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INTRODUZIONE
Il presente elaborato ha come oggetto di studio le politiche dell‟impresa
Fiat nella gestione delle risorse umane nelle varie sedi in Italia e
all‟estero, le dinamiche e i criteri seguiti da chi prende le decisioni sul
personale, da quali fattori sono influenzate queste strategie e come
sono attuate.
Le motivazioni che mi hanno spinto ad analizzare l‟aspetto aziendale
della gestione del personale mi riguardano molto da vicino poiché ho
lavorato per parecchio tempo in Fiat in qualità di fornitore impiegato
negli uffici tecnici di progettazione, da qui parte il mio interesse verso
l‟argomento: aver sempre vissuto in questo ambiente come precario, a
causa dell‟instabilità del mio impiego, mi ha portato ad interrogarmi sui
criteri attraverso i quali il management decide per coloro che
progetteranno, produrranno e venderanno le vetture, includendo anche
il fattore outsourcing.
A questa motivazione personale si aggiunge il fatto che la tematica
delle risorse umane è una questione di estrema attualità costantemente
dibattuta sia nell‟ambito istituzionale come per i sindacati, sia nella sfera
pubblica.
L‟obiettivo principale dell‟elaborato è verificare l‟esistenza di una
strategia di gestione dei dipendenti e comprenderne l‟articolazione
considerando le variabili degli investimenti, della produzione, delle
relazioni sindacali e delle condizioni lavorative, allo scopo di mettere in
evidenza le caratteristiche di tali strategie per capire se esiste una
gestione unificata o diversificata di tutto il personale.
Il metodo scientifico utilizzato per l‟indagine, è l‟intervista a
osservatori privilegiati, scelti in base alle loro conoscenze specifiche e
dettagliate del problema che si sta studiando. Gli intervistati sono stati
scelti nel tentativo di poter dar voce a tutti i punti di vista provando a
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raccogliere le testimonianze di studiosi come il professore di Sociologia
dei processi economici e del lavoro presso l‟Università degli studi di
Torino Giancarlo Cerruti, il professore di Economia industriale presso
l‟Università degli studi di Torino Aldo Enrietti, i sindacalisti Claudio
Chiarle segretario della Fim-Cisl, Michele De Palma coordinatore
nazionale Fiat-Auto della Fiom-Cgil e Massimo Richetti capo delle
relazioni industriali di Unione Industriale di Torino.
L‟elaborato è composto da tre capitoli. Con il primo si vuole
contestualizzare il tema trattato, dando le nozioni base per una
conoscenza minima della storia aziendale, analizzando cioè gli
avvenimenti salienti del passato di Fiat, concentrandosi sugli anni ‟80,
‟90 e sull‟era Marchionne. Nel secondo capitolo, invece, si analizzano e
si confrontano le interviste degli osservatori privilegiati. I temi presi in
considerazione per la trattazione, sono tre: il primo paragrafo riguarda
le politiche d‟investimenti aziendali, le strategie d‟internazionalizzazione
e delocalizzazione e la comprensione di come la Fiat si adegua al
WCM. Nella seconda sezione invece si analizzano le relazioni sindacali,
e i rapporti industriali, l‟ultima parte invece si sofferma sulla
comprensione delle condizioni lavorative a cui sono sottoposti i
dipendenti, tra trattamenti contrattuali, trattamenti salariali, formazione
ed innovazione aziendale, salute e sicurezza. Il terzo capitolo raccoglie
infine i messaggi di rilievo che sono emersi durante le interviste e
durante la stesura dell‟elaborato.
Nelle sezioni bibliografia e sitografia saranno infine indicate tutte le
fonti utilizzate.
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CAPITOLO 1
Breve affresco della storia di Fiat
1.1 Dagli anni ‟80 ai nuovi obiettivi degli anni „90
Sin dagli anni successivi al secondo conflitto mondiale, la Fiat conobbe
una fase caratterizzata dagli elementi propri del modello fordista, fase
nella quale lanciò vetture di piccole dimensioni a costi contenuti,
strategia permessa dalle forti economie di scala, dalla
standardizzazione dei processi produttivi e dalla meccanizzazione.
Questa situazione fu agevolata in modo particolare dalle barriere
tariffarie che ostacolavano la concorrenza internazionale. Tale strategia
aziendale, si rivelò sempre meno adeguata per ragioni di natura
politica, di relazioni sindacali e di assetto organizzativo (Volpato, 2011).
