3
INTRODUZIONE
Il tema elaborato in questa tesi riguarda “i neuromiti” ed in particolare la loro diffusione
attraverso i diversi canali mediatici.
Si definiscono neuromiti «alcune idee sbagliate generate da un’incomprensione, una lettura
distorta o una citazione errata dei fatti stabiliti scientificamente per sostenere l’uso delle
ricerche sul cervello»
1
.
Nella società occidentale queste errate credenze sono state diffuse attraverso gli innumerevoli
strumenti comunicativi disponibili (giornali, riviste, libri, televisione ecc.).
L’analisi del tema trattato si esplica in tre capitoli.
Nel primo vengono approfondite le caratteristiche generali del giornalismo di divulgazione
scientifica, le origini e l’etica di cui è contraddistinto. Viene inoltre trattato l’attuale fenomeno
delle “fake news” e il loro impatto sul pensiero collettivo.
Il secondo capitolo tratta specificatamente il tema dei neuromiti: se ne da una definizione e si
illustrano i risvolti sociali che questi producono. Inoltre si fornisce un’analisi di diverse
ricerche provenienti da alcuni studi effettuati intervistando sia esperti del settore, sia persone
prive di conoscenze scientifiche specifiche.
L’analisi di queste ricerche evidenzia quanto i neuromiti abbiano influenzato, ed ancora oggi
influenzino, la presunta conoscenza scientifica degli individui.
Esempi specifici vengono presi in considerazione nel terzo capitolo, in cui l’attenzione viene
indirizzata a tre neuromiti che vengono esaminati nel dettaglio.
In primo luogo si analizza il neuromito relativo all’effetto Mozart ossia quella teoria secondo
cui l'ascolto della Sonata KV 448 in re maggiore per due pianoforti di Wolfgang Amadeus
Mozart causerebbe un temporaneo aumento delle capacità cognitive.
Il secondo neuromito analizzato riguarda invece le false credenze in merito alla
differenziazione emisferica ossia l’idea secondo cui l’emisfero destro e sinistro del cervello
lavorano indipendentemente uno dall’altro, con ruoli e compiti diversi nello svolgimento delle
azioni quotidiane. In particolare si cercherà di capire l’origine di questo neuromito
analizzando i primi studi in merito alla localizzazione emisferica, ossia quegli studi che,
inizialmente, portarono i ricercatori a credere in modo errato nella convinzione che nel
1
Ocse, Understanding the Brain: Towards a New Learning Science, Paris: OECD Publications, 2002
4
cervello ci fossero delle specifiche aree ben definite per lo svolgimento di ogni singola azione
umana.
Infine l’ultimo neuromito che viene analizzato è quello relativo all’utilizzo parziale del nostro
cervello ovvero l’idea secondo cui gli esseri umani possono utilizzare solamente il 10% del
cervello.
L’obiettivo di questo ultimo capitolo è quello di cercare di identificare e motivare quali siano
stati, caso per caso, gli studi scientifici da cui questi neuromiti hanno preso origine.
Viene di seguito analizzata la loro diffusione e la trasformazione dei contenuti iniziali,
cercando di identificare i canali di trasmissione che, di volta in volta, sono stati utilizzati per
condividere credenze diventate errate ma che fanno parte della conoscenza condivisa della
collettività.
Infine, come ultimo passaggio, si analizzano dettagliatamente alcuni pezzi giornalistici trovati
in diverse riviste di divulgazione o quotidiani, per valutare in che modo in questi articoli
vengano riportate e falsate le informazioni.
Chi scrive ritiene infatti che il ruolo dei giornalisti sia fondamentale per la diffusione di una
buona cultura scientifica e che sia necessario analizzare le modalità e gli strumenti necessari
per trasmettere informazioni corrette e approfondite.
5
CAPITOLO PRIMO
In questo primo capitolo si inizia a parlare del giornalismo scientifico, delle sue caratteristiche
e dello specifico lavoro di coloro che, quotidianamente, scrivono dei pezzi da pubblicare su
diverse riviste scientifiche o di divulgazione.
