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INTRODUZIONE
Il presente elaborato ha ad oggetto l’analisi di un fenomeno criminologico mafioso
emerso nel nord della Puglia verso la fine degli anni ’70: la Società Foggiana, un
apparato strutturale suddiviso in ‘batterie’, riconosciuta dalla Corte di Cassazione
nel 1996 nella sentenza Panunzio come ‘‘un’associazione a delinquere di stampo
mafioso’’ – ex art.416-bis c.p.
L’obiettivo della trattazione è fornire una conoscenza e una comprensione
approfondita di una criminalità organizzata che, sebbene diffusasi nel territorio da
molto tempo, sia stata in più occasioni sottovalutata quale realtà criminale
profondamente violenta e brutale, diventando una ‘mafia invisibile’ agli occhi
dell’intera comunità.
Innanzitutto, si provvederà a delineare il contesto storico in cui si colloca la Società
Foggiana, partendo da una terra, la Puglia, apparentemente così lontana da una
realtà sanguinaria e cruenta – e proprio per questo definita un’isola felix – che ha
ceduto all’insediamento e l’espansione delle mafie tradizionali, fino alla
costituzione di una vera e propria organizzazione criminale autonoma e
indipendente.
In secondo luogo, si effettuerà un’analisi sociologica del fenomeno mafioso
foggiano, prendendo in considerazione non solo quei fattori sociali, morfologici e
culturali che hanno permesso alla Società Foggiana di acquisire consensi e
legittimazione dalla società civile; ma anche la particolare questione della
criminalità minorile, in riferimento al reclutamento di giovani leve all’interno
dell’organizzazione criminale foggiana.
Successivamente si procederà nella individuazione delle maggiori attività illecite
che, soprattutto nel corso dell’ultimo decennio, hanno permesso alla criminalità
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organizzata foggiana di avviare un nuovo percorso che mirava ad un ampliamento
degli scopi associativi. Dal traffico di sostanze stupefacenti, alle estorsioni nel
settore edile e agricolo, l’attenzione della mafia foggiana è attualmente rivolta
anche agli apparati amministrativi, definendosi propriamente una ‘mafia degli
affari’.
Per concludere, si prenderà in esame l’art.416-bis c.p. Si spiegherà la genesi e gli
elementi costitutivi di una fattispecie incriminatrice ad hoc che ha consentito alla
Corte d’Assise di Foggia e la Suprema Corte di Cassazione di riconoscere alla
Società Foggiana, nelle relative sentenze, il carattere di associazione a delinquere
di stampo mafioso, e non di associazione a delinquere comune.
In particolare, per dare riprova di una norma strutturata in modo davvero efficace
per debellare il fenomeno mafioso, si analizzerà il sistema di aggressione
patrimoniale, che si presta a strumento principale per aggredire l’economia mafiosa.
La stesura dell’elaborato si volgerà tenendo in considerazione che, accanto ad una
analisi certamente giuridica, si debba collocare una analisi sociologica per garantire
un quadro chiaro e completo del fenomeno in esame. Per tale ragione, si
adopereranno, in aggiunta alle sentenze e normative vigenti, intercettazioni
ambientali, interviste rilasciate da esponenti dell’organizzazione criminale –
divenuti poi collaboratori di giustizia – e da magistrati del settore, informazioni
giornalistiche e molteplici testimonianze di vittime della mafia. Materiale di
fondamentale importanza per effettuare un’accurata analisi di una realtà criminale
esplicata in parte dalle Corti.
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CAPITOLO I:
LA SOCIETA’ FOGGIANA
1.1.ORGINI: SACRA CORONA UNITA
Siamo abituati a parlare genericamente di mafia, sottovalutando che esistono
diverse organizzazioni mafiose, come, d’altro canto viene specificato nello stesso
art.416-bis c.p.
La nascita della Sacra Corona Unita, comunemente definita in termini di «Quarta
mafia», risale agli inizi degli anni ’70 quando, le tradizionali organizzazioni
criminali – la Mafia, la ‘Ndragheta e la Camorra – sbarcano nella regione come un
vero e proprio esercito colonizzatore, attraendo, per i loro assetti strutturali e il loro
modo di operare ‘mafioso’, le nascenti formazioni pugliesi.
Questo desta scalpore in quegli anni, poiché in Puglia, lo Stato non è abituato a
relazionarsi con la criminalità organizzata. Fino a quel momento, infatti, non vi è
l’esistenza di alcuna organizzazione criminale (o così almeno si pensa); si tratta
piuttosto di una criminalità comune tale da non indurre particolari sospetti.
La mafia è per lo più considerata un fenomeno che si sviluppa in territori connotati
da situazioni di profondo disagio sociale ed economico e da un’arretratezza
culturale.