La crisi che la Fiat dovette affrontare negli anni ‟70 a causa dello
shock petrolifero, del logoramento delle relazioni sindacali e per il
manifestarsi di una deriva politica che fu rappresentata dalle Brigate
Rosse, si protrasse per molto tempo. Solo agli inizi degli anni ‟80, sotto
la guida di Cesare Romiti già direttore generale dal 1976, si riuscì a
riprendere l‟iniziativa sindacale e politica aprendo uno scenario di forte
ripresa economica dell‟intero Gruppo. Questa crescita economica
investì in modo particolare Fiat Auto, grazie al lancio della Fiat Uno, una
vettura di piccole dimensioni che conteneva elementi di forte
innovazione tecnologica rispetto alla concorrenza. A seguito della Fiat
Uno, riscossero molto successo anche i modelli come la Fiat Croma, la
Fiat Tipo e la Lancia Thema (Ibid.).
Dall‟acquisto dell‟Alfa Romeo nel 1987, la Fiat si avvia verso una
trasformazione simile al modello “sloanista”, basato sull‟offerta di
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un‟ampia gamma di modelli nel tentativo di soddisfare ogni varietà di
esigenze della clientela, puntando ai volumi e alla diversità. A tal
proposito, fu costituita la società Alfa-Lancia Industriale con la volontà
di raggiungere obiettivi particolarmente ambiziosi per i marchi. Si voleva
realizzare una produzione che passasse da 360.000 vetture a 620.000
in soli tre anni, cercando di sviluppare una gamma di modelli premium
in concorrenza con i marchi Bmw e Mercedes e tentando di aumentare i
volumi di vendita dell‟Alfa Romeo sul mercato americano di circa
60.000 unità, sottoscrivendo un accordo con Chrysler. Lo sforzo
nell‟automazione del processo produttivo che si dispiegò in quella fase,
fu un elemento strategico che portò oltre che ad un aumento della
produttività, anche un miglioramento del prodotto (Ibid.).
I progressi raggiunti nella seconda metà degli anni ‟80 diedero
ragione a questa strategia aziendale e anche se essa non fu
accompagnata dalla crescita che si era prevista, si concluse comunque
il decennio con ottimi risultati, migliori di quelli degli anni precedenti. La
quota di vendite nel 1989 ammontava al 12,30% in Europa occidentale
e al 57,18% in Italia con profitti per un totale di 28.424 miliardi di lire
realizzati nel 1989 (Ibid.).
La fine degli anni ‟80 fu segnata dai contrasti tra Vittorio Ghidella
(CEO DI Fiat Auto) e Cesare Romiti (CEO di Fiat Spa). Con l‟uscita di
Ghidella dal Gruppo, Romiti ne assunse ad interim le redini senza avere
le competenze tecniche (Volpato, 2011) né la possibilità di valorizzarne
le potenzialità, e con la volontà di non nominare un nuovo CEO del
Gruppo. A causa di questi contrattempi, ci fu una fase di rallentamento
nel rinnovamento dei modelli in un momento in cui le nuove condizioni
avrebbero dovuto convogliare Fiat Auto verso una ri-definizione
strategica della sua posizione come leader globale (Ibid.).
Gli obiettivi da raggiungere negli anni ‟90, portarono profonde
trasformazioni sia per la domanda di vetture a livello nazionale che
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internazionale, ma anche sull‟offerta che soffriva dell‟aggressività
competitiva dei marchi coreani (Hyundai, Kia, Daewoo). In questo
nuovo scenario ebbe maggior rilievo la variazione della domanda
nazionale di autovetture, che si stava gradualmente indirizzando verso
la diversificazione. Benché dopo diciotto anni dalla formazione del
mercato unico europeo (nato nel 1968), la quota di mercato detenuta da
Fiat fosse superiore al 60%, si capì ben presto che questo scenario
sarebbe cambiato da lì a poco. Una larga fetta della domanda era infatti
rivolta a vetture di nicchia, prodotte in mercati in cui Fiat era molto poco
presente. Quest‟aspetto era molto importante per le politiche aziendali
siccome si puntava ad ottenere i più alti margini possibili nel mercato
domestico praticando prezzi più bassi all‟estero per attrarre la clientela.
Tabella. 1.1 Numero di vetture circolanti ogni 1000 abitanti
1950 1960 1970 1980 1990 2000 2006
Germania 11 73 216 417 512 553 597
Francia 37 111 232 417 495 574 595
Gran Bretagna 43 32 167 312 454 526 571
Italia 6 98 210 330 507 629 673
Fonte: Volpato, 2011, p.29
Si allargò verso il basso l‟offerta sia di produttori generalisti che di
produttori di vetture premium e ciò diede inizio ad un importante
fenomeno di segmentazione dei mercati in settori di nicchia che si
posero come obiettivo quello di puntare verso clientele specifiche
(esemplare è la politica della Renault che nel 1996 decide di produrre
sulla stessa piattaforma, 5 varianti del modello Mégane). Le case
automobilistiche iniziarono cosi ad orientarsi verso la progettazione e
produzione di vetture di taglia più piccola, fino a quel momento ritenute
meno importanti (nel 1986 la Citroen lancia la Citroen Ax, nel 1987
nasce l‟Opel Corsa, nel 1992 la Renault Twingo e la Nissan Micra, nel