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Introduzione
Nella presente tesi si andranno ad esporre gli aspetti civilistici e tributari dell’
istituto del trust.
Il trust è un rapporto giuridico gestorio che possiede una antica origine come
“fatto giuridico” che si è strutturato nel sistema di Common Law britannico, e che
è entrato a far parte dei Paesi legati al sistema di Civil Law attraverso la ratifica
della Convenzione dell’ Aja del 1 luglio 1985.
L’ Italia ha reso esecutiva tale Convenzione con legge 16 ottobre 1989, n. 364 ,
entrata in vigore il 1 gennaio 1992. Da questo momento in avanti tutti gli opera-
tori giuridici si sono confrontati con uno strumento estremamente duttile per la
pianificazione patrimoniale e fiscale che ha visto un costante incremento del suo
utilizzo con svariate finalità, pur con notevoli contrasti interpretativi sul piano
civilistico e senza riscontrare una uniformità di vedute dal punto di vista dell’
imposizione tributaria soprattutto per quanto riguarda le imposte indirette.
Queste incertezze hanno portato ad un iniziale scetticismo da parte della
giurisprudenza e della Amministrazione finanziaria nei confronti dell’ istituto
visto soprattutto come “estraneo” o comunque “straniero” rispetto al nostro
ordinamento, e come portatore di una intrinseca capacità elusiva dell’ imposizione
fiscale.
In questa tesi si andrà ad illustrare come si sia sviluppato in Italia, e sia in corso,
un processo peculiare di incardinamento di questo istituto dalle caratteristiche
profondamente anglosassoni in un sistema di Civil Law come quello italiano che
non ammette in senso assiologico una declinazione al plurale del Diritto di
Proprietà.
Questo percorso è stato avviato dal Legislatore con la ratifica della Convenzione
nel 1985 con la quale ha riconosciuto la validità dei trust ai sensi della
Convensione stessa, è proseguito con gli artt. 74, 75 e 76 della l.n. 296/2006
(“legge Finanziaria 2007) che ha disciplinato il trust per quanto attiene alle
imposte dirette, poi (forse insufficientemente) con la l.n. 286/2006 con cui è stato
convertito il D.L. n.262/2006, e infine si è manifestato nelle innovazioni recenti
sul campo della tutela dei diritti dei più deboli come nella recente Legge
n.112/2016 sul “Dopo di Noi” che menziona espressamente il trust tra gli
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strumenti privatistici di cui avvalersi per usufruire del relativo Fondo e del regime
di agevolazione fiscale.
Ciò che sarà oggetto della tesi è illustrare come questa progressiva precisazione
dei confini dell’ istituto in un contesto generale in cui esso rimane civilisticamente
non tipizzato, lo renda nel suo complesso uno strumento autonomo, versatile, e di
grande utilità per gli scopi ai quali è preposto, pur nell’ attesa di una sua definitiva
precisazione sul piano tributario.
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Capitolo 1
Profili civilistici e aspetti generali
Sommario: 1.Origini nel Common Law - 2. Elementi distintivi e soggetti
coinvolti - 3. La Convenzione dell’ Aja del 1985 - 4. Il trust “Interno” - 5. Cenni
ad alcuni istituti simili dell’ ordinamento italiano.
1.Origini nel Common Law
L’ istituto del trust è nato e si è sviluppato nel sistema giuridico anglosassone in
epoca medioevale tra il XII sec e il XV sec. come un diritto garantito dalle Corti
di equity, cioè dall’ attività giurisdizionale dell’ amministrazione reale formata da
Court of Chancery , la quale emetteva giudizi equitativi di giustizia sostanziale
applicata al singolo caso, contrapposta al Common Law l’ insieme delle leggi
consuetudinarie prodotte dall’ attività giurisdizionale delle Corti del Re.
1
Fra proprietari terrieri infatti per ragioni economico-sociali, si sviluppò la prassi
denominata “use” di affidare i propri possedimenti ad una persona di fiducia, con
lo scopo specifico di aministrarli nell’ interesse di soggetti individuati, in
particolare gli eredi del proprietario originario
2
. Tuttavia il Common Law risultava
incapace di rispondere alla violazione dell’ obbligazione fiduciaria da parte dell’
obbligato, così, il Cancelliere adoperando il potere conferitogli dal Re, in base ad
un giudizio morale, adottava soluzioni di carattere rimediale per tutelare i titolari
sostanziali dei beni conferiti fiducia causae, rispetto all’ inadempimento del
fiduciario.
