quantitativo del peso politico e del
potenziale organizzativo del nuovo protagonista, ma è anche evidente che se il sindacato
se ne interessa ‘solo’ adesso, è perché sono state raggiunte altre conquiste e si è così
liberato spazio nelle politiche sindacali per la nocività, diventata adesso di primaria
importanza nell’agenda programmatica delle organizzazioni dei lavoratori. Cambiano
così anche i modi di muoversi del sindacato riguardo al problema, non più affrontato con
la monetizzazione del rischio e la delega, ma con precise strategie di contrattazione
aziendale, includenti spesso anche altri campi del lavoro in fabbrica.
L’eco che inevitabilmente deriva dalla partecipazione massiccia delle
organizzazioni dei lavoratori, è eclatante. Adesso, gli imprenditori non possono fare più
finta di niente, o rispondere con palliativi, e si incomincia ad avere un certo fermento
anche dall’opinione pubblica. Proprio questo fermento ci porta verso il terzo periodo
della nostra ricerca. I giornali si occupano in maniera importante del problema, nascono
riviste specialistiche e i periodici sono pieni di articoli di tecnici riguardo il problema
ormai di interesse pubblico. Accanto ai mass media, entrano in gioco anche le
istituzioni, dando se ce ne fosse stato bisogno, maggior rilievo e spessore alla lotta
contro la nocività, senza contare l’apporto dei tecnici anche neutrali che, spesso proprio
su sollecitazione delle istituzioni entrano magari in maniera indiretta nella partita,
ritagliandosi però inevitabilmente un ruolo di primo piano, sia per l’autorevolezza, sia
per la neutralità del loro lavoro. Il tema di discussione, si è dunque andato ampliando in
maniera veloce e importante, in una sequenza di episodi e di cambiamenti, che hanno
portato il movimento operaio a conquistare importanti vittorie nel campo della nocività,
soprattutto dal punto di vista legislativo e contrattuale. Come ho detto prima, Piombino e
8
la situazione nazionale vanno praticamente di pari passo, influenzandosi a vicenda con la
loro attività.
Vorrei chiudere l’introduzione alla tesi, ringraziando tutti quelli che mi hanno
aiutato nella ricerca, nella raccolta dei documenti, o che semplicemente mi hanno spinto
a continuare con tenacia per portare a termine il lavoro. I loro consigli e aiuti, o
semplicemente i loro incoraggiamenti, sono stati fondamentali. Un grazie particolare va
alle addette dell’Archivio storico “Le Bifore” del Comune di Piombino e della
Biblioteca Comunale di Piombino.
9
Ai miei genitori, per i loro sacrifici
e la loro pazienza,
A mio fratello, nella speranza che
continui ad essermi di esempio.
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PARTE PRIMA
LA NOCIVITA’ IN ITALIA 1955-1978
11
CAPITOLO I
LA NOCIVITA’: DEFINIZIONE, LEGISLAZIONE E STATISTICHE
Nocività: definizione e fattori caratteristici.
Se dovessimo descrivere il posto lavorativo all’interno di una fabbrica, specie
siderurgica, includeremmo nel nostro lavoro, certamente l’alto sviluppo tecnologico,
l’organizzazione gerarchica interna, la complessità dei processi di produzione, ma anche
le condizioni spesso difficili in cui si trovano a dover operare gli operai, dove magari in
numero ridotto si fanno dei lavori pericolosi, senza le dovute protezioni e spesso in
ambienti malsani.
La ricerca scientifica per i metodi di produzione e per l’organizzazione del
lavoro, si è evoluta in maniera impressionante specie dalla fine della seconda guerra
mondiale, e il mondo ha realizzato uno sviluppo così profondo e rapido come mai in
passato si era conosciuto. Sembrerebbe cioè di trovarsi finalmente nelle condizioni
ottimali, o quanto meno nelle migliori mai avute, per riuscire a garantire ai lavoratori
quel livello di sicurezza e di igiene sul posto di lavoro, che purtroppo continua a
sembrare una splendida utopia. Mi sembra però di poter dire, che i termini progresso e
sviluppo, con i quali si connota solitamente la fase espansiva del capitalismo italiano,
non sembrano i più appropriati, se riferiti alle condizioni di vita e di lavoro degli operai.
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Spesso gran parte dell’opinione pubblica è ancora legata ad un’ideologia fatalista che
porta a vedere gli infortuni e le malattie del lavoro come fatto ineluttabile e non
sopprimibile. Per capire le cause e i possibili rimedi a questo problema, ritengo sia
necessario se non fondamentale, conoscerne la storia e gli ambiti entro cui si inserisce.
