INTRODUZIONE
Questo trattazione si propone di affrontare ed analizzare in primis la storia del
popolo curdo, per poi specificatamente focalizzarsi sulla teoria del
confederalismo democratico come soluzione politico-amministrativa alternativa
per i territori del Medio-Oriente, così come ideato e proposto da Abdullah
Öcalan, quali sono i principi ideologici che lo compongono, fino ad addentrarsi
nella trattazione riguardante il primo esperimento concreto della teoria sopra
menzionata, l’Auto-amministrazione Democratica del Nord della Siria, meglio
conosciuta con il nome di Rojava.
Attraverso un’approfondita ricerca bibliografica e sitografica, si è cercato di
ricostruire gli avvenimenti che hanno portato alla nascita di questa nuova realtà.
Il sogno di costituire un grande Kurdistan si è rivelato essere impraticabile nel
corso della storia a causa degli assoggettamenti politici da parte degli imperi
Ottomano e Persiano prima, ed in seguito a causa di congiunture internazionali
particolari che hanno vanificato le speranze di autonomia ed indipendenza; la
frase spesso citata dai curdi “Non abbiamo altri amici che le montagne” non si
riferisce solamente agli impervi territori che li hanno storicamente ospitati, ma
soprattutto ai secoli di reiterati attacchi egemonici da parte di altre comunità e
nazioni e di “tradimenti” perpetuati dalle potenze occidentali.
Poiché tale realtà si dichiara apertamente contrapposta allo Stato-Nazione, una
particolare attenzione è stata rivolta all’analisi delle peculiarità dello stesso,
delle sue origini storiche, di come sia riuscito nel corso dei secoli ad affermarsi
come unità internazionale di riferimento, dei suoi sviluppi e delle sue
problematiche nel contesto contemporaneo di un mondo globalizzato.
Successivamente è stato necessario valutare il lavoro teorico di Öcalan, in
particolare il pamphlet “Conferedalismo Democratico”, ispirato al municipalismo
libertario dell’anarchico statunitense Murray Bookchin, al quale è stata dedicata
una specifica digressione.
Costituitosi nel 2013 con l’auto-proclamazione di un governo ad interim per le
regioni autonome a Qamishli da parte del Partito Curdo Siriano, il Rojava
rappresenta un’auto-amministrazione democratica dalla portata innovatrice
sorprendente, soprattutto per un’area da secoli lacerata da conflitti e divisioni
etniche e religiose e di cui pochi alla nascita ne avevano pienamente compreso
il significato dirompente. E stato poi approfondito il sistema politico-
amministrativo che si è voluto implementare in Rojava seguendo i precetti del
“Contratto Sociale”, la Costituzione del Kurdistan siriano ispirata ai precetti di
“Apo” Öcalan, riferendosi all’organizzazione socio-politica improntata a livello
legislativo ed esecutivo, con particolare riferimento alle “comuni” e al sistema di
co-presidenze e al principio di decentramento. Sottoponendo ad un’attenta
valutazione le più recenti vicende legate al Rojava, ci si addentrerà nella
delineazione del contesto attuale dell’area, anche in rapporto alle relazioni con i
Paesi confinanti e le Nazioni occidentali, ai mercati e in quale modo la
Federazione si inserisce nel più ampio contesto della globalizzazione.
Ci si interrogherà infine su quale possa essere il suo futuro, su quali potrebbero
essere le condizioni per la sua sopravvivenza ed eventuale espansione, o se
questo tentativo di costituire una “nazione democratica” sarà destinato a
soccombere a causa delle dinamiche e degli interessi altrui o se si rivelerà
fallimentare per motivazioni intrinseche.
CAPITOLO PRIMO
Storia dei curdi e contesto geo-politico
1.1 Geografia ed etnia
La prima sezione dell’elaborato si occuperà di fornire delle informazioni di
carattere generale per ciò che riguarda le origini dei curdi ed il contesto
geografico in cui si sono storicamente inseriti. Studi antropologici, etno-culturali
e linguistici hanno cercato di sottolineare e motivare le peculiarità che li
distinguono e differenziano dagli altri popoli del Medio-Oriente.
La letteratura accademica che si è occupata dell’analisi dell’origine di questo
popolo ha prodotto conclusioni variegate e mai definitive; la più accreditata
ipotesi attribuisce ai curdi un’origine indoeuropea di ceppo iranico, quindi, tribù
che si sono spostate dall’area caucasica alla Mesopotamia sugli altopiani
anatolici e iraniani; i loro progenitori dovrebbero essere i Medi, gruppo tribale
proveniente dalle zone del lago Urmia e stabilitosi nei monti della catena Zagros
attorno al VII secolo a.C. .