La Puglia, invece, è una regione ricca: dalle colture agricole avanzate, con un livello
di imprenditoria e di commercio differente luogo per luogo anche all’interno delle
stesse province; caratterizzata da un tessuto comunitario sano, compatto e
culturalmente evoluta.
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Per tutto questo, essa costituisce ˗ nonostante una realtà profondamente articolata,
discontinua e priva di un’identità regionale omogenea
1
˗ un’eccezione in un
contesto, quello meridionale, percorso da tensioni endemiche.
Dunque, in questo contesto, il cui benessere caratterizza la regione pugliese, le
mafie tradizionali trovano subito approdo.
Un ruolo fondamentale è certamente svolto dai soggiorni obbligati – considerati
proprio la causa scatenante di queste vaste e intense infiltrazioni. Individui estranei
al contesto locale e strettamente legati a sodalizi mafiosi di elevato spessore sono
inviati in Puglia dagli stessi boss delle mafie di appartenenza per testare il terreno,
alcuni mandati appositamente da autorità compiacenti e, molti altri ancora, in
soggiorno obbligato
2
.
L’istituto del soggiorno obbligato, che prevedeva il massimo grado di restrizione
della libertà personale per un criminale, ha infatti permesso di creare contatti via
via sempre più serrati tra la criminalità organizzata pugliese e gli affiliati di Cosa
Nostra, ‘Ndragheta e Camorra.
Sin dall’inizio, queste organizzazioni si insediano non tanto per imporre un
controllo del territorio – così come avviene nelle zone d’origine – ma, piuttosto, per
gestire indisturbati i loro illeciti affari; e, la Puglia rappresenta sicuramente un
terreno ideale
3
.
I rapporti tra la mafia campana e la delinquenza pugliese sono attivi da molto tempo
e si configurano in termini prettamente utilitaristici.
La Puglia confina per un lungo tratto con la Campania e da sempre rappresenta un
ricchissimo bacino di risorse (legali e illegali), sia in alcuni settori dei traffici illeciti
sia, soprattutto, per quanto concerne l’attività di contrabbando di tabacchi che, più
1
L. Massella, B. Salvemini (a cura di), ‘‘Storia d’Italia. Le Regioni dall’Unità ad oggi. La Puglia’’,
Einaudi, Torino 1989, pag.935.
2
Strumento preventivo con origini nello Stato liberale ottocentesco, passato a quello fascista ed in
seguito a quello democratico, senza sostanziali modifiche. È divenuta una misura di prevenzione
personale con la legge 27-12-1956.
3
Dal 1961 al 1972 sono 212 i mafiosi inviati in Puglia in soggiorno obbligato.
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di tutte, permette alla camorra di crescere in potenza e pericolosità. L’accurata
divisione del lavoro stabilita dai vecchi contrabbandieri fa in modo che la merce
venga scaricata sulle coste brindisine per poi essere trasportata in Campania.
Anche Cosa Nostra ha un ruolo fondamentale e un interesse altrettanto forte. I
siciliani comprendono sin da subito come la posizione geografica della Puglia
costituisca lo snodo essenziale tra i traffici di sostanze di stupefacenti che
dall’oriente sono dirette nell’Europa occidentale. Tuttavia, essi non hanno mai
avuto alcuna intenzione di creare, nella regione, delle proprie strutture operative.
Ciò che a loro interessa è la presenza sul territorio di pochi uomini fidati che
dispongano di una certa dose di autorità e di prestigio, garanzia per lo svolgimento
delle proprie azioni criminali senza alcuna interferenza da parte della delinquenza
locale: «In Puglia Cosa nostra mira a stringere rapporti utili ai propri affari e si
disinteressa del resto».
4
In ultimo, ma non meno importante, la ‘Ndragheta che ha letteralmente colonizzato
la regione, andando a effettuare anche qui sequestri di persona che costituiscono
una voce considerevole nell’economia di questa mafia. Si parla di venticinque
sequestri di persona in un decennio, alcuni dei quali finiti in tragedia.
Tutto questo ha condotto ad una mafiosizzazione del territorio. Un salto di qualità
delle associazioni locali di malfattori che, in questo modo, hanno un modello a cui
ispirarsi.
Ciò che ha certamente accomunato la criminalità organizzata pugliese alle
principali organizzazioni criminali è il potere: il potere della violenza, il potere
politico, il potere economico e finanziario.