In particolare, nel primo paragrafo si parlerà delle peculiarità e dei requisiti che questo tipo di
giornalismo, a livello generale, deve avere e deve rispettare per potersi definire tale.
Si è deciso di prendere in esame questo particolare settore specialistico perché nel corso
dell’elaborato si parlerà specificatamente dei neuromiti ossia delle credenze errate che sono
state trasmesse e divulgate proprio attraverso i giornali.
Grazie infatti a questa enorme divulgazione, tali idee si sono diffuse in tutta la società e
spesso sono risultate, e alcune risultano ancora oggi, difficilissime da sradicare.
Nel secondo paragrafo si tratta più dettagliatamente la storia e la diffusione che il giornalismo
scientifico ha avuto ed inoltre si parlerà dell’etica che accompagna la professione
giornalistica.
In particolare verranno analizzati alcuni dei testi su cui l’ordine dei giornalisti fonda le proprie
radici ed in particolare si parlerà del “Testo unico dei doveri del giornalista” approvato dal
Consiglio Nazionale e del “Manifesto per un’etica dell’informazione” redatto dall’Unione
Cattolica della Stampa Italiana.
Infine nel terzo paragrafo si introduce il tema delle “Fake News” in ambito giornalistico.
In particolare si analizzano la nascita e lo sviluppo che tali notizie hanno avuto nella storia
andando ad approfondire in modo dettagliato quali sono state le motivazioni che hanno
guidato i giornalisti a pubblicare notizie scarsamente verificate in rete.
Si in questo contesto discute anche in merito al “debunking”, ossia l’azione messa in atto da
alcuni professionisti del settore per smascherare le false notizie e dei “gatekeeper” ossia quei
soggetti che sul web hanno il ruolo di decidere quali notizie trasmettere e quali invece
tralasciare.
Infine viene fatto un approfondimento sulle “bufale” riguardanti il giornalismo prettamente
scientifico introducendo il tema dei neuromiti.
6
1.1 LE ORIGINI DEL GIORNALISMO SCIENTIFICO
Il mezzo di diffusione più antico utilizzato per la divulgazione scientifica è stato il periodico,
nato in contemporanea con la rivoluzione scientifica del 1600. Per citare qualche esempio dei
primi periodici di divulgazione scientifica si possono menzionare il “Journal des Savants” e
il “Philosophical Transactions”.
Il periodico di divulgazione scientifica fu identificato, fin dalle sue origini, sia come un
mezzo di informazione e comunicazione proprio dell’ambiente accademico, sia come un
mezzo di soddisfacimento delle curiosità di un pubblico più o meno specializzato.
Quest’ultimo aspetto caratterizzava in particolare il “Journal des Savants”: il primo periodico
scientifico che nacque in Francia nel 1665 con il chiaro obiettivo di rivolgersi a dei lettori che
non possedevano grandi competenze in questo specifico ambito di studio.
La rivista ha avuto fin dalle sue origini uno scopo principalmente informativo e ha trattato un
ampio spettro di argomenti, visto che, oltre ad approfondire le scienze di base (come ad
esempio: la fisica, la chimica, la medicina), trattava anche argomenti come la tecnologia, la
meccanica, il diritto e la teologia.
Copertina del “Journal des Savants”.
7
Al contrario, il periodico “Philosophical Transactions”, fondato a Londra nel 1665,
pubblicato dalla Royal Society e progenitore dell’attuale periodico accademico
“Philosophical Transactions A and B”
2
, era destinato solamente ad un pubblico di esperti del
settore scientifico: si presentava infatti come un giornale in cui venivano riportati gli
esperimenti condotti dai ricercatori e lo scopo principale era quello di presentarsi come un
luogo di scambio di informazioni in merito ai progressi compiuti nelle ricerche tra colleghi.
