4
INTRODUZIONE
Lo scenario complicato derivante dalla globalizzazione costituisce per le imprese
italiane una sfida importante. Se da un lato la crescente integrazione dei mercati costituisce
un’occasione per intercettare nuova clientela potenziale, anche la competizione aumenta di
conseguenza, costringendo le imprese a degli importanti cambiamenti strategici. Ciò che si è
creato nel tempo è il mercato “globale”, che non racchiude in sé solo aspetti economici, ma
anche implicazioni in ogni campo: culturali, politiche, sociali e ambientali.
Lo scenario italiano è stato da sempre peculiare, in quanto la maggior parte del tessuto
produttivo è costituito dalle piccole e medie imprese e proprio su di loro sono puntati i riflettori
quando si parla delle opportunità e delle minacce della globalizzazione; per un’impresa di
questo tipo, l’internazionalizzazione è una vera e propria sfida e la riuscita sul mercato globale
non è affatto scontata. Destreggiarsi sullo scenario internazionale comporta per le PMI italiane
evidenti sforzi derivanti soprattutto dalla mancanza di risorse e di strumenti, nonostante ciò i
risultati sono stati brillanti; sono proprio le produzioni di qualità delle “4A” costituite dal settore
Alimentare, da quello dell’Abbigliamento-moda, dell’Arredo-casa e dell’Automazione-
meccanica, che hanno reso il Made in Italy famoso e apprezzato in tutto il mondo e hanno
permesso all’Italia, nonostante le sue ridotte dimensioni, di ottenere l’ottava posizione fra i
principali paesi esportatori del mondo, con una quota di circa il 3%.
L’obiettivo della presente tesi è quello innanzitutto di andare a fondo nella comprensione del
percorso internazionale intrapreso dalle piccole imprese, a questo è infatti dedicato il primo
capitolo, che vuole in primo luogo analizzare meglio il contesto proposto dal fenomeno della
globalizzazione e le sfide che porta con sé, per poi concentrarsi sullo scenario italiano anche
alla luce degli ultimi avvenimenti legati alla pandemia globale di Covid-19. Questa prima parte
si concentra poi sulle PMI, fulcro del tessuto produttivo italiano, definendo le loro
caratteristiche e gli approcci teorici all’internazionalizzazione appositamente pensati per questo
tipo di realtà aziendale.
La seconda parte della tesi vuole invece entrare nel dettaglio rispetto alle caratteristiche di uno
solo dei settori simbolo del Made in Italy: l’Agroalimentare. Infatti, l’idea di elaborare la
seguente tesi magistrale è nata dopo aver svolto un periodo di stage nell’Azienda Agricola e
Agrituristica Podere Nigriano, situata in Lombardia nella provincia di Brescia e produttrice di
olio extravergine d’oliva biologico. Il secondo capitolo si concentra sull’analisi del settore
agroalimentare italiano, per poi descrivere la produzione di olio d’oliva italiano, il commercio
con l’estero ad essa associato ed infine dare spazio ad una delle tendenze chiave che ha
5
caratterizzato il settore negli ultimi anni su scala mondiale: il mercato del biologico, che porta
con sé una crescente attenzione alla sostenibilità e all’aspetto salutare che accompagna i
prodotti alimentari, che naturalmente espongono il consumatore a maggiori rischi. La parte
finale del secondo capitolo è dedicata poi alla produzione del Garda, luogo dove è situata
l’azienda, la cui produzione di olio d’oliva è peculiare grazie al clima e costituisce da sempre
un prodotto di nicchia apprezzato in tutto il mondo e con grandi potenzialità sulla scena estera,
accresciute soprattutto dai flussi turistici della zona.
Infine, il terzo e ultimo capitolo è dedicato all’elaborazione di una strategia pratica per l’azienda
per rispondere alla domanda di prodotto generata soprattutto dal connubio vincente fra azienda
agricola e agriturismo. L’Italia è infatti l’unico Paese in cui la disciplina dell’agriturismo è
legata a quella dell’azienda agricola, di modo che entrambe le realtà possano trarne beneficio.
Quest’ultima parte nasce infatti dalla volontà di rispondere alla domanda potenziale espressa
dai turisti in visita che, oltre ad acquistare la maggior parte della produzione annuale di olio
dell’azienda, spesso chiedono di poter ottenere una fornitura nel paese di provenienza. Si
vogliono quindi analizzare i mercati più appetibili per l’impresa ed elaborare una strategia
ragionevole e in linea con le reali possibilità e risorse aziendali, concentrandosi anche sugli
strumenti di supporto a cui le PMI hanno accesso in Italia. Questo tipo di elaborazione
strategica, oltre ad essere pensata ad hoc, si propone di costituire una base di partenza per questo
tipo di imprese, simbolo della realtà agricola del bresciano, caratterizzata da forte domanda, ma
da ridotta dimensione, risorse e scarsa esperienza estera.
6
CAPITOLO 1 – L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE
IMPRESE ITALIANE: focus sulle PMI
1.1 La globalizzazione e il fenomeno dell’internazionalizzazione
Con la fine del ventesimo secolo, l’economia è entrata in quella che viene definita la
terza fase della globalizzazione
1
, con i conseguenti vantaggi e svantaggi ad essa collegati. Con
tale termine si identifica il processo storico che ha portato all’integrazione di economie, società
e culture regionali attraverso un network globale di comunicazione, trasporto e scambio
2
. Una
quantità crescente delle operazioni economiche mondiali sta assumendo sempre più una
dimensione che trascende i confini nazionali, grazie alla riduzione (quasi eliminazione) degli
ostacoli alla libera circolazione di beni, capitali, servizi e conoscenze. Bisogna tuttavia
precisare, che il 2019 è stato caratterizzato da un rallentamento dell’apertura internazionale,
dovuto al cambiamento dello scenario nell’anno precedente, per via dell’uscita del Regno Unito
dalla Ue e dei conflitti tariffari che si sono venuti a creare a causa delle politiche
protezionistiche degli Stati Uniti
3
, plasmando un clima di incertezza generale. Tra i mercati
emergenti la Cina ha sperimentato una decelerazione maggiore dell’attività, ma secondo i dati
del Fondo Monetario Internazionale, l’economia mondiale è comunque in crescita nel 2019 del
2,9%
4
. Inoltre, il 2020 è testimone di un evento straordinario a livello sanitario, lo scoppio della
pandemia di Covid-19, che ha avuto e avrà notevoli conseguenze anche sullo scenario
economico: le previsioni prospettano una contrazione del commercio mondiale di almeno
l’11%, che governi e istituti internazionali si stanno però impegnando ad arginare
5
.
Nonostante questa battuta di arresto, ciò che si è venuto a creare nel tempo è il mercato
“globale”, frutto dell’”integrazione crescente delle economie delle diverse aree geografiche del
1
Considerando la dinamica dei flussi migratori, degli investimenti diretti all’estero e delle esportazioni vengono
individuate tre fasi della globalizzazione. (P. Collier, D.Dollar, Globalizzazione, crescita economica e povertà:
rapporto della Banca Mondiale. Il Mulino, Bologna, 2003, pp. 41-62)
2
J.J. Lambin, Market-driven management. Marketing strategico e operativo, McGraw-Hill Education, 2016 p. 45
3
Nel luglio 2018 gli Stati Uniti hanno annunciato dazi del valore del 25% su 1.300 prodotti cinesi ed un ulteriore
restrizione a settembre 2018, la Cina ha risposto con ulteriori dazi per un valore di 60 miliardi.
Contemporaneamente è stato negoziato un nuovo accordo, l’Umsca, che ha sostituito il Nafta, in virtù soprattutto
di una restrizione nei confronti del Messico. Le vicende Airbus-Boeing e della Digital Tax sono state inoltre terreno
di scontro tra Stati Uniti e Ue. (Istat: Rapporto sulla competitività dei settori produttivi, edizione 2020,
https://www.istat.it/it/archivio/240112, pp. 31-33)
4
Istat, Rapporto sulla competitività dei settori produttivi, edizione 2020, https://www.istat.it/it/archivio/240112,
p.14
5
Istat, Rapporto annuale 2020, la situazione del Paese, luglio 2020, https://www.istat.it/it/archivio/244848, pp.
17-18
7
mondo”
6
, con implicazioni che vanno oltre il semplice aspetto economico, coinvolgendo anche
politica, cultura, ambiente e società.
La base per la fondazione di questo tipo di mercato è identificabile nel principio del libero
scambio che consente agli operatori di effettuare transazioni e scambi senza particolari
restrizioni
7
, favorito da accordi quali il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade)
firmato nel 1947 e dalla creazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) nel
1995.
Le imprese si trovano quindi immerse in uno scenario completamente diverso, che le
costringe ad allargare i propri orizzonti; limitarsi alla valutazione e all’inserimento nel proprio
mercato nazionale non è più l’unica opzione, poiché esso ha ormai assunto una dimensione
sovranazionale. Un’impresa trova nell’ambito dell’economia mondiale sia fonti di
finanziamento, che possibilità di investimento, sbocchi commerciali, nuove conoscenze ed
opportunità.
Bertoli e Valdani
8
identificano alcune importanti implicazioni dell’integrazione dei mercati:
innanzitutto essa accentua la tensione concorrenziale nella maggior parte dei settori; con il
libero scambio e quindi minori barriere all’entrata, le imprese si trovano nella condizione di
dover affrontare una più ampia minaccia di potenziali entranti.
In aggiunta, l’apertura internazionale mette le imprese di fronte a molti potenziali clienti, diversi
per cultura, abitudini e desideri rispetto a quelli del paese d’origine dell’impresa. In questo
senso, assume sempre più importanza la comprensione della domanda che si va a servire. La
possibilità di avere a disposizione una clientela quantitativamente così estesa nel numero, porta
con sé indubbi vantaggi, risulta tuttavia inevitabile il confronto con un tipo diverso di
competizione, poiché un mercato globale implica la presenza di una quantità maggiore di
prodotti, molti dei quali soddisfano lo stesso bisogno in molti modi differenti, configurando in
questo modo un panorama ampissimo di prodotti sostitutivi, accompagnati da maggiori
possibilità per la domanda di comparare alternative, grazie alla facilità con cui ormai si possono
reperire informazioni su prodotti e imprese, grazie in particolare al processo di digitalizzazione
che negli ultimi anni è andato di pari passo ed ha favorito la globalizzazione, appianando sempre
di più la disparità informativa che un tempo costituiva la forza del produttore/venditore.
Un altro aspetto fondamentale da prendere in considerazione è che integrazione globale vuol
dire anche ripensamento della divisione internazionale del lavoro: la specializzazione si basa
6
G. Bertoli, E.Valdani, Marketing internazionale, Seconda Edizione, Egea, 2018, p.3
7
J.J. Lambin, Market-driven management. Marketing strategico e operativo, McGraw-Hill Education, 2016 p. 46
8
G. Bertoli, E.Valdani, Marketing internazionale, Seconda Edizione, Egea, 2018
8
sulla legge del vantaggio comparato secondo cui un Paese si dovrebbe focalizzare
esclusivamente sulla produzione in cui è maggiormente efficiente. In questa prospettiva
mondiale, i Paesi non producono più ciò che a loro serve ma ciò che il mercato chiede,
definendo di fatto tre grandi aree: Africa e Medio Oriente che forniscono le risorse, l’Asia per
la lavorazione e l’Occidente che si configura come una realtà di progettazione e
commercializzazione
9
. Questo perché il libero scambio ha permesso alle imprese di
delocalizzare sempre di più la produzione dei beni danneggiando da un lato l’economia locale
dei Paesi sviluppati, causando la perdita di posti di lavoro, e dall’altro lato ha favorito il
fenomeno del social dumping, che consiste nell’aggirare le regolamentazioni dei mercati
domestici, al fine di trasferire la produzione nei Paesi dove i costi sono minori
10
. La principale
differenza di questa terza fase di globalizzazione rispetto alle precedenti è la partecipazione ai
mercati dei cosiddetti paesi in via di sviluppo, che a partire dal 2010 stanno pian piano uscendo
dalla dinamica di sfruttamento per le materie prime e per la manodopera a basso costo, messo
in atto dai paesi sviluppati, riuscendo a ritagliarsi spazio anche tra i giganti occidentali che
dominano gli scambi.
Vedere alcuni dati può aiutare a capire la portata del fenomeno della globalizzazione
nella sua fase attuale. L’agenzia italiana ICE
11
stila periodicamente dei report basati sui dati
forniti dalla UNCTAD
12
sul livello dei flussi mondiali di IDE
13
in entrata, in uscita e i progetti
di investimento diretto estero (greenfield e di espansione). Nel periodo dal 1990 al 2016 si
attesta in generale una straordinaria crescita dei flussi e degli stock di investimenti diretti esteri,
con tassi medi annui dell’8% e del 10%.
È interessante la ripartizione per gruppi di economie: paesi emergenti ed economie in
transizione e paesi sviluppati. I flussi di IDE evidenziano una ripresa dopo la crisi del 2010 di
cui hanno beneficiato soprattutto i paesi emergenti ed in transizione, che per la prima volta nel
2013-2014 hanno superato in valore i paesi avanzati che nel 2000 costituivano ancora l’80%
del totale. Questi flussi sono tornati a prevalere solo nel 2015, grazie a operazioni di fusione e
acquisizione operate soprattutto da parte delle grandi imprese multinazionali dei paesi avanzati.
Secondo il World Investment Report 2020 stilato dalla UNCTAD, il flusso di IDE del 2019
9
www.unimondo.org/Guide/Economia/Lavoro
10
J.J. Lambin, Market-driven management. Marketing strategico e operativo, McGraw-Hill Education, 2016 pp.
46-47
11
ICE-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane
12
United Nations Conference on Trade and Development
13
Investimenti diretti esteri: flussi di investimenti verso Paesi diversi rispetto a quello dove è localizzata l’attività
dell’impresa. Possono essere volti all’acquisizione di partecipazioni o alla costituzione di una filiale.
9
verso le economie sviluppate è cresciuto del 3% rispetto al 2018, così come il flusso verso le
economie emergenti ha subito un leggero declino del 2%. Il report sottolinea inoltre come dal
2010 quest’ultimo sia stato relativamente stabile con un valore medio di 674 miliardi di dollari.
La fig. 1.1 mostra l’elenco delle prime 20 economie per IDE in entrata nel 2018 e 2019 secondo
le stime dell’UNCTAD.
Figura 1.1 – flussi IDE in entrata, prime 20 economie, 2018 e 2019 (milioni di dollari)
14
Gli Stati Uniti si confermano al primo posto nonostante un leggero declino (-3%), anche la Cina
mantiene un importante secondo posto attestando un piccolo incremento. Molti sono i paesi
considerati emergenti che occupano la parte alta del ranking: Cina, Singapore, (Hong Kong),
Brasile e India. Per quanto riguarda l’Italia invece, tende a oscillare fra la quindicesima e la
sedicesima posizione con un valore che si attesta sempre intorno ai 30 miliardi di dollari.
Per quanto riguarda i flussi IDE in uscita nel 2018 le imprese multinazionali dei paesi sviluppati
avevano ridotto il loro investimento del 40%, dovuto in particolare ai flussi relativi agli Stati
Uniti che hanno raggiunto la quota negativa di -91 miliardi di dollari
15
. Nel 2019 abbiamo
14
UNCTAD, World Investement Report UNCTAD 2020: International Production Beyond Pandemic,
https://unctad.org/en/pages/PublicationWebflyer.aspx?publicationid=2460, p. 12
15
Ivi., p. 14
10
invece una crescita del 72% rispetto all’anno precedente, dal momento che le imprese
multinazionali dei paesi sviluppati hanno investito all’estero 917 miliardi di dollari
16
.
I flussi in uscita europei sono aumentati del 13% soprattutto grazie ai Paesi Bassi e alla
Germania. I flussi provenienti dagli Stati Uniti ritornano positivi. Il Giappone rimane il primo
investitore (figura 1.2), con flussi diretti in particolare verso l’Europa e il Nord America, con
una percentuale di crescita del 58%.
Per quanto riguarda le economie in via di sviluppo, esse incontrano un declino del 10%, in
particolare la Cina vede un calo dei flussi in uscita per il terzo anno consecutivo (causato da
restrizioni sugli investimenti esteri, tensioni geopolitiche e una situazione difficile a livello di
commercio globale). Aumentano invece i flussi provenienti dai due paesi investitori storici della
zona asiatica: Singapore e Malesia.
Figura 1.2 – flussi IDE in uscita, prime 20 economie, 2018 e 2019 (miliardi di dollari)
17
L’Italia si mantiene in una posizione costante anche per quanto riguarda i flussi IDE in uscita,
con un piccolo declino rispetto all’anno precedente raggiungendo la quota di 25 miliardi di
dollari.
Il report dell’UNCTAD prende in considerazione come indicatori anche i valori delle
operazioni di fusione e acquisizione estere e i progetti greenfield, mostrando una riduzione in
16
UNCTAD, World Investement Report UNCTAD 2020: International Production Beyond Pandemic,
https://unctad.org/en/pages/PublicationWebflyer.aspx?publicationid=2460, p.14
17
Ivi., p. 15
11
valore nel 2019. Crescono invece i flussi di project finance
18
internazionali, che riguardano
soprattutto infrastrutture. In questo campo i maggiori investitori nelle economie sviluppate sono
gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Germania; mentre i maggiori investitori nelle economie in
via di sviluppo sono Spagna, Stati Uniti e Cina. Quest’ultima ha aumentato di molto la portata
dei progetti nelle economie in via di sviluppo negli ultimi cinque anni, soprattutto per i trasporti
e la produzione di energia, non solo nei paesi della zona asiatica ma anche in Africa, America
Latina e nei Caraibi.
Un dato interessante riguarda i progetti di investimento in energie rinnovabili che stanno
sperimentando una crescita graduale e nel 2019 hanno raggiunto il 50% di tutti gli investimenti
globali.
Il processo di integrazione globale ha sempre avuto un riflesso anche sul commercio
mondiale di beni (e servizi), che fino al 2016 classificava come primi 3 esportatori di beni:
Cina, USA e Germania. Il rapporto stilato da ICE e Prometeia con i dati aggiornati al 2019
mostra un quadro di sintesi in cui il commercio internazionale attesta una diminuzione
significativa dell’elasticità degli scambi al PIL e di conseguenza del tasso di sviluppo del
commercio internazionale rispetto a quello della produzione mondiale (figura 1.3).
Figura 1.3 – PIL e il commercio mondiale (variazione percentuale per anno a prezzi costanti)
19
Il report ICE sottolinea come questo sia dovuto ai cambiamenti in atto rispetto ai modelli di
internazionalizzazione adottati dalle imprese, le quali hanno inserito in maniera sempre più
ampia nelle loro strategie concetti come backshoring
20
e remanufacturing
21
; hanno rivisto i
18
Il project finance è una operazione di finanziamento a medio lungo termine con caratteristiche particolari, che
prevede la creazione di un SPV (Special Purpose Vehicle), una società neocostituita.
19
ICE-ITA, Rapporto ICE e Prometeia 2019: Evoluzione del commercio con l’estero per aree e settori,
https://www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-prometeia, p.6
20
Rientro della produzione nel paese d’origine
21
Processo industriale attraverso il quale un componente o un prodotto precedentemente venduto, utilizzato o non
funzionante viene lavorato e portato alla condizione di “like new” o “better-than-new” (Fonte: Remanufacturing
Industries Council)
12
vantaggi legati all’adozione di filiere lunghe in favore della prossimità, che gode di un controllo
maggiore sulla produzione e una capacità maggiore di raggiungere il consumatore finale, in uno
scenario complesso come quello descritto a inizio paragrafo. Inoltre, le imprese mostrano una
maggiore attenzione ai luoghi di produzione dei beni, in favore di maggiori tutele ambientali e
sociali. A livello di scambi per fase di filiera (figura 1.4) questo comporta la decrescita degli
scambi relativi ai beni di approvvigionamento (sourcing), ai beni di prima lavorazione e
intermedi, mentre si rivelano in controtendenza quelli relativi ai beni finali (in cui l’Italia è
specializzata).
Figura 1.4 – Variazione percentuale del commercio mondiale per fase di filiera (a prezzi costanti)
22
Per concludere il quadro sul commercio mondiale, si riportano di seguito i dati paese per paese
in accordo con le elaborazioni dell’Osservatorio Economico del Ministero Sviluppo Economico
su dati FMI-DOTS aggiornati al periodo gennaio-agosto 2019
23
: i primi tre Paesi esportatori al
mondo si confermano Cina, Stati Uniti e Germania, rispettivamente con una quota di mercato
del 13% (0,5% in meno rispetto al 2016), del 8,8% (-0,4% rispetto al 2016) e dell’8% (-0,4%
rispetto al 2016). Si confermano anche come i primi tre importatori di beni dove gli Stati Uniti
(quota del 13,3%) occupano invece il primo posto e la Cina (quota del 10,7%) il secondo, con
la Germania sempre al terzo posto (quota del 10,7%).
Gettando invece uno sguardo al futuro, prima della pandemia di Covid-19, era prevista
già dal 2020 un’accelerazione degli scambi mondiali rispetto all’anno precedente e un ulteriore
miglioramento nel 2021, grazie a un impatto ormai più limitato delle tensioni tra Cina e Stati
22
ICE-ITA, Rapporto ICE e Prometeia 2019: Evoluzione del commercio con l’estero per aree e settori,
https://www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-prometeia, p.7
23
https://www.mise.gov.it/images/stories/commercio_internazionale/osservatorio_commercio_internazionale/stat
istiche_import_export/paesi_export_import_mondo.pdf
13
Uniti e del processo di Brexit (escludendone ulteriori drammatizzazioni)
24
. La crisi innescata
dalla pandemia, porta invece una necessaria revisione delle previsioni, poiché le misure di
lockdown adottate hanno rallentato gli scambi e i progetti di investimento previsti su scala
mondiale: i flussi di IDE si ridurranno del 40% nel 2020 e fra il 5% e il 10% nel 2021
25
. Il
recupero è previsto solo a partire dal 2022 in maniera lenta e subordinata anche alla risposta dei
governi e degli organismi sovranazionali.
Tuttavia, nonostante il declino drastico dei flussi IDE per via di questa crisi, a livello globale i
flussi resteranno positivi e il sistema di produzione internazionale continuerà a giocare un ruolo
importante per la crescita e lo sviluppo economico su scala globale
26
.
1.2 Il ruolo dell’Italia nel commercio internazionale
Nella classifica dei principali paesi esportatori, l’Italia mantiene stabilmente negli ultimi
anni, una quota di mercato del 2,8% che la porta ad occupare l’ottava posizione; dal punto di
vista delle importazioni la posizione occupata è la tredicesima con una quota del 2,5%
27
.
Nel rapporto ICE “L’Italia nell’economia internazionale” (2018-2019) si sottolinea come le
imprese italiane abbiano tradizionalmente avuto alcune difficoltà ad adattarsi ai mutamenti già
delineati nella sezione precedente del capitolo, che hanno caratterizzato l’economia mondiale
negli ultimi vent’anni. In generale, una maggiore propensione all’integrazione internazionale si
riscontra infatti nelle imprese medio-grandi piuttosto che nelle PMI, che costituiscono invece
la maggior parte del tessuto produttivo italiano. Nonostante le evidenti sfide che hanno dovuto
affrontare e i limiti di cui si è detto, le imprese italiane sono sempre riuscite a destreggiarsi bene
sullo scenario internazionale: l’Italia è uno dei più brillanti esempi di interiorizzazione del già
citato concetto del vantaggio comparato, specializzandosi nelle cosiddette “4A”: l’Alimentare,
l’Abbigliamento-moda, l’Arredo-casa e l’Automazione-meccanica.
In figura 1.5 si riporta il “medagliere internazionale”
28
che vede infatti l’Italia al primo posto
mondiale per prodotti quali borsette e valigie in pelle e cuoio, macchine per imballaggio,
occhiali da sole, calzature con suola in cuoio naturale ecc.
24
ICE-ITA, Rapporto ICE e Prometeia 2019: Evoluzione del commercio con l’estero per aree e settori,
https://www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-prometeia, p. 9
25
UNCTAD, World Investement Report UNCTAD 2020: International Production Beyond Pandemic,
https://unctad.org/en/pages/PublicationWebflyer.aspx?publicationid=2460, p. x
26
Ivi., p. xi
27
https://www.mise.gov.it/images/stories/commercio_internazionale/osservatorio_commercio_internazionale/stat
istiche_import_export/paesi_export_import_mondo.pdf
28
Indice Fortis-Corradini