1
Altra ipotesi, meno vagliata e condivisa, riconosce i curdi come popolazione
autoctona ; l’identità etnica contemporanea si sarebbe quindi formata a seguito
2
di immigrazioni e nuovi insediamenti da parte di tribù indoeuropee, attorno al
secondo millennio a.C. . Lo studioso russo Minorsky asserisce anche che si
3
possano distinguere due tipologie di soggetti, i curdi occidentali e i curdi
orientali e meridionali, “the Western Kurds ... have been distinguished from the
Eastern and Southern types. The former are a blond, blue-eyed,
dolichocephalic type. The others are of a brown, black-eyed, brachycephalic
type” . Sebbene le ricerche condotte non risultino conclusive, si può affermare
4
che si tratta di un gruppo originariamente di tradizione nomade, dedito
soprattutto alla pastorizia e diviso in tribù . Quest’ultimo aspetto diventa assai
5
rilevante in quanto questa struttura sociale è stata nei secoli motivo di contrasti
interni, i quali hanno reso difficoltosa la formazione di un’identità nazionale
condivisa.
Storicamente i curdi abitano una regione compresa tra i Mari Caspio, Nero e
Mediterraneo ed il Golfo Persico toccando cinque stati: Turchia, Siria, Armenia,
Iran e Iraq. Il territorio è prevalentemente montuoso e dalla sue alture nascono
Come commenta Kemal Yildirim, “Vladimir Minorsky suggested that the Medes, who
1
widely inhabited the land where currently the Kurds form the majority, are likely to be
the forefathers of the modern Kurds” (Minorsky, Median Empire), K.YILDIRIM, Median
Empire As Forefathers of the Modern Kurds, Lambert Academic Publishing, 2016.
Questa seconda opzione è avvallata in particolar modo da Juri N. Marr, secondo il
2
quale i curdi sono autoctoni delle montagne dell’Asia Minore e che originariamente
parlassero una loro lingua locale, successivamente abbandonata per adottarne una
simile al persiano, cfr. M. GALLETTI, I curdi nella storia, Vecchio Faggio Editore, Chieti,
1990.
C. IZADY, voce “Kurdistan”, in Encyclopedia of Asian History, Vol. II, London, 1988.
3
Op. Cit. , V. MINORSKY, voce “Kurds, Kurdistan”, in The Encyclopedia of Islam, Vol.
4
V, 1936, E. J. Brill, London, p. 446.
Tigri ed Eufrate; le risorse naturali permettono lo sfruttamento idroelettrico e
l’estrazione di numerosi minerali ma la risorsa più rilevante è sicuramente il
petrolio. Altre comunità curde si trovano in Georgia, Libano, Russia e
Kazakistan; al di fuori del contesto geografico medio-orientale, la diaspora
curda è prevalente in Germania dove risiedono all’incirca 600.000 curdi; altre
comunità numericamente consistenti in Europa sono in Francia, Paesi Bassi e
Svezia, mentre tra Stati Uniti e Canada se ne contano circa 30.000 . Le cifre
6
sulla diaspora sono spesso contraddittorie poiché immigrati e richiedenti asilo
vengono registrati per nazionalità e non per etnia.
Come riporta Darwish (1996), la denominazione “Kurdistan”, “Paese dei curdi”,
risale al 1157 e viene coniata dall’ultimo sultano selgiuchide Singiar per
identificare i territori a nord-ovest di Hamadan .
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1.2 Aspetti linguistici, culturali e religiosi
Non è corretto parlare del curdo come un’entità linguistica unica e
standardizzata: si distinguono infatti diversi sottogruppi di varietà linguistiche tra
loro correlate; vi sono 30 milioni di locutori i quali si esprimono in dialetti
differenti e scrivono in alfabeto latino, cirillico o arabo.
Si classifica come lingua indoeuropea del ceppo iranico-occidentale del
sottogruppo orientale; una distinzione classica è quella di Hassanpour che
distingue quattro gruppi: kurmanci, sorani, gorani e zazaki .
