54
La protagonista manifesta la volontà di superare le apparenze e le convenzioni del mondo per
denunciare l’ipocrisia e il suo compito è quello di mettere a nudo le azioni umane e tutte le
loro ambiguità, la loro profondità e i loro segreti.
Per concludere, il romanzo può essere considerato una prima esplorazione della psicologia
delle donne e una glorificazione di talenti femminili quali il sentimento e l’intuizione. È un
romanzo di formazione in cui troviamo sviluppato su più piani, il tema tipico di Marivaux,
quello di una nascita continua attraverso la scoperta rinnovata di sé e delle proprie emozioni.
Marianne, orfana e priva di una posizione sociale, attraverso le sue parole e le sue reazioni
mostra continuamente le particolari manovre da lei attuate per farsi accettare dagli altri.
Attraverso una dialettica continua tra il suo carattere, le sue aspirazioni, i suoi bisogni e la sua
posizione sociale, ella si forma ed evolve nel corso del romanzo, rimanendo fedele alla
propria scelta di essere virtuosa. Infine, interpretando i propri comportamenti, i propri
sentimenti ed elaborando delle massime di valore generale, possiamo ritrovare una presa di
posizione di Marivaux, che denuncia i difetti della società e il male che affligge la natura
umana, infatti critica apertamente il pregiudizio di casta e crea una sorta di satira degli
ecclesiastici.
Il pregiudizio di casta viene denunciato delineando le ingiustizie subite dalla fanciulla, che
essendo orfana e non avendo nobili origini, non può sviluppare una propria identità e non può
effettuare l’ascesa sociale sposando il giovane che lei ama, ma deve sempre essere alle
dipendenze di qualcuno che la aiuti economicamente. Per quanto concerne la satira degli
ecclesiastici, l’autore non condanna la fede e la chiesa in sé, ma le sue istituzioni e i suoi
ministri. Egli, infatti, critica l’ambiguità del carattere di Climal e il padre Saint-Vincent, che
si rivela ingenuo e troppo compromesso dai suoi protettori per ammettere la verità, tanto che
non osa condannare il comportamento del falso devoto.
2.6 LA FAMIGLIA E LA RICERCA DELLA MADRE PERDUTA
Leggendo il romanzo si può notare quale sia l’importanza della famiglia e il modo in cui è
descritta illustra i cambiamenti che ha subito. Le famiglie delineate nella Vie de Marianne
sono decimate; in esse, le madri sono delle vedove e i mariti che appaiono nel corso del
romanzo scompaiono velocemente. L’uomo ha solo il compito di trasmettere il titolo e il
nome della famiglia ed è colui che influenzerà le scelte dei figli all’interno della famiglia ed
55
essa è composta principalmente da uno o due figli che vivono con i genitori e che solo dopo
le nozze possono raggiungere l’indipendenza.
Nel racconto però riscontriamo delle eccezioni, in quanto Valville vive ancora con la madre
che si propone di accogliere Marianne in una camera del suo palazzo.
La famiglia si presenta anche come un luogo di conflitto, in cui la questione dell’eredità
divide i fratelli e le sorelle, rendendoli egoisti e crudeli e li esorta a compiere una vera e
propria corsa ad accaparrarsi i beni a scapito degli altri membri dimenticando i principi dettati
dall’onore.
107
Anche se ambientato nella prima metà del diciottesimo secolo, Marivaux descrive tre scene
familiari in un modo alquanto sentimentale e commovente come la morte di Climal, quella
del figlio di Mme Dursan e il riconoscimento tra Tervire e la madre alla fine del romanzo.
Queste scene soddisfano il lettore il quale vuole la riconciliazione tra i personaggi e la fine
dei malintesi.