Lo sviluppo della giurisprudenza di equity produsse la scissione del diritto di
proprietà in legal ownership, la proprietà legale in capo al trustee il cui esercizio
era limitato al perseguimento degli scopi indicati nell’ atto istitutivo
3
ed
equitable ownership, la proprietà equitativa e sostanziale del patrimonio.
1
Scognamiglio G., Il trust in equity: storia della nascita e sviluppo dell’ istituto in Inghilterra, in
Buccico C. Gli aspetti civilistici e fiscali del Trust, Giappichelli Ediitore, Torino, 2015, p.6
2
Lupoi M. Appunti sul Trust e sulla real property nel diritto inglese, Giuffré Editore, Milano,
1971,p.8
3
Cicero L. Riflessioni sul trust e categorie civilistiche , in Giurisprudenza Commerciale, 2010,
p.891.
4
2. Elementi distintivi e soggetti coinvolti
L’ elemento fondamentale del trust è il fatto che con l’ atto dispositivo effettuato
dal disponente, avvenga uno sdoppiamento del diritto di proprietà originaria
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tra il soggetto (il trustee) che è proprietario dei beni ai soli fini di gestione (legal
ownership) e il soggetto ( il beneficiario o beneficiary) che ne è proprietario solo
ai fini del godimento che possiede a titolo di equitable ownership.
Pertanto gli aspetti fondamentali del trust sono la segregazione patrimoniale e la
dual ownership.
La segregazione patrimoniale è l’ effetto del conferimento del patrimonio in trust
da parte del disponente, mediante un negozio dispositivo. In questo modo si
realizza un’ incompleta incomunicabilità fra i beni segregati e i soggetti che ne
sono titolari.
8
Infatti il disponente se ne spoglia, e pur essendo formalmente di
proprietà del trustee non si confondono col suo patrimonio personale, bensì
costituiscono una massa separata che i suoi creditori personali non potranno mai
aggredire
9
, (così come quelli del disponente e del beneficiario
10
), e che non
rientra nel suo asse ereditario.
La definizione dual ownership sta ad indicare i due differenti diritti di proprietà,
sconosciuti nel sistema di Civil Law, che sorgono per effetto dell’ atto di
conferimento del trust da parte del disponente, in capo al trustee e al beneficiario.
Il diritto di proprietà del trustee può essere definito “formale” e consiste in un
potere gestorio sui beni che deve essere esercitato esclusivamente per il
perseguimento degli scopi del trust, mentre il diritto di proprietà del beneficiary
può essere definito “sostanziale” in quanto ancorchè questi sia definito titolare di
un equitable interest nel sistema anglosassone, tale posizione gli preclude il
4
Scognamiglio G., Il trust in equity: storia della nascita e sviluppo dell’ istituto in Inghilterra, in
Buccico C. Gli aspetti civilistici e fiscali del trust, Giappichelli Editore, Torino, 2015, p.17
5
Tribunale di Oristano, Sentenza 15 Marzo 1956, in Il foro Italiano , I, 1956, 1020-1021.
6
Franceschelli R Il trust nel diritto inglese, Padova , 1935, p. 23 e 127
7
Piccoli P. L’avanprogetto di conversione sul trust nei lavori della Conferenza di diritto
internazionale de L’Aja e i riflessi di interesse notarile, in Rivista del Notariato, 1984, p.847-848
8
Lupoi M. Trusts, Giuffré Editore, Milano, 2001, p.565 ss.
9
Ravera A. Il trust, Parte Prima, in Diritto e pratica tributaria, 2018 , p.459
10
Buccico C., La tassazione indiretta dei trust in Italia, in Buccico C. Gli aspetti civilistici e
fiscali del trust, Giappichelli Editore, Torino, 2015, p.264
5
controllo della proprietà
11
, ma comprende una tutela reipersecutoria per la quale è
considerato “proprietario in Equity”
12
che gli consente di pretendere che il trustee
svolga il proprio ufficio in conformità alle direttive dell’ atto istitutivo
adempiendo alle relative prestazioni.
