IL CODICE ROSSO
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Introduzione
Il presente elaborato nasce da una riflessione su un tema – purtroppo, ancora – “caldo”, quello
della violenza domestica e di genere, che, nonostante le numerose campagne di
sensibilizzazione sull’argomento e una sempre maggiore divulgazione di informazioni,
finalizzate a scardinare le radici del fenomeno, oltre agli ultimi interventi legislativi volti a
contrastarlo, continua a essere una vera e propria piaga sociale, ancora estremamente diffusa e
radicata in ogni parte del mondo.
Nel corso dell’ultimo anno, inoltre, il fenomeno in esame si è inevitabilmente aggravato, a
causa del forzato isolamento, nelle proprie abitazioni, dell’intera popolazione italiana (e
mondiale), dovuto all’emergenza sanitaria da Covid-19, che ha determinato una notevole
limitazione della possibilità di chiedere aiuto e sporgere denuncia, in particolare per le vittime
di violenza tra le mura domestiche.
La pandemia che ha duramente colpito – e sta tutt’ora colpendo – il mondo intero, infatti,
oltre a mietere numerose vittime e a stravolgere la quotidianità di tutti gli individui, sotto ogni
aspetto – relazionale, lavorativo ed economico – è sfociata anche in un significativo aumento
del numero di vittime di violenza, soprattutto in ambito familiare.
È tra le mura domestiche, appunto, che si sono registrati i dati più allarmanti relativi all’anno
2020, in tema di violenza domestica e di genere, dovuti proprio alla convivenza forzata, in
particolare durante il lockdown nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020, periodo in cui si è
rilevato un incremento dell’11% dei procedimenti iscritti per maltrattamenti contro familiari e
conviventi, rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente
1
. Sono notevolmente
aumentate (+ 73%), nello stesso periodo, anche le richieste di aiuto al numero verde nazionale
antiviolenza e stalking, messo a disposizione dal Dipartimento per le Pari Opportunità del
Governo italiano
2
.
L’ambiente familiare, infatti, risulta essere lo spazio nel quale si verificano la maggior parte
degli episodi di violenza nei confronti di donne e bambini. Si tratta di una tipologia di reato
che, quando viene commesso nell’ambito delle relazioni familiari, risulta essere ancor più
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VII Rapporto EURES (Ricerche economiche e sociali) sul “Femminicidio in Italia”, novembre 2020.
2
Caterina Sasso, “Violenza sulle donne in Italia al tempo del Covid-19 - Violenza di genere: incremento del
rischio durante il lockdown. Aggravamento e trasversalità della violenza in ambito domestico”, Centro studi
“Progetto famiglia”, www.progettofamigliaformazione.it/articoli/violenza-donne-italia-covid-19.
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complesso da analizzare, poiché la tendenza degli autori a contenere gli episodi entro le mura
domestiche incontra frequentemente la connivenza, più o meno passiva, delle stesse vittime,
oltre a una vera e propria difficoltà, in alcuni casi, di ricorrere alle vie legali per ottenere
tutela.
Gran parte della violenza perpetrata all’interno della famiglia, pertanto, resta sommersa,
rendendo ancora più arduo tracciare i contorni del fenomeno ed analizzarlo compiutamente.
Va rilevato, tuttavia, che ormai da diversi decenni è stato avviato un percorso diretto a
prevenire e a contenere la violenza, mediante svariati strumenti e interventi, quali: le
inchieste, i sondaggi e le ricerche che analizzano il fenomeno; il costante flusso di notizie e
informazioni sui gravi eventi di violenza e sulle conseguenze psico-fisiche e, spesso, letali che
hanno sulle vittime; le c.d. “pubblicità progresso” e le campagne di sensibilizzazione, volte ad
attirare l’attenzione dell’opinione pubblica su temi delicati, quali la violenza sulle donne,
l’omofobia e, più in generale, gli stereotipi e qualsivoglia tipologia di discriminazione; gli
interventi legislativi mirati a disincentivare e reprimere ogni forma di violenza. Tali attività,
continuamente riproposte a livello istituzionale e mediatico, favoriscono il progresso
socioculturale e accrescono l’attenzione sul delicato argomento della violenza domestica e di
genere, contribuendo a spianare la strada verso l’auspicato obiettivo di una globale e
definitiva stigmatizzazione di ogni forma di stereotipo e discriminazione, e della violenza che
ne consegue.