108
La scena della morte di Climal in cui si assiste alla confessione e al pentimento per aver
approfittato della vulnerabilità della ragazza è resa in modo ammirevole con la descrizione
degli scoppi di pianto del nipote e della sorella e del dolore di Marianne, la quale si sente
venir meno:
Ah! Mon oncle, s’écria Valville la larme à l’oeil, vous faites l’action du monde la plus louable et la plus
digne de vous; tout ce qui m’on afflige, c’est que vous ne la faites pas en pleine santé. Quant à moi, je ne
regretterai que vous, et que la tendresse que vous me témoignez ; j’achèterais la durée de votre vie de
tous les biens imaginables ; et si Dieu m’exauce, je ne lui demande que la satisfaction de vous voir vivre
aussi longtemps que je vivrai moi-même.
109
La seconda scena familiare molto più patetica, è quella del riconoscimento del figlio malato
da parte della Dursan, che si pente dell’intransigenza passata. In questa scena si ritrovano dei
vocativi che traducono l’intensità emotiva della situazione, mentre riscontriamo la più alta
densità drammatica nell’incontro tra Mlle de Tervire e sua madre, in cui si danno libero corso
a grida di gioia e di dolore.
“ Ah! Ma chère Tervire! S’écria-t-elle en se laissant aller entre mes bras. A cette exclamation,
qui m’apprit sur le champ qu’elle était ma mère, je fis un cri dont fut épouvantée Mme
107
Marivaux, Pierre, La vie de Marianne, éd. Jean-Marie Goulemot, Le livre de poche, Paris, 2007, pp.26-27.
108
Richardot, Anne, « La veuve et l’orpheline. La famille dans La vie de Marianne», citato da Florence Magnot-
Olgivy, op.cit., p.143.
109
Marivaux,Pierre, op.cit., p.318.
56
Darcire, que son procureur venait de quitter et qui montait en cet instant l’escalier pour
revenir nous joindre.”
110
E importante rimarcare nella storia di Marianne e in quella di Tervire come i legami con i
parenti sono deboli o peccaminosi e sono anche presenti delle anomalie nelle unioni
matrimoniali. I personaggi sono tutti più o meno segnati da una perdita familiare e quindi
sono messi in scena orfani e vedove. La letteratura dell’Ancien Régime privilegia il
personaggio della vedova, assai presente nel romanzo di Marivaux; infatti, Mme Dorsin e
Mme de Miran sono prive di marito e anche nel caso della madre di Mlle Varthon si precisa il
fatto che il marito di questa donna era morto in Francia. Certamente, si tratta di una posizione
relativamente privilegiata per una donna del diciottesimo secolo, poiché le conferisce
un’autonomia sociale e finanziaria delle più apprezzabili e il romanziere mostra l’interesse
per questo tipo di individuo, che può azionare i meccanismi della finzione. La figura della
vedova presso Marivaux può svolgere una funzione di aiutante oppure di ostacolo al percorso
delle due eroine, che si muovono in scena.
111
Mme de Miran è la figura emblematica dell’aiuto; ella fa di tutto per sostenere il progetto di
Marianne di elevarsi verso i gradini più alti della società e di far valere la sua supposta
nobiltà, assecondata da Mme Dorsin. Tuttavia, è presente un’altra categoria di vedove, che
costituiscono un gruppo antagonista, ossia coloro che nuocciono al successo delle
protagoniste.
Possiamo pensare a Mme de Fare, la cui indiscrezione è fonte di tante avversità mortificanti
per Marianne, oppure a Mme de Sainte-Hermière nella storia di Tervire, i cui buoni uffici non
fanno che condurre la giovane donna in vicolo crudeli e ciechi.
112
Le persone del tutto prive di famiglia, in questo romanzo, non sono le vedove, ma le orfane,
in primo luogo Marianne. La singolarità della protagonista è di non aver solo perso i suoi due
genitori, ma di ignorare assolutamente chi fossero. Inoltre, è priva di qualsiasi genealogia e
perciò un incessante ritornello le ricorda le sue origini sconosciute. Durante gli incontri con
gli altri personaggi, Marianne ascolta varie espressioni che la rinviano alla sua nullità sociale,
tuttavia l’eroina sfrutta abbastanza volentieri la sua posizione insolita per cambiare le cose a
suo vantaggio.
