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organizzare l’impresa agrituristica a cui hanno fatto seguito cambiamenti
sul piano istituzionale a livello nazionale e regionale.
Tali leggi hanno posto dei limiti dimensionali alla capacità
economica delle aziende agrituristiche per evitare che gli agricoltori
diventassero solo albergatori.
L’organizzazione e la gestione dell’attività agrituristica è finalizzata
a suscitare la maggiore domanda di ospitalità e, in definitiva, il massimo
grado di utilizzazione delle strutture ricettive.
Si pone l’attenzione quindi sulla necessità per l’imprenditore
agricolo di integrare il proprio reddito con un’attività complementare
consistente nell’offerta di alloggi, nel servizio di ristorazione, nella
vendita diretta dei prodotti alimentari nonché nelle varie attività
ricreative.
Tutto ciò comporterà necessariamente una adeguata attività
promozionale attraverso il ricorso ai differenti canali pubblicitari e alle
istituzioni specializzate nel settore.
Un’eventuale strategia promozionale sarà infatti fondamentale nel
determinare il grado di presenza dell’azienda sul mercato,
nell’evidenziare la qualità dei servizi offerti e la localizzazione
territoriale.
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Nella ristrutturazione delle antiche case rurali l’imprenditore dovrà
effettuare determinate scelte, tenendo conto della legge quadro che
regola il recupero di tali fabbricati al fine di dare impulso all’economia
di zone rurali depresse.
Il restauro dovrà essere rigorosamente rispondente alle
caratteristiche architettoniche degli edifici già esistenti; il rifacimento di
impianti elettrici, idrici ed altro dovrà tenere conto sia della funzionalità
che della sicurezza, con conseguente realizzazione di adeguati servizi
igienici e fornitura di biancheria.
Tali interventi necessari, ma con costi decisamente rilevanti, sono
tuttavia fondamentali per la determinazione della qualità
dell’accoglienza che darà una classifica alle varie strutture (fino a un
massimo di cinque spighe).
In questa classifica viene tenuto conto anche della localizzazione
territoriale dell’azienda: l’amenità del luogo e la posizione geografica.
Per trovare riscontro nella realtà di questi principali aspetti del
fenomeno agrituristico, si intenderà analizzare il caso di un agriturismo
umbro, “Fattoria di Vibio”, localizzato nell’interessante zona della media
valle del Tevere.
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A tal fine, sarà importante valutare l’aspetto gestionale e
organizzativo dell’azienda, focalizzando l’attenzione sui tipi di servizi
offerti e sulle mansioni svolte dal personale.
Centrale sarà la considerazione dell’aspetto economico, attraverso
la determinazione della natura dei costi che incidono maggiormente sul
reddito complessivo di tale attività e la valutazione della percentuale di
utili medi proveniente dai principali servizi offerti dall’azienda sul
reddito complessivo.
Tenendo conto della dimensione aziendale, della presenza media
della clientela nell’arco dell’anno e dei prezzi praticati dalla fattoria sarà
possibile dare un giudizio sul suo andamento economico effettuando
anche un confronto con le altre aziende agrituristiche umbre.
Interessante sarà curare anche l’aspetto relativo alla tipologia del
cliente che soggiorna abitualmente nella fattoria, informazione di cui
tiene conto l’imprenditore per realizzare una corrispondenza tra il
servizio offerto e le aspettative degli ospiti.
Per ultimo, ma non meno importante, sarà analizzato l’aspetto
dell’attività promozionale messa in atto dall’azienda per incrementare la
domanda di mercato.
CAPITOLO I
ANALISI LEGISLATIVA E DI MERCATO
DELL’AGRITURISMO
1.1 Analisi generale del fenomeno agrituristico
L’evoluzione in atto nel settore agricolo tende a tradursi, piuttosto
che nel mero abbandono delle attività agricole tradizionali, in forti
impulsi verso la trasformazione dell’azienda agricola in impresa rurale
che, oltre ai prodotti primari, è in grado di offrire una vasta gamma di
servizi e nello stesso tempo esercitare un’importante ruolo di
salvaguardia delle risorse naturali.