8
Analizzare e descrivere le lingue curde risulta problematico in quanto mancano
testimonianze antiche; le prime attestazioni risalgono al XV secolo ma
possiedono una valenza più culturale che linguistica. In tal senso è doveroso
ricordare “Sharafnama” di Sharaf Khan Bidlisi, del 1597, che può essere
considerata l’opera principale della storia curda , nella quale si trovano i primi
9
racconti sulle grandi dinastie curde come quella del leggendario Saladino. Il
domenicano Maurizio Garzoni (1734-1790) fu pionere degli studi europei sulla
lingua curda; stabilitosi nella regione di Mosul nel 1762, raccolse fonti e
materiali per “Grammatica e vocabolario della lingua kurda” pubblicato a Roma
nel 1787. Il curdo è riconosciuta come lingua ufficiale solamente in Iraq dal
2005, accanto all’arabo.
Il culto dello Zoroastrismo fu praticato nella maggioranza delle aree abitate dai
10
curdi fino all’avvento dell’Islam nel 637. Il processo di islamizzazione forzata fu
lungo e complicato: gli arabi si scontrarono infatti con una popolazione bellicosa
Fondation Institut Kurde de Paris, “The Kurdish Diaspora”, https://
6
www.institutkurde.org/en/kurdorama, visitato il 10 ottobre 2020.
A. DARWISH, Kurdistan, una Nazione Smembrata, Roma, Ediesse,1996.
7
A. HASSANPOUR, Nationalism and Language in Kurdistan, Mellen Research
8
University Press, New York, 1992.
Bidlisi (1543-1599) fu emiro dell’Emirato di Bitlisi; egli scrisse esclusivamente in
9
lingua persiana, fu scrittore, storico e poeta. “Sharafnama” fu tradotta in kurmanci ben
tre secoli più tardi, nel 1879 da Mahmud Bayazidi e solo nel 1972 in sorani da
Abdurrahman Sharafkandi.
Culto derivato dalla dottrina di Zaratustra, tutt’oggi praticato in Iraq e Iran.
10
e fiera, con strutture sociali ben permeate e poco incline ad accettare la
conversione.
Oggi la stragrande maggioranza dei curdi è di religione mussulmana sunnita;
McDowall stima che lo sia almeno il 75% della popolazione , tuttavia la
11
percentuale esatta non è certa; uno studio del Pew Research Center afferma
che il 98% dei curdi iracheni sia di religione sunnita . I curdi sunniti seguono
12
principalmente la scuola di giurisprudenza Shafi’ita, il che li contraddistingue dai
vicini arabi e turchi che seguono invece la corrente Hanafi; minoranze
mussulmane seguono lo sciismo imamita e l’alevismo. Altri culti praticati sono
l’ebraismo, lo Yazidismo e lo Yarsanismo ed è presente un’esigua comunità
13
cristiana; il culto cristiano viene però praticato soprattutto da altre comunità non
appartenenti all’etnia curda ma che storicamente abitano le medesime aree e
che condividono l’ideologia del confederalismo democratico e che possono
essere considerati alleati dei curdi nel portare avanti il progetto di Rojava, quali
gli assiri, i caldei e gli armeni.
La questione religiosa è stata più volte determinante nelle vicende curde;
anzitutto, abbracciando la fede dell’Islam i curdi persero la possibilità di
elaborare una coscienza nazionale ben strutturata e di conseguenza gettare le
fondamenta di un eventuale stato nazionale e questo perché l’ideale universale
veniva identificato nella Storia dell’Islam, piuttosto che in un sentimento
nazionale. Tuttavia a partire dal XXI secolo si è progressivamente affermata
un’impronta fortemente secolarista permettendo ai curdi di essere considerati
all’avanguardia della libertà religiosa in una regione storicamente caratterizzata
da conflitti ed estremismi.
Secoli di repressione politica e di campagne di assimilazione forzata da parte
degli Stati confinanti non hanno tuttavia intaccato l’eterogenea cultura curda
che si fonde e si lega inevitabilmente alle dinamiche di altre comunità etniche
per motivi sociali ed economici.
1.3 Le identità nazionali curde tra Turchia, Iraq, Iran e Siria
La maggioranza dei curdi vive in Turchia, dove rappresentano il 20% della
popolazione con all’incirca 15 milioni di individui; in Iraq e Iran sono circa 6
milioni e in Siria poco più di 2 milioni . La loro presenza in più stati li ha
14
necessariamente condotti a destini diversi, tant’è che sarebbe errato
considerare che vi sia un’univoca coscienza pan-curda.