Ciò avviene, ad esempio, durante l’incontro con Valville al convento, incontro in cui la sua
insistenza a definirsi come indegna degli sguardi amorosi che le riserva è quasi eccessivo.” Je
110
Ibid., p.664.
111
Richardot, Anne, « La veuve et l’orpheline. La famille dans La vie de Marianne», citato da Florence Magnot-
Olgivy, op.cit., p.147.
112
Ibid., p.148.
57
ne sais point de qui je suis née, j’ai perdu mes parents sans les connaître, je n’ai ni bien ni
famille, et nous ne sommes pas faits l’un pour l’autre”.
113
L’eroina è assai cosciente della seduzione che può suscitare la sua condizione di giovane
donna sola al mondo e questo aspetto è spiegato dalla studiosa Robert Marthe:
Elle sait appuyer son éloquence sur sa situation d’esseulée, notamment devant le ministre et ses alliés. On
sait que son plaidoyer emporte l’adhésion générale de l’assemblée et que certains écrasent des larmes,
pour la plus grande satisfaction narcissique de la personne assignée. C’est là le point commun de toutes
les surhumaines ne peut être qu’un mal-venu, un enfant abandonné, sacrifie.
C’est l’homme sans famille ni attaches, le fils de personne qui s’engendre lui-même, qui incarne le
héros.
114
In generale, l’eroina dichiara sempre di essere una povera orfana per rivendicare un privilegio
e un trattamento di favore e si nota anche la presenza di diversi calcoli coscienti che mirano
ad attirarsi le grazie di ogni interlocutore incarnando superlativamente la figura della donna
perseguitata dal destino.
115
Pur essendo un romanzo d’amore è molto più importante l’amore per la madre, mentre la
figura di Valville è secondaria per l’autoaffermazione della protagonista e mostra incapacità
di gestire la sua relazione con la fanciulla a causa dell’inconsistenza dei suoi sentimenti. Chi
trionfa sono la donna e la madre, mirabilmente riunite ed espresse in una Mme de Miran che,
pur contenuta nella sua combattività di femmina cui è stato sottratto il cucciolo, se pensiamo
ad esempio alla scena del rapimento della fanciulla dal convento.
116
Oltre che appassionata, la dama si dimostra abile e attenta e costruisce la sua argomentazione
su di un crescendo di motivazioni e di giustificazioni per affermare la validità del suo
interessamento per la fanciulla e riesce a commuovere l’uditorio, dichiarando che Marianne è
senza dubbio di origine nobile per il suo temperamento e animo, ma che una disgrazia l’ha
resa orfana e senza nome.
Stando a Mme de Miran gli indizi chiari non lasciano spazio a dubbi e la ragazza ha un
temperamento ed un animo nobili “ ce que je vous dis là, elle ne le doit ni à l’usage du
monde, ni à l’éducation qu’elle a eue, et qui a été fort simple : il faut que cela soit dans le
sang ; et voilà à mon gré l’essentiel.”
117
113
Marivaux, Pierre, op.cit., p.260.
114
Robert, Marthe, Roman des origines et origines du roman, Paris, Gallimard, 1972, p.89.
115
Richardot, Anne, « La veuve et l’orpheline. La famille dans La vie de Marianne», citato da Florence Magnot-
Olgivy, op.cit., p.150.
116
Ansalone, Maria Rosaria, op.cit., pp.102-103.
117
Marivaux, Pierre, op.cit., p.239.
58
La fanciulla, assillata dalla minaccia di essere ridotta a dipendere dalla carità altrui, sarà
perciò liberata da questa incombente paura grazie all’incontro con la madre ritrovata.
La benefattrice dimostra in pubblica sede, davanti al ministro e alla sua famiglia, che la
protezione da lei accordata alla fanciulla non ha nulla a che vedere con la falsa carità praticata
da altri.