Altri esempi di comunicazione scientifica rivolta ad un pubblico di non specialisti furono, ad
esempio, i libri di divulgazione scritti e pubblicati nel 1700: questi avevano l’obiettivo di
soddisfare l’interesse del pubblico femminile per le scienze. Si citano come esempi i libri
“Il Neutonianesimo per le dame” di Algarotti e “L’astronomie des Dames” di De Lalande
3
.
In Italia, il primo periodico di divulgazione scientifica fu il “Giornale dei letterati d’Italia”
che venne fondato da Scipione Maffei, Antonio Vallisneri e Apostolo Zeno. La prima uscita
fu distribuita nel 1710 e nel presentare questa nuova rivista, Apostolo Zeno sostenne che era
importante che «gli italiani si facessero essi il loro giornale… palesando che il buon senso, la
dottrina e l'ingegno non vennero mai meno tra noi e che ora più che mai fioriscono e
s'avvivano».
4
L’informazione scientifica italiana nacque con gli stessi presupposti di quella francese:
l’obiettivo era quello di trasmettere informazioni scientifiche ad un pubblico di non esperti,
interessato alle scienze e alle relative applicazioni tecniche; a queste informazioni venivano
aggiunti inoltre anche dei riferimenti bibliografici.
Il vasto pubblico cui si rivolgeva il giornale, però, a differenza di quello che potremmo
pensare ora, era comunque ristretto alle persone appartenenti alle classi sociali superiori e
benestanti, poiché le persone più disagiate non avevano un livello di alfabetizzazione
sufficiente per la comprensione di articoli scientifici di questo livello.
2
Nel 1887 il periodico venne diviso in due diversi giornali pubblicati separatamente: il “Philosophical
Transactions of the Royal Society A: Mathematical, Physical and Engineering Sciences” e il “Philosophical
Transactions of the Royal Society B: Biological Sciences”.
Ad oggi, entrambe le riviste sono ancora attive e vengono pubblicate bisettimanalmente.
3
Raichvarg, D., Jacques, J., Savants et ignorants. Una historia de la vulgarisation de le sciences, Paris, Sevil,
1991
4
Per la citazione si veda la nota di Fehr, M., in: Zeno, A., Drammi scelti, Bari, Giuseppe Laterza e figli, 1929,
pp. 285-289
8
Il “Giornale dei letterati d’Italia” venne concepito come una piccola enciclopedia del sapere
che abbracciava diversi temi: dalla storia, alla teologia passando anche attraverso la scienza e
il diritto. L’ultima pubblicazione di questa rivista uscì nel 1740 e negli anni successivi venne
imitata, sia dal punto di vista dei contenuti che per la forma, da diversi altri periodici italiani.
La situazione del giornalismo nel nostro paese cambiò notevolmente a partire dalla grande
opera di divulgazione che caratterizzò l’Età dei Lumi che ebbe il merito di avvicinare alla
letteratura scientifica anche il pubblico “popolare”.
Le riviste di divulgazione scientifica iniziarono a semplificare i loro messaggi e si
allontanarono definitivamente dalla vecchia letteratura accademica, creando quindi una
grande frattura con essa
5
.
Verso la fine del 1700 apparirono i primi periodici specializzati sulla botanica, sulla chimica e
sulla fisica mentre bisognerà aspettare il 1820 per la comparsa dei primi periodici “tecnici”
come ad esempio il “Mechanic’s Magazine”. In questa rivista i concetti di scienza e tecnica
vennero distinti e la tecnica, in particolare, venne concepita come un insieme di nozioni utili e
applicabili nei lavori quotidiani.
Le riviste di questo genere avevano lo scopo di approfondire temi prettamente pratici, in
modo tale che i lettori, dopo aver letto gli articoli, potessero apprendere alcune nozioni per
poi applicarle nella pratica quotidiana.
Un esempio di queste riviste tecniche possono essere quelle relative alla meccanica delle
macchine come ad esempio “Popular Mechanics” o “Mechanic’s Magazine”.
Copertina della rivista “Popular Mechanics”.