D. MCDOWALL, A Modern History of Kurds, I.B. Tauris & Co Ltd, London, New York,
11
1996.
J. BELL, The World’s Muslim: Unity and Diversity, Pew Research Center,
12
Washington, 2011.
La comunità yazida è stata vittima di un atroce massacro da parte degli jihadisti dello
13
Stato islamico nel Nord dell’Iraq durante l’estate del 2014; Nadia Murad, attivista per i
diritti umani yazida, ex prigioniera dell’Isis, è stata insignita del premio Nobel per la
pace nel 2018.
Central Intelligence Agency, The World Factbook: Iran, Washington, 2017, https://
14
www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook.
1.3.1 Turchia
Gli imperi Persiano e Ottomano non furono mai in grado di stabilire un controllo
diretto ed efficace di tutto il territorio del Kurdistan , pertanto venne garantito
15
un certo margine d’autonomia, soprattutto durante l’epoca della Sublime Porta,
durante la quale si svilupparono diversi principati che ebbero una notevole
prosperità e che si resero sempre più indipendenti con l’avanzare del declino
dell’impero Ottomano agli inizi del XIX secolo . Lo smembramento dello stesso
16
dopo la prima guerra mondiale condusse alla ridefinizione dell’intera area
geografica in nuovi confini politici e il popolo curdo fu costretto ad una divisione
forzata in diverse nazioni, oltre ad essere la causa dell’abbandono della
tradizionale vita nomade a favore dell’insediamento nei villaggi .
17
Da allora le identità, anche politiche, del popolo curdo, ormai disgregato, si
differenziarono producendo idee e risultati interessanti.
In Turchia, dopo la prima guerra mondiale, con la salita al potere di Kemal
Ataturk, i curdi si ritrovarono in un clima particolarmente ostile e incentrato
sull’opera di turchizzazione etnica e religiosa promossa proprio dal nuovo
18
presidente della Repubblica. Lo scopo del nuovo governo era quindi quello di
plasmare una nazione “che parlasse una sola lingua, che pensasse nella stessa
maniera e avesse gli stessi sentimenti” come affermato da Sükrü Kaya ,
19
scopo perpetuato attraverso massicce persecuzioni e repressioni per garantire
un’ omogeneità culturale. I gruppi minoritari, quindi non solamente i curdi, ma
anche greci, armeni, russi, georgiani e albanesi furono costretti a cambiare
cognome, sostituendo la desinenza originale con quella turca “-oglu”; esse
subirono traumatiche deportazioni, come previsto dalla cosiddetta “legge sul
reinsediamento”, “İskân Kanunu”, legge n. 2510 del 25 giugno 1934, il cui
obiettivo era quello di trasferire forzosamente intere comunità in aree dove la
cultura turca fosse predominante, affinché questa venisse assimilata dalla
totalità della popolazione. Sommosse e ribellioni si estesero ben presto in molte
aree, tuttavia gli episodi più violenti si verificarono nella provincia di Dersim,
rinominata Tunceli, abitata prevalentemente da curdi, dove tra il 1937 e il 1938
venne messo in atto quello che si potrebbe definire un etnocidio, così come
sostenuto da M. Van Bruinessen (1994) per il quale la suddetta legge del 1934
ha creato il quadro giuridico per una politica di etnocidio diretto contro la lingua
M. VAN BRUINESSEN, Kurdish society, nationalism and ethnicity, refugee problems
15
in P. G. KREYENBROEK e S. SPERL (ed), The Kurds: a contemporary overview,
Routledge, London,1992.
O. HAKAN, “State-Tribe Relations: Kurdish Tribalism in the 16th- and 17th- Century
16
Ottoman Empire”, British Journal of Middle Eastern Studies, vol. 23, n.1, 1996.
Voce “Kurd” in Encyclopædia Britannica, https://www.britannica.com/topic/Kurd,
17
ultima modifica 2019.
In lingua turca la si definisce “Türkleşme” quando è volontaria; “Türkleştirme” quando
18
è forzata, voce “turchizzazione” in Wikipedia, ed. italiana, t.wikipedia.org/wiki/
Turchizzazione, ultima modifica 2020.
Sükrü Kaya (1883-1959), ministro dell’Interno dal 1927 al 1937; TBMM, Zabit
19
Ceridesi (Trascrizioni degli Atti della Grande Assemblea Nazionale Turca), IV 23 3,
65esima riunione, 7 giugno 1934.