Dunque, nella scena del consiglio si mostra l’affetto tra le due donne; sono pagine cariche di
grande intensità che culminano in una rassegnata rinuncia al matrimonio purché l’unione con
la madre ritrovata non venga compromessa.
118
Ciò che dà consistenza esistenziale a Marianne, che le garantisce un passato e un futuro, non
è il rapporto eterosessuale, ma questa seconda nascita che è resa forte dall’amore di una dama
nobile e generosa e che ha saputo cancellare l’oscurità della prima.
Marianne si sente nobile e il romanzo è disseminato delle affermazioni dell’eroina che
mostrano questa sua consapevolezza. Mme de Miran l’ha scelta perché ha compreso in lei
tale condizione. Nel racconto, oltre alla nascita dell’amore tra la protagonista e Valville,
caratterizzata da esitazione, turbamento e persino paura, esiste un’altra scena amorosa, che è
quella con la madre. Nell’incontro con la dama è sempre presente uno scambio di sguardi e la
struttura è quella dell’approccio prima visuale e distanziato e poi verbale e ravvicinato;
tuttavia manca l’elemento negativo, poiché nessun turbamento e nessuna paura vengono ad
offuscare la scoperta della nascita del sentimento.
119
Senza mancare di sottolineare l’effetto positivo della sua bella presenza con una punta di
cinismo, la protagonista rievoca i dettagli di quel magico incontro:
Je rougis, en la voyant, d’avoir été surprise dans mes lamentations; et malgré la petite confusion que j’en
avais, je remarquai pourtant qu’elle était contente de la physionomie que lui montrais, et que mon
affliction la touchait. Tout cela était dans ses regards ; ce qui fit que les miens durent lui paraître aussi
reconnaissants que timides ; car les âmes se répondent.
120
Una volta subito l’incrocio di sguardi, i colpi di scena si moltiplicano secondo una tecnica
ricorrente nel romanzo. Dopo l’incontro fortuito in Chiesa, la dama si reca proprio in quel
convento dove finisce per rifugiarsi anche la ragazza, disperata e in lacrime. La struttura è la
stessa nei due episodi, in quanto alla prima coincidenza straordinaria rappresentata
118
Ansalone, Maria Rosaria, op.cit., p.107.
119
Rousset, Jean, Leurs yeux se rencontrèrent, Paris, Corti, 1981, pp.115-121.
120
Marivaux, Pierre, op.cit., p.212.
59
dall’incontro in Chiesa, fa seguito una seconda più eccezionale che è il confluire nello stesso
luogo.
121
Questo luogo è il convento, spazio chiuso come la casa del giovane, ma soprattutto
metaforica immagine del rifugio materno, del riparo e della tentazione al ritiro dal mondo,
tema che attraversa tutta la storia di Marianne e che consente l’inserimento di quella di
Tervire. Il convento assume una connotazione particolare, visto che la protagonista trova
davvero la madre, e il discorso dissuasivo che fa prendere forma alla storia di Tervire è
condensato nel contrasto tra il comportamento della priora e quello della benefattrice.
La priora, inizialmente conquistata dall’aspetto e dagli abiti della ragazza, una volta appresa
la verità sulle vicende della fanciulla, passa ad un freddo rifiuto sottolineato da un vero
capovolgimento di atteggiamento. Mme de Miran, invece, dopo aver appreso le disgrazie
affrontate da Marianne, si sente da lei attratta e verso di lei disponibile.