5
Tettamanzi, L., in Bettetini, G.; Grasso, A., Lo specchio sporco della televisione. Divulgazione scientifica e
sport nella cultura televisiva, Fondazione Giovanni Agnelli, 1988
9
La specializzazione e il perenne tentativo di andare incontro alle esigenze del pubblico meno
colto e di quello più qualificato portarono ad una tripartizione delle fasce e dei livelli della
comunicazione scientifica
6
, valida ancora oggi:
- Letteratura accademico – universitaria: questa categoria include tutti i testi e le
riviste destinate ad un pubblico specializzato e ristretto, interessato a conoscere i
risultati delle ricerche condotte dagli studiosi e le novità in ambito scientifico.
Lo stile e il lessico utilizzato sono specialistici. Spesso queste riviste sono prettamente
scientifiche e non sono pensate per la grande divulgazione.
- Letteratura di grande divulgazione: questa categoria di riviste è pensata per un
pubblico non specializzato. I temi scientifici analizzati vengono semplificati e trattati
con un linguaggio facilmente comprensibile in modo da poter essere letti e interpretati
da tutte le persone, qualsiasi sia il loro livello di preparazione scolastica.
- Letteratura di livello intermedio: questa categoria ha una posizione non ben definita e
un ruolo intermedio tra le altre due tipologie di giornali. Presenta quindi un certo
grado di sovrapposizione con esse perché i giornali e le riviste che rientrano in questo
livello trattano temi e argomenti specifici in modo tale da poter essere compresi da un
numero maggiore di persone rispetto a quello delle riviste accademiche, ma comunque
più ristretto di quello dei giornali pensati per la grande divulgazione.
Tra le tre diverse tipologie di periodici ora menzionati, esiste una sorta di relazione stretta che
va dall’alto verso il basso: solitamente le notizie vengono pubblicate prima sui periodici
accademici, passano poi in quelli intermedi e infine vengono modificate e semplificate
ulteriormente per essere diffuse attraverso le riviste di divulgazione scientifica popolare,
dove, di solito, vengono presentate nei loro aspetti sorprendenti e spettacolari, anche
attraverso interviste o con articoli di luminari, mediati da degli specialisti.
Un esempio che spiega bene questa sovrapposizione tra i diversi livelli di letteratura
scientifica è la rivista “Nature” nata nel 1869 e di cui si analizzano solamente gli aspetti che
la caratterizzavano al momento della sua nascita (la rivista è infatti oggi un importante
giornale scientifico, con un indice di impatto molto elevato).
Nel manifesto di presentazione, pubblicato l’11 Novembre 1869, si possono leggere gli scopi
6
Ibid.
10
principali di questa rivista. Il primo di questi è quello di illustrare al grande pubblico i risultati
degli studi degli scienziati al fine di dare alla scienza un riconoscimento maggiore, sia
nell’educazione scolastica che nella vita quotidiana di tutte le persone.
Inoltre, altro scopo dichiarato è quello di fornire agli scienziati informazioni aggiornate sui
progressi che si fanno nel mondo nei diversi settori scientifici, offrendo loro la possibilità,
attraverso una rubrica, di discutere e confrontarsi in merito a queste scoperte.
“Nature”, in principio, nacque come un periodico intermedio con caratteristiche che stavano
a metà tra quelle delle riviste di divulgazione e quelle di tipo accademico. Gli autori degli
articoli appartenevano generalmente all’ambito accademico e da questo ambito nascevano i
temi e gli argomenti trattati nella rivista: questi argomenti venivano però adattati alla
necessità di raggiungere e farsi comprendere da un vasto pubblico.
Per coniugare le esigenze dei diversi lettori, le informazioni trasmesse venivano divise in
sezioni diverse nel giornale: per quella parte di pubblico meno specializzato gli articoli erano
scritti con un linguaggio semplificato rispetto a quello scientifico ed erano mediati dalla
redazione attraverso interviste o articoli di lettura agevole.
