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1. Introduzione
Le due agenzie educative di maggior importanza per lo sviluppo e la formazione degli individui
sono la famiglia e la scuola. La relazione che intercorre tra le due istituzioni viene affrontata in
questo lavoro in modo da comprendere quali siano le implicazioni, i benefici che porta, le
barriere che incontra e le opportunità che può creare. L’argomento vuole mettere in luce come
la creazione di una collaborazione tra insegnanti e genitori possa portare a una maturazione e
un accrescimento dell’individuo accompagnandolo nel percorso della sua vita verso il
raggiungimento dell’autonomia. Nella prima parte, si analizzerà come si crea la collaborazione
tra scuola-famiglia e come la creazione di un rapporto che coinvolge la scuola, la famiglia e la
comunità incrementi il successo degli studenti (Christenson e Sheridan, 2001; Epstein 1995,
1997, 2011). Viene preso in esame il modello di Epstein (1995) in cui vengono analizzati 6 tipi
di alleanza tra le varie agenzie educative. Queste possono essere concretizzate in programmi di
attività da mettere in atto per incrementare il successo degli studenti. Successivamente si
mettono in luce i benefici che questa partnership può portare. I riscontri positivi non riguardano
solo il successo scolastico, bensì anche comportamentale, emozionale e affettivo. Viene
evidenziato come il rapporto scuola-famiglia possa essere produttore di un'alleanza educativa
tra genitori e insegnanti che, consapevoli dei ruoli distinti delle due parti, lavorano insieme
attraverso un continuo scambio reciproco. Attraverso la teoria ecologica di Bronfenbrenner
(1979) sarà analizzato quanto lo sviluppo sia influenzato da diversi sistemi ambientali in cui gli
individui agiscono influenzandosi a vicenda e agendo su diversi contesti. Quando i due
microsistemi non trovano un accordo per iniziare un lavoro di collaborazione, i motivi sono
spesso riconducibili alle resistenze ad aprirsi ad una eventuale modifica delle proprie regole
strutturali e psicologiche. Eventuali disaccordi tra i due microsistemi determinano, quindi,
piccole questioni irrisolte. Nella seconda parte, vengono evidenziate le barriere che possono
crearsi tra scuola e famiglia con particolare riferimento all’isolamento e alle difficoltà che
possono incontrare le famiglie immigrate, le famiglie di ragazzi con problemi di salute mentale,
e come l’accesso alle risorse e la ricerca dell’aiuto nel sistema scolastico possano dipendere da
differenze socio-economiche e culturali. Nella terza parte, l’attenzione viene posta su quelle
che possono essere le strategie per favorire la collaborazione. Viene analizzato il ruolo dello
psicologo scolastico, mediatore nella relazione tra scuola, famiglia e comunità. Una figura che
aiuta nella costruzione dei legami e trasforma in azioni il concetto di corresponsabilità.
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CAPITOLO 1
2. La Relazione tra scuola e famiglia
Il rapporto tra scuola e famiglia è un tema che è sempre pronto ad accogliere nuove ricerche e
interesse perché costantemente coinvolto da mutevoli cambiamenti. Scuola e famiglia hanno
dovuto rivedere il loro rapporto rispetto al passato per far fronte a trasformazioni della società
degli ultimi tempi. Come ci dicono Welch e Sheridan (1995), fino ai primi anni del 1970 i
bambini erano mandati a scuola per imparare abilità scolastiche e accademiche e ai genitori era
affidato il compito di insegnare ai propri figli i principi morali. I genitori erano visti quindi,
come intrusi quando volevano essere parte attiva della vita scolastica. Con l’avanzamento
dell’economia e della politica i genitori furono costretti a porre un’attenzione diversa al loro
coinvolgimento nell’educazione. Oggi si persegue questo obiettivo: coinvolgere i genitori nella
vita scolastica del loro figlio o della loro figlia in modo che tutti possano trarne beneficio. Il
termine “collaborazione educativa” indica un lavoro congiunto verso uno stesso obiettivo o una
serie di obiettivi. Si riferisce alla relazione che viene a crearsi tra genitori, insegnanti e tutti i
sistemi in cui essi operano, che implica un contatto tra le parti, una negoziazione di idee, valori
e obiettivi, ma soprattutto un punto di incontro orientato al benessere del bambino. Possiamo
infatti, definire la collaborazione come un rapporto che racchiude in sé cooperazione e
interdipendenza (Cowan, Swearer e Susan, 2004). La collaborazione si basa sull’individuazione
di determinati obiettivi per gli studenti, sia scolastici sia comportamentali.
I modelli di coinvolgimento genitoriale includono diverse figure come genitori, nonni, genitori
affidatari, ecc., in azioni di promozione dell’educazione dei ragazzi per favorire le loro abilità
scolastiche e sociali (Fishel e Ramirez, 2005). Bisogna perciò tenere in considerazione che la
famiglia gioca un ruolo importate ed è membro attivo e insostituibile del team educativo.
Ma quando si parla di alleanza educativa? L’alleanza ha un tassello in più rispetto alla
collaborazione. L’alleanza implica una relazione che persegue obiettivi comuni a lungo
termine, che va oltre il tempo limitato del setting scolastico e racchiude in sé un lavoro
congiunto, per migliorare il sistema educativo e per prevenire problemi futuri. È un approccio
in cui le famiglie e i professionisti cooperano e collaborano per aumentare le opportunità di
bambini e adolescenti nei vari ambiti sociali, emozionali, comportamentali e scolastici della
vita (Albright e Weissber, 2010; Downer e Myers, 2010; Lines, Miller, e Arthur-Stanley, 2011).