122
Ella propone all’eroina di colmare il vuoto lasciato nel suo cuore dalla perdita della prima
madre sostitutiva, tuttavia sopraggiungerà anche l’offerta di diventare madre a tutti gli effetti
e di ristabilirla in una condizione di nobiltà e ricchezza. In questa scena, l’affinità è totale e
nella fanciulla non c’è turbamento, ma speranza e nella dama c’è molta risolutezza,
accompagnata subito da una totale serenità. Tra di loro, non c’è alcun silenzio sulla questione
delle origini ignote, problema che ha tormentato la protagonista dopo il suo incontro con
Valville. Se nella presentazione negativa della religiosa si scorge la premessa del fatto che la
ragazza non sceglierà il convento, nella differenza di reazioni dinanzi a questi due incontri
costruiti parallelamente e caratterizzati da turbamento e sotterfugi con Valville e dà fiducia e
serenità con Mme de Miran, possiamo ravvisare la premonizione da una parte, del tradimento
del giovane e, dall’altra, il fatto che Marianne sarà certamente accettata in seno alla nobiltà.
Stando allo studio di Francesco Orlando, lo spostamento del racconto verso il rapporto
intenso e profondo tra le due donne, risulta assai sorprendente se lo si colloca nel contesto
storico della prima metà del Settecento, in cui i rapporti parentali sono caratterizzati da
distacco e dall’indifferenza. In quest’epoca i figli sono allevati dalle balie e rimangono degli
estranei per i loro genitori, diventando anche un peso gravoso per i poveri contadini a cui
sono affidati. Ai tempi dell’Ancien Régime, il bambino non è considerato un valore in sé e
vestito come un adulto in miniatura e separato dai genitori, l’infante non occupa uno spazio
suo né nella vita, né nella letteratura.
123
121
Ibid., p.110.
122
Ibid.
123
Orlando, Francesco, Infanzia, memoria e storia da Rousseau ai Romantici, Pisa, ed. Pacini, 2007, p.344.
60
Marivaux, non smentisce la sua epoca; infatti, l’infanzia rappresenta l’unico importante caso
di ellissi della storia narrata da Marianne. Noi non sappiamo nulla dei suoi primi momenti di
vita nella famiglia d’origine e della sua vita quotidiana fino all’adolescenza.
Marivaux non si sofferma sui tipici rapporti tra madre e figlio del Settecento: l’eroina non ha
paura di relazionarsi con Mme de Miran, anzi, privata della figura materna, ella ne ha
conservato un’immagine positiva, che la forzata sottrazione ha contribuito ad accentuare.
124
Nei confronti della sorella del curato Marianne ha provato un pietoso ed affettuoso
attaccamento, potenziato dalla condizione di donna nubile e dunque non costretta a dividere
tra molti figli l’attenzione e l’impegno per l’allevamento della creatura adottata.
Stando al saggio di Annick Jugan, Marianne non ha neanche sperimentato l’affronto
dell’abbandono, che invece ha subito Tervire, perciò della madre perduta ha potuto
conservare solo il rimpianto ed il desiderio. L’incertezza sulla nascita della protagonista si
costruisce su una duplice opposizione: non nobile/ nobile e legittima/bastarda. Se si suppone
che l’eroina fosse figlia di padroni e non di servi, si può sempre presumere che ella fosse il
frutto di una unione non voluta o illegittima. In questo caso si sottolinea il parallelismo di
situazioni con la storia di Tervire. Tuttavia, entrambe relegano la figura paterna a un ruolo
marginale, giustificato nel caso della religiosa dal fatto che il padre sia morto; lasciando alla
madre l’esclusività del ruolo affettivo. Per Marianne ha un ruolo meno marginale perché ella
perde entrambi i genitori contemporaneamente. Nel caso della protagonista si tratta di un
romanzo familiare in cui la realtà della situazione di orfana di genitori ignoti si cristallizza,
trasformandosi in una e vera e propria ossessione. Per Marianne, come anche per Tervire,
l’ossessione di ricerca della madre è duplicata quando anche la prima madre adottiva viene a
mancare.
