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Introduzione
Il presente lavoro di tesi verte sulla Doll Therapy o Terapia della Bambola, la
scelta dell’argomento è avvenuta quasi per caso, la mia attenzione inizialmente
è stata catturata dall’oggetto ‘‘bambola’’ poiché ha avuto la capacità di
riportarmi indietro nel tempo quando da bambina per anni ho dormito in
compagnia di una bambola fatta con le mie stesse mani. Considerando che
manualità e creatività non sono mai state il mio forte la creatura da me
realizzata non si poteva dire fosse una bellezza al punto che fu da tutti
ribattezzata come ‘‘il mostro’’. Il ricordo di questa bambola rimasto assopito
per tantissimi anni nella mia mente è riaffiorato all’improvviso davanti
all’immagine di una persona anziana che stringeva a sé una bambola di pezza.
Questa scena ha suscitato in me una profonda tenerezza al punto che mi
sono trovata quasi senza accorgermene ad indagare sul mondo degli anziani e
delle demenze entrando così a contatto con una realtà impregnata di
sofferenza ma allo stesso tempo ricca di un’infinità di contenuti positivi.
Lo scopo di questa ricerca è quello di descrivere alcuni tipi di terapie non
farmacologiche impiegate nella cura delle demenze riservando un particolare
approfondimento alla Terapia della Bambola, analizzandone sia lo sviluppo
che l’applicazione nel campo.
Per arrivare a descrivere e comprendere i meccanismi che si attivano nella
persona con demenza attraverso la Terapia della Bambola, vengono trattati tre
argomenti di rilevante importanza quali:
- le Demenze;
- l’Attaccamento;
- l’Oggetto transizionale.
Il Primo e Secondo capitolo di questo lavoro descrivono la demenza, ossia
una grave affezione degenerativa del sistema nervoso centrale che
compromette le facoltà mentali come la memoria, il ragionamento, il
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linguaggio, l’orientamento, la personalità, il comportamento, al punto di
pregiudicare la vita autonoma dell’individuo. Questa malattia si manifesta
generalmente alle soglie della terza età.
Il Terzo capitolo affronta il tema dell’attaccamento e dell’oggetto
transizionale, entrambi gli argomenti sono da ritenersi di primaria importanza
per la comprensione dei principi su cui si fonda la Teoria della Bambola. In
particolar modo l’‘‘attaccamento’’, introdotto in psicologia per la prima volta
da John Bowlby, considerato il fondatore della “Teoria dell’attaccamento”, è
un utile strumento per la comprensione delle dinamiche sottostanti la cura
delle persone bisognose di assistenza ed in particolar modo delle persone
affette da demenza.
Il Quarto capitolo è dedicato alla descrizione della Terapia della Bambola
con approfondimenti sulle modalità di applicazione e dei risultati ottenuti.
Nel Quinto capitolo infine verrà fatta la narrazione di un caso oggetto di
studio.
Il tema centrale del presente lavoro è la ‘‘Doll Therapy’’ una terapia non
farmacologica che nasce in Svezia verso la fine degli anni ‘90 dall’idea della
Psicoterapeuta Britt Marie Egedius Jakobsson. In Italia questa metodologia
prende il nome di “Terapia della Bambola” ideata e strutturata dal Dott. Ivo
Cilesi, psicopedagogista e terapeuta, uno dei massimi esperti a livello nazionale
in terapie non farmacologiche nel trattamento delle demenze.
Attualmente la Terapia della Bambola viene praticata a livello mondiale con
risultati molto soddisfacenti. In Italia sono oltre cento i centri di assistenza che
ricorrono a questa metodologia e ogni anno si registrano ulteriori incrementi
di divulgazione.
Al fine di avere un approccio più diretto con questa metodologia d’aiuto è
stata fatta un’esperienza diretta all’interno di una Casa di cura per anziani, dove
la Terapia della Bambola viene applicata in pazienti affetti da demenza.
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In particolar modo è stata monitorata l’attività di un’anziana signora ricoverata
all’interno della struttura a causa del morbo di Alzheimer.
Tutto il lavoro di tesi data l’importanza degli argomenti trattati è stato molto
coinvolgente, in particolar modo è stata veramente intensa l’esperienza fatta
all’interno della casa di ricovero poiché mi ha permesso di entrare a contatto
con un mondo che non conoscevo.