Tuttavia, sebbene questa particolare forma di collaborazione fra gruppi criminali
così differenti per cultura e provenienza sia apparentemente stabile, si verifica un
improvviso cambio di rotta proprio verso la fine degli anni Settanta, momento in
4
L. Violante, ‘‘Non è la Piovra. Dodici tesi sulle mafie italiane’’, Einaudi, Torino 1994, pag.116
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cui il processo di graduale emersione della criminalità pugliese inizia a
intraprendere una strada diversa.
Tra la fine degli anni’70 e gli inizi degli anni ’80 le carceri pugliesi, considerate
“sicureˮ da un punto di vista criminale, diventano luogo di incontro dei più
importanti boss e affiliati delle organizzazioni tradizionali.
Sono inviati per lo più camorristi campani, dopo un periodo in cui proprio in
Campania era in atto una sanguinaria lotta fra le opposte fazioni della Camorra: la
Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo e la Nuova Famiglia di Umberto
Ammaturo con i casalesi di Nuvoletta e dei Bardellino.
Come sottolineava Monnier, nella seconda metà dell’800, «nelle prigioni è
impossibile sfuggire all’oppressione della camorra. I detenuti subiscono tanto più
umilmente questa tirannia, in quanto che spesso la invocano o la invocarono come
tutela».
5
Raffaele Cutolo è il primo camorrista che immagina di creare in Puglia delle vere e
proprie strutture operative con uomini di consolidato prestigio criminale, che
dispongano di precise zone di influenza.
Egli difatti ha compreso come l’attività di contrabbando di sigarette necessitasse di
nuove rotte e tratte, il cui tracciamento avrebbe dovuto tenere in considerazione le
regioni jugoslave e i Balcani, dove proprio in quel periodo erano stati impiantanti
nuovi centri di smistamento. In questa mutata situazione non poté far altro che
escogitare un nuovo piano di azione sulle coste pugliesi, creando apposite sub-
strutturazioni criminali
6
.
Il progetto a cui Cutolo mira è infatti quello di creare una nuova e vasta
organizzazione criminale che sia in grado di estendersi oltre i confini regionali.
Pertanto, è di fondamentale importanza conquistare il controllo delle attività
criminali non solo delle provincie campane, ma anche di quelle contigue della
5
M. Monnier, ‘‘La Camorra’’, Argo, Lecce 1994, pag.51
6
A. Apollonio, ‘‘Storia della Sacra Corona Unita. Ascesa e declino di una mafia anomala’’.
Rubbettino Editore, 2016.
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Puglia. E lo realizza, attuando una vera e propria opera di proselitismo, la quale
permette ai cutoliani di collocarsi ben presto ai vertici della gerarchia di potere
presente all’interno dell’ambiente carcerario.
La prima fase consiste ovviamente nel reclutare, dalle periferie malfamate e
soprattutto dalle carceri, malavitosi pugliesi: contrabbandieri, rapinatori, anche
assassini. Soggetti tutti isolati, non legati ad alcuna struttura organizzativa. Dunque,
una criminalità comune. I cutoliani scelgono tra i malavitosi pugliesi, quelli più
abili, più forti e li affiliano alla Nuova Camorra Organizzata.
Nessuna titubanza o rifiuto era concessa; in caso contrario, infatti, erano previste
gravi conseguenze.
A conferma di quanto sostenuto vi un’intervista del collaborare di giustizia, affiliato
alla Sacra Corona Unita, nella quale afferma: «È un’offerta che non si può rifiutare,
altrimenti risulterebbe uno sgarbo e si finisce con la gola tagliata durante l’ora
d’aria».
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Tuttavia, ciò non si consuma esclusivamente all’interno degli istituti di pena. Cutolo
aveva deciso di intervenire personalmente, promuovendo, con l’aiuto dei suoi
collaboratori più fidati, una serie di incontri che avrebbero dovuto avere l’obiettivo
di individuare i responsabili della nuova organizzazione criminale pugliese.
Nel 1979 Raffaele Cutolo scende in Puglia e organizza dei veri e propri summit con
la malavita locale: uno all’Hotel Florio di Lucera in provincia di Foggia e, l’altro,
a Galatina in provincia di Lecce. Cutolo procede quindi all’affiliazione di
malavitosi pugliesi, la quale sfocia nella creazione della Nuova Grande Camorra
Pugliese
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: un’associazione formale, avente una struttura equivalente alla camorra e
con una propria gerarchia di comando, per così dire un’appendice della camorra
cutoliana.
7
Tratto dall’intervista di un collaboratore di giustizia, affiliato alla Sacra Corona Unita, mandata in
onda nel programma ‘‘ Mafia. La Sacra Corona Unita ’’ su Rai3, del 3 ottobre 2011.