Al contrario, gli articoli presenti nella rivista dedicati ai lettori più formati in ambito
scientifico, venivano presentati senza mediazioni proponendo, ad esempio, i rapporti delle
riunioni degli organi scientifici nazionali e internazionali; vi era inoltre anche un libero spazio
per la corrispondenza tra esperti
7
.
Oggi, consultando i nuovi obiettivi che la rivista si propone, è chiaro che il pubblico cui
questa si rivolge è cambiato. Diversamente da quando è stata fondata, oggi “Nature” dichiara
di voler pubblicare i progressi della scienza fornendo anche un forum di discussione, prima di
tutto per gli scienziati. Solo come obiettivo secondario si propone di rivolgersi al grande
pubblico fornendo informazioni circa le nuove scoperte scientifiche
8
.
Rispetto al momento della nascita della rivista, quindi, il pubblico a cui questa si rivolge è
cambiato e da giornale di divulgazione scientifica si è trasformato in una delle riviste
scientifiche più autorevoli ed importanti.
7
https://media.nature.com/full/nature-cms/uploads/ckeditor/attachments/7568/mission.pdf - Url consultato il
10/08/2020
8
https://www.nature.com/nature/about#:~:text=Aims%20%26%20Scope,accessibility%2C%20elegance%20and
%20surprising%20conclusions - Url consultato il 10/08/2020
11
In Italia i modelli della divulgazione scientifica più recente sono da rintracciare in tre riviste
storiche: “Scientia”, “Sapere” e “L’Illustrazione Scientifica”.
Questi tre periodici sono nati nel corso del 1900 con finalità specifiche e in diversi contesti
storici e culturali.
“Scientia” è nata a Milano nel 1907 come una rivista di scienza e la diffusione raggiunse il
suo apice intorno agli anni ’30 del 1900; l’ultima pubblicazione risale al 1988.
L’impostazione, mantenuta inalterata negli anni di attività, era quella di una rivista
interdisciplinare di informazione e ricerca, particolarmente utile per i ricercatori e per
l’attività didattica. Il tipo di divulgazione attuata era quindi di tipo accademico – universitario
ed era intesa come un aggiornamento per gli studiosi e per le élite culturali, interessate alle
nuove teorie positivistiche.
“Sapere” è nata qualche anno più tardi, nel 1934 e viene pubblicata ancora oggi con una
cadenza bimestrale. Questa rivista si propose di effettuare una divulgazione scientifica aperta
e democratica, ma in realtà rimase limitata ai giovani della borghesia colta. Dopo la Seconda
guerra mondiale si focalizzò sulla ricerca e sulla riflessione scientifica, senza inserire alcun
elemento di spettacolarità.
Ad oggi è rimasta l’impostazione iniziale che prevedeva il superamento della logica
disciplinare accademica e di analisi critica delle teorie scientifiche, ed il pubblico di
riferimento è costituito da una fascia di destinatari ristretti come, ad esempio, i ricercatori, gli
insegnanti ed i tecnici del settore.
“L’Illustrazione Scientifica” nacque nel 1952 come filiazione del periodico “L’Illustrazione
italiana” e si rivolgeva ad un pubblico di livello popolare, senza proporsi preoccupazioni
didattiche. Lo scopo principale era quello di rendere l’informazione scientifica attraente,
mediante immagini suggestive a metà tra il rotocalco e il fumetto. Ebbe un grande successo
intorno agli anni ’70 e ’80 del 1900, tuttavia le pubblicazioni vennero interrotte pochi anni più
tardi.
12
Copertine delle riviste: “Scientia”, “Sapere” e “L’illustrazione scientifica”.
Si può quindi dire che tra gli anni ’20 e gli anni ’50 la divulgazione della scienza in Italia
divenne progressivamente un’attività sempre meno individuale e sempre più collettiva: la
percentuale di articoli firmati da un solo scienziato sulle riviste specialistiche si dimezzò
mentre stava aumentando il numero di articoli firmati da quattro o più ricercatori
9
.