Un indicatore evidente di questa trasformazione è dato dal notevole
sviluppo dell’agriturismo.
L’agriturismo viene considerato come la creazione in ambiente
rurale di unità abitative e di ristoro destinato ad una ristretta clientela e
si pone come una maniera alternativa di realizzare un reddito integrativo
dal patrimonio dell’azienda agricola.
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Lo stretto rapporto tra turismo e natura trova in questa vacanza
alternativa una valida espressione, in quanto da un lato consente ai
fruitori di soddisfare le proprie esigenze di riposo, svago, divertimento,
crescita culturale e benessere fisico, dall’altro agli operatori di realizzare
i propri obiettivi economici senza essere costretti ad abbandonare le
proprie terre, fino a tutelare il bisogno generale di salvaguardare e
valorizzare stili di vita e culture che altrimenti rischierebbero di
scomparire, e di conciliare il turismo con la conservazione e la
valorizzazione del patrimonio ambientale ed artistico.
Ma come nasce il fenomeno agrituristico? L’iniziativa non va
ricondotta agli agricoltori, che per loro natura introversa, non hanno
avuto per primi l’idea di trasformare le loro abitazioni rurali in strutture
ricettive e di offrirle ai turisti.
La nascita dell’agriturismo deriva piuttosto dalla richiesta di
ospitalità dei primi “agrituristi” che si aggirarono per le campagne tra gli
anni settanta e ottanta in cerca di casali rurali in cui chiedere vitto e
alloggio per qualche giorno.
Attualmente l’agriturismo è diventato un fenomeno molto diffuso e
si prevede che questo nuovo modo di fare vacanza assorbirà sempre più
la domanda turistica.
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Ma come si è arrivati a questo accresciuto desiderio di
soggiornare in campagna da parte dei turisti? La ragione va ricercata
nel profondo cambiamento di valori che si è determinato con il
passaggio dall’era industriale a quella che i sociologi chiamano ‘post-
industriale’.
Nella società industriale i singoli individui sentivano il bisogno di
identificarsi con la massa, come necessità psicologica di non sentirsi
esclusi dalla grande ventata di benessere economico, fino ad allora
sconosciuto.
Dal punto di vista del turismo questo bisogno si è espresso in
comportamenti di consumo passivi ed eterodiretti, che portavano il
turista a sentirsi parte di una moltitudine di altri individui accomunati
da uno stesso ruolo, quello di turista
1
.
La domanda turistica era caratterizzata da flussi compatti verso i
tradizionali posti di villeggiatura ricorrendo a scelte classiche di
soggiorno come l’albergo, il residence o il villaggio turistico.
Oggi, in tarda epoca post-industriale, la crisi dei valori e
dell’identità nelle città, nata e sviluppatasi con l’urbanesimo, ha ridotto
sensibilmente il bisogno di appartenenza alla massa, e ha anzi lasciato il
1
A. SAVELLI, Sociologia del turismo, F. Angeli, Milano, 1993.
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posto ai bisogni di ricerca della propria individualità, libertà, privacy e
soprattutto alla necessità di instaurare nuovi rapporti interpersonali, più
genuini, con persone possibilmente di culture diverse.
In questo contesto si inserisce la scelta di un turismo nuovo ed
alternativo sia nelle modalità di svolgimento che nelle destinazioni, in
grado di soddisfare pienamente tutti questi bisogni.
Il rifiuto del turismo di massa e della vacanza autoprogrammata, la
ricerca di una autentica pausa alla routine di vita urbana e un crescente
bisogno di autonomia, porta a respingere tutto ciò che è troppo ideato e
organizzato.
Il successo delle vacanze nelle aziende agricole scaturisce dal reale
soddisfacimento dei bisogni di riposo e ricostituzione fisica e psichica,
con la occasione di conoscere itinerari poco conosciuti, venendo a
contatto con tradizioni, gente e stili di vita completamente nuovi.
L’era post-industriale ha portato ad una accresciuta attenzione
dell’uomo ai problemi di tutela dell’ambiente, alla riscoperta della
natura e soprattutto ad un forte desiderio di fuggire dalle nocive
metropoli industriali.