È in questo scenario, senza dubbio allarmante, ma anche contrassegnato da una maggiore
consapevolezza – che fa scorgere l’inizio di un (ancora lungo) percorso verso il
raggiungimento della parità e libertà di tutti gli individui – che la legge n. 69 del 19 luglio
2019, entrata in vigore il 9 agosto 2019, emblematicamente nota come “Codice Rosso”, ha
mosso i suoi primi passi e ha reso i suoi primi, apprezzabili, risultati.
Il Codice Rosso prende le mosse dalla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa del
2011, sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica
3
–
ratificata dall’Italia ai sensi della legge n. 77 del 27 giugno 2013
4
– cui è immediatamente
seguito il decreto-legge n. 93 del 14 agosto 2013
5
– convertito nella legge n. 119 del 15
3
Consiglio d’Europa, Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la
violenza domestica, 11 maggio 2011, Istanbul.
4
Legge 27 giugno 2013 n. 77, “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla
prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11
maggio 2011”.
5
Decreto-legge 14 agosto 2013 n. 93, “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della
violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”.
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ottobre 2013, c.d. “legge sul femminicidio”
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– che, intervenendo esclusivamente sui “delitti
spia” della violenza, ossia i maltrattamenti in famiglia, le minacce, gli atti persecutori e la
violenza sessuale (e non anche sui delitti di omicidio e lesioni), oltre che sulla procedura, è
stato il primo passo, compiuto dal legislatore italiano, verso la prevenzione delle specifiche
condotte di violenza domestica, sessuale e di genere.
Il Codice rosso, dunque, si inserisce in un percorso legislativo avviato in sede internazionale
ed è intervenuto in maniera consistente e mirata sul reticolo di norme elaborato dal legislatore
del 2013, colmando le lacune lasciate dalla legge sul femminicidio, con l’obiettivo di
garantire una piena ed effettiva tutela, sia sul piano sostanziale, che processuale, delle vittime
di una delle più devastanti violazioni dei diritti umani.
Finalità dell’elaborato è quella di contribuire alla sensibilizzazione sul tema della violenza
domestica e di genere, analizzando l’attività sociale, istituzionale e legislativa volta a
contrastare il fenomeno – nello specifico, il Codice Rosso – e di fare chiarezza sugli strumenti
messi a disposizione dall’ordinamento italiano al fine di prevenire il fenomeno e tutelare le
vittime, con l’auspicio che il percorso avviato in sede legislativa, oltre che sociale, possa
condurre ad una sempre maggiore consapevolezza, sensibilità e umanità, per raggiungere il
traguardo del definitivo debellamento di ogni forma di violenza.
Il presente elaborato, pertanto, tracciati i confini terminologici tra le differenti tipologie di
violenza e analizzato il fenomeno, sia dal punto di vista soggettivo, con riguardo alle vittime,
che dal punto di vista oggettivo, gettando uno sguardo sulle radici socioculturali della
violenza, sul suo impatto nella famiglia e sulle sue conseguenze per le vittime, offre
un’approfondita disamina della normativa nazionale e internazionale in tema di violenza, con
particolare riguardo alla legge n. 69/2019, la quale, al fine di prevenire e reprimere gli episodi
di violenza domestica e di genere e di assicurare una celere tutela delle vittime, si ripropone di
garantire un intervento immediato della magistratura, anche di natura cautelare personale,
dimostrando alla persona offesa la presenza e la vicinanza dello Stato.
6
Legge 15 ottobre 2013 n. 119, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 agosto 2013, n.
93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in
tema di protezione civile e di commissariamento delle province”.
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Capitolo I
Il concetto di «violenza» e di «vittima»
Sommario: 1. Definizione e forme di «violenza»; 1.1 Violenza di genere; 1.2 Violenza domestica; 1.3 Violenza
assistita. 2. I soggetti «vittime» di violenza; 2.1 Le donne; 2.2 Gli uomini; 2.3 I minori. 3. La violenza domestica
e di genere: analisi del fenomeno; 3.1 Le radici: una problematica culturale e sociale; 3.2 La portata: una “piaga
sociale” di rilievo internazionale; 3.3 La violenza in ambito familiare; 3.4 L’impatto e le conseguenze sulla
salute psico-fisica delle vittime.
1. Definizione e forme di «violenza»
Il termine «violenza», a causa delle sue molteplici manifestazioni, si presta a numerose e
diversificate definizioni, che rendono più arduo il compito di tracciarne gli esatti confini
definitori.
Si tratta, infatti, di un fenomeno antico, diffuso in tutto il mondo ed estremamente complesso,
che dà adito a differenti e, a volte, contraddittorie interpretazioni, soprattutto in base al luogo
in cui si verifica l’evento concreto, dovendo considerare la cultura, la religione e la
legislazione locale, oltre che i soggetti coinvolti e le modalità in cui si svolgono gli eventi.