125
A quel punto, una serie di figure femminili ostili e connotate in negativo come la Dutour,
considerata troppo volgare e frustrata, tendono all’estremo la richiesta e l’attesa di una madre
vera. Nonostante tutto, diversi punti nodali dell’intreccio offrono l’occasione per porre
l’accento su una figura paterna, come il buon curato di campagna che fa da controparte alla
sorella, il quale sembra rivendicare questa funzione. Tuttavia, la fanciulla riserva alla sola
sorella del prete il ruolo sostitutivo, basti pensare alla scena di angoscia e disperazione alla
quale ella si abbandona nel momento della morte della vice-madre. In parallelo con quanto
avviene per le figure materne, c’è l’introduzione sulla scena di due padri mancanti. Il primo è
M.de Climal, descritto come ipocrita corruttore e falso devoto, il quale solo in punto di morte
124
Ansalone, Maria Rosaria, op.cit., p.117.
125
Annick, Jugan, Les variations du récit dans La vie de Marianne, éd. Klincksieck, Paris, 1978, p. 141.
61
giungerà al ravvedimento. L’altro è sempre il religioso Saint-Vincent, il quale fa coppia con
la priora, essendo entrambi incapaci di interpretare il ruolo di protezione e rassicurazione che
dovrebbe essere connaturato al loro ministero. Le funzioni dei personaggi non possono essere
ridotte ad una contrapposizione tra figure femminili positive e figure maschili negative, come
la priora, che vuole ridurre la protagonista al ruolo di una vera e propria mendicante.
Se il topos dell’orfana fosse stato funzionante anche nella direzione di una carenza di figura
paterna, la ragazza non avrebbe nutrito attrazione per un uomo giovane.
126
Le sole figure che potrebbero rappresentare un’isotopia paterna sono il ministro e il vecchio
gentiluomo, ma la sintonia della fanciulla nei loro confronti rimane debole e distratta, mentre
sono sottolineati i valori di giustizia, equilibrio sociale e generosa cavalleria, tipici della
tradizione aristocratica francese. La nascita ignota della protagonista, utilizzata nei romanzi
con lo scopo di potenziare i sentimenti dell’innamorato, gioca tre ruoli diversi: fornisce
l’inizio della storia, costituisce un’analessi ricorrente evocata dalla protagonista o da altri
personaggi che raccontano la sua storia secondo il loro personale punto di vista e infine fa da
conclusione, poiché è la mortificante ricostruzione della vicenda fatta da Varthon a
giustificazione del mutamento di Valville che ci porta al racconto di Tervire.
Concludendo, l’eroina di Marivaux in seguito alla rottura della relazione con Climal, passa ad
una seconda nascita in cui cerca di riparare la sua condizione, imponendo la propria nobiltà
d’animo come mezzo per elevarsi nella società e attirare la simpatia della benefattrice, da lei
scelta come madre adottiva.
127
La funzione seduttrice dell’anima, si presenta come un’esternazione delle proprie emozioni e
affetti, infatti in tutti i momenti in cui Marianne esplode in lacrime, esse danno spettacolo
della sua anima. Come spiega Saint Amand:
Les larmes, ces sécretions vertueses auxquelles Marianne a souvent recours, sont une sorte de
prélangage, montrent une régression affective infantile où s’exprime le besoin de la mère. On comprend
que ce soit le langage que Marianne utilise toujours devant Mme de Miran. L’ultime prouesse de
Marianne, c’est en effet de se trouver une mère. Si elle a perdu sa mère biologique, elle fait tout pour la
remplacer.
128
La ricerca della madre sostitutiva di quella biologica si articola in varie fasi, ma l’ultima è la
simbiosi della figlia nel nome della madre, infatti il nome della madre contiene
anagrammaticamente quello della figlia. La simbiosi tra le due donne è rilevato nel momento
in cui la protagonista mostra la propria angoscia e disperazione davanti all’eventualità di
126
Ansalone, Maria Rosaria, op.cit., p.122.
127
Saint, Amand, Pierre, Les parures de Marianne, « Eighteenth century fiction», vol.4 n°1, 1991, p.22.
128
Ibid., p.23.