La vacanza agrituristica risponde pienamente a tutto questo e
consente al turista di immergersi nella semplice civiltà contadina,
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attraverso una partecipazione, anche se per una sola settimana, alle
attività agricole e alla vita della famiglia ospitante.
Se durante gli anni 50 si verificò un vero e proprio esodo rurale, a
causa di una diffusa convinzione di una netta superiorità economica e
socio-culturale dello stile di vita urbano rispetto a quello rurale, con la
conseguente svalorizzazione delle abitazioni contadine, recepite come
emblema di arretratezza e povertà, oggi si può assistere ad una vera
rivalutazione della vita agreste ed un elevato apprezzamento della
semplicità delle strutture rurali al punto tale da essere considerate
importanti beni culturali e ambientali, oggetto di grande interesse
legislativo.
L’agriturismo rappresenta inoltre una importante risorsa economica
per la gestione dell’azienda agricola e, in maniera particolare, per la
piccola azienda a conduzione familiare.
Oggi, infatti, quest’ultima è fortemente svantaggiata rispetto alle
imprese agricole di grandi dimensioni poiché non riuscendo ad
ammortizzare attrezzature tecnologiche necessarie per la realizzazione di
una produzione agricola su larga scala e competitiva, è costretta a
sostenere elevati costi.
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È proprio in questo contesto che il fenomeno agrituristico viene a
delinearsi come un indispensabile incentivo agli agricoltori, frenando
così, la tendenza, soprattutto tra i giovani, ad abbandonare la campagna
e stimolando loro, al contrario, a rivalutarla e ad incrementare la
produzione.
In Italia, le aziende agrituristiche si presentano maggiormente
collocate in tre principali regioni: il Trentino Alto Adige, la Toscana e
l’Umbria.
Analizzando l’agriturismo in Umbria, subito si può notare come
questa regione possiede tutti i requisiti essenziali per un grande
sviluppo di questo tipo di turismo, più di ogni altro contesto ambientale.
Infatti questo, si inserisce in una realtà naturalistica e culturale
piena di suggestioni e attrattive in cui vari elementi si fondono, quali: un
territorio ancora integro, una varietà di paesaggi e di vegetazione, la
vicinanza a piccole città di grande interesse artistico e storico, la
presenza di una cultura contadina radicata, (riscontrabile anche dalle
numerose manifestazioni folcloristiche e tradizionali presenti nella
regione) e la possibilità di praticare attività per il tempo libero come
passeggiate ecologiche, equitazione, nuoto, ping-pong e itinerari in
bicicletta.
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L’agriturismo in Umbria rappresenta una grande risorsa necessaria
per la realizzazione di importanti obiettivi di carattere generale come:
l’incremento dell’occupazione e dei redditi agricoli; la tutela del
patrimonio naturalistico e culturale attraverso la rivalutazione edilizia; la
crescita della domanda e quali-quantitativa dell’offerta turistica, ed
infine, la rivalutazione delle tradizioni locali.
Inoltre, un aspetto rilevante dell’agriturismo umbro, dal punto di
vista commerciale, è quello di rappresentare un notevole veicolo
promozionale sia per i prodotti tipici e i marchi di qualità regionali, sia
per l’artigianato locale
2
.
Attualmente in Umbria si assiste ad un notevole sviluppo
dell’agriturismo e i dati lo dimostrano: 221 sono le imprese
agrituristiche operanti, mentre altre 840 hanno fatto richiesta di
iscrizione all’albo professionale regionale.
A livello nazionale, le stime più recenti indicano l’esistenza di
7.000 aziende agrituristiche italiane, 100.000 posti-letto da queste offerti
e in circa 700 miliardi di lire il fatturato prodotto.
2
REGIONE DELL’UMBRIA, “La valutazione dell’agriturismo”, IRRES, 1994.
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1.2 Legislazione nazionale e regionale in tema di agriturismo
In Italia l’agriturismo è stato disciplinato dalla legge quadro
nazionale n. 730 del 5 dicembre 1985, finalizzata a promuovere lo
sviluppo del turismo rurale e la salvaguardia del patrimonio naturale,
rurale ed edilizio.