Chiarito questo fondamentale aspetto, può essere data una definizione di trust
quale insieme di insieme di rapporti giuridici in forza dei quali il disponente ( o
trustor) trasferisce , per atto inter vivos o mortis causa, taluni beni o diritti in
favore di un terzo denominato trustee (o attuatore), il quale li amministra, con i
diritti e i poteri di un vero e proprio proprietario, per un fine determinato e nell’
interesse di un beneficiario (o beneficiary)
13
o per uno scopo.
Il trust è un negozio unilaterale recettizio a carattere programmatico e soggetto a
rifiuto
14
, posto in essere mediante atti dispositivi in favore del trustee, da parte
del disponente, e senza necessità di una contropartita.
E’ un negozio complesso formato da tre atti giuridici logicamente distinti: l’ atto
istitutivo ( o deed of trust), con cui il disponente fissa le regole di amministrazione
e destinazione del trust, e che ha una doppia valenza: segregativa e traslativa; l’
atto di conferimento, con cui il disponente trasferisce al trustee (ossia conferisce
in trust) i singoli beni da amministrare e/o destinare secondo le finalità proprie del
trust, e infine l’ atto di disposizione effettuato dal trustee al beneficiario secondo
le regole istitutive del trust, per adempiere alle finalità di quest’ ultimo
15
.
Il Common law britannico individua degli aspetti essenziali oggettivi e soggettivi
ai fini della validità del trust.
I primi consistono nelle “The Three Certains”: “certainty of intention”, intenzione
e volontà del disponente di costituire un trust; “certainty of subject matters”,
presenza di un fondo su cui istituire il trust, o “trust fund”; e infine “certainty of
objects”, ossia certezza sui beneficiari in favore dei quali il trust deve essere
11
Scognamiglio G., Il trust in equity: storia della nascita e sviluppo dell’ istituto in Inghilterra, in
Buccico C. Gli aspetti civilistici e fiscali del trust, Giappichelli Editore, Torino, 2015, p.18
12
Tassani T. I trusts nel sistema fiscale italiano, Pacini Editore, Pisa, 2012, p.18
13
Uckmar V. – Corasaniti G. – de’ Capitani di Vimercate P. – Corrado Oliva C., Manuale di
diritto tributario internazionale, Cedam, Padova, 2009, p.270 e ss.
14
Lupoi M., Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Cedam, Padova, 2008, p.6
15
Ravera A. Il trust, Parte Prima, in Diritto e pratica tributaria, 2018 , p.459
6
istituito
16
.
I secondi riguardano i soggetti del trust: il disponente (o settlor) è colui che si
spoglia dei propri beni per trasferirli ad un altro soggetto detto trustee.
Egli può conferire in trust qualsiasi posizione soggettiva: un diritto assoluto,
relativo, reale, di credito o anche una aspettativa giuridicamente protetta. Con la
predisposizione dell’ atto istitutivo il disponente stila il programma del trust
stabilendo le regole che dovrà seguire il trustee nella sua gesione e delineando lo
scopo del trust.
Con il trasferimento dei beni il settlor non vanta più alcun diritto nei confronti del
trustee, non essendo più proprietario del patrimonio , i beni conferiti in trust non
saranno rivendicabili né dai suoi creditori, né dal fisco, tuttavia l’ azione
revocatoria potrà essere utilizzata ove ne ricorrano i presupposti.
Nel caso di un trust mortis causa il disponente non può ledere la quota di riserva
di un legittimario: qualora questo avvenga il legittimario potrà esercitare azione
di riduzione.
Il trustee è soggetto più importante del trust senza il quale non può sussistere
17
.
Infatti l’ istituto consiste nell’ obbligazione gravante su di lui, come proprietario
del fund trust, di gestirlo ed amministrarlo secondo quanto pattuito con l’ atto di
istituzione nell’ esclusivo interesse e a vantaggio dei beneficiari
18
o per uno
scopo.