Primo passo verso questo nostro obiettivo è quello di dare una definizione
specifica di nocività, operazione questa a prima vista di facile esecuzione, ma da non
sottovalutare, vista poi l’importanza che assume, fungendo da punto di partenza e quindi
da asserzione fondamentale del discorso. A impulso, viene facile definirla come tutto ciò
che “reca danno”, che “fa male”. Nel nostro caso, essa va riferita a quelle che sono le
condizioni sul posto di lavoro, intese sia come le effettive situazioni ambientali, le cui
variabili indipendenti sono l’aerazione, la luminosità, la presenza o meno di gas e
polveri, la temperatura, sia all’organizzazione del lavoro, e con essa tutto ciò che vi è
implicato, e quindi i ritmi e i tempi di lavoro, la presenza di misure di sicurezza, la
formazione dei lavoratori, il clima psicologico che si respira sul posto di lavoro.
Distinguiamo quattro gruppi di fattori nocivi: il primo comprende i fattori come
luce, rumore, temperatura, ventilazione, umidità. Il secondo gruppo comprende i fattori
che non sono di norma presenti negli ambienti dove l’uomo vive e sono polveri, gas,
fumi. Nel terzo fattore rientra solo l’attività fisica. Il quarto e ultimo gruppo comprende
tutte quelle condizioni che possono determinare degli effetti stancanti: monotonia,
ripetitività, ritmi eccessivi, saturazione dei tempi, posizioni disagevoli. Tutti questi
gruppi possono essere causa di infortuni, e nel caso del secondo gruppo anche malattie
professionali, mentre gli altri tre possono interagire nella creazione di malattie
aspecifiche, dove con aspecifiche intendo malattie fisiche e psichiche non direttamente
collegabili ad una causa determinata.
1
Uno dei fattori più nocivi riscontrabili nelle industrie siderurgiche è senza dubbio
la polvere di silice, presente in dosi massicce in questo tipo di stabilimenti. Gli effetti
nocivi sono rappresentati essenzialmente dalla silicosi. L’azione nociva della silice si
1
I. Oddone, G. Marri, S. Gloria, G. Briante, M Chiatella, A. Re, La Fabbrica nel Territorio, Editrice
Sindacale Italiana, Firenze, 1978.
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esercita principalmente su bronchi e polmoni. Vediamone gli effetti sui polmoni a
differente concentrazione e tempo di esposizione alla silice:
concentrazione
silice/ tempo
esosizione
Dopo 5 anni Dopo 10 anni Dopo 20 anni
Scarsa Assenza di noduli Tracce di noduli micronoduli
Forte Tracce di noduli micronoduli Grossi noduli
Fortissima Micronoduli Grossi noduli 1/3 della superficie
polmonare
Figura 1 Relazione tra concentrazione di silice nell’ambiente di lavoro e rapidità di comparsa della silicosi. Da
I. Oddone, G. Marri, S. Gloria, G. Briante, M Chiatella, A. Re, “La fabbrica nel territorio”, Editrice Sindacale
Italiana, Firenze 1978.
Esistono nel definire il problema della nocività, diversi punti di vista e opinioni
che definiscono, anche se in linea generale senza grosse differenze, il problema in
maniera diveersa, ognuna delle quali influenzerà poi la linea di azione dell’istituzione
stessa.
Nel discorso riguardo la prevenzione della nocività e le azioni che nel tempo gli
organi preposti hanno perseguito, spesso sono entrate in gioco anche forze esogene alla
fabbrica, ma la cui preparazione tecnica sembrava indispensabile, anche se come
vedremo, i risultati migliori si sono avuti quando i tecnici hanno collaborato con gli
operai, conoscitori diretti dei problemi empirici.
“…I fattori nocivi vengono aggregati in quattro gruppi, il primo comprende
quelli che esistono anche nell’ambiente domestico e di vita ma che in fabbrica si
possono presentare in eccesso o in difetto (illuminazione, temperatura, umidità, rumore
ecc.); il secondo quella grande varietà di fattori presenti in genere solo nei luoghi di
14
lavoro sotto forma di gas, vapori, polveri, vibrazioni ecc.; il terzo contempla le
condizioni di fatica muscolare e il quarto tutti i fattori stancanti diversi da quelli
muscolari, e cioè le varie condizioni derivanti sostanzialmente dall’organizzazione del
lavoro e individuabili ad esempio nei turni, nella monotonia, nei carichi eccessivi, nella
disciplina aziendale. I fattori dei primi tre gruppi sono misurabili con criteri oggettivi e
possono essere confrontati con limiti considerati accettabili; i fattori del quarto gruppo
sono percepibili in maniera adeguata solo dai lavoratori i quali soli si possono
assegnare loro un valore soggettivo. La linea sindacale trova il suo perno nel gruppo
operaio omogeneo, cioè in quei lavoratori che, esposti agli stessi rischi lavorativi,
hanno interessi comuni e pertanto si aggregano, interagiscono per decidere di
controllarli…”
2
.