Dunque, può accadere che un medesimo fatto, che in un paese sia qualificabile come
“violento”, perché espressione di un disvalore dal punto di vista giuridico, oltre che sociale, in
un differente paese sia, invero, un fatto non altrettanto grave o addirittura lecito.
Nonostante la maggior parte delle società condanni tout court la violenza, infatti, le violazioni
contro i diritti umani in alcuni luoghi vengono tollerate come pratiche culturali oppure
valutate sulla scorta di una errata interpretazione dei principi religiosi.
Per tali ragioni, può risultare difficile individuare e qualificare un determinato episodio come
“violento” o, comunque, stabilirne una esatta e univoca definizione che sia globalmente
accettata. Tuttavia, la sua accezione – una volta identificata una fattispecie come “violenta” –
è universalmente negativa, a prescindere dalla tipologia di violenza attuata e dalla modalità
con cui essa viene perpetrata.
Focalizzando l’attenzione sugli effetti del fenomeno, l’antropologa francese Franḉoise
Hèritier, nel tentativo di fornirne una chiara ed esaustiva descrizione, che ne esprimesse le
numerose sfumature, ha definito la violenza come «ogni costrizione di natura fisica, o
psichica, che porti con sé il terrore, la fuga, la disgrazia, la sofferenza o la morte di un essere
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umano; o ancora qualunque atto intrusivo che ha come effetto volontario o involontario
l’espropriazione dell’altro, il danno, o la distruzione di oggetti inanimati»
7
.
L’OMS, inoltre, non discostandosi dall’enunciazione della citata antropologa, ha fornito la
seguente definizione di violenza: «l’uso intenzionale della forza fisica o del potere,
minacciato o reale, contro sé stessi, altre persone o contro un gruppo o una comunità, da cui
conseguono, o da cui hanno una alta probabilità di conseguire, lesioni, morte, danni
psicologici, compromissioni nello sviluppo o deprivazioni»
8
.
“Violenza”, quindi, oggi è un termine molto diffuso e applicabile a svariate situazioni, tutte
riferibili, in senso ampio, ad azioni (fisiche e/o verbali) di sopraffazione e oppressione nei
confronti dell’altro, finalizzate a imporre la propria volontà e a coartare quella altrui – sia di
azione, che di pensiero e/o di espressione – anche mediante mezzi di offesa, costringendo
l’altro alla sottomissione fisica e/o psicologica e, quindi, obbligandolo ad agire e/o a cedere
secondo la propria volontà
9
.
Il comportamento violento, dunque, è caratterizzato dal desiderio di annullare l’altro,
annientandone l’autodeterminazione, senza lasciare alcuno spazio al dialogo, al confronto e
neppure a un conflitto che, seppur affrontato con aggressività, ma senza violenza – intesa
come sopraffazione dell’altro – potrebbe condurre a una risoluzione positiva, resa possibile
solo dal mantenimento della simmetria tra le parti.
Quello che permette di distinguere la violenza da un semplice conflitto, infatti, non sono le
azioni materialmente violente o le parole offensive, bensì l’asimmetria nella relazione: in un
conflitto l’identità di ciascuno è preservata e l’altro, nonostante il litigio, viene rispettato in
quanto persona; negli episodi di violenza, invece, l’altro viene dominato e annichilito
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.
Anche sotto l’aspetto più propriamente giuridico, il termine assume un significato piuttosto
ampio, comprensivo anche della violenza diretta alle cose e a soggetti diversi dalla vittima e
può consistere, altresì, sia nell'uso della forza fisica, finalizzata ad una coazione personale
(c.d. violenza propria), sia nell'uso di un qualunque altro mezzo capace di coartare la libertà
morale della vittima, ad esempio la somministrazione di sostanze stupefacenti (c.d. violenza
impropria)
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.
È possibile distinguere, infatti, due macro categorie di violenza, che possono anche coesistere:
7
Franḉoise Hèritier (a cura di) “Sulla violenza”, 1997, p.15; cit. in M. A. Gainotti e S. Pallini, “La violenza
domestica”, 2006, p. 3.
8
Organizzazione Mondiale della Sanità, 2002.
9
Treccani, vocabolario on line, www.treccani.it/vocabolario/violenza/.
10
Marie-France Hirigoyen, “Molestie morali. La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro”, 2005.
11
Brocardi, dizionario giuridico on line, www.brocardi.it/dizionario/5271.html.