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Introduzione
Per molte persone malate il trapianto è l’unica cura in grado di salvare loro la vita:
è così per i cardiopatici, per le persone con insufficienza respiratoria o con insuffi-
cienza epatica o altre insufficienze d’organo.
Per altri, la possibilità di un trapianto rappresenta la cura per gravi patologie: si
pensi ai malati in dialisi e alla qualità della loro vita dopo il trapianto di rene, oppure
alle persone affette da gravi patologie degli occhi che, con il trapianto di cornea,
possono riacquistare la vista.
Il trapianto di organi è un intervento molto delicato, che riscuote particolare inte-
resse non solo per le tecniche chirurgiche, ma anche per la sfera etica, legislativa e
psicologica nella quale viene proiettato.
Era il 1° aprile 1999 quando il Parlamento approvò la legge n. 91, “Disposizioni in
materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti”, che disciplina il prelievo di
organi e di tessuti da soggetto di cui sia stata accertata la morte ai sensi della legge
29 dicembre 1993, n. 578, e regolamenta le attività di prelievo e di trapianto di
tessuti e di espianto e di trapianto di organi.
Le attività di trapianto di organi e di tessuti ed il coordinamento delle stesse costi-
tuiscono obiettivi del Servizio sanitario nazionale. Il procedimento per l'esecuzione
dei trapianti è disciplinato secondo modalità tali da assicurare il rispetto dei criteri
di trasparenza e di pari opportunità tra i cittadini, prevedendo criteri di accesso alle
liste di attesa determinati da parametri clinici ed immunologici.
Il trapianto è uscito dall’area della sperimentazione e può considerarsi a tutti gli
effetti una vera e propria terapia. Con la nuova legge sono stati affrontati con suc-
cesso tutti i problemi organizzativi che la complessità del processo prevede. Oggi
possiamo contare su strutture stabili ed efficienti per cui prelievo, trasporto, tra-
pianto degli organi, terapie successive sono realizzabili in tempi utili ed in modo
efficace.
In questi anni, il sistema trapianti in Italia è cresciuto, passando dai 1.498 interventi
del 1994 agli oltre 3.736 che il CNT ha stimato nel 2016. Nel 2015 i trapianti
complessivi erano stati 3.002, i donatori 1.165 rispetto ai 1.260 del 2016. Intanto,
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le liste d’attesa restano stabili: sono 9000 i pazienti che aspettano, di cui 7000 hanno
bisogno di un rene. Per tutti, la probabilità di ricevere un organo è del 70-80%.
Il numero di pazienti che si iscrivono in lista di attesa è in continuo aumento e oggi
il trapianto viene atteso come una terapia salvavita indispensabile. Non a caso, le
speranze e le aspettative nei confronti di questa branca della medicina sono enormi,
e non tutte, anche a fronte dell’impegno profuso, hanno la possibilità di essere sod-
disfatte.
Negli ultimi anni, nel campo della valutazione degli esiti degli interventi sanitari si
è ormai consolidato il riferimento ad indicatori di esito multidimensionali secondo
cui il successo di un intervento terapeutico si misura non solo dalla durata della vita
ma anche e soprattutto dalla qualità ad essa associata.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito al Qualità della Vita come:
“La percezione che gli individui hanno della loro posizione nella vita nel contesto della
cultura e del sistema di valori nel quale vivono, e in relazione ai loro obiettivi, alle loro
aspettative, alle loro abitudini e alle loro preoccupazioni”.
Pertanto, la valutazione soggettiva dello stato di salute e della QdL hanno assunto
un ruolo sempre più importante nella ricerca clinica, epidemiologica ed empirica.
Nei pazienti che subiscono un trapianto di organo possono insorgere, in qualsiasi
fase dell’iter trapiantologico, disturbi di ordine psicologico, psichiatrico e psicoso-
ciale che possono alterare significativamente la QdL di questi pazienti.
La complessità delle situazioni che si vengono a creare richiede molto spesso
un’azione sinergica di più interventi a livello biologico, psicologico, riabilitativo e
sociale.
Questi problemi vanno risolti impostando fin dall’inizio programmi di assistenza
personalizzati, e non possono essere rimandati a momenti successivi. La letteratura
internazionale degli ultimi vent’anni ha riconosciuto delle fasi nell’iter trapiantolo-
gico ed ha definito obiettivi e natura degli interventi di competenza psicologico-
psichiatrica propri di ogni fase, così da potersi configurare un quadro di criteri me-
todologici e di linee-guida di buona pratica clinica nei programmi di assistenza psi-
cologica ai pazienti.
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Stabilire un rapporto umano sincero e diretto con i pazienti riceventi che, grazie alla
disponibilità di un organo possono tornare a condurre una vita quasi normale, è una
delle priorità più importanti.
Tuttavia, anche il rapporto con i famigliari dei donatori è estremamente complesso
e talvolta difficile da gestire da parte degli operatori sanitari.