Il sindacato trova il suo inserimento ed il suo ruolo, in tutti gli aspetti della lotta
alla nocività, così come è logico, sia per ciò che riguarda l’ambiente e l’organizzazione
del lavoro, sia per quel che riguarda la lotta per la salvaguardia e la prevenzione dei
lavoratori. Il 1965 è l’anno in cui una importante federazione di categoria, la Fiom-Cgil,
sente l’esigenza di impegnarsi “su una materia fino ad oggi solo parzialmente affrontata
dal sindacato: quella della difesa della salute del lavoratore”
3
. Per inquadrare il
problema, viene definita la nocività come:
“Complesso di problemi che sono proposti alla contrattazione sindacale e alla definizione di
norme e istituti contrattuali per garantire la difesa della salute dei lavoratori, dopodiché viene
precisato che l’obbiettivo dell’intervento deve avere carattere preventivo.
Gli elementi ambientali potenzialmente nocivi per la salute dell’uomo hanno in comune la
capacità, se presenti in una certa intensità, di superare la capacità di adattamento dell’uomo;
tali elementi possono essere ricondotti tutti a quattro gruppi fondamentali.
2
F. Carnevale; A. Baldasseroni, Mal da Lavoro, Laterza 2000 pag.272
3
Fiom-Cgil nazionale, Prime proposte di carattere generale per una linea di intervento sulla nocività 10
maggio 1965 in F.Carnevale, G.Moriani “Storia della salute dei lavoratori, Medici, medicina del lavoro e
prevenzione” edizioni Libreria Cortina, Verona 1986 e documento originale presso Archivio storico del
comune di Piombino “Casa delle bifore”
15
1. Tutti gli elementi ambientale esterni all’uomo che caratterizzano l’ambiente di lavoro
così come viene inteso comunemente: temperatura, umidità, pressione,ventosità,
rumorosità illuminazione; sono elementi che non provocano danno se sono nelle
condizioni di ottimalità per l’uomo, ma che se fuori da questi parametri, esigono
dall’uomo un adattamento che può essere causa di danno.
2. Tutti quegli elementi esterni all’uomo che normalmente non sono presenti. La loro
presenza determina praticamente sempre un danno di un certo rilievo.
3. Attività neuromuscolare, la quale, salutare sino ad un certo limite, può diventare
dannosa se oltrepassa questo limite, trasformandosi da fatica fisiologica in fatica
patologica.
4. Comprende molti fattori eterogenei tra loro; dalla monotonia, ai ritmi, alla posizione
innaturale, alla insoddisfazione del lavoro, ecc..
Un’adeguata iniziativa sindacale che si proponga di superare la fase della pura denuncia, della
difesa frammentaria o della soluzione puramente salariale a fronte delle conseguenze
dell’ambiente di lavoro sulla salute del lavoratore, deve proporsi di realizzare una soluzione
sindacale dell’intero problema che abbia il suo momento essenziale e operativo a livello di
azienda. Assunto l’obiettivo di contrattazione di tutta la materia, lo schema contrattuale può
essere così indicato:
a) A livello di contratto nazionale: definizione della materia intesa come nocività;
indicazione del diritto del sindacato a contrattare a riguardo; indicazione dei
livelli e degli strumenti di contrattazione;
b) A livello di settore: elementi interessati alla contrattazione;
c) A livello aziendale: sede della contrattazione;
d) Strumenti per la contrattazione: il sindacato;
e) Strumenti operativi: commissioni sindacali di controllo e di intervento; medico
di fabbrica; istituti mutualistici.”
4
4
Fiom-Cgil nazionale, Prime proposte di carattere generale per una linea di intervento sulla nocività 10
maggio 1965 in F.Carnevale, G.Moriani Storia della salute dei lavoratori, Medici, medicina del lavoro e
prevenzione edizioni Libreria Cortina, Verona 1986 e documento originale presso Archivio storico del
comune di Piombino “Casa delle bifore”