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L’alleanza non si crea attraverso un solo incontro genitore-docente, ma si forma attraverso
multiple interazioni in cui entrambi devono abbracciare la convinzione che creare relazioni
significative possa portare a una collaborazione più profonda e duratura (Cowan e al., 2004).
Questo rapporto tra le varie comunità educative è necessario per soddisfare e implementare i
bisogni degli studenti; per aumentare la loro resilienza e i loro punti di forza; per promuovere
il loro sviluppo scolastico, socio-emozionale e il loro successo professionale (American School
Counselor Association [ASCA], 2012; Bryan e Henry, 2008, 2012).
Solitamente le famiglie sono interessate all’apprendimento dei loro figli, tuttavia non sanno
come intervenire nell’aiutarli a casa per avere successo in ambito scolastico. Le famiglie
immigrate, che hanno una cultura e un’etnia diversa da quella del Paese in cui si stabiliscono
e/o con basso status socio-economico, si preoccupano ugualmente per il successo scolastico dei
loro bambini, ma necessitano in misura maggiore di una guida e un supporto nell’educazione
(Bempechat, 1998; Christenson e Sheridan, 2001; Davies, 1993; Epstein, 1995).
2.1 Il modello di Epstein
Un modello interessante per analizzare il coinvolgimento familiare è stato proposto da Joyce
Epstein (1995) e i suoi colleghi alla Johns Hopkins University. Si tratta di 6 tipi di alleanza tra
scuola, famiglia e comunità. Lo schema analizza le varie categorie di partnership che
intercorrono tra le varie comunità educative. È uno strumento che la scuola può utilizzare per
analizzare i suoi programmi attuali, i suoi punti di forza e costruire, in base a queste, dei
programmi per attività future e concretizzare un approccio tra famiglia e scuola per far sì che
gli studenti ne traggano successo. Nello specifico:
1. Parenting: la scuola deve aiutare la famiglia a stabilire un clima domestico favorevole
per il supporto dei loro bambini nel contesto scolastico. Può assistere la famiglia nello
sviluppo delle abilità genitoriali, aiutare i genitori a capire lo sviluppo dei loro bambini
e adolescenti e lavorare con la famiglia per creare un contesto familiare sano per
l’apprendimento e il benessere. La famiglia deve aiutare la scuola a comprendere il
background famigliare e culturale del ragazzo. Gli educatori possono:
-informare i genitori su come aiutare i loro figli attraverso vari metodi come workshop,
video, libri, ecc.;
-Sviluppare programmi di supporto genitoriale;
-Stabilire contatti personali attraverso visite a casa, per supportare momenti critici di
transizione come quello dalla scuola elementare alla scuola secondaria.
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2. Comunicazione: utilizzare una comunicazione bi-direzionale tra scuola e genitori che
sia frequente e sistematica, con particolare riguardo ai programmi scolastici e il
progresso dei ragazzi.
-Stabilire un contatto semplice e facile da realizzare tra casa e scuola;
-Effettuare colloqui individuali;
-Creare alleanza e stabilire i ruoli e le responsabilità di ognuno.
3. Volontariato: Migliorare il reclutamento, la formazione e le attività per coinvolgere i
genitori in momenti che si svolgono a scuola o in altri luoghi. I genitori possono aiutare
e supportare le attività scolastiche, possono essere coinvolti nelle gite scolastiche o in
programmi speciali. I docenti possono guidare i genitori nella loro partecipazione
volontaria alle attività formative.
4. Apprendere a casa: Aiutare la famiglia ad assistere i loro figli nell’apprendimento a
casa, ad esempio nei compiti e nelle attività scolastiche da fare a casa. La scuola deve
assicurarsi che i genitori abbiano le informazioni per creare un clima di apprendimento
favorevole per il figlio.
-Dare compiti a casa che incrementino il coinvolgimento e la comunicazione con i
genitori;
-Utilizzare un diario per facilitare la comunicazione casa-scuola;
-Realizzare un evento in cui i genitori vengono informati di cosa stanno imparando i
loro figli e di come loro possono aiutarli e fare la differenza.
5. Decision Making: Includere genitori, studenti e membri della comunità nel processo
decisionale della scuola, attraverso consigli di istituto, gruppi di discussione e di lavoro,
i comitati e le organizzazioni dei genitori.
-Assicurarsi che la voce dei genitori sia ascoltata durante le decisioni;
-Sviluppare un team per far fronte ai problemi che riguardano la cooperazione scuola-
famiglia;
-Realizzare focus group con i genitori su tematiche critiche.
6. Collaborare con la comunità: Collaborare con le varie agenzie per supportare gli
studenti nella loro esperienza scolastica. Coordinare le risorse e i servizi con i vari
gruppi della comunità come le aziende, le cooperative, le università, le organizzazioni
culturali e religiose. Permettere a tutti di contribuire al servizio della comunità.
-Collaborare con le realtà locali;
-Fornire informazioni sulle risorse della comunità per affrontare le preoccupazioni dei
genitori;