8
M. Massari, ‘‘La Sacra Corona Unita, potere e segreto’’, Laterza Editori,1998. Pag.12
14
Ma i continui e sempre più sanguinosi conflitti tra i vari clan avversari, e la non
facile situazione all’interno delle mura carcerarie – dove camorristi campani che,
forti dell’appoggio dei colleghi pugliesi, pretendevano di essere mantenuti
economicamente in tutti i loro bisogni dagli altri detenuti – determinano la sconfitta
della banda cutoliana e di conseguenza ci ritroveremo dinanzi a un’impotenza della
sua figura nell’intero mezzogiorno.
Al contempo, i diversi gruppi criminali pugliesi manifestano la voglia di
emanciparsi rispetto alle mafie tradizionali e di acquisire una propria autonomia
organizzativa che prima non avevano.
L’obiettivo è restituire la “Puglia ai Pugliesiˮ, sfruttando la pericolosità
delinquenziale acquisita nel tempo e accrescerla sempre più.
Questo, è una conseguenza dell’intenso periodo di frequentazioni con le mafie
circostanti, da cui ne è stata tratta l’ideologia e l’impostazione di base.
È difatti proprio la ‘Ndragheta a garantire un processo di autonomizzazione della
criminalità organizzata locale, la cui presenza sul territorio pugliese ha permesso di
creare stretti rapporti di affiliazione tra i vecchi delinquenti locali e alcune ‘ndrine
provenienti soprattutto dalla provincia di Reggio Calabria. Inoltre, la fama
criminale di cui già godeva la ‘Ndrangheta sul piano internazionale, rappresenta
senz’altro un’occasione unica per i gruppi criminali pugliesi di divenire
un’organizzazione mafiosa indipendente ed autonoma. Dunque, forti del sostegno
della ‘Ndragheta e della crisi che attraversa la Nuova Camorra Organizzata, i
criminali pugliesi danno vita alla Sacra Corona Unita.
Protagonista indiscusso della costituzione della nuova organizzazione mafiosa è un
personaggio influente, come Giuseppe Rogoli – nato a Mesagne in provincia di
Brindisi, nel cuore del Salento.
Egli, al momento della creazione della ‘SCU’, è detenuto nel carcere di Trani, per
una condanna di 30 anni in appello per omicidio e rapina, quando entra in contatto
con uno dei boss della ‘Ndragheta in Puglia – Umberto Bellocco ˗ che lo affilia
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all’organizzazione calabrese con il grado di santista. Un grado che appare piuttosto
elevato per un semplice detenuto.
L’investitura – formalmente riconosciuta anche nello statuto di fondazione della
Sacra Corona Unita che reca scritto «La SCU è stata fondata il 1° maggio del 1983,
da G.R. con l’aiuto dei compari diritti
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», ̶ sottolinea il ruolo svolto da alcuni
capibastone della ‘Ndragheta nel processo fondativo del sodalizio pugliese e, non
solo, il boss pugliese riceve la benedizione ad operare autonomamente nelle varie
attività illecite come il contrabbando di tabacchi, il commercio di droghe, le
estorsioni.
Ed è proprio a quest’ultima, che l’associazione si è fortemente ispirata per la
definizione dell’impianto simbolico e della configurazione organizzativa.
Per l’appunto, lo stesso Salvatore Annacondia, uno degli esponenti di maggior
spicco della criminalità pugliese, dichiarò alla Commissione Antimafia che «il
padre della Sacra Corona Unita era Umberto Bellocco, grande ‘ndraghetista, uno
dei capi decimi della ‘ndragheta, che dette le regole della Sacra Corona Unita».
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Il primo rilevamento investigativo dell’origine della “quarta mafiaˮ avviene
nell’ottobre del 1983, quando Vittorio Curci ˗ uno spacciatore di droga ˗ dichiara ai
magistrati di aver assistito ad un insolito “rito battesimaleˮ in un paesino della
provincia di Bari (Acquaviva delle Fonti) nel corso del quale un pregiudicato locale
aveva affiliato alcuni personaggi della zona.
11
9
Raggruppamento operativo Speciale Carabinieri, Studio sulla criminalità organizzata in Puglia,
con riguardo particolare alla Sacra Corona Unita, 12 maggio 1993, pag.10
10
M. Massari ‘‘La Sacra Corona Unita, potere e segreto’’, Laterza Editori, 1998, pag.21
11
La circostanza è riferita nella ‘‘Sentenza contro Romano Oronzo +73’’, emessa il 7 aprile 1989
dalla Corte Suprema di Cassazione p.5: il noto pregiudicato era Oronzo Romano che ad Acquaviva
delle Fonti aveva affiliato, nella abitazione di Antonio Laera, alcuni delinquenti locali, fra cui
Giovanni Dalena.