Corollari imprescindibili del dovere di amministrazione sono il dovere di fedeltà,
e il dovere di diligenza, la violazione dei quali comporta il venir meno dell’
elemento essenziale della fiducia (trust) su cui si basa l’ istituto, e che consente al
beneficiario e ai terzi di agire in giudizio sia per condotte negligenti di rilevanza
legale, sia di tipo fiscale e tributario
19
, nei confronti del trustee.
L’ ufficio del trustee è di regola oneroso e l’ ampiezza dei suoi poteri è
determinata nell’ atto istitutivo.
16
Scognamiglio G., Il trust in equity: storia della nascita e sviluppo dell’ istituto in Inghilterra,
Buccico C. Gli aspetti civilistici e fiscali del trust, Giappichelli Editore, Torino, 2015, p.19
17
“Egli è infatti l’ unico necessario soggetto di un trust: può mancare il disponente, come nei
constructive e resulting trust, può mancare il beneficiario, come nei charitable trust, nei trust di
scopo […] ma non può mai mancare un trustee” Lupoi. M. Trusts, Milano, 2001 p.286
18
Scognamiglio G., Il trust in equity: storia della nascita e sviluppo dell’ istituto in Inghilterra, in
Buccico C. Gli aspetti civilistici e fiscali del trust, Giappichelli Editore, Torino, 2015, p.23
19
Scognamiglio G., Il trust in equity: storia della nascita e sviluppo dell’ istituto in Inghilterra, in
Buccico C. Gli aspetti civilistici e fiscali del trust, Giappichelli Editore, Torino, 2015, p.28
7
Il beneficiario è colui che viene individuato nell’ atto istitutivo (o con atti di
nomina successivi) quale titolare del fund trust, di una parte di esso, o del suo
reddito.
Esso può essere individuato o individuabile, nel primo caso (c.d. fixed trust) è
nominato direttamente dal disponente nell’ atto istitutivo, nel secondo ( c.d. trust
discrezionale ) è determinato dal trustee in base a puntuale disposizione in tal
senso nello stesso atto, oppure con successivo atto del disponente.
La legislazione inglese ammette una deroga a tale regola solo per i trust che
abbiano uno scopo “charitable” al quale è riconosciuto un interesse di rilievo
pubblico mentre sono nulli tutti gli altri trust di scopo (non aventi alcun
beneficiario individuato o individuabile) aventi una finalità diversa da quella
caritatevole
20
.
La relazione che sussiste tra il contenuto dell’ atto istitutivo e la figura del trustee
determina la natura del trust, il quale potrà cristallizzarsi in una delle sue
innumerevoli declinazioni e forme tra le quali si possono citare a titolo meramente
esemplificativo il trust di garanzia, il trust liberale, il trust di scopo, il trust
liquidatorio, il trust autodichiarato, trust familiare. Questo carattere plurale della
sua struttura è definito “polimorfismo”
21
.
Vi è un ulteriore soggetto aggiunto dall’ elaborazione internazionale dell’ istituto
e relativamente recente che non è propriamente britannico, ma di grande impiego:
il guardiano del trust (o protector).
Questi può essere una persona fisica o giuridica, scelta ed istituita dal disponente,
al quale sono assegnati poteri di controllo e vigilanza sull’ operato del trustee, e
che ha un dirittodi veto in ordine a determinate decisioni sull’ amministrazione
dell trust , normalmente rimesse al trustee
22
.
Il guardiano in base all’ atto istitutivo può avere un ampio ventaglio di poteri:
può fornire un consenso preventivo e vincolante sulle operazioni amministrative
del trustee, essere informato sulla sua attività ed analizzarne il rendiconto,
dirimere le controversie tra il beneficiario e il trustee, fino ad avere il potere di
revoca del trustee per abuso d’ ufficio, e di rimozione e sostituzione dello stesso
20
Lupoi M. Trusts, Giuffré Editore, Milano, 2001, p.503
21
Tassani T. I trusts nel sistema fiscale italiano, Pacini Editore, Pisa, 2012, p.14
22
Rota F. - Biasini G. Il Trust e gli istituti affini in Italia, Giuffrè Editore, Milano, 2017, p.65