Il rapporto con l’equipe medica curante, e in particolare con il medico della Terapia
Intensiva, assume un ruolo centrale, costituendo il principale referente di questo
percorso emotivo. Un valido supporto può essere dato da altre figure professionali,
ma tutti sono comunque chiamati a svolgere una attività che vada oltre i compiti di
carattere puramente tecnico-biologico ed in cui grande rilevanza assumono gli
aspetti psicologico-emotivi.
Non vi è dubbio quindi che la partecipazione di una figura con competenze psico-
logiche e psichiatriche può essere di estrema utilità.
Nel presente lavoro viene sottolineata l’importanza della presenza dello psicologo
e dello psichiatra all’interno dell’équipe sanitaria dedicata ai trapianti; la valuta-
zione di come un candidato al trapianto sarà capace di vivere questi periodi accet-
tando sacrifici e dolori per poter raggiungere il ripristino di una accettabile qualità
della vita è di grande importanza perché l’esistenza di risorse psichiche, sia perso-
nali che familiari, è la fondamentale garanzia della aderenza del futuro stile di vita
alle non poche necessità mediche della vita di un trapiantato.
Vengono affrontati inoltre, i riflessi psicologici e psicopatologici che questa pratica
terapeutica riverbera su molti individui che ne sono protagonisti e si pone l’obiet-
tivo di contribuire, sia pur in modo modesto, a recuperare anche in questo specifico
campo della medicina quell’umanizzazione che pone al centro di ogni atto terapeu-
tico la persona umana nella sua interezza.
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Capitolo 1 : Il processo di donazione-prelievo-
trapianto
Il trapianto di organi è il risultato di un percorso organizzativo che ha inizio con
l’individuazione di un potenziale candidato donatore e termina con l’atto operatorio
del trapianto. Esso oltre a rappresentare una necessità terapeutica per tutti i pazienti
in lista d’attesa, costituisce il coronamento di un lungo e oneroso lavoro di molte
figure professionali appartenenti a diversi ambiti operativi. È proprio per questo
motivo, che si pone l’esigenza di un modello organizzativo efficiente che si avvalga
di procedure operative efficaci e ordinate che ne possano garantire il normale e
produttivo svolgimento, rispondendo ad una reale esigenza terapeutica.
L’iter trapiantologico vede un grande coinvolgimento in termini di competenze non
solo cliniche, chirurgiche e immunologiche, ma anche logistiche che devono inte-
grarsi armoniosamente. In un panorama così ampio e complesso, l’aspetto organiz-
zativo gioca quindi un ruolo fondamentale.
Volendo sintetizzare le principali fasi dell’intero processo che porta al trapianto, la
suddivisione è la seguente:
• Individuazione del potenziale donatore di organi
Il trapianto costituisce ad oggi la migliore soluzione terapeutica, e talvolta l’unica
possibile, per pazienti affetti da patologie che danneggiano in modo irreversibile
organi e tessuti.
Tuttavia, ci si deve confrontare con una scarsità di organi e di tessuti da cadavere,
che continua ad essere il principale ostacolo allo sviluppo del trapianto e alla sua
generalizzazione.
Un gran numero di pazienti affetti da patologie ormai croniche muoiono o conti-
nuano a ricevere il trattamento sostitutivo per l’insufficienza renale cronica, in
quanto la disponibilità attuale di organi non è in grado di coprire le reali necessità
attuali.
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L’incapacità del sistema italiano di far fronte al costante aumento delle richieste
assistenziali, può essere ricondotto ad una serie di motivazioni
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:
− Aumento dell’età media dei donatori e diminuzione del numero di decessi
in seguito a lesioni cerebrali;
− Mancanza di un’adeguata campagna informativa che sottolinei l’importanza
e l’essenzialità della donazione;
− Mancata identificazione di tutti i potenziali donatori;
− Approccio inadeguato del coordinatore della donazione con la famiglia del
paziente ricoverato in terapia intensiva
− Discrepanza di attenzione e di impegno profuso da parte delle Regioni, delle
ASL e degli operatori sanitari;
− Carenza di politiche di prevenzione per le patologie che possono richiedere
come terapia il trapianto di organi
La strategia più efficace per contrastare questa carenza di organi è indubbiamente
l’esistenza, a livello ospedaliero, di una rete di coordinatori al trapianto che si pon-
gano l’obiettivo fondamentale di reperire e identificare i potenziali donatori di or-
gani e di tessuti.
D’altra parte, è responsabilità anche del cittadino informarsi, scegliere e decidere
in vita come esprimersi rispetto alla donazione. In questo modo, da un lato si ha la
possibilità di elaborare una posizione personale in merito alla donazione e si può
esser certi che la propria volontà venga rispettata; dall'altro lato, si sollevano i propri
familiari da una scelta difficile in un momento delicato.
La Dichiarazione di volontà a donare organi e tessuti è attualmente regolamentata
dall’articolo 23 della Legge 1° aprile 1999, n. 91, dal Decreto ministeriale dell'8
aprile 2000, aggiornato con il Decreto ministeriale dell'11 aprile 2008. È importante
Nessuna fonte nel documento corrente.
1
Castelnuovo, Menici, Fedi, La donazione in Italia:
situazione e prospettive della donazione di sangue, organi e midollo osseo. Springer-Verlag, Italia,
2011, pp. 77,78