L’articolo 2 definisce la nuova forma di turismo un complesso di
“attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli, di
cui all’art. 2135 c.c., singoli o associati e loro familiari, di cui all’art.230
bis c.c., attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rapporto di
connessione e complementarietà rispetto alle attività di coltivazione del
fondo, silvicoltura e allevamento del bestiame che devono, comunque,
rimanere principali”.
Le attività agrituristiche comprendono:
1. Ospitalità stagionale anche in spazi aperti destinati alla sosta dei
campeggiatori;
2. Somministrazione di pasti e bevande purché costituiti
prevalentemente da prodotti di produzione propria;
3. Organizzazione di attività culturali o ricreative nell’ambito
dell’azienda stessa.
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Il requisito necessario affinché si possa parlare di agriturismo è
che l’attività sia esercitata all’interno dell’azienda agricola a conduzione
diretta; senza questo elemento non si avrà agriturismo, ma turismo
rurale.
Lo svolgimento dell’attività agrituristica è consentita dalla legge a
chiunque eserciti un’impresa agricola, senza la necessità della qualifica
di imprenditore a titolo principale.
La legge quadro oltre ad avere come principale obiettivo il
sostegno dell’agricoltura mediante la promozione del turismo nelle
campagne, è volta alla salvaguardia e al recupero del patrimonio edilizio
esistente, in quanto stabilisce che le attività agrituristiche possono essere
condotte soltanto negli edifici rurali già esistenti.
Inoltre per l’esercizio di tale attività non è prevista nessuna
esclusione di territorio, poiché è consentito anche nelle zone non
ricomprese nel Programma agrituristico regionale (PRA).
L’agriturismo italiano è sorto grazie all’associazione
AGRITURIST e la legge quadro del 1985 è stata creata attraverso la
collaborazione fra AGRITURIST, le altre associazioni del settore e la
Pubblica Amministrazione.
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E’ giusto sottolineare che le diverse associazioni di questo settore
hanno offerto un grande contributo allo sviluppo dell’agriturismo
italiano grazie alla consulenza prestata agli operatori intenzionati ad
intraprendere tale attività.
La determinazione dei criteri, dei limiti, degli obblighi
amministrativi per lo svolgimento dell’attività agrituristica e la
disciplina degli interventi a favore del recupero del patrimonio edilizio
sono stati delegati dalla legge nazionale alle singole regioni.
La regione dell’Umbria ha recepito la disciplina nazionale con la
legge n. 28 del 14 agosto 1997, “Disciplina delle attività agrituristiche”.
La nuova legge regionale si rivela molto più dettagliata e chiara
rispetto alla normativa precedente e alla legge quadro per sua natura
troppo generica e non sufficiente a risolvere eventuali dubbi.
Le finalità che la nuova legge si prefigge sono espresse dal primo
articolo, ed ovvero:
• Agevolare la permanenza dei produttori agricoli nelle zone
rurali, attraverso l’integrazione dei redditi aziendali e il
miglioramento delle loro condizioni di vita;
• Favorire il migliore utilizzo della manodopera rispetto alle
necessità dell’azienda agricola;
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• Favorire lo sviluppo e il riequilibrio delle diverse aree agricole
della regione, in particolare quelle montane e salvaguardare il
patrimonio rurale, naturale ed edilizio;
• Promuovere l’iniziativa di valorizzazione dei prodotti locali e
tipici;
• Favorire lo sviluppo del turismo all’aria aperta, specie quello
sociale e giovanile, la tutela delle tradizioni, nonché
promuovere scambi culturali tra mondo agricolo e mondo
urbano;
• Favorire la creazione e il consolidamento di aziende agricole
economicamente valide e organizzativamente flessibili al
mercato.
La legge umbra definisce le attività agrituristiche quelle indicate
dalla legge 730/85 ma aggiunge delle importanti novità.
In particolare, nell’attività di preparazione e somministrazione di
pasti e bevande, la legge regionale specifica che i prodotti da offrire
devono essere costituiti per almeno 2/3, anche in termini di prezzo
praticato, da prodotti aziendali e da prodotti locali o regionali.