Mentre i quotidiani si rivolgevano ad un pubblico indifferenziato, dove l’individuazione di
categorie di lettori-tipo interessati alla scienza risultava problematica, i settimanali e le riviste
si rivolgevano ad una fascia abbastanza definita di destinatari.
La diversificazione a cui andò incontro la trasmissione del sapere scientifico portò ad una
trasformazione strutturale delle modalità della comunicazione stessa.
La “piccola scienza” artigianale (“Little science”) era diventata un’impresa sociale ed
economica di grandi dimensioni tanto che il fisico Alvin Weinberg l’aveva definita “Big
science”.
La divulgazione scientifica era cresciuta in maniera esponenziale raddoppiando le proprie
dimensioni rispetto ai 15 anni precedenti
10
.
Inoltre, in quegli anni iniziarono a diffondersi anche le prime trasmissioni televisive di
stampo scientifico come ad esempio: “La macchina per vivere” (1957-1958), “I racconti del
naturalista” (1958), “Dopo Hiroshima” e “Italia nucleare” (1961).
9
Zuckerman, H., Scientific Elite. Nobel laureates in the United States, Routledge, 1995
10
Bucchi, M., Scienza e società, Il Mulino, 2002
13
Le difficoltà iniziali riscontrate dai divulgatori che scrivevano sulle pagine dei quotidiani e
quelle dei pionieri della televisione erano molto simili perché tutti questi comunicatori si
rivolgevano ad un pubblico vasto e indeterminato. Questo insieme di persone, infatti,
costituiva (e costituisce ancora oggi) un universo indistinto di cui non è possibile indicare
un’identità culturale omogenea perché i livelli di acculturazione, scolarizzazione e
socializzazione sono totalmente diversi tra una persona e l’altra.
Una svolta molto importante, a livello giornalistico, avvenne nel 1958 con la nascita della
prima pagina scientifica sui quotidiani nazionali. Da questo momento in poi, l’informazione
scientifica passò attraverso tre tipi di canali: i quotidiani, i settimanali e le riviste.
Un esempio di questa nuova cultura giornalistica è il quotidiano “Il giorno” che fu il primo
giornale a dedicare una pagina specificatamente alla scienza e alla tecnica.
Per la realizzazione di questa pagina “tecnica” i redattori del giornale cercarono di creare un
equilibro tra due istanze: da una parte i giornalisti cercavano, attraverso dei titoli gridati e
sensazionalistici o con delle immagini, di attrarre il lettore modello; dall’altra parte il lettore,
mediamente attratto dalla scienza e dai suoi risultati, era fortemente interessato agli articoli
pubblicati in questa sezione perché gli consentivano di soddisfare il proprio interesse e la
curiosità nei confronti della scienza.
Tuttavia, con il passare degli anni e con l’accesso sempre più frequente della scienza nelle
pagine dei giornali, la coerenza del discorso scientifico andò incontro ad una frammentazione
che portò ad una semplificazione tale delle notizie scientifiche che si ridussero ad una
semplice informazione: notizie uguali alle altre notizie diffuse quotidianamente.
Negli anni ’70 in Italia ci furono tre fattori che caratterizzarono il mondo dell’informazione e,
di conseguenza, anche l’atteggiamento nei confronti della divulgazione scientifica.
Da un lato, ci fu una crescita culturale molto più rapida rispetto ai decenni precedenti,
dall’altro, nacquero nuove categorie di utenti (non specialisti) desiderosi di esplorare nuovi
campi del sapere.
Inoltre, aumentarono anche le interrelazioni tra i quotidiani, i settimanali e le televisioni che
giocarono, ognuno a suo modo, un ruolo fondamentale nell’evoluzione di un modello di
spettacolarizzazione delle notizie.
Si affermò la tendenza generale ad elaborare pacchetti di informazioni il più possibile
completi e sintetici, dove le notizie, isolate e prive di contesto, vennero sostituite con altre più
specifiche e relative ad un unico tema.