Vivere da vicino il disagio e le sofferenze causate dalla demenza fa capire
l’enormità di quella che sta sempre più assumendo i contorni di una vera e
propria emergenza sociale e sanitaria.
Rivolgendo lo sguardo oltre il muro della malattia si intravede un mondo
nuovo abitato da persone che seppur anziane e sofferenti sono ricche di
sentimenti e dignità, ogni parola scambiata rappresenta un enorme
arricchimento in quanto le loro storie narrano di vite vissute nel bene o nel
male ma pur sempre vissute e per questo degne di ascolto e rispetto.
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Capitolo primo
1 La Demenza
1.1 Definizione
La demenza è una grave affezione degenerativa del sistema nervoso centrale
le cui manifestazioni affiorano generalmente alle soglie della terza età con
compromissione delle facoltà mentali come la memoria, il ragionamento, il
linguaggio, l’orientamento, la personalità, il comportamento, al punto di
pregiudicare la vita autonoma dell’individuo che ne è colto interferendo con gli
atti quotidiani come la capacità di lavarsi, vestirsi, muoversi sino a complicanze
quali cadute, malnutrizione, infezioni che portano ad un sostanziale
peggioramento dello stato funzionale con alternanza di bruschi peggioramenti
a periodi di stabilità.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la demenza come
una sindrome solitamente di natura cronica o progressiva che si realizza con
deterioramento della funzione cognitiva (capacità di formulare il pensiero)
superando ciò che ci si aspetterebbe da un normale processo di
invecchiamento (OMS, 2015).
Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali o Diagnostic and
Statistical Manual of Mental Disorders (DSM IV TR) definisce la demenza come
una condizione clinica acquisita di natura organica espressa dall’assenza di
alterazioni della coscienza e da un disturbo multiplo delle funzioni cognitive
con ripercussioni sulla vita di relazione del soggetto affetto.
La demenza è caratterizzata, oltre che dalla compromissione della memoria,
da molteplici deficit cognitivi che possono compromettere il linguaggio
(Afasia), l’organizzazione delle azioni (Aprassia) e il riconoscimento degli
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oggetti (Agnosia) tali da causare una menomazione delle attitudini esecutive e
un deterioramento rispetto alle capacità acquisite precedentemente.
La demenza causa, oltre che sintomi inerenti le funzioni mentali, disturbi
della personalità e del comportamento la cui entità varia da caso a caso.
Infatti, con il termine di demenza non si indica una singola malattia o
patologia ma si designano un insieme di sintomi.
La demenza, con un’incidenza di oltre il 5% dei soggetti tra i 54 e 74 anni di
età e del 40% dei soggetti con oltre gli 85 anni, è uno dei disturbi più gravi che
colpiscono gli anziani (Porter&Kaplan, 2011-2014).
Si stima che nel mondo 47,5 milioni di persone soffrano di questa
condizione con oltre 1.241.000 casi solo in Italia.
Nei paesi maggiormente sviluppati, caratterizzati da una durata della vita
media più elevata, le malattie neuro generative responsabili della demenza
rappresentano una e vera propria emergenza clinica e sanitaria.
Recenti studi scientifici dimostrano che il deterioramento delle capacità
cognitive ed intellettuali non sia causato ma almeno accelerato
dall’emarginazione sociale, dalla perdita di relazioni affettive, dalla carenza o
dall’abbandono di un adeguato esercizio mentale e fisico nonché da abitudini
alimentari sbagliate.
In senso medico il concetto di demenza si riferisce ad un grave
deterioramento delle facoltà intellettive con la progressiva perdita delle
funzioni cerebrali.
A seconda dell’età e delle caratteristiche cliniche si possono distinguere
varie forme di demenza quali: infantile, precoce, presenile, senile,
arteriosclerotica.
L’applicazione di strumenti sempre più sofisticati permette di compiere
studi ed indagini sull’invecchiamento cerebrale. A tal proposito è stato
dimostrato che, se da una parte con l’avanzare degli anni si assiste ai fenomeni
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di perdita delle cellule e dei collegamenti, dall’altra parte nel cervello
senescente sono conservate capacità riparative e rigenerative.
In altre parole, l’individuo in età senile ha la capacità di plasticità neuronale
che è il meccanismo cerebrale che regola la caratteristica di essere
continuamente modificato e modificabile dal prodotto della sua stessa attività
pur andando incontro ad una sorta di involuzione con diminuzione del
volume, del peso e della dimensione che ne compromette il funzionamento. La
vecchiaia, grazie a meccanismi di compenso e di adattamento, non è una
malattia a differenza della demenza che invece rappresenta un invecchiamento
patologico legato all’età (Emanuele Rizzo, Associazione Alzheimer – Onlus)
Le demenze possono essere di tipo diverso a seconda delle alterazioni del
cervello che le provocano.
In base alla frequenza invece la demenza si può distinguere in: demenza da
cause vascolari, demenza a corpi di Lewis, malattia di Pick, demenza associata
al Parkinson, malattia di Huntington, e malattia di Creuzfeldt-Jakob.
Vi sono inoltre demenze che sono la conseguenza di patologie non cerebrali
ma legate a malattie infettive, ad abuso di alcol o droghe, a patologie endocrine
come alterazioni della funzionalità della tiroide o a patologie neuro plastiche.
La diagnosi di demenza viene effettuata in centri specializzati seguendo
linee guida internazionali e sulla base delle seguenti attività:
- attenta anamnesi patologica e comportamentale;
- esame obiettivo generale e neurologico;
- accurata valutazione neuropsicologica e funzionale;
- esami del sangue ed eventualmente del liquor;
- indagini neuroradiologiche quali tac, risonanza magnetica, pet,
spect.
Allo scopo di poter impostare precocemente un percorso terapeutico-
assistenziale adeguato, è fondamentale compiere una diagnosi in fase precoce
del disturbo. Infatti, poiché molti segni e sintomi sono riscontrabili sia nella
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demenza che nella depressione, bisogna prestare particolare attenzione e capire
quali di essi appartengano all’una o all’altra sindrome. Vi sono comunque
alcuni elementi particolarmente riconoscitivi, per esempio, il soggetto
depresso, a differenza del demente, è consapevole della propria condizione e
riesce facilmente a ricordare l’esordio della sintomatologia. Oltretutto il
paziente demente ha la tendenza a dissimulare le proprie capacità e nel
tentativo di compensare i propri deficit può ricorrere anche alla
confabulazione (Fassino, 2006).
1.2 Sintomi
Nella demenza si assiste ad una progressiva ed inesorabile perdita delle
capacità cognitive le cui cause possono dipendere da diverse patologie.
I sintomi che si manifestano possono essere distinti in due categorie:
- Sintomi cognitivi
- Sintomi non cognitivi
I sintomi cognitivi, detti anche sintomi primari, riguardano le funzioni della
mente che permettono ad ognuno di conoscere e riconoscere il mondo
circostante, identificare e riconoscere gli stimoli provenienti dal proprio corpo
e darne un significato. Queste funzioni sono necessarie affinché una persona
sia in grado di acquisire una propria identità e possa interagire con il mondo
circostante.
I principali sintomi cognitivi della demenza sono:
- deficit mnestici;
- disorientamento temporale e spaziale;
- aprassia;
- afasia;
- alessia;
- agrafia;
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- deficit di ragionamento astratto, logico e giudizio;
- acalculia;
- agnosia;
- deficit visuospaziali.
I sintomi non cognitivi sono sintomi secondari, sono caratterizzati da
disturbi del comportamento e riguardano comportamenti che appaiono strani
ed inspiegabili. Si tratta di alterazioni del contenuto del pensiero, della
percezione, del comportamento e dell’umore.
Tali sintomi compaiono solitamente più precocemente nei pazienti con
demenza, sono quelli legati alla sfera affettiva e riguardano stati di ansia,
preoccupazione eccessiva e tristezza.
I principali sintomi non cognitivi della demenza sono:
- alterazioni dell’umore (depressione, euforia, labilità emotiva);
- ansia;
- alterazione della personalità (indifferenza, disinibizione,
irritabilità);
- psicosi (deliri paranoidei, strutturali o misidentificazioni,
allucinazioni);
- agitazione;
- aggressività verbale o fisica e vocalizzazione persistente;
- disturbi dell’attività psico-motoria (vagabondaggio,
affaccendamento afinalistico);
- sintomi neurovegetativi (alterazione del ritmo sonno-veglia,
dell’appetito, del comportamento sessuale).
I disturbi comportamentali della demenza sono identificati con la sigla
BDSD (Behavioral and PsychologicalSymptons in Dementia) e vengono
definiti come un gruppo eterogeneo di disturbi comportamentali e di sintomi
caratterizzati dall’alterazione della percezione, del